I
INTRODUZIONE
Il presente lavoro di ricerca si propone di analizzare le dinamiche
del contratto collettivo nazionale del lavoro che, in un ambiente
oramai globalizzato, intervengono a modificare alcuni aspetti di
esso. L’analisi si incentra in particolare sulle modifiche apportate al
contratto nazionale del lavoro per i lavoratori addetti all’industria
metalmeccanica, del 20 gennaio 2008, avvenute a seguito
dell’introduzione del contratto Fiat “Fabbrica Italia” del 2010. A
tal proposito, il lavoro si è basato sullo studio di articoli, pubblicati
sui quotidiani degli ultimi due anni riguardanti le vicende Fiat.
La tesi si apre con un’analisi teorica delle caratteristiche della
contrattazione collettiva. Il primo capitolo, infatti, mostra come la
contrattazione collettiva sia l’esito di quel processo attraverso il
quale, i sindacati dei lavoratori e le associazioni dei datori di
lavoro, ricorrendo ai mezzi di pressione di cui dispongono, come lo
sciopero, definiscono congiuntamente la regolamentazione dei
rapporti individuali e collettivi di lavoro. Si evidenzia come la
struttura contrattuale possa essere descritta secondo sei dimensioni,
l’estensione, la centralizzazione, l’incisività, l’efficacia, il grado di
coinvolgimento e il grado d’istituzionalizzazione, ciascuna delle
quali sottolinea un carattere che fornisce anche indicazioni
essenziali per la comprensione dei diversi sistemi di relazioni
industriali. Infine, si analizza l’evoluzione della contrattazione
collettiva dal dopo guerra fino alla stipulazione dell’accordo quadro
del 2009.
Obiettivo del secondo capitolo è, invece, mostrare le differenze fra
il contratto dei metalmeccanici del 2008 e il nuovo contratto
separato Fiat “Fabbrica Italia”.
II
Dopo una prima parte in cui si tracciano, cronologicamente, le
dinamiche avvenute alla Fiat dal 2010, anno in cui, essa dovendo
decidere da vera azienda multinazionale le strategie e le
localizzazioni produttive del prossimo decennio, ha ufficialmente
presentato il progetto per l’Italia chiamato “Fabbrica Italia” per il
quinquennio 2010-2014.
Questo progetto ha portato alla disdetta definitiva del CCNL dei
metalmeccanici stipulato nel 2008 con le tre maggiori sigle
sindacali, Cgil, Cisl e Uil, con la conseguente creazione di un
nuovo contratto applicato, prima ai lavoratori di Pomigliano e
Mirafiori e, successivamente, da Gennaio 2012 a ogni lavoratore
degli stabilimenti Fiat, contratto, non sottoscritto unitariamente da
tutti i sindacati, in particolare dalla Cgil, sindacato di maggioranza,
che ha riaperto la discussione sul nodo della rappresentatività, tema
da sempre irrisolto nel sistema di relazioni industriali italiano.
Successivamente, infatti, vengono analizzate le caratteristiche del
nuovo contratto, in particolare si evidenziano le differenze sui
contenuti contrattuali, rispetto al contratto nazionale dei
metalmeccanici del 2008; si analizzano gli istituti dell’Orario di
lavoro, dei Diritti sindacali, della clausola di responsabilità, delle
assenze, permessi e tutele, istituto questo legato all’esigenza di
ridurre l’assenteismo in azienda, per poi, terminare il capitolo con
una osservazione sui lavoratori Rcl (Ridotte Capacità Lavorative).
Infine, nel terzo capitolo si analizza la crisi del sindacato italiano,
conseguente alle decisione prese da Sergio Marchionne,
amministratore delegato della Fiat, infatti, si prendono in
considerazione per l’analisi le vicende accadute, soprattutto, a
Pomigliano e Mirafiori, in quanto proprio con quest’ultimo, le
tendenze disgregative del sistema sindacale italiano venivano
completamente allo scoperto; si mostra anche il punto di vista del
sindacato americano, la Uaw (United Automobile Workers Union),
attraverso una descrizione breve della sua storia e del suo ruolo
all’interno della fusione Fiat-Chrysler.
III
Seguirà, in ultima istanza, la conclusione caratterizzata da una
riflessione finale sulle dinamiche accadute in Fiat e sul progetto
“Fabbrica Italia”.
1
CAPITOLO PRIMO
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E IL NUOVO
MONDO DEL LAVORO
1.1. Il contratto collettivo.
Il movimento sindacale, sin dalle sue origini, ha avuto tra i suoi fini primari
quello di ottenere minimi di tutela economica e normativa delle condizioni di
vita e di lavoro dei lavoratori. Queste finalità furono perseguite dalle
associazioni sindacali sia mediante la contrattazione con la controparte
imprenditoriale, sia a mezzo di un’azione politica tendente a condizionare gli
orientamenti legislativi.
In origine, una funzione protettiva fu assunta anche da forme di determinazione
unilaterale delle condizioni di lavoro, le quali consistevano nel rifiuto da parte
di un gruppo di lavoratori, di accettare un lavoro, se non a determinate
condizioni. Consolidata è, invece, la determinazione delle condizioni di lavoro
mediante un’attività di contrattazione con il singolo datore di lavoro o con le
associazioni imprenditoriali.
Alle origini della contrattazione collettiva nel sistema, anglosassone [S. e B.
Webb, 1912] il problema dell’attuazione delle norme poste attraverso questo
strumento era affidato non al valore giuridico del contratto, ma alla solidità del
sistema dei reciproci rapporti tra sindacati e datori di lavoro [Lotmar, 1902]. Al
contrario in altri contesti, come in Francia e in Germania, la garanzia del
rispetto delle norme contrattuali venne affidata all’individuazione di una loro
efficacia giuridica, derivante del nuovo inquadramento del nuovo fenomeno
nella consolidata categoria giuridica del contratto ed alla conseguente
possibilità di invocarne il rispetto in sede giudiziaria.
Sul piano soggettivo, il problema dell’efficacia del contratto collettivo
concerneva l’individuazione dei soggetti vincolati e veniva risolto nel senso
che essi coincidevano con gli aderenti alle associazioni sindacali firmatarie.
Sotto il profilo oggettivo, il problema era più complesso e consisteva
nell’individuare i meccanismi attraverso i quali il contratto collettivo avrebbe
2
vincolato i contratti individuali di lavoro stipulati tra l’imprenditore e i singoli
lavoratori.
In Italia si pervenne, ad una soluzione legislativa solo nel 1926, con la legge
che pose le fondamenta del sistema corporativo. La dottrina e la giurisprudenza
pre-corporativa dovettero, invece, affrontare queste complesse questioni senza
un dato normativo di riferimento; si delinearono, così una pluralità di teorie e
di soluzioni fra loro contrastanti.
Il punto più alto della dottrina pre-corporativa fu raggiunto da Giuseppe
Messina, il quale importò la concezione del Lotmar, giurista svizzero di cultura
tedesca, il quale affermava l’inderogabilità del contratto collettivo, spiegando
il rapporto tra aderente e soggetto collettivo stipulante in termini di
rappresentanza [Lotmar, 1902], ma si esponeva alla critica di chi rilevava che,
se le associazioni sindacali e datoriali agissero in nome e per conto dei soci,
cioè dei singoli datori di lavoro e lavoratori, in realtà ciascuna coppia di
costoro – nello stipulare il singolo contratto di lavoro – potrebbe modificare
quanto pattuito tra le parti collettive.
Messina consapevole di questo limite, ritenne che in base al diritto comune
delle obbligazioni non si potesse affermare la prevalenza automatica delle
clausole del contratto collettivo su quelle difformi del contratto individuale, ma
era tuttavia possibile assicurare al contratto collettivo una sanzione di natura
obbligatoria, perché la sua deroga costituiva violazione di un obbligo al quale
sarebbe stato possibile reagire con un’azione risarcitoria [Messina, 1904].
La graduale acquisizione d’identità da parte del nuovo istituto fu interrotta a
seguito della legislazione del 1926 che istituiva l’ordinamento corporativo [l. 3
aprile 1926, n. 563].
Tale legislazione prevedeva che, per ciascuna categoria di datori di lavoro,
lavoratori, artisti o professionisti, potesse essere riconosciuta legalmente una
sola associazione [art 6 com. 3, 1 n. 563/1926]. In seguito al riconoscimento, a
mezzo di decreto, l’associazione diveniva persona giuridica di diritto pubblico,
ente ausiliario dello Stato, sottoposta ad una serie di penetranti controlli da
parte di quest’ultimo. Il sindacato era dotato del potere di rappresentanza legale
di tutti coloro (iscritti e non iscritti) appartenenti alla categoria ed era
inderogabile in pejus da parte del contratto individuale.
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Art. 6.
Le associazioni possono essere comunali, circondariali, provinciali,
regionali, interregionali e nazionali.
Possono pure essere legalmente riconosciute, alle condizioni previste
dalla presente legge, le federazioni o unioni di più associazioni e le
confederazioni di più federazioni. Il riconoscimento di tali federazioni o
confederazioni importa il diritto di riconoscimento delle singole
associazioni o federazioni aderenti. Alle federazioni o confederazioni
spetta il potere disciplinare sulle associazioni aderenti e anche sui
singoli partecipanti di esse, che viene esercitato nei modi stabiliti dallo
statuto.
Non può essere riconosciuta legalmente, per ciascuna categoria di
datori di lavoro, lavoratori, artisti o professionisti, che una sola
associazione. Così pure non può essere riconosciuta legalmente, per la
categoria o per le categorie di datori di lavoro o di lavoratori
rappresentate, entro i limiti della circoscrizione ad essa assegnata, che
una sola federazione o confederazione di datori di lavoro o di lavoratori,
o di artisti o professionisti, di cui al comma precedente.
Qualora sia riconosciuta una confederazione nazionale per tutte le
categorie di datori di lavoro o di lavoratori dell'agricoltura o
dell'industria o del commercio, oppure per tutte le categorie di artisti
ovvero di professionisti, non è ammesso il riconoscimento di federazioni
o di associazioni che non facciano parte della confederazione.
In nessun caso possono essere riconosciute associazioni che, senza
l'autorizzazione del governo, abbiano comunque vincoli di disciplina o di
dipendenza con associazioni di carattere internazionale.
Nel 1944, con la soppressione dell’ordinamento corporativo, venne meno
anche il contratto collettivo corporativo.
Venuto meno l’ordinamento corporativo e ripristinata la libertà sindacale, di
cui la libertà di contrattazione collettiva è corollario [Vardaro, 1984], il
contratto collettivo, ritornò nell’aerea dell’autonomia privata, in quanto le
organizzazioni sindacali stipulanti i nuovi contratti erano ritornate sotto il
regime privatistico.