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Introduzione
Il presente lavoro costituisce un contributo alla taratura italiana di un test breve per lo
studio delle funzioni esecutive, Hayling and Brixton Test (Burgess e Shallice 1997).
Fino ad ora la ricerca ha coinvolto un campione di 279 soggetti non patologici, con
un’età compresa tra i 16 e i 94 anni, divisi per fasce d’età, al quale è stata somministrata
una batteria di test per lo studio delle funzioni esecutive, oltre al test sopra citato:
WCST (Wisconsin Card Sorting Test), Test di Stroop, due subtest della batteria BADS
(Behavioural Assessment of the Dysexecutive Syndrome): Cambio di Regola delle carte
e Mappa dello Zoo, Test di Fluenza Fonemica e di Fluenza Semantica, e due prove che
valutano il ragionamento, Matrici di Raven e Test dei Giudizi Verbali.
Nella prima parte verranno trattate in modo descrittivo le funzioni esecutive, poi si
procederà con una review dei principali modelli interpretativi di funzionamento
esecutivo. Saranno descritte le basi neurali e l’anatomia del lobo frontale, focalizzando
l’attenzione sullo stadio di sviluppo delle funzioni esecutive e del loro ruolo in
adolescenza; ed infine verrà presentato un quadro clinico della Sindrome Disesecutiva.
Il secondo capitolo è rivolto alla descrizione dell’Hayling & Brixton Test; cosa intende
misurare, la sua struttura, la modalità di somministrazione e la correzione del punteggio.
Nel terzo capitolo verranno presentati in maniera descrittiva i principali test utilizzati
per la valutazione e lo studio delle funzioni esecutive. Inoltre si esamineranno i
problemi metodologici nello studio delle funzioni esecutive.
Nel quarto capitolo sarà esposta la ricerca descrivendo il campione, proseguendo con le
analisi descrittive dei singoli test, l’effetto delle variabili demografiche, età e scolarità,
sulle prestazioni ai test, le analisi correlazionali tra i test standard ed ecologici e il test
nuovo, condotte su un campione di giovani adulti (16-40 anni) e di anziani (65-94 anni).
Infine saranno discussi i risultati ed esposta la conclusione.
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Capitolo 1. Le Funzioni Esecutive
1.1 Definizione
Ogni area del cervello è deputata ad un compito. È necessario però che ci sia un'area in
grado di coordinare il funzionamento di tutte le altre in modo che in ogni
comportamento che si mette in atto, più aree cerebrali operano insieme in maniera
organizzata. I lobi frontali hanno proprio il compito di far "funzionare insieme e
coerentemente” le altre parti della corteccia, sono infatti collegati con le altre regioni
corticali e sottocorticali, legate alle esperienze emotive, grazie ad una fitta rete di
connessioni. Sarebbe proprio questa caratteristica a determinare il loro ruolo esecutivo.
Il termine “Funzioni Esecutive” è stato caratterizzato da un passaggio da una
definizione unitaria, in cui erano descritte come “processi richiesti per il controllo
conscio dei pensieri, delle emozioni e delle azioni fondamentali per la gestione della
vita quotidiana”, ad essere utilizzato come un termine ombrello che comprende una
vasta gamma di processi cognitivi e competenze comportamentali. Allo stato attuale in
letteratura esistono comunque ancora molte definizioni e non c’è un accordo unanime
sul costrutto.
Le funzioni esecutive comprendono processi cognitivi superiori quali:
la capacità di problem solving;
la pianificazione (i compiti richiedono al soggetto di prevedere l’obiettivo da
raggiungere, scomporre l’azione in step intermedi, sequenziare gli step,
mantenere tali step nella memoria prospettica, monitorare l’esecuzione del
compito rispetto all’obiettivo prefissato);
la memoria di lavoro (sistema multi-componenziale che immagazzina in modo
temporaneo una quantità limitata di informazioni);
l’abilità di mantenere attenzione sostenuta verso lo stimolo;
la resistenza all’interferenza;
multitasking (presenza di compiti diversi, adeguato uso del tempo per
organizzare i compiti, ritorno volontario su un compito sospeso, obiettivi
determinati dal soggetto);
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controllo inibitorio (capacità di controllare l’interferenza di stimoli irrilevanti al
fine di proseguire l’applicazione del piano):
- inibizione delle risposte “predominanti” (frenare vedendo il semaforo rosso);
- inibizione delle risposte conflittuali (schiacciare il tasto dx se la freccia
indica sx (cond. Stroop);
- inibizione delle risposte in corso (frenare al comparire improvviso del
semaforo giallo);
flessibilità cognitiva (capacità di pensare ed agire per adattarsi ai cambiamenti
delle richieste ambientali, coerentemente con i propri obiettivi e piani, in base ad
un feedback ricevuto);
la capacità di reagire positivamente alla novità (Burgess, Shallice, 2000).
Queste funzioni sono state chiamate “fredde” in quanto i processi cognitivi
corrispondenti ad esse tendono a non coinvolgere l’attivazione emozionale e sono
quindi relativamente meccanicistiche (Grafman & Litvan, 1999); dall’altra parte però le
stesse funzioni coinvolgono credenze, desideri, emotività, come l’esperienza di
ricompensa e punizione, la regolazione del proprio comportamento sociale, e il processo
decisionale, per cui sono considerate componenti “calde” (Bechara, Damasio, 1999).
Alcuni studi hanno dimostrato che un danneggiamento nelle componenti “fredde” o
“calde” delle funzioni esecutive può produrre effetti devastanti nelle attività quotidiane
delle persone, nella capacità lavorativa e nella frequentazione scolastica (Goel,
Grafman, Tajik, 1997).
Le funzioni esecutive si usano principalmente in un contesto di apprendimento di nuove
azioni, che implicano in particolare pianificazione e decision making, o azioni in cui è
necessario correggere errori; in attività in cui è richiesto un costante monitoraggio del
proprio comportamento o in cui è necessario il superamento di forti risposte abituali.
Più dettagliatamente si può affermare che il controllo esecutivo è necessario per:
- compiti nuovi che richiedono la formulazione di un fine, scegliere tra diverse
alternative di comportamento, confrontare il piano rispetto alle possibilità di
riuscita, avviarlo e correggerlo se necessario;
- modificare programmi, se inefficaci o per nuove opportunità;
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- allocazione strategica dell’attenzione, cioè avere la capacità di porre
attenzione su più stimoli contemporaneamente e attenzione prolungata sul
compito per un sufficiente periodo di tempo; un altro aspetto importante si
riferisce allo shifting attentivo, cioè la capacità di spostare l’attenzione fra
compiti o fra componenti diverse all’interno di uno stesso compito;
- prevenire risposte inappropriate al contesto (Rabbitt, 1997).
1.2 Modelli interpretativi
I modelli descritti in questa parte sono limitati alla popolazione adulta e possono essere
così suddivisi:
- Modelli Unitari: descrivono le funzioni esecutive (FE) in maniera unitaria;
- Modelli Frazionati: descrivono le FE come componenti differenti ma
interrelate tra loro;
- Modelli Sequenziali: trattano le FE in funzione della modalità con cui
permettono di far superare un compito complesso;
- Modello del continuum: vede le FE come un sistema multi-componenziale.
Teoria di Lurija
Uno tra i primi studiosi delle capacità di controllo volontario del comportamento fu il
medico e psicologo russo Aleksandr Lurija secondo il quale il cervello umano
comprende tre unità funzionali di base interattivamente unite: la prima si trova nel
tronco encefalico ed è responsabile della regolazione e mantenimento dell’arousal nella
corteccia; la seconda è deputata alla codifica, lavorazione, conservazione delle
informazioni e comprende i lobi temporale, parietale ed occipitale; la terza unità infine è
collocata nella regione anteriore del cervello e comprende principalmente funzioni di
programmazione, regolazione e verifica del comportamento umano. La corteccia
prefrontale è considerata dall’autore come una soprastruttura che regola l’attività
mentale e il comportamento. Un danno ai lobi frontali, ed in particolare, alla corteccia
prefrontale, può causare un’interruzione dei programmi comportamentali complessi,
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disturbi del controllo volontario del comportamento, e la perdita della capacità da parte
della persona di verificare o regolare risultati comportamentali; quindi può portare di
conseguenza alla sostituzione di questi comportamenti complessi con comportamenti
stereotipati, illogici e irrilevanti. Il comportamento tipico dei pazienti che soffrono di
questa sindrome è disorganizzato, caratterizzato da ripetizioni di azioni attivate da una
condizione stimolo precedentemente presentata, o inadeguate alla condizione stimolo
nuova (perseverazione). Il paziente frontale ha una condotta rigida e poco flessibile.
In un ambito prettamente cognitivo due sono i principali modelli unitari formulati per
descrivere queste abilità:
1) (SAS) Supervisory Attentional System Model
L’idea di Lurija è stata ripresa da Norman e Shallice (1986) i quali hanno paragonato il
funzionamento del lobo frontale ad un supervisore. In base a tale modello la
programmazione, la regolazione e la verifica delle azioni e dei pensieri coinvolge due
sistemi: la scheda di programmazione (CS, Contention Scheduler) e il supervisore di
vigilanza (SAS). Il primo sistema è responsabile della routine e dei compiti quotidiani, e
permette di eseguirli in ordine di priorità; mentre il secondo sistema è coinvolto
nell’attività decisionale e consente una risposta flessibile alle situazioni nuove. Il SAS
può sopprimere le risposte abituali elaborate dal CS, dipende dai lobi frontali ed è
responsabile dei processi di controllo. Una lesione frontale consente il dominio del CS
sul comportamento e causa deficit in situazioni nuove. Nello specifico, gli autori
descrivono cinque tipi di situazioni in cui la routine e l’attivazione comportamentale
non sono sufficienti per una performance ottimale: prendere una decisione (1);
correggere errori (2); situazioni in cui le risposte non sono ben apprese o contengono
una nuova sequenza di azioni (3); quando il pericolo è anticipato (4); contesti che
richiedono il superamento di una forte risposta abituale (5).
Diversi test sono stati concepiti basandosi sul modello SAS per misurare esattamente le
diverse componenti delle funzioni esecutive; i più importanti sono: Six Elements Test
(SET) (Shallice & Burgess, 1991), Hayling Sentence Completion Test and Brixton-
Spatial Anticipation Test (Burgess & Shallice, 1996), Sustained Attention to Response
Task (Robertson, Baddley, Manly, 1997) ed infine il Dysexecutive Questionnaires