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INTRODUZIONE
Storicamente la città di Antium è sempre stata al centro delle dinamiche politiche laziali sia
in età pre-romana che nelle fasi successive. Città volsca o latina, a seconda
dell’interpretazione che gli studiosi scelgono di dare a eventi ed emergenze archeologiche,
Antium entrò presto a far parte degli interessi di Roma, che la dedusse come colonia due
volte prima di riuscire a imporre la propria autorità. Nel 408 a.C., a seguito di una rivolta
organizzata dai Volsci Anziati, infatti, Roma e Antium si trovarono di nuovo in guerra,
finché la città non venne definitivamente conquistata nel 338 a.C.
Centro produttivo e commerciale, privilegiato altresì per la posizione strategica sul mare e
rispetto alla geografia del resto della regione pontina, Antium fu anche scelta come luogo
prediletto per attività culturali, turistiche e ricreative dell’elitè romana soprattutto in età
imperiale.
Distrutta dai soldati di Mario durante la guerra civile, venne ricostruita e nel tempo
arricchita di infrastrutture, fino a subire una vera e propria monumentalizzazione che si è
protratta fino al III secolo d.C.
I ritrovamenti archeologici ad Anzio furono quasi sempre frutto di scoperte fortuite e mai
di indagini archeologiche sistematiche. Inoltre, lo sviluppo incontrollato della città
moderna, soprattutto a seguito della costruzione della ferrovia Roma-Nettuno (1884), e
l’urbanizzazione veloce dal XIX secolo in poi, hanno contribuito alla distruzione di
numerosi contesti dall’alto valore documentale. È questo uno dei motivi per cui la
documentazione relativa alle scoperte si presenta talvolta in maniera frammentaria e
superficiale.
È necessario tener conto anche del fatto che non solo Antium subì più volte cali
demografici, al punto tale da spingere Nerone nel 60 d.C. a dedurre una nuova colonia di
veterani, ma venne abbandonata tra il III e il IV secolo d.C., probabilmente a seguito delle
invasioni che interessarono tutta la penisola italica. In questo contesto non si può non
considerare l’attività di spoliazione dei beni dagli edifici antichi e il riciclo di materiale da
costruzione tipico del periodo altomedievale.
In un contesto nel quale gran parte del patrimonio archeologico è andato perduto, perché
distrutto dall’urbanizzazione o perché riassorbito all’interno del tessuto urbano moderno,
diventa di primaria importanza la messa a punto di strumenti conoscitivi adeguati,
funzionali al recupero e alla salvaguardia del ricco patrimonio archeologico della città.
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Il lavoro di salvaguardia non è però possibile in assenza di una carta archeologica che
evidenzi i resti di strutture e monumenti antichi, contestualizzandoli nel luogo del loro
ritrovamento.
La necessità di redigere una carta di questo tipo era chiara già nella seconda metà del XIX
secolo, quando R. Lanciani elaborò 4 tavole in scala 1:2000 e le integrò con otto tavole di
dettaglio. Il suo lavoro purtroppo è andato perduto
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.
La carta archeologica, soprattutto nei centri a continuità di vita, è pertanto lo strumento
migliore per una corretta comprensione dello sviluppo urbanistico. Lo studio delle
evidenze archeologiche si affianca quindi a quello delle fonti bibliografiche.
Man mano che si procede a ritroso nel tempo, le notizie storiografiche sulla colonia di
Antium si fanno sempre più frammentarie e risulta difficile una ricostruzione topografica
dell’area. Lo scopo di questo lavoro è quello di riassumere le informazioni a disposizione,
per analizzare i dati ed elaborare una proposta di carta archeologica per una zona specifica
del comune di Anzio.
L’inquadramento storico percorre i secoli precedenti all’occupazione romana fino al IV
secolo d.C., momento in cui la colonia venne abbandonata ed ebbe inizio il processo
urbanistico e culturale che portò all’incastellamento di Nettuno. Si tratta di un periodo
storico molto lungo e ricco di eventi importanti per l’evoluzione della regione pontina e del
Lazio, ma del quale come già detto rimangono poche testimonianze.
Infine, l’opinione di molti studiosi riguardo all’appartenenza dell’attuale borgo di Nettuno
alla colonia di Antium è che non vi siano abbastanza testimonianze che possano indurci a
pensare che vi fosse un insediamento precedente a quello altomedievale. Il dibattito è
ancora aperto. Come verrà mostrato infatti all’interno di questo lavoro, sono arrivate ai
nostri giorni (o conosciamo tramite testimonianze del XIX secolo) evidenze archeologiche
che sembrerebbero dimostrare il contrario.
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JAIA 2002, p. 201.
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CAPITOLO 1
La metodologia
Oggetto del presente lavoro è stata la realizzazione di una carta archeologica del comune di
Anzio, strumento imprescindibile sia per la tutela del patrimonio che per la pianificazione
territoriale.
Per quanto riguarda l’area d’indagine, lo stretto legame intercorso tra l’antica colonia di
Anzio e l’attuale comune di Nettuno ha evidenziato la necessità di indagare l’intero
comprensorio dei due comuni in un largo arco cronologico. Sono state infatti registrate
tutte le evidenze tra l’età preistorica e il periodo tardo-antico (IV sec. d.C.).
La delimitazione di tale area è stata influenzata da vari fattori. Il Colle delle Vignacce è
probabilmente il nucleo originario dell’antica Antium. Qui sono documentate le più antiche
tracce del Vallo Volsco e in questa stessa zona è generalmente localizzata l’acropoli della
città. Proseguendo verso il Pianoro di Santa Teresa, in direzione del mare, l’abbondanza di
resti archeologici (ville, necropoli, cisterne) documenta l’importanza dell’area in età antica.
Considerando quindi la distribuzione areale delle evidenze raccolte, si è deciso di
concentrare l’indagine soprattutto nel settore litoraneo compreso tra le vie Bengasi e della
Fanciulla d’Anzio, giungendo sino a Villa Borghese. Il limite a nord è invece segnato dal
Colle delle Vignacce, precisamente via dei Volsci. Altri contesti significativi sono stati
individuati nella Riserva Naturale di Tor Caldara, in cui recenti scavi hanno portato in luce
una villa romana e che attualmente è protetta da vincolo archeologico, e nell’area di via
Torre del Monumento, nella pineta di La Campana e in contrada Cadolino. Nonostante
l’ultima zona non appartenga all’attuale comune di Anzio, essa ha restituito dati rilevanti
per tutto l’arco cronologico oggetto del presente contributo.
Dopo aver stabilito l’area di interesse si è proceduto con una ricognizione bibliografica
accurata, volta a individuare i principali contributi dedicati all’argomento.
In particolare sono stati reperiti molti testi di recente pubblicazione, che hanno permesso
l’elaborazione di dati aggiornati. Tra questi spiccano, ad esempio, i Quaderni a cura del
Museo Civico Archeologico di Anzio, il testo di Paola Brandizzi Vittucci, le pubblicazioni
del professor Alessandro Maria Jaia ma anche i contributi di Peter Attema, Tymon De
Haas, Gijs Tol per l’assetto territoriale antico. A fonti bibliografiche di questo tipo sono
state in un secondo momento affiancate, per completezza, anche testimonianze del XIX e
XX secolo, prima fra tutte quella di Giuseppe Lugli.
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Fondamentale si è rivelato lo spoglio sistematico di tutti i volumi delle Notizie degli Scavi,
un repertorio in cui sono raccolti i dati di scavo provenienti dall’intero territorio nazionale.
Le informazioni così desunte sono state incrociate e correlate con le notizie delle fonti
letterarie antiche (soprattutto Dionigi di Alicarnasso, Tito Livio, Tacito, Svetonio).
Considerevoli informazioni sull’assetto post-antico dell’area sono state ricavate anche
grazie allo studio della cartografica storica, raccolta ne Le piante del Lazio di A.P. Frutaz
(Roma 1972), consultato a più riprese presso la British School at Rome.
Un altro ricco polo documentario, consultato di frequente, è costituito dall’Archivio del
Museo Civico Archeologico e dalla Biblioteca Comunale di Anzio. Hanno completato la
raccolta documentaria specifiche ricerche condotte presso l’Archivio Centrale di Stato di
Roma (sedi di Sant’Ivo alla Sapienza per il periodo pre-unitario e dell’EUR, per i periodi
successivi).
Sono stati fatti tentativi di accesso alla documentazione presente nell’archivio della
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, la quale però necessita di molto tempo
per raccogliere i documenti di interesse in base alla richiesta. È stata infatti comunicata una
lista di attesa di sei mesi circa prima di poter visionare l’intero materiale relativo ad Anzio.
Si è quindi scelto di reperire estratti della documentazione edita tramite la lettura dei testi
più aggiornati.
I punti di ritrovamento – reperti mobili e strutture – sono stati inseriti in un database
appositamente predisposto e ordinati con una numerazione progressiva. Frutto di questa
schedatura preliminare è stata la stesura del catalogo descrittivo, arricchito, quando
possibile, da foto e planimetrie edite e inedite.
Le numerose attestazioni archeologiche sul territorio sono state verificate, quando
consentito, attraverso ricognizioni sul campo. In questo modo è stato quindi possibile
validare la corretta localizzazione dei contesti e constatare talvolta le criticità esistenti tra
le strutture antiche e il tessuto urbanistico circostante. I contesti oggetto di verifica
puntuale sono stati la villa di Nerone, l’Arco Muto, il teatro romano, la cisterna di Via
Tripoli. La ricerca sul campo è stata influenzata dalle condizioni di visibilità del terreno e
dall’apertura al pubblico di determinati contesti.
L’intero dossier documentario è stato graficizzato attraverso l’elaborazione di una
cartografia archeologica. La gestione dei dati geografici è stata condotta in ambiente GIS,
strumento che consente l’associazione tra la cartografia alfanumerica e i database.
All’interno della vasta gamma di software disponibili, si è deciso di utilizzare
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QuantumGIS, con licenza gratuita e per il quale sono disponibili numerosi tutorial elaborati
da esperti sviluppatori e fruitori.
Punto di forza dei nuovi sistemi GIS è certamente quello di garantire una grande flessibilità
nella scelta della scala, superando così il vincolo della scala fissa. Ciò consente, per
esempio, di visualizzare e gestire lo stesso dato da una scala di dettaglio sino a quella
territoriale.
La cartografia di base è costituita da una Carta Tecnica Regionale distribuita dal portale
cartografico della Regione Lazio (Sistema Informativo Territoriale Regionale) attraverso
servizi WMS (Web Map Service). Si tratta di un servizio di interoperabilità GIS, che
produce dinamicamente e in tempo reale mappe di dati spazialmente riferiti attraverso
specifici geo-database. Le cartografie possono essere fruite e visualizzate ma non scaricate
nel file system.
Vista della cartografia all’interno del software QGIS
Obiettivo finale è stato la creazione di tavole di dettaglio in formato digitale. La
simbologia utilizzata è quella codificata nella Carta Storica Archeologica Monumentale e
Paesistica del Suburbio e dell’Agro Romano, pubblicata tra il 1987 e il 1988. Trattandosi
in questo caso di un’area circoscritta e di un periodo temporale che non supera l’età antica,
è stato necessario ridurre la simbologia della carta del 1988, includendo solo quella
necessaria. In particolar modo si può parlare di evidenza rilevabile se è possibile
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identificarne forma e contorni (ne sono un esempio i beni per i quali si può ricavare una
planimetria), mentre si parla di evidenze areali negli altri casi.
Di seguito la legenda adottata:
ELEMENTI LINEARI
Strada: tratto basolato/tagliata
Acquedotto: tracciato emergente
ELEMENTI PUNTIFORMI
Resti di murature
Materiale archeologico erratico
Elemento storico-monumentale
Villa o residenza
Manufatto industriale e/o di servizio
AREALI
Area archeologica
Necropoli
Sito preistorico
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STATO DI CONSISTENZA
Conservato
Resti
Tracce
Ad ogni simbolo corrisponde un’etichetta, che identifica il numero del catalogo a cui si fa
riferimento.
Importante per una scelta simbolica di questo tipo è l’utilizzo dei colori. Generalmente le
emergenze vengono individuate in base all’epoca storica di appartenenza tramite colori
differenti. Trattandosi in questo caso di reperti datati in età antica, dalla preistoria fino al
IV d.C., e dato che la Carta Storica Archeologica Monumentale e Paesistica del Suburbio e
dell’Agro Romano non effettua alcuna distinzione in quest’arco temporale, anche nella
carta archeologica allegata a questo lavoro viene utilizzato il colore rosso per tutte le
emergenze segnalate.
Al fine di rendere le informazioni nella loro completezza sono state evidenziate le aree
protette da vincolo archeologico, ricostruite ancora una volta grazie alle informazioni
fornite dai servizi WMS del portale della Regione Lazio.
Per la carta archeologica di Anzio sono state redatte quattro tavole in scala 1:5000, mentre
il quadro d’unione è cartografato in scala 1:25000. Nei casi in cui erano disponibili
planimetrie georiferibili dei contesti, queste sono state oggetto di un dettaglio in scala
1:2000. Ciò ha consentito una migliore leggibilità degli orientamenti e degli spessori delle
strutture indagate.
Oltre alla carta è presente su ciascuna tavola la scala metrica, la legenda dei simboli
utilizzati e un cartiglio con le informazioni di dettaglio. A parte autore e scala numerica,
fissi, tali informazioni sono il numero identificativo della tavola, la zona compresa in essa,
la lista dei punti segnalati sulla carta e un’ortofotografia in scala della zona.
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Esempio di tavola