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Introduzione
Nella società contemporanea il sentimento d’insicurezza è sempre più diffuso, le
problematiche legate alla sicurezza nella sua accezione più ampia, possono avere origini
di diverso tipo: economico, politico-sociale, esistenziale o criminale. Tutte potenzialmente
influenti nel condizionare l’esito di gran parte delle campagne elettorali sia nazionali che
locali, in tutti i sistemi democratici.
Le coalizioni politiche che si presentano agli elettori come garanti della sicurezza mostrano
una maggiore capacità nell’influenzare l’opinione pubblica e il dibattito politico a proprio
vantaggio. Tale condizionamento è amplificato dal ruolo giocato dagli attori politici e dai
media nello strutturare la fase di agenda setting. Ciò avviene in un periodo storico in cui la
diffusione di piattaforme di comunicazione e l’incremento di rapide e facili connessioni a
internet consentono alle persone di ogni nazionalità di accedere a informazioni provenienti
da ogni parte del globo (McLuhan, 1992; Meyrowitz, 1993).
La sensazione d’insicurezza è causata principalmente dal disgregamento del Welfare State
System e dallo sviluppo di politiche economiche neoliberiste “globali” che negli ultimi
anni hanno contribuito alla diminuzione della presenza dello Stato a vantaggio di una
maggiore autonomia dei i governi locali (De Giorgi, 2000; Wacquant ,2000; Castel, 2003;
Garland, 2004). Lo stato d’insicurezza percepito dipende anche dalla disgregazione e dal
mutamento dei nuclei familiari come centro identificativo di certezze (Bauman, 2000),
l’instabilità di questi contesti tradizionali determina il radicamento di forme sempre più
frequenti di “individualizzazione” nei soggetti che vivono nella società contemporanea.
La condizione di isolamento, con la quale ogni persona convive, si amplifica all’interno
delle città dove l’insicurezza aumenta progressivamente. Si vanno a costituire popolazioni
urbane sempre più eterogenee formate non solo da cittadini residenti, ma anche da soggetti
che usufruiscono semplicemente dei servizi che una città può offrire, tra di essi ci sono gli
immigrati e i così detti city users, individui che “usano” la città senza appartenere alla
popolazione urbana.
Lo stato di ansia a cui sono sottoposti i cittadini degli agglomerati più industrializzati è
condizionato da logiche non facilmente delineabili che possono essere riassunte in tre
concetti principali:
1. security,è lo stato di sicurezza esistenziale, oggi riconducibile allo stato di
precarietà causato dall’estremizzazione del liberismo economico;
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2. certainty, si tratta della certezza indebolita dalle diverse interpretazioni e
contraddittorietà del mondo;
3. safety, incolumità che riguarda i pericoli potenziali o esistenziali anche solo virtuali
(Bauman 1999).
Il tema della sicurezza urbana, negli ultimi venti anni, ha assunto un ruolo predominante
all’interno del dibattito pubblico italiano, non è una anomalia tipicamente nostrana, ma una
tendenza che caratterizza la maggior parte dei programmi politici dei Paesi occidentali,
soprattutto europei.
È proprio in questi contesti che si esplicitano quotidianamente le paure e le ansie che
caratterizzano la società contemporanea, ed è sempre in queste realtà che il problema della
sicurezza viene affrontato con eterogenei strumenti di policy.
Le impostazioni di natura criminologica, sociale, psicologica, urbanistica ed empirica sul
tema della sicurezza urbana hanno permesso di comprendere in maniera più approfondita
le problematiche legate a questo tema e di raggiungere la consapevolezza della complessità
di tale fenomeno.
La maggior parte delle politiche pubbliche, negli ultimi decenni, sono formulate ed
implementate con l’intervento di enti periferici, questa tendenza coinvolge anche la
sicurezza, in precedenza competenza esclusiva ed elemento strutturale dello Stato.
Le politiche pubbliche sulla sicurezza urbana implementate di recente, sia in Europa che
nei Paesi del Nord America, adottano strategie atte a valorizzare il contesto locale,
privilegiando rapporti di governance tra attori politici appartenenti a diversi livelli di
governo e ricorrendo a diverse forme di concertazione e cooperazione.
Lo strumento di policy più diffuso in questi contesti è proprio il “contratto di sicurezza”,
un istituto di origine privata adottato per governare problemi di rilevanza pubblica.
Diverse forme di accordi istituzionali sono stati adottati in Europa, soprattutto in Francia e
in Inghilterra con il fine di affrontare domande inerenti ai problemi sulla convivenza
sociale e sulla sicurezza urbana. L’amministrazione di questi problemi di policy passa da
un sistema di government ad uno di governance.
In Europa le politiche in materia di sicurezza urbana sono, per la maggior parte, di natura
preventiva progettate a livello locale. Viene riconosciuto maggiore potere agli enti
territoriali e l’ingresso di nuovi attori, non solo istituzionali, nel processo decisionale.
I temi che vengono presi in considerazione nel presente elaborato interessano
principalmente le politiche pubbliche di sicurezza urbana concentrandosi sui policy tools di
natura contrattuale.
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La complessità delle problematiche legate alla sicurezza comporta l’intervento di numerosi
attori pubblici e privati che interagiscono attivamente all’interno dell’arena politica. Si
cercano di influenzare le decisioni di altri stakeholders e di trovare soluzioni concertate
alle issues locali senza ricorrere necessariamente a forme di rapporti top-down con il
governo centrale.
La governance che s’instaura, così, tra diversi attori, principalmente istituzionali, incentiva
strumenti di policy il più possibile integrati e condivisi attivando forme “contrattualizzate”
per la ricerca di soluzioni a problemi della collettività (Bobbio, 2000).
Il ricorso a negoziazioni e contratti, più o meno formalizzati, sono la base della maggior
parte delle politiche di sicurezza urbana, e interessano due tipologie di relazioni: a) una di
natura verticale caratterizzata dall’interazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali; b) l’altra
strutturata orizzontalmente coinvolgendo attori locali dello stesso livello.
Le politiche di sicurezza urbana “contrattualizzate” sono adottate anche per prevenire le
forme di “degrado” sociale e ambientale che condizionano la percezione della sicurezza
dei cittadini (Palidda, 1999). Il contrasto alle forme di incivilities nei grandi centri urbani è
oggetto di numerosi accordi tra enti locali ed è diventato obiettivo costante delle ordinanze
dei sindaci soprattutto in seguito al cd. “Pacchetto sicurezza 2008” che conferisce
maggiore autonomia ai primi cittadini come rappresentanti di Governo.
I nuovi poteri riconosciuti agli enti territoriali e la possibilità per gli attori istituzionali e
privati di poter intervenire nella formulazione delle politiche pubbliche consentono una
gestione della sicurezza maggiormente partecipata e più attenta alle necessità locali.
Il metodo di analisi adottato nel presente elaborato è di natura ricognitiva: sono stati
analizzati i recenti provvedimenti adottati in materia di sicurezza, soprattutto quelli che
ricorrono alla “strategia della contrattualizzazione” (Selmini, 2004). Questi stessi
strumenti di policy sono stati presi in esame per lo studio del caso della Regione Toscana e
del Comune di Firenze.
I due esempi di politiche di sicurezza urbana sono stati analizzati tramite dati qualitativi,
ricorrendo a interviste semi-strutturate a testimoni privilegiati del contesto fiorentino e
toscano . A livello di esperienza personale fondamentale è stata la partecipazione come
tutor al primo master interuniversitario sul “Coordinamento delle Politiche per la sicurezza
urbana” promosso dalla Regione Toscana, importante per comprendere il metodo di
approccio e le dinamiche legate alla sicurezza urbana e alla vivibilità delle città.
Il presente elaborato è composto da cinque capitoli così strutturati:
1. il primo capitolo, cerca di dare una definizione esauriente della sicurezza urbana
sia come espressa in letteratura che dalle disposizioni dell’ordinamento giuridico
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italiano. Per comprendere quali siano i fenomeni che più influenzano la
formulazione delle politiche di sicurezza urbana e con quali conseguenze, verranno
analizzati i dati sulla criminalità e quelli sulla sensazione di insicurezza dei
cittadini integrandoli con studi sulla capacità dei media di condizionare l’opinione
pubblica in materia securitaria;
2. nel secondo capitolo verranno illustrati i modelli delle politiche di sicurezza, con
particolare attenzione per quelle “contrattualizzate”, così come sviluppate nei Paesi
di origine anglosassone e in Francia per confrontarle con il caso italiano;
3. il terzo capitolo analizzerà le politiche di sicurezza sulla base della riforma del
Titolo V della Costituzione e dei cd.”Pacchetti sicurezza 2008/2009”,
concentrandosi sulla adozione di politiche implementate in seguito alla stipula di
forme pattizie e mettendo in evidenza la carenza di una politica securitaria
nazionale strutturata e condivisa.
4. negli ultimi due capitoli , verrà studiata l’evoluzione delle politiche
contrattualizzate di sicurezza urbana nella realtà italiana e nell’ambito locale,
analizzando la realtà toscana in generale e quella fiorentina, nello specifico, con il
supporto di interviste semi-strutturate a esperti e tecnici privilegiati, per consentire
l’individuazione dei limiti e delle prospettive per le città italiane nell’affrontare le
difficoltà legate alla sicurezza e alla convivenza civile.
I personaggi che hanno dato la loro testimonianza sulla situazione delle politiche di
sicurezza urbana, in Toscana e a Firenze, sono quattro figure provenienti da contesti
diversi che ricoprono ruoli eterogenei come: l’ex Procuratore capo Vigna, attualmente
incaricato come consulente “volontario” in materia di sicurezza urbana per
l’amministrazione Renzi; il funzionario comunale Rota dirigente dell’Ufficio Città Sicura
del Comune di Firenze; il sottoufficiale Lori del Comando della Polizia Municipale di
Firenze; il Comandante Bedessi della Polizia Municipale di Cortona, nonché esperto e
autore di numerosi libri in materia di politiche di sicurezza.
In ultimo, prima delle conclusioni, verranno avanzate delle proposte per le politiche di
sicurezza per i Comuni toscani e soprattutto per Firenze prendendo in considerazione i
Patti Locali di Sicurezza Urbana, contratti locali di sicurezza di ultima generazione come
diffusi nella Regione Lombardia e Piemonte.
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CAPITOLO I
IL PROBLEMA DI POLICY: LA SICUREZZA URBANA
1.1 La dimensione della sicurezza urbana nella “società del rischio”
Il termine sicurezza si sostanzia di due elementi: relazionale, per i diversi significati che
può assumere in base alle nozioni che la completano (sicurezza economica, sociale,
pubblica etc.); plurale, per l’impossibilità di identificare un unico concetto di sicurezza che
viene definito dalle nozioni che la esplicitano.
La sicurezza come concetto, inoltre, può essere intesa in relazione a:
a) individui, si riferisce al pericolo di non poter usufruire dei propri beni e diritti, il
rischio di non poter godere di un’esistenza pacifica;
b) sistemi, riferita alla utilità ed efficienza complessiva di un sistema che consenta di
reagire alle minacce che la possano attaccare (Pajno, 2008).
Nel caso della sicurezza urbana, il suo significato ha assunto, di recente, una importanza
considerevole come definita dalle politiche pubbliche che interessano la convivenza
sociale, soprattutto, in riferimento alla incolumità dei cittadini. Il bisogno di sentirsi sicuri
è aumentato in maniera esponenziale soprattutto negli ultimi decenni, ma le cause di una
crescente insicurezza non sono riconducibili a semplici fenomeni contingenti, né a
spiegazioni univoche attendibili per gli eterogenei contesti sociali presenti nelle città.
Le principali dinamiche che conducono a una sempre maggiore richiesta di sicurezza nei
confronti delle istituzioni hanno portato a focalizzare l’attenzione sull’andamento del
fenomeno criminalità, ma la tendenza a sentirsi insicuri è legata a cause multidimensionali
che coinvolgono, in particolare, ambiti di natura economica, sociale, tecnologica e
urbanistica (Bauman, 2000).
Secondo Beck (2000) l’aumento del benessere economico favorisce le condizioni per il
radicarsi della “società del rischio”, della produzione sociale del rischio che si sostituisce
al concetto di pericolo proveniente dall’esterno di una collettività. Si acuisce il rischio di
essere vittime di eventi catastrofici che si manifestano lontano da noi, ma che possono
ugualmente condizionare la tranquillità individuale (Luhmann, 1996).
Nella società contemporanea una delle principali cause della percezione della insicurezza
delle popolazioni dei Paesi occidentali può essere individuata nell’imporsi della
“economica neoliberale” e della progressiva ricerca da parte delle imprese di costi di
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produzione sempre più bassi per ottenere maggiori utili. La centralità delle leggi di
mercato sono il risultato di politiche neoliberiste che negli ultimi decenni hanno provocato
una riduzione sempre più consistente degli interventi statali nelle transazioni economiche,
provocando un senso di abbandono nelle persone (Beck, 2000).
D’altro canto, la capacità limitata di agire da parte dello Stato è percepita in maniera
negativa dalla collettività, non soltanto a livello economico, ma anche a livello politico
provocando un percezione di sfiducia verso la rappresentanza delle istituzioni, con
conseguente aumento delle paure e delle ansie quotidiane (Pitch, 2000).
Da una forma di intervento invasivo dello Stato si è passati ad una evasiva del potere
globale, è il tramonto dello Stato sociale che non riesce più a garantire i livelli minimi di
benessere ai suoi cittadini, sempre più sfiduciati e disorientati (Bauman, 2000; Beck,
2000b).
La percezione della insicurezza non è semplicemente la conseguenza delle incertezze
sociali generate dal fallimento del Welfare State System, ma è legata anche allo sviluppo
delle innovazioni tecnologiche e alla diffusione di notizie, in tempo reale, da ogni parte del
mondo con mezzi di comunicazione sempre più avanzati (Garland, 2004).
L’inesistenza di una causa univoca in grado di giustificare la stato d’incertezza in cui vive
il cittadino contemporaneo è correlata ai molteplici effetti legati alla multidimensionalità
del termine “globalizzazione”. Come definito da Giddens (1994, 71) con questo concetto
si vuole indicare “l’intensificazione di relazioni sociali mondiali che collegano tra loro
località distanti, facendo sì che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si
verificano a migliaia di chilometri di distanza e viceversa”. In questi termini, la percezione
dei confini muta enfatizzando due dimensioni opposte, globale e locale, riducendo la
realtà nazionale che diventa il canale di contatto tra i primi due.
Il processo appena illustrato rivaluta il contesto locale, soprattutto le città, nuovo punto di
riferimento per gli individui alla ricerca di un “benessere individualizzato” che sempre
meno ricorrono a servizi forniti dallo Stato sostituendoli con quelli prodotti dal mercato
(Beck, 1999).
Il rapporto di dipendenza tra le istituzioni locali e i cittadini, instauratosi negli ultimi
decenni, è il risultato dello sviluppo dei processi di urbanizzazione che ridefiniscono il
ruolo dei centri urbani e degli enti istituzionali statali (Bauman 2005). Le minacce
percepite dalle popolazioni cittadine, soprattutto in materia di politiche per la sicurezza,
coinvolgono principalmente gli amministratori locali che possono intervenire soltanto per
migliorare le condizioni relative alla convivenza sociale all’interno della collettività,
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mentre le politiche di contrasto ai comportamenti criminali resta, quasi esclusivamente, di
competenza statale (Mela, 2006).
La sussidiarietà orizzontale adottata per implementare le politiche pubbliche e
l’erogazione dei servizi da parte dei diversi governi centrali degli Stati occidentali è stata la
diretta conseguenza dell’estensione dello spazio politico mondiale e della nuova
organizzazione dell’economia globale.
Si può quindi affermare che le interdipendenze sempre più complesse, consolidatesi con
l’imporsi della visione globalizzata della realtà, abbiano minacciato l’identità dei cittadini
e dissolto virtualmente i tradizionali confini dello Stato nazione, provocando un graduale
radicamento del senso d’insicurezza tra gli individui e un progressivo affidamento alle
istituzioni locali, urbane in primis (Pitch, 2000).
1.1.1 Il protagonismo della città
Nell’antica Grecia il concetto di politica era strettamente correlato con il termine polis,
città, all’interno di essa il governo della cosa pubblica trovava una propria sede naturale
(Arendt, 1958). Non è, quindi, una coincidenza che le politiche pubbliche, soprattutto in
materia di sicurezza, abbiano come minimo comun denominatore proprio la dimensione
urbana. Per comprendere quale sia la vera natura del problema della sicurezza urbana
bisogna scendere dalla macroanalisi nazionale a quella più specifica che riguarda il reale
luogo d’interesse della percezione dell’insicurezza della popolazione del terzo millennio,
gli enti periferici, la città nello specifico (Amendola, 2004).
I cittadini hanno sempre più bisogno di sentirsi sicuri, di costruire rapporti di socialità, di
fruire di servizi, di vivere con tranquillità nello spazio in cui risiedono, in cui lavorano e
dove svolgono le principali funzioni sociali (Jacobs, 2000; Pitch, 2000). Questa condizione
di pacifico equilibrio è garantita, oltre che dalla sicurezza pubblica, esplicitata dalla
presenza delle Forze di Polizia di competenza statale, anche dalla sicurezza urbana intesa
come capacità di promuovere e instaurare relazioni necessarie per garantire la pacifica
esistenza della collettività locale (Carrer, 2003).
In base al livello di urbanizzazione si tende a favorire l’opportunità, per una determinata
tipologia di reati, di verificarsi a causa della concentrazione di un elevato numero di
persone presenti nella stessa area, sia come cittadini residenti che come lavoratori o come
semplici city users che non contribuiscono alla manutenzione e miglioramento della
vivibilità urbana (Fiasco, 2001; Chiesi, 2003).
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Possono essere distinti, a questo punto, due obiettivi d’intervento per le politiche di
sicurezza: il contrasto della criminalità e la garanzia della convivenza sociale pacifica e
civile, è su di essi che vengono implementate la maggior parte delle soluzioni politiche
securitarie.
Con l’avvento delle nuove strategie di sicurezza, fondate soprattutto sulla prevenzione dei
reati più che sul loro contrasto (Selmini, 2003), si è passati da una definizione di sicurezza
come assenza di minacce e avversità a una espressione che comprende il principio di
prossimità verso i cittadini e di integrazione sociale (Baratta, 1984). Le politiche per la
promozione della sicurezza devono essere, quindi, implementate attraverso la
comprensione dei problemi e dei timori relativi a specifici contesti urbani (Paone, 2008).
1.1.2 Criminalità e contesto urbano
Le grandi città e le metropoli sono gli ambienti tipici dove determinati delitti possono
verificarsi, i cd. reati predatori in generale, come furti e rapine, che si verificano il più
delle volte nelle aree ad alta frequentazione, eccezion fatta per i furti in appartamento che
spesso vengono perpetrati anche nei piccoli centri o nelle campagne (Ciappi & Panseri,
2004).
In termini molto semplici, la criminalità è legata a doppio filo con il problema della
garanzia della sicurezza urbana, intesa come vivibilità della città dove il cittadino ha come
referenti diretti le istituzioni locali con le quali interagisce e alle quali richiede direttamente
la risoluzione dei problemi di carattere urbano, primo fra tutti quello della tutela della
persona e del patrimonio privato e della comunità intera (Amendola, 2003).
Si può affermare come il problema della sicurezza, legato alla paura della criminalità, resti
di competenza dello Stato, mentre alle amministrazioni locali viene riconosciuta la
capacità di intervenire nel tessuto sociale, perché è da lì che i reati si sviluppano e vengono
consumati maggiormente, ed è sempre lì che i cittadini percepiscono il proprio stato
d’insicurezza (Crawford, 1997).
Per garantire i livelli acquisiti di qualità della vita e per godere dei servizi urbani
essenziali, i cittadini ricorrono alle amministrazioni locali. La ricerca di nuove soluzioni ai
problemi nati dall’abbattimento dei “confini virtuali statali” ha portato la collettività a
proporre sempre più domande alle strutture locali e alle autorità cittadine, ad affidarsi, in
definitiva, alla politica urbana propriamente detta, soprattutto in materia di sicurezza
(Foucault, 2005).
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Il fenomeno che più di ogni altro è contestualizzato dal tema della insicurezza è la
criminalità considerata come elemento che meglio riesce a condizionare il dibattito sulla
sicurezza urbana, è proprio in questo ambito che il rapporto tra rappresentanti e
rappresentati si esplica maggiormente (Maneri, 2001).
La liaison simbolica tra politici e popolazione si mostra, in tutta la sua natura, proprio sul
tema della sicurezza legato all’andamento della criminalità. In questi termini gioca un
ruolo importante il canale dei mezzi di comunicazione che amplifica e distorce le
tematiche e le emergenze legate ai comportamenti devianti (Sorrentino, 1993).
Analizzare i temi e le politiche per la promozione della sicurezza urbana, non vuol dire
soltanto ricorrere a forme repressive proattive dei comportamenti criminali, ma anche
ridurre le possibilità e le condizioni che tali atteggiamenti si verifichino o che vengano
replicati.
D’altra parte, bisogna prendere in considerazione le cause che portano i cittadini a fare
richiesta di determinate soluzioni politiche e quale sia il ruolo giocato dai mezzi di
comunicazione di massa nell’infondere insicurezza negli individui e nell’influenzare il
processo di agenda setting.
In definitiva, il problema del ruolo delle città in Italia in materia di sicurezza s’incentra
sulla questione della capacità degli enti locali di essere in grado di sviluppare politiche di
sicurezza nell’ambito delle loro autonomie, o se essi si debbano limitare a porsi come
anello di congiunzione con il potere centrale nel controllo formale della criminalità.
1.1.3 Approccio alla sicurezza urbana
Per comprendere il fenomeno della sicurezza urbana bisogna prendere in considerazione
un insieme di dati molto eterogenei che difficilmente possono essere comparati, ma che
sono indispensabili per comprendere sia la dinamica dell’”emergenza criminalità” che le
politiche di sicurezza urbana che nascono dal dibattito pubblico. In questo primo capitolo,
dopo una introduttiva definizione di sicurezza urbana, si procederà alla rapida analisi dei
dati relativi alla criminalità in Italia e dei primi dati sulla “vittimizzazione” dei cittadini.
Con questo termine ci si riferisce ad un numero di sondaggi proposti ad una particolare
popolazione per rilevare quante persone sono state vittime di una data tipologia di reati, in
un lasso di tempo determinato, per ottenere il maggior numero di informazioni sulle
denunce presentate e sulle conseguenze di tali eventi.
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Oltre ai dati statistici, sul fenomeno della criminalità, verrà preso in esame il ruolo che i
media ricoprono sul tema della sicurezza urbana e come il loro intervento sia in grado di
influenzare l’agenda setting e la capacità cognitiva degli attori politici e dei cittadini stessi.
Sembra evidente affermare che la percezione della insicurezza sia condizionata dal
rapporto esistente tra i reati commessi e “l’allarme sociale” che essi comportano, nella
realtà i delitti rilevati, definiti gravi dal sistema penale non vengono considerati tali dai
cittadini.
Questi ultimi temono di più i cd. reati predatori, come furti e rapine, che i reati definiti
come violenti (omicidi, attentati, stragi etc.) perché più invasivi della privacy personale di
ogni individuo (Robert, 1990; Duprez, 1991).
Un altro accorgimento deve essere fatto per il rapporto tra criminalità e percezione della
insicurezza, in letteratura non esistono studi che attestino una effettiva proporzionale
corrispondenza tra i due fenomeni (Garofalo, 1977; Clemente & Kleiman, 1977; Balkin,
1979; Lagrange, 1984; Barbagli, 2002b; Barbagli & Gatti, 2002; Amendola, 2008), in
definitiva, all’aumentare dell’una non necessariamente incrementa l’altra.
In Italia, negli ultimi anni, i dati hanno confermato tale tendenza che non sembra aver
subito variazioni, si assiste invece, come si osserverà in seguito, analizzando i dati forniti
dall’Istat, ad un aumento della percezione della sicurezza e ad una diminuzione dei reati in
generale e di quelli “predatori” nel particolare.
1.2 La sicurezza urbana: definizioni del concetto e sue implicazioni
Nel paragrafo precedente é stato osservato come la sicurezza urbana prenda in
considerazione non solo politiche di repressione della criminalità, ma anche interventi per
la tutela della convivenza civile di una collettività identificata nei confini di una città, è in
questa accezione che il concetto di “urbano” ricopre una posizione centrale (Pitch, 2000).
In letteratura, la sicurezza urbana è stata definita come “approccio sistemico alla
regolazione del controllo sociale nel concreto territorio della città e nella dimensione
quotidiana della convivenza civile” (Fiasco, 2008, 8). Si evince in questa prima
esplicitazione un duplice fenomeno sociale mutevole nel tempo che si presenta sotto
diverse forme e dinamiche in base al contesto nel quale interviene. Viene delineata una
nozione di sicurezza eterogenea e multidimensionale che decreta la necessità di dover
ricorrere a forme di controllo sociale non riconducibili a strumenti politici tradizionali,
come sistema penale, nel contrasto della criminalità; d’altra parte esiste un concetto di
sicurezza urbana prettamente politico che interessa il processo decisionale di policy e la