Esigenze tecniche e di bilancio hanno fatto si che in Italia il ricorso alla
subfornitura da parte delle imprese si sia venuto ad intensificare sempre più negli
ultimi anni. L’aumentare della complessità tecnologica delle produzioni e l’acuirsi
della concorrenza di mercato hanno portato le imprese industriali a concentrarsi
nel loro core business, ad operare in quello che sanno fare meglio e che ha il
maggior valore aggiunto, decentrando all’esterno tutte le altre produzioni o
esecuzioni di servizi.
Sono così sorte imprese specializzate nella produzione di determinati
componenti o nella prestazione di determinati servizi e si sono venuti a creare veri
e propri mercati di fase, nei quali le imprese industriali si riforniscono dei prodotti
intermedi e dei semilavorati necessari alla realizzazione del loro prodotto finale.
Si è così progressivamente sviluppato un modello di impresa organizzata
su base contrattuale. Molto spesso dallo scorporo della stessa grande impresa
manifatturiera sono nate numerose piccole iniziative imprenditoriali, più o meno
autonome. Così, quello che era regolato attraverso un rapporto di lavoro
subordinato, si è trovato ad essere regolato da un rapporto di subfornitura, quella
che era una relazione tra datore di lavoro e dipendente è divenuta una relazione tra
imprenditori.
In una realtà economica perfetta, tanto cara agli economisti che ne
elaborano i corrispondenti modelli economici, contraddistinta da razionalità
perfetta e perfetta informazione, un’organizzazione imprenditoriale come quella
descritta permetterebbe l’ottenimento della migliore allocazione delle risorse e
l’optimum dal punto di vista dell’efficienza produttiva.
Purtroppo però, com’è noto, la situazione reale è ben lungi dall’essere
caratterizzata da queste condizioni: la razionalità è indubbiamente limitata e
l’informazione è imperfetta, ove non distorta. In una realtà come questa il rischio
di forti disparità di potere contrattuale tra le parti è più che evidente e la necessità
di riequilibrare le posizioni contrattuali, laddove si verifichino imperfezioni del
mercato, è quantomeno auspicabile.
Nel corso di questo lavoro si tenterà di fornire una visione globale del
fenomeno subfornitura, per poi scendere in dettaglio nella cosiddetta subfornitura
di capacità, quella a maggior rischio di vessazione. Dimostrata l’esigenza di un
intervento legislativo volto a ristabilire una situazione di equilibrio nei rapporti
contrattuali tra committenti e subfornitori, si passerà ad esaminare le principali
problematiche sollevate dalla legge 18 giugno 1998, n. 192. Nata con il dichiarato
obiettivo di proteggere il subfornitore debole da pratiche quali la sistematica lunga
dilazione nonché la violazione frequente dei termini di pagamento e l’imposizione
di condizioni contrattuali fortemente discriminanti, a circa due anni e mezzo dalla
sua entrata in vigore, questa legge, oggetto di critiche spesso ingenerose, non ha
prodotto appieno gli effetti desiderati. L’analisi della disposizione legislativa in
questione verrà fatta anche alla luce della direttiva comunitaria 2000/35/CE
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, il cui
recepimento nel nostro ordinamento andrà inevitabilmente ad introdurre
modifiche alla legge sulla disciplina del contratto di subfornitura.
Della limitata applicazione della legge e della sua incidenza sulla realtà
economica italiana si parlerà a parte, con un utile corredo di grafici e statistiche,
utili per svolgere un’analisi approfondita dei punti di forza e di quelli di debolezza
della normativa, alla luce delle opinioni espresse dai diretti interessati, i soggetti
economici che operano nel campo della subfornitura.
Un discorso a sé merita l’art. 9 della legge 192/98 che ha introdotto
nell’ordinamento italiano l’istituto dell’abuso di dipendenza economica. Questa
norma, inizialmente prevista nella legislazione antitrust, riguarda tutti i rapporti
verticali tra imprese e non solo quelli di subfornitura. Il fatto di aver affidato al
giudice ordinario la competenza su una situazione che potenzialmente riguarda la
stabilità delle situazioni di mercato, ha sollevato più di una critica. Il
coinvolgimento dell’Autorità antitrust nel processo valutativo e sanzionatorio
dell’abuso dell’altrui dipendenza economica, in tutte quelle situazioni in cui
l’eccessivo potere di un’impresa su di un’altra abbia riflessi negativi anche sul
corretto funzionamento del mercato, è stato ampiamente auspicato, anche per le
maggiori competenze e per i migliori strumenti ispettivi e sanzionatori di questa.
L’abuso di dipendenza economica ha rilevanza nel diritto antitrust,
essendo in grado di alterare gli equilibri concorrenziali e di mercato al pari
dell’abuso della posizione dominante, pur rimanendo figura diversa e separata da
quest’ultima. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato sembra essere
l’istituzione più idonea ad occuparsi di questa fattispecie, avendo la possibilità di
utilizzare i propri poteri di indagine e procedere a diffide e sanzioni ai sensi
dell’art. 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nei confronti delle imprese che
abbiano perpetrato detto abuso.
CAPITOLO PRIMO
LA SUBFORNITURA, FRA SCELTE ECONOMICHE ED
ESIGENZE DI REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA
Sommario: 1. Subfornitura come espressione del decentramento produttivo. – 2. Tipologie
di subfornitura industriale. – 2.1. La subfornitura tipica. – 2.2. La lavorazione per conto. –
2.3. La fornitura OEM. – 3. Esigenza di una disciplina contrattuale del rapporto di
subfornitura industriale. – 3.1. Problemi relativi alla forma del contratto. – 3.2. Problemi
relativi alla programmazione degli ordini ed alla determinazione del prezzo. – 3.3. Specifiche
di prodotto, controllo della qualità e responsabilità del subfornitore per vizi. – 3.4. Il
problema dei ritardi nei pagamenti. – 4. La legge n. 192 del 1998: considerazioni preliminari.
– 4.1. Prospettiva comunitaria, iter legislativo ed entrata in vigore. – 4.2. Il contratto di
subfornitura come contratto d’impresa. – 4.3. Contratto di subfornitura: tipicità sociale e
atipicità legale. – 4.4. La ratio legis.
1. – Decentramento produttivo, deverticalizzazione, disintegrazione verticale,
approvvigionamento esterno, contoterzismo, sono tutti fenomeni economici che si
rifanno al modello dei costi di transazione
1
, alla decisione se produrre un
determinato componente di un dato prodotto oppure acquistarlo sul mercato, in
sostanza, all’amletico dilemma imprenditoriale del make or buy.
In estrema sintesi, rischiando di essere rozzi e superficiali, si può affermare
che per un’impresa è conveniente produrre all’interno dell’organizzazione fino a
1
Il precursore di tutto il dibattito sull’economia dei costi di transazione è R. COASE che nel suo
The Nature of the Firm, in Economica (nuova serie), vol. 4, nn.13-16, 1937, pp. 386-405, in un
periodo storico in cui l’organizzazione aziendale era basata sul cosiddetto modello fordiano, e
quindi sulla produzione in serie in enormi catene di montaggio nelle quali si lavorava interamente
il prodotto in tutte le sue componenti, introduce il concetto di convenienza economica nella scelta
di acquistare componenti del prodotto finale da altre aziende esterne.
che i costi di produzione
2
risultano inferiori ai costi di acquisto all’esterno
3
; in
caso contrario la scelta migliore da compiere è quella di ricorrere al mercato
4
. Dal
punto di vista della strategia aziendale, le scelte di decentramento produttivo sono
condizionate anche dalla ricerca di maggiore flessibilità produttiva e di migliore
allocazione delle risorse
5
. Può quindi accadere, e nella realtà ciò spesso si verifica,
che un’impresa sia in grado di produrre all’interno della propria filiera produttiva
un certo componente ma preferisca acquistarlo all’esterno ed utilizzare le risorse
così “risparmiate” in fasi di processo più remunerative. Spesso si verifica anche il
caso in cui un’impresa acquisti una certa quantità di un componente all’esterno
2
In questo caso i costi vanno intesi in senso “allargato”, quindi non solo costi di manodopera
diretta e delle materie prime ma anche i costi di ammortamento dei macchinari e i costi di gestione
in genere devono essere presi in considerazione nell’analisi di convenienza.
3
Anche in questo caso non bisogna analizzare solamente il prezzo del componente da acquistare
ma anche tutti i costi di transazione che si sostengono: costi per trovare il fornitore più adatto, costi
dovuti all’incertezza nella contrattazione, costi derivanti dalla frequenza e dalla durata dei
contratti, costi per investimenti specifici non recuperabili nel breve periodo.
4
Per una panoramica più completa sul modello economico dei costi di transazione, O.
WILLIAMSON, Transaction-cost Economics: the Governance of Contractual Relations, in
Journal of Law and Economics, n.22, 1979, pp. 233-261.
5
Così S. SILVESTRELLI , Complessità degli approcci metodologici e delle problematiche nelle
ricerche economico-aziendali sulle piccole imprese, in Il ruolo delle strategie funzionali nella
gestione dell’impresa (raccolta di scritti a cura dell’Autore), Ancona, 1997, p. 8: “Per le imprese
sarà importante raggiungere, non tanto un’efficienza statica quanto un’efficienza dinamica; la
superiorità competitiva di un’azienda dipenderà sempre di più dal modo in cui verranno formulate
le scelte sulle funzioni da svolgere all’interno e su quelle che vengono invece svolte all’esterno e
di cui si acquisiscono poi i risultati.”
anche se essa stessa produce quel componente. Questo accade quando c’è un forte
aumento della domanda; aumento, però, che l’impresa reputa congiunturale e
quindi preferisce integrare la propria produzione ricorrendo al mercato piuttosto
che effettuare nuovi investimenti
6
e rischiare di avere capacità produttiva
sottoutilizzata una volta che la domanda si sia riassestata sui livelli normali
7
.
Ricorrere al mercato vuol dire ricorrere alla subfornitura
8
. “Si ha una
relazione di subfornitura (industriale) ogni qual volta vi sia un’impresa
(denominata committente) che affida in tutto (riservandosi solo funzioni
commerciali) o in parte la propria produzione di “beni” (parti componenti di un
prodotto complesso) o di “servizi” (operazioni su semilavorati) ad altra impresa
6
Come nuova manodopera e nuovi macchinari. Se l’aumento della domanda non è strutturale ma
solo temporaneo, l’impresa si verrà a trovare dei dipendenti in esubero, che non potrà facilmente
“smaltire” e macchinari sottoutilizzati.
7
R. LECCESE, Nozione e contenuto del contratto, in AA.VV., La subfornitura nelle attività
produttive (a cura di V. Cuffaro), Napoli, 1998, p. 5, opera un’interessante distinzione tra
“subfornitura per motivi di capacità, o congiunturale, quando il committente, pur essendo
teoricamente in grado di eseguire il componente o la lavorazione, necessita (per esigenze di
abbattimento dei costi o per fronteggiare un’improvvisa crescita della domanda) dell’apporto del
subfornitore, e subfornitura specializzata, o strutturale, allorché il committente non abbia le
capacità tecniche per eseguire direttamente il componente o la lavorazione”.
8
In un’epoca come quella attuale, caratterizzata dal massiccio ricorso ad Internet, il modo migliore
per misurare la “popolarità” di un termine è digitarlo in un motore di ricerca. Altavista, uno dei
principali motori di ricerca Internet, il giorno 25 gennaio 2001, ha trovato 4717 pagine web
contenenti la parola subfornitura, questo a dimostrazione di quanto il termine sia ormai diventato
di uso comune ed ampiamente adoperato nella pratica.
(denominata subfornitrice)”
9
. Questa definizione, volutamente molto ampia,
ricomprende tutte le fattispecie di subfornitura, dalla mera lavorazione per conto
dell’impresa committente a forme di partenariato
10
e comakership, dove
committente e subfornitore collaborano dalla fase di progettazione del
componente sino alla sua completa realizzazione.
I rapporti di subfornitura sono sempre esistiti. “Dovunque c’è stata
un’impresa industriale produttrice diretta di beni, vi sono sempre state piccole
aziende con funzioni di fornitrici di pezzi staccati e di accessori di ogni genere”
11
.
Quello che interessa è analizzare il ruolo che tali relazioni hanno raggiunto
nell’economia attuale e di capire quali sono i rapporti di forza all’interno di questi
accordi. In Italia, quasi l’80% delle imprese ricorre a subfornitori; a livello
europeo, si è calcolato che la subfornitura movimenta un giro d’affari pari a circa
9
Così definisce il rapporto di subfornitura R. CASO, Subfornitura industriale: analisi
giuseconomica delle situazioni di disparità di potere contrattuale, in Rivista critica del diritto
privato, nn.1-2, 1998, p. 248.
10
F. GAMBARO, Nuovi contratti di partenariato, in AA.VV., Contratti di subfornitura. Qualità e
responsabilità (a cura di U. Draetta e C. Vaccà), Milano, 1993, p. 97, definisce il partenariato
“come un contratto quadro, un contratto programmatico cui si dà adempimento mediante
l’emissione e l’accettazione di ordini specifici che trovano la propria collocazione nell’àmbito
della disciplina dettata dal contratto e soprattutto vengono emessi in base al programma
predisposto da contratto”.
11
N. B. LO MARTIRE, in AA.VV., SUBFOR – aspetti giuridici ed economici della subfornitura
industriale (a cura di N.B. Lo Martire), Milano, 1977, p. 16.
100 miliardi di Euro
12
. La più grande industria automobilistica italiana, la Fiat,
ricorre a subfornitori per un ammontare di oltre il 50% del proprio fatturato ed
intorno ai suoi stabilimenti ruotano circa 13.000 piccole imprese nazionali e 3.200
estere
13
. Intorno alle grandi imprese si viene a formare il cosiddetto indotto e si
vengono a creare veri e propri distretti industriali , spesso formati da piccole e
piccolissime imprese che lavorano quasi esclusivamente sulle commesse di una
sola impresa principale
14
.
Dall’analisi sin qui fatta sembra emergere questo cliché: l’impresa
subfornitrice si caratterizza per le contenute dimensioni, per la produzione
specializzata, per essere rivolta ad un numero ristretto di committenti, per l’uso di
costose attrezzature difficilmente riconvertibili per usi alternativi, per l’incertezza
circa la durata dei rapporti contrattuali con il committente, e per la soggezione
fedele e diretta alle scelte strategiche e produttive dell’impresa committente senza
12
Questi dati vengono citati nella relazione alla proposta di legge n.1190, d’iniziativa del deputato
Rubino e altri, presentata in data 24 maggio 1996, in Subfornitura nelle attività produttive, dossier
provvedimento a cura delle Camera dei deputati, XIII legislatura, 1997, pp. 43 e ss. Nel testo
originale l’importo viene riportato in ECU.
13
Dati riportati in N. B. LO MARTIRE, op. cit., p. 17.
14
Per una chiara esposizione del sistema di sviluppo e organizzazione dei distretti industriali
marchigiani, si veda V. BALLONI-D. IACOBUCCI, Cambiamenti in atto nell’organizzazione
dell’industria marchigiana, in Economia Marche, n.1, 1997, pp. 29-64. Per un’approfondita
analisi del settore del mobile in legno, S. SILVESTRELLI, I rapporti di subfornitura
nell’industria del mobile, in Economia e politica industriale, n.23, 1979, pp. 37.
poter minimamente influire nelle decisioni. Insomma, generalizzando,
parrebbe delinearsi una situazione di tendenziale disparità contrattuale, tale da
giustificare l’intervento del legislatore.
Sul punto si tornerà più avanti; è comunque opportuno operare un’importante
distinzione: nella cosiddetta subfornitura di capacità il ruolo del subforniture è
puramente operativo mentre nella subfornitura di specialità il subfornitore
collabora con il committente nello studio delle soluzioni tecniche e, spesso,
apporta know how proprio. Tra i due estremi, ovviamente, ci sono tante
graduazioni e tante situazioni non facilmente classificabili; comunque questa
seconda tipologia di subfornitori non rientra nello stereotipo sopra delineato,
essendo il loro potere contrattuale forte e, in alcuni casi, addirittura superiore a
quello del committente stesso.
A questo punto si possono esaminare le varie tipologie di subfornitura industriale.
2. – E’ subito necessario liberare il campo da possibili equivoci:
nell’ampia definizione di subfornitura sopra enunciata si tende a ricomprendere
una serie di situazioni alquanto eterogenee che poco hanno a che fare con la
subfornitura industriale. E’ il caso del subcontratto, di una situazione in cui un
soggetto (contraente principale), che ha assunto l’impegno di realizzare un’opera
per un terzo, incarica della realizzazione di una parte dei lavori un altro soggetto
(subcontraente)
15
. Situazione, questa, che ha soltanto un flebile collegamento con
la subfornitura industriale, rappresentato dal fatto che anche qui si realizza una
qualche forma di decentramento produttivo, il quale, tuttavia, non giustifica una
uniformità di trattamento tra le due fattispecie. Questa forma di subfornitura-
subcontratto è più propriamente inquadrabile nell’àmbito del subappalto,
disciplinato nel nostro ordinamento dall’art.1656 c.c., o della vendita, artt.1470 e
ss.
16
, c.c. Quello che preme sottolineare è che in tutti questi casi siamo in presenza
di due contratti collegati, quello principale, stipulato per la realizzazione di un
opera, e quello collegato di fornitura. Destinatario ultimo della prestazione è il
“committente principale”.
15
R. LECCESE, op. cit., p. 9, definisce il subcontratto “come il contratto mediante il quale una
parte (il ‘sub-contraente’ o ‘l’intermediario’) reimpiega, in tutto o in parte, nei confronti di un
terzo la posizione giuridica derivante da un contratto in corso, detto contratto principale o contratto
base. Il sub-contratto, quindi, riproduce lo stesso tipo di operazione economica del contratto
principale, ma l’intermediario assume nei confronti del terzo il ruolo inverso da quello che riveste
in tale contratto. Il sub-contratto, in altre parole, ha ad oggetto l’adempimento di tutto o parte delle
prestazioni dedotte nel contratto principale”.
16
Si tratterà di vendita in tutti quei casi in cui oggetto del subcontratto sia il trasferimento di
proprietà di beni direttamente utilizzabili nella realizzazione dell’opera principale, beni che siano
standard e che non siano creati ad hoc per l’acquirente.
Nella subfornitura industriale
17
, viceversa, nonostante il prefisso sub
18
che
potrebbe trarre in inganno, non ci sono due contratti collegati bensì un solo
contratto, quello tra il committente che commissiona al subfornitore la
realizzazione di una componente del prodotto che intende realizzare ed immettere
sul mercato per una pluralità indistinta di consumatori. Il subfornitore esegue la
prestazione verso il committente a prescindere dalla destinazione di quella
prestazione
19
.
Chiarito questo possibile equivoco, si possono ora analizzare le principali
fattispecie che rientrano nella nozione di subfornitura precedentemente enunciata:
17
La Commissione europea definisce la subfornitura industriale quella situazione in cui
“un’impresa, che chiameremo committente, si rivolge ad un’altra impresa, che chiameremo
subfornitore, perché gli fornisca beni o servizi di cui il committente ha bisogno per la sua attività
economica, generalmente - anche se non sempre - per incorporarli attraverso qualche forma di
assemblaggio in un bene più complesso”. COMMISSIONE C.E., Guida pratica sugli aspetti
giuridici della subfornitura industriale nella comunità europea, Lussemburgo, 1990, p. 3.
18
Il prefisso sub utilizzato nella parola subfornitura deriva dalla prassi economica ed aziendalistica
ma non sta a significare l’affidamento a terzi di un preesistente rapporto di fornitura. A. MUSSO,
Concorrenza ed integrazione nei contratti di subfornitura industriale, Milano, 1993, p. 82, ritiene
che “il prefisso ‘sub’ deve in questo caso (…) ritenersi una semplice indicazione della soggezione
del subfornitore a determinate esigenze tecniche del committente che impongono una produzione
‘dedicata’ rispetto al componente standard offerto dal fornitore tout court”. R. LECCESE, op. cit.,
p. 20, sottolinea che il prefisso sub- “deve intendersi riferito alla natura ancillare e dedicata,
rispetto al ciclo produttivo del committente, della prestazione del subfornitore”. Diverso è il caso
in cui un subfornitore propriamente detto affidi la realizzazione di parte del suo lavoro ad un altro
subfornitore, in questo caso si avrà una sub-subfornitura.
19
Sul punto, R. LECCESE, op. cit., p. 8.
- subfornitura tipica
- lavorazione per conto
- fornitura OEM
20
2.1. – La forma più “classica” di subfornitura industriale ha per oggetto la
fornitura di prodotti, “che consiste nella produzione di semilavorati o di
componenti di beni più complessi prodotti dal committente”
21
. Questi prodotti
oggetto della subfornitura non devono essere standard, comunemente realizzati
dal subfornitore nella sua attività di impresa, bensì devono essere prodotti
realizzati ad hoc, concepiti e fabbricati appositamente per un determinato
committente e destinati ad essere incorporati in un prodotto finale assemblato
dallo stesso committente.
Nei rapporti di questo tipo è interessante osservare come si ripartiscano i ruoli
delle parti nella messa a punto del prodotto da fornire. Ad un estremo si colloca il
caso in cui la concezione tecnica del prodotto fa capo esclusivamente al
committente. Al subfornitore verranno indicate sia le linee guida generali sia i
progetti esecutivi di dettaglio, lasciandogli il ruolo di mero esecutore degli ordini
20
Questa elencazione è tratta da F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, Padova, 1999, p.
14.
21
R. CASO-R. PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale):
scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Rivista di diritto privato, n.4, 1998,
pp. 712 e ss.
impartiti. All’estremo opposto si verifica il caso in cui il committente si limita ad
indicare al subfornitore solamente le caratteristiche generali (dimensioni,
compatibilità, prestazioni) del prodotto di cui necessita, lasciando al subfornitore
il compito di delineare in dettaglio il progetto operativo e di dargli esecuzione. In
questi casi, di solito, alla fase di progettazione di dettaglio segue la realizzazione
di un prototipo da sottoporre all’approvazione del committente.
Tra i due estremi ora delineati si collocano un’infinità di situazioni intermedie
caratterizzate da forme più o meno accentuate di collaborazione tra le parti nella
concezione del prodotto oggetto della subfornitura. Il grado di dettaglio nella
progettazione del prodotto da parte del subfornitore è anche determinato dalla
disponibilità o no della tecnologia necessaria per svilupparlo.
Se il committente non possiede il know how necessario alla progettazione
dettagliata del prodotto, egli si dovrà per forza limitare ad impartire al
subfornitore indicazioni di massima, lasciando a questi la responsabilità della
progettazione e della realizzazione. In questa situazione il subfornitore potrà
richiedere un compenso maggiore in quanto il suo compito non è meramente
esecutivo ma implica anche un apporto di conoscenze tecnologiche sulle quali,
inoltre, potrà vantare dei diritti di esclusiva
22
.
22
Che si possono tradurre nella remunerazione per l’attività di progettazione svolta o nell’impegno
a non utilizzare il componente acquistato come prototipo per una successiva fornitura da parte di
un altro subfornitore non in possesso delle conoscenze tecnologiche necessarie.