7
Una particolare attenzione è posta nella presentazione della realtà italiana 
che, riguardo alla definizione dei criteri di diritto interno definitori delle Ong, 
rappresenta un’anomalia nel panorama internazionale.  
Dopo una breve trattazione sull’evoluzione dell’associazionismo italiano dagli 
anni Cinquanta fino ad oggi, si propone un’analisi della legge n. 49/87, che 
attualmente regola l’esistenza e le attività delle Ong in Italia. 
Affrontando la trattazione del panorama internazionale si propone un esame 
dell’unico strumento normativo riguardante specificatamente le Ong: la 
Convenzione Europea sul riconoscimento della personalità giuridica delle 
organizzazioni internazionali non governative. Elaborato in seno al Consiglio 
d’Europa, tale trattato, sebbene abbia ottenuto un numero limitato di ratifiche, 
viene considerato importante poiché rappresenta un primo tentativo di 
omogeneizzazione delle Ong a livello internazionale seppur limitatamente al 
contesto europeo. 
Addentrandosi propriamente nelle relazioni che si instaurano tra le Ong e le 
organizzazioni internazionali si è scelto di analizzare la presenza delle Ong 
all’interno dell’articolato sistema delle Nazioni Unite. A tal fine si propone 
un’analisi dell’evoluzione normativa che ha portato alla risoluzione attualmente in 
vigore che è considerata un modello dalla maggior parte delle organizzazioni 
internazionali interessate ad instaurare un dialogo con la società civile.  
In seguito, mediante l’analisi degli atti di diritto interno dediti alla 
sistematizzazione delle relazioni con le Ong, si passano in rassegna alcuni tra i più 
importanti istituti specializzati delle Nazioni Unite. 
Per fornire un quadro esaustivo della presenza e del contributo delle Ong ai 
lavori dell’Onu, risultano particolarmente interessanti le Conferenze 
 8
Internazionali che hanno evidenziato, negli anni, una sempre crescente 
partecipazione sia alle conferenze ufficiali, ma anche, e soprattutto, 
parallelamente a queste, all’interno dei vertici autorganizzati. 
Per fornire un esempio di relazioni esterne alla logica delle Nazioni Unite si 
è individuata l’Organizzazione Mondiale del Commercio come un’organizzazione 
internazionale portatrice di un atteggiamento diverso e meno inclusivo nei 
confronti della società civile. Nell’ambito della trattazione dell’Organizzazione si 
è posto l’accento sugli strumenti normativi soggiacenti alle relazioni con le Ong e, 
attraverso un contributo giurisprudenziale, sul ruolo che queste stanno acquisendo 
all’interno del sistema di risoluzione delle controversie. 
Infine, verificati diversi atteggiamenti delle organizzazioni internazionali 
nei confronti della società civile, è sembrato fondamentale sottolineare come 
anche il mondo della società civile non parli con un’unica voce. Trattandosi di un 
insieme composto da molte anime differenti, non sorprende verificare una 
diversità di approccio nei confronti delle organizzazioni internazionali. Per 
esemplificare tale diversità, si propone il confronto tra due Ong ritenute 
rappresentative di opposte posizioni: Amnesty International, particolarmente 
attiva all’interno delle organizzazioni internazionali, nelle Nazioni Unite in 
primis, ed Emergency, al contrario, notoriamente indipendente e non interessata 
ad un coinvolgimento nelle istituzioni internazionali.  
Accanto a tante speculazioni teoriche, attraverso un’intervista al 
vicepresidente di Emergency, si fornisce una testimonianza diretta al fine di 
esemplificare come la realtà sia trasversale e sfuggente alle costruzioni concettuali 
che su di essa si fanno.  
Con il presente lavoro ci si propone di fermare, come in una fotografia, un 
 9
momento ed un aspetto del processo di evoluzione delle relazioni internazionali 
che oggi si svolgono in un contesto sempre più animato e affollato di nuovi 
soggetti emergenti che cercano e rivendicano un proprio spazio nell’ampio 
contesto globale in costante e perpetuo movimento.  
Nell’ambito di un’osservazione dell’attuale panorama internazionale, la 
presenza e la crescente importanza, di questi nuovi attori non può essere ignorata:  
«Cinquante ans après la fondation des Nations Unies, les associations 
transnationales, que l’on appelle habituellement organisations internationales non 
gouvernementales ou OING, sont devenues des acteurs de premier plan sur la scène 
internationale. L’apparition de ces organisations au cours des deux dernières 
décennies  constitue l’un des événements mondiaux les plus frappants de la fin du 
XX siècle. Bien que toujours insuffisamment reconnues par certains spécialistes des 
relations internationales, les OING sont devenue une troisième force importante 
dans les systèmes internationaux accompagnants mais n’également toutefois pas 
encore le role grandissant des organisations intergouvernementales sur la scène 
politique et la mondialisation rapide des relations commerciales sur le plan 
économique. Comme l’a dit récemment le secrétaire général des Nations Unies lui-
même, les ONG consitutent une partie essentielle de la légitimité sans laquelle 
aucun activité internationale ne peut avoir un sens.»
1
 
                                                 
1
 A. E. RICE, C. RITCHIE, Relations entre les organisations non gouvernementales et les Nations 
Unies, op. cit. p. 126 
 10
1. LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE COME 
SOGGETTI DELLA SOCIETÀ CIVILE INTERNAZIONALE 
1.1. TENTATIVI DI DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI SOCIETÀ 
CIVILE  
Frequentemente si legge che le organizzazioni internazionali non 
governative sono un soggetto attivo della cosiddetta società civile internazionale, 
transnazionale o globale, tale affermazione, nella sua apparente linearità 
descrittiva, necessita di una serie di chiarimenti e precisazioni data la natura 
concettualmente molto ricca della maggioranza dei termini che la compongono. 
La storia della nozione di società civile nel pensiero politico occidentale è 
contrassegnata da interpretazioni contrastanti e da un’evoluzione nel corso dei 
secoli che ha portato ad un rovesciamento totale del senso originario. 
Non essendo questa la sede per affrontare ed approfondire l’evoluzione 
storico – filosofica del concetto di società civile ma ritenendo comunque 
necessario fornire uno sguardo d’insieme su tale percorso ci si affida alla seguente 
trattazione scelta in base alla buona sintesi: 
«Società - La vita associata, nelle più diverse forme e accezioni. 1. La storia del 
concetto di società inizia con l'espressione aristotelica politike koinonia. Esso 
penetra nel lessico politico occidentale per il tramite della sua traduzione latina, 
societas civilis, che rappresenta il nucleo delle successive varianti nelle lingue 
europee: civil society, société civile, bürgerliche Gesellschaft. Pur permanendo 
costante l'indicatore terminologico, nell'uso moderno interviene una decisiva 
dislocazione semantica. Tra l'originario termine aristotelico e quello moderno di 
società si compie il processo della moderna statualità. La moderna società civile, 
che è la società dei privati cittadini, in quanto subordinata allo stato che la 
garantisce e protegge, nasce sulla base della disgregazione dell'antica società 
civile-politica corporativo-cetuale (societas civilis sive politica), e viene prodotta, 
 11
quale suo risultato, dalla logica che assegna allo Stato il monopolio della sovranità. 
Di contro, in Aristotele, il termine viene assunto come sinonimo di quello che 
definisce l'unità politica della città (Pol. 1252 a 6). Centrale in Aristotele è 
l'inscindibilità dei due termini, che esprimono l'uno l'istanza associativa (koinonia, 
koinon) e l'altro l'articolazione politica della stessa (polis, politike). La politike 
koinonia è una comunità di cittadini costituita allo scopo del “vivere bene”. Essa si 
costituisce come comunità di liberi e uguali (maschi, adulti e liberi) e sulla base 
della “subordinazione” della sfera domestico-economica della casa. La polis è una 
comunità di “case” e di “stirpi”, che nasce per estensione dalle forme associative 
naturali e che riconosce come immediatamente politici i diritti del “signore della 
casa”, istituendo così la differenziazione funzionale interna alla tripartizione della 
società (Dumézil). Secondo quest'aspetto, le linee di diseguaglianza naturale che 
percorrono la polis esprimono allo stesso tempo, in essa, le forme del dominio, 
ovvero l'immediata naturalità della sua organizzazione politica, in cui il governante 
è differente dal governato. Tra la società e quello che noi chiameremmo Stato non 
c'è differenza. Il cristianesimo tenderà in seguito a sfumare il concetto di servitù per 
natura o la nozione dell'inferiorità naturale della donna. Non intaccato risulterà 
però il campo semantico definito dal concetto aristotelico più antico, che, anche 
attraverso la rinascita medioevale, strutturerà la tradizione europea sino al secolo 
XVIII. Traduzione latina del concetto di politike koinonia è quello di societas civilis, 
ma lo sono anche le varianti - attestate,ad esempio, in Cicerone  - di communitas 
civilis, communicatio, communio e, soprattutto, coetus (ceto).  
2. Il paradigma aristotelico, nonostante mantenga vitalità costituzionale sino a 
Kant, inizia a incrinarsi almeno lungo due linee: per la costituzione di un concetto 
non teleologico di ordine (fisica galileiana e critica baconiana alla logica 
aristotelica) e per la rivoluzione del paradigma fìlosofico-politico della modernità, 
dominato dal processo della moderna attualità. Con l'introduzione del concetto di 
sovranità-puissance muta radicalmente la relazione società/politica. Il rapporto è 
ora disgiuntivo, strutturato da una relazionalità causale: la puissance 'ordina', 
differenziandosi e opponendosi così ad essa, la società. Come afferma Bodin, «la 
famiglia è una comunità naturale, il Collegio è una comunità civile, la Repubblica 
ha questo in più, il fatto che essa è una comunità governata dalla puissance 
sovrana». Si assiste qui a una drastica relativizzazione del concetto aristotelico, ma 
non ancora a una separazione tra società e Stato. Il passaggio decisivo è compiuto 
da Hobbes nel De Cive. «L'unione siffatta si chiama civitas o società civile, o anche 
persona civile». In se stessa, questa societas civilis non appare più come unità; essa 
rimanda piuttosto al processo di unificazione che trova espressione nel patto e 
“personificazione” nel sovrano: è infatti persona civilis. La società esiste ora 
soltanto grazie alla sovranità (politica) che la garantisce, come si legge nel 
Leviatano, II, 31: «Una città (Commonwealth) senza potere sovrano, non è che una 
 12
parola priva di sostanza e non può sussistere» («civitatem, sine summa potestate 
unius hominis vel coetus, vocabulum inane esse»). La logica del contratto sociale 
introduce con Hobbes una variante decisiva: la società non è più pensata come 
naturale, ma può essere assunta soltanto come derivata dal patto; inoltre lo status 
civilis, prodotto dal patto, richiede un garante, una «persona repraesentativa». 
L’uguaglianza degli individui viene garantita dall'uguale subordinazione all'unico 
sovrano che esprime l'unità del corpo politico: la società dei 'privati' nasce dalla 
radicale spoliticizzazione delle loro aspettative, che a loro volta potranno essere 
mantenute soltanto in quanto 'protette' e 'separate' dallo Stato. Origina di qui, in 
altre parole, quella differenziazione tra pubblico e privato, tra Stato e società, da 
cui deriva la moderna patogenesi della soggettività. Senza un sovrano che la 
costituisca e protegga, non esiste, per Hobbes, società. E quest'ultima può esistere 
soltanto in quanto radicalmente “spoliticizzata”, come società, cioè, di “privati” 
cittadini garantiti, nei loro diritti, dalla certezza del diritto, di cui si fa garante il 
sovrano. L'intera consistenza del paradigma aristotelico viene drasticamente 
esautorata. È Kant (Metaphysik der Sitten, 43) a raccogliere in pieno l'istanza 
logica hobbesiana: la società non è libera associazione, ma prodotto e risultato di 
uguale subordinazione alla volontà generale espressa nella forma giuridica che 
garantisce leggi comuni e uguali per tutti. È il fondamento sovrano del diritto a fare 
la società. 3. La rivoluzione francese rappresenta il punto a partire dal quale si 
opporranno i sostenitori dell'antica società civile politica (ovvero i conservatori che 
forniranno all'incipiente sociologia un concetto di società come luogo di 
circolazione di forme naturali del potere) e gli apologeti della sua subordinazione 
alle logiche dello Stato. Contestando quella che essi denunciano come l'astrattezza 
del paradigma individualista liberale e l'assurdità di una possibile genealogia 
contrattualista e razionale della società, i controrivoluzionari portano in primo 
piano tutta una serie di elementi per quella che essi ritengono l'immediata 
connettività del sociale: a) l'impossibilità di astrarne un fondamento individualista a 
discapito della originarietà dei gruppi e delle istanze di autorità che li articolano; 
b) la coestensività di umanità e linguaggio (adoperata come prova dell'assoluta 
naturalità della sociabilitas dell'uomo, être parlant e di per ciò stesso da sempre 
socialmente relazionato agli altri – Bonai D.); C) l'assoluta negazione del concetto 
di stato naturale, preso come ipotesi storica, e il rifiuto del costruttivismo implicito 
in una concezione che fa dipendere la società dallo Stato. In merito alla sua 
versione sociologica, molto importante, del resto, è anche la questione della 
progressiva inclusione della determinazione economica del sociale. Possono essere 
ricordate almeno tre scansioni: a) i prodromi di una definizione della società a 
partire dalle relazioni di scambio economico nel pensiero liberale inglese e scozzese 
(Smith,Ferguson, Hume); b) la progressiva evanescenza, nel concetto di ordre del 
ciclo economico complessivo, dell'interpretazione rigida della società per ceti come 
 13
sistema differenziato di franchigie e privilegi di status (i fisiocratici: Quesnay 
Mirabeau); C) il nesso tra proprietà e società in Rousseau: «il primo che, avendo 
recintato un terreno, si azzardò a dire: questo è mio, trovando della gente tanto 
semplice da credergli, fu il vero fondatore della società civile». Il diritto di 
proprietà acquista in Rousseau assoluta centralità per assurgere infine, anche 
grazie a Locke, al rango di categoria definitoria del sociale. 4. Derivano di qui, 
schematicamente, le due linee divergenti seguite dal concetto di società nel corso 
del secolo XIX: quella “liberale” classica, che si sforza di “difendere”, di contro 
alle possibili intrusioni dello Stato, la società come prodotto delle relazioni 
economiche di scambio, e quella che al contrario cerca di ridefinire in direzione del 
sociale, e proprio a partire dalla società e dagli squilibri in essa presentì, i compiti 
dello Stato. È quest'ultima linea quella che condurrà alla teoria dello STATO 
SOCIALE. Se la partizione tra bùrgerliche Gesellschaft (società civile il cui cuore è il 
sistema dei bisogni) e Staat viene introdotta da Hegel, è in realtà un giurista di 
formazione hegeliana, L. Von Stein, colui che per primo cerca di elaborare 
scientificamente, alla metà del secolo, la questione sociale. La società 
armonicamente prodotta dall'interesse individuale e dallo scambio rivela, dopo la 
crisi del 1848, e a dispetto dell'irenismo liberale, la sua natura intrinsecamente 
conflittuale. Politicizzate dal discorso politico dell'uguaglianza, le masse operaie e i 
partiti socialisti rivendicano una sua estensione al campo neutrale dell'economia. 
La diagnosi sulla radice conflittuale del sociale è condivisa da Stein,Tocqueville e 
Marx. La teoria dello Stato sociale si afferma come oltrepassamento del paradigma 
giuspubblicista liberale e come presupposto per un'attivazione interventista e 
regolazionista dello Stato (garante di libertà e uguaglianza per il più alto numero 
possibile dei suoi cittadini) nei confronti della società (terreno dello scontro di 
interessi antagonisti e irriducibili). Il pensiero filosofico-politico del Novecento 
mette allo scoperto almeno due contraddizioni fondamentali nel rapporto tra lo 
Stato e la società: a) il fatto che la società, pur fatta dei singoli, sia in quanto tale 
superiore ai singoli che la compongono (è la prognosi sul «dispo-tismo 
democratico» di Tocqueville, sull'onnipotenza dell'opinione e della moda, ripresa da 
Ortega y Gasset, Simmel, Canetti); b) il fatto che gli individui che, dal punto di vista 
della società, agiscono liberamente e fondano il sistema politico, si ritrovino invece 
a essere “oggetto” dell'azione politica dello Stato. Si tratta del paradosso della 
libertà posto in luce dal dibattito contemporaneo sul concetto di totalitarismo (dalla 
Scuola di Francoforte alla Arendt alla Weil) o dall'opposizione tra “società chiusa” 
e “società aperta” (Popper)»
2
. 
                                                 
2
 R. ESPOSITO, G: GALLI, Enciclopedia del pensiero politico: autori, concetti, dottrine, Editori 
 
 
 14
Dall’antica Grecia
3
 fino all’Ottocento le caratteristiche che l’aggettivo civile 
conferiva al suo sostantivo reggente società erano riconducibili a quelli che oggi 
sono proprie dello stato di diritto, l’espressione società civile era, infatti,  
utilizzata per designare un determinato tipo di associazione politica: 
l’associazione politica retta dalle leggi. In tale tradizione i termini società civile e 
stato restano a lungo pressoché intercambiabili
4
. 
La sistematizzazione del concetto di società civile nell’accezione ancora 
oggi in uso si deve ad Hegel. Fu infatti il filosofo tedesco, nel suoi Lineamenti 
della filosofia del diritto, ad introdurre nella cultura politica del tempo la 
distinzione netta tra stato e società civile. La società civile si configura, nella 
                                                                                                                        
Laterza, 2000 (voce: Società). 
3
 Aristotele ne La Politica, oppone al il mondo domestico e familiare, l’oikos, il concetto di 
koinonia  politikè (tradotto successivamente nella formula latina societas civilis) una dimensione 
del vivere collettivo, luogo di discussione e di deliberazione che incarna la collettività politica. In 
proposito Bobbio Scrive «Con essa [l’espressione κοινωνία πολιτική] Aristotele all’inizio della 
Politica indica la πόλις o città, il cui carattere di comunità indipendente ed autosufficiente, 
ordinata in base a una costituzione (πολιτεία ) l’ha fatta considerare nei secoli come l’origine o il 
precedente storico dello stato moderno anche nel senso moderno della parola […]» tratto da N. 
BOBBIO, Stato, Governo, Società, Torino, Einaudi, 1985, p. 35. 
4
 L’utilizzo degli aggettivi politica e civile come sinonimi emerge nel seguente passo (§ 89) del 
Secondo trattato sul governo civile di Locke (1690): «Ogni qualvolta dunque un certo numero di 
uomini si uniscono in un’associazione, rinunciando ciascuno al potere esecutivo della legge di 
natura e devolvendolo alla comunità, ivi e ivi soltanto si dà una società civile o politica. E questo 
avviene dovunque un certo numero di uomini, nello stato di natura, si associno a costituire un solo 
popolo, un solo corpo politico, sotto un solo supremo governo; oppure quando un individuo si 
associa e incorpora in un regime già esistente, autorizzando così la società o, che è lo stesso, il 
legislativo di essa, a legiferare in suo luogo secondo le esigenze de pubblico bene sociale; e alla 
esecuzione di quelle leggi egli deve contribuire come fossero decisioni prese da lui stesso. E ciò fa 
uscire gli uomini dallo stato di natura e li fa entrare in una società politica, […]» tratto da J. 
LOCKE, Il secondo trattato sul governo: saggio concernente la vera origine, l'estensione e il fine 
del governo civile, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2004. 
 15
dottrina hegeliana, come un momento intermedio tra la famiglia, intesa come 
società naturale e lo Stato che rappresenta il veicolo dell'affermazione del bene 
comune
5
.  
Ciò che emerge da un’osservazione del passato è che la società civile viene 
sempre definita in relazione ad un’altra entità
6
 e che tale entità muta nel tempo 
seguendo le evoluzioni del pensiero politico influenzato dalle vicissitudini 
storiche
7
.  
                                                 
5
 Nella filosofia hegeliana la società civile viene letta come una condizione transitoria in cui al 
vincolo naturale della famiglia subentra il sistema di relazioni economiche fondato sugli interessi 
individuali che nello stato vengono poi sottomessi all’interesse collettivo. Norberto Bobbio 
descrive così la posizione della società civile nel sistema hegeliano «Come momento intermedio 
della eticità, posto tra la famiglia e lo stato, permette la costruzione di uno schema triadico che si 
contrappone ai due modelli disdici precedenti, quello aristotelico basato sulla dicotomia 
famiglia/Stato (societas domestica/societas civilis, dove civilis da civitas corrisponde esattamente a 
πολιτικός da πόλις) e quello giusnaturalistico basato sulla dicotomia stato di natura/stato civile. 
Rispetto alla famiglia essa è già una forma incompiuta di Stato, lo “Stato dell’intelletto”: rispetto 
allo Stato, non è ancora lo Stato nel suo concetto e nella sua piena realizzazione storica.» tratto da 
N. BOBBIO, Stato, Governo, Società, op. cit., p. 31. 
6
 Marcel Merle sottolinea questo aspetto dicotomico della società civile quando scrive 
chiaramente: «La "société civile" n’existe pas en soi, mais toujours en fonction d’une autre entité 
ou par rapport à elle. Autrement dit, elle ne se définit que de manière négative, en quelque sort 
"en creux" ou de façon résiduelle, plutôt que par son contenu ou sa substance propre» tratto da M. 
MERLE, La société civile internationale: un objet introuvable?, in Associations Transnationales 
n. 54, 2002/2, p. 83. 
7
 Riguardo all’evoluzione storica del concetto di società civile Norberto Bobbio scrive: 
«L’excursus storico ha mostrato la varietà di significati anche contrastanti fra loro con cui è stata 
usata l’espressione “società civile”. Riassumendo, il significato prevalente è stato quello di società 
politica o stato, usato peraltro in doversi contesti secondo che la società civile o politica sia stata 
distinta dalla società domestica, dalla società naturale, dalla società religiosa. Accanto a questo 
l’altro significato tradizionale è stato quello che appare nella sequenza società selvagge, barbare, 
civili, che ha costituito a cominciare dagli scrittori del Settecento uno schema classico per la 
delineazione del progresso umano, con l’eccezione di Rousseau per cui la società civile, pur 
avendo il significato di società civilizzata, rappresenta un momento negativo dello sviluppo 
storico. Una storia completamente diversa comincia con Hegel per il quale per la prima volta la 
 
 
 16
Ancora oggi il concetto di società civile è ambiguo, sfaccettato, soggetto a 
molteplici interpretazioni, caratterizzato da una tale varietà di contenuti culturali e 
politici da portare all’impossibilità di una definizione unanimemente accettata 
come sottolinea Marcel Merle: 
«En l’absence de toute définition légale ou imposée par un large consensus, chacun 
reste libre de définir la société civile comme il l’entend.»
8
 
 
Innanzitutto risulta importante segnalare la differenza di significato che tale 
espressione assume a seconda del luogo in cui viene utilizzata: mentre nel nord 
del mondo, nei paesi ricchi, pacifici e, tendenzialmente democratici l’espressione 
viene oggi utilizzata in opposizione alla società politica, nel sud del mondo, 
povero ed ancora fortemente condizionato dalle guerre, il civile si oppone al 
militare.  
                                                                                                                        
società civile non comprende più lo Stato nella sua globalità ma rappresenta soltanto un momento 
nel processo di formazione dello Stato, prosegue con Marx il quale concentrano la sua attenzione 
sul sistema dei bisogni costituente solo il primo momento della società civile, comprende nella 
sfera della società civile esclusivamente i rapporti materiali o economici e con un’inversione ormai 
completa del significato tradizionale non solo separa la società civile dallo Stato ma ne fa il 
momento insieme fondatore ed antitetico. Gramsci infine, pur mantenendo la distinzione tra 
società civile e Stato, sposta la prima dalla sfera della base materiale alla sfera sovrastrutturale e ne 
fa il luogo della formazione del potere ideologico distinto da quello politico strettamente inteso, e 
dei processi di legittimazione della classe dominante. Nel dibattito attuale, come si è detto 
all’inizio, la contrapposizione è rimasta. È talmente entrata nella pratica quotidiana l’idea che la 
società civile sia l’antefatto (o il contraffatto) dello Stato che bisogna fare uno sforzo per 
convincersi che per secoli la stessa espressione è stata usata per designare quell’insieme di 
istituzioni di norme che oggi costituiscono ciò che si chiama Stato, e che nessuno potrebbe più 
chiamare società civile senza correre il rischio di un totale fraintendimento.» tratto da N. BOBBIO, 
Stato, Governo, Società, op. cit. pp. 39–40. 
8
 M. MERLE, La société civile internationale: un objet introuvable?, op. cit., p. 85 
 17
 
Più la guerra è presente più stretto è il legame tra la società civile e la difesa 
della vita, della pace e dei diritti dell’uomo
9
. Importante sottolineare tale 
differenza poiché, dato che il dibattito sulla società civile si svolge maggiormente 
nelle società privilegiate del nord del mondo, l’opposizione a cui si fa riferimento, 
in relazione alla società civile, è quella riguardante la società politica. 
Nell’insieme variegato di definizioni di società civile il tratto comune è 
l’estraneità allo Stato ed al Mercato come emerge dalla definizione fornita dal 
rapporto del Gruppo di Personalità Eminenti diretto da Cardoso nell’ambito delle 
Nazioni Unite:  
«SOCIETE CIVILE - On entend par là les associations de citoyens (autres que 
celles qui concernent leurs familles, leurs amis et leurs activités professionnelles) 
auxquelles ceux-ci ont décidé d’adhérer pour promouvoir leurs intérêts, leurs idées 
et leurs idéologies. Ce terme ne renvoie pas aux activités à but lucratif (secteur 
privé) non plus qu’à l’action des pouvoirs publics (secteur public). Présentent un 
intérêt particulier pour l’ONU les organisations de masse (telles que les 
organisations de paysans, de femmes ou de retraités), les syndicats, les associations 
professionnelles, les mouvements sociaux, les organisations de peuples autochtones, 
                                                 
9
 «L'expression a donc un sens stratégique différent dans le nord et dans le sud. Dans les pays 
riches et pacifiques où l'on dispose de la vie, de la santé, de la démocratie, de la paix, etc., la 
"société civile" est une expression qui s'oppose plutôt à la "société politique". On y englobe le 
mouvement associatif, les syndicats et même les élus locaux, supposés plus proches de la société 
locale que de la politique d'Etat […]. Dans le "sud" pauvre contemporain, l'expression s'oppose à 
"société militaire" ou "militarisée". Plus la guerre sévit dans un pays, plus le terme "société civile" 
signifie "les partisans de la vie, de la démocratie, de la paix et du respect des droits de l'homme", 
plus il s'oppose ainsi aux  partisans des meurtres, de l'autoritarisme fascisant, de la guerre, de la 
violation ordinaire et extraordinaire des droits de l'homme ; ces groupes là, ne sont pas des 
diables imaginaires, ils sont concrets, visibles et actifs» tratto da CIRPES - Centre 
Interdisciplinaire de recherche sur la Paix et d’Etudes Stratégiques, Guerre, processus de paix et 
société civile, in Le Débat Stratégique, n. 55, Mars 2001 
 18
les organisations religieuses et spirituelles, les associations d’universitaires et les 
organisations non gouvernementales d’intérêt public»
10
. 
Appare qui evidente come la separazione dallo stato sia ormai assunta come 
elemento caratterizzante della società civile, ma anche la distinzione netta dal 
mercato diviene importante come conferma la definizione fornita dal filosofo 
tedesco Jürgen Habermas: 
«Ce qu’on appelle aujourd’hui société civile n’inclut plus l’économie régulée par le 
marchés du travail, les marchés du capitaux  et des biens constitues par le droit 
privé. Au contraire, son cœur traditionnel est désormais formé par ces groupements 
et associations non étatiques et non économiques à base bénévole qui rattachent les 
structures communicationnelles de l’espace public à la composante "société"du 
monde vécu. La société civile se compose de ces associations, organisations et 
mouvements qui, à la fois accueillent, condensent et répercutent en les amplifiant 
dans l’espace public politique la résonance que les problèmes sociaux trouvent dans 
les sphères de la vie privée. Le cœur de la société civile est donc constitué par un 
tissu associatif qui institutionnalise dans le cadre d’espace publics organisés les 
discussions qui se proposent de résoudre  les problèmes surgis concernant les sujets 
d’intérêt général»
11
. 
Il concetto di società civile, dopo aver suscitato un ampio dibattito nel corso 
della storia, è stato riscoperto durante dagli anni Settanta in poi con una valenza 
quasi rivoluzionaria in aree quali l’Est Europeo e l’America Latina dove ha 
assunto il ruolo di alternativa al totalitarismo fondato sul primato autoritario dello 
stato
12
. 
                                                 
10
 Nous, peuples: société civile, Organisation des Nations Unies et gouvernance mondiale Rapport 
du Groupe de personnalités éminentes sur les relations entre l’Organisation des Nations Unies et 
la société civile, Assemblée Générale Doc. A/58/817, 11 Juin 2004, p. 16. Riguardo all’analisi del 
Rapporto Cardoso si rimanda alla successiva trattazione nella sezione Il “Rapporto Cardoso” sulle 
relazioni tra le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative: quali prospettive? 
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 J. HABERMAS, Droit et démocratie, Paris, Gallimard, 1997 p. 394. 
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 «La riscoperta del concetto di società civile, negli anni ottanta e novanta, è direttamente 
collegata alle lotte antiautoritarie o, lì dove la democrazia è già radicata a quelle tese ad 
 
 
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Sempre profondamente calata nel suo tempo, la società civile riflette, per 
sua stessa natura, le evoluzioni storiche della sua epoca e pertanto, negli ultimi 
decenni del XX secolo, ha subito una modifica spaziale, cessando di essere rivolta 
all’interno dei singoli stati ed assumendo dei tratti internazionali
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. Si inizia quindi 
a diffondere l’idea della nascita di una società civile che travalica i confini degli 
stati nazionali, divenendo internazionale e perfino globale. 
                                                                                                                        
approfondirne e renderne più inclusive le forme. […] Negli anni settanta e  ottanta, in Polonia ma 
anche in Ungheria e Cecoslovacchia, mentre matura la resistenza poi l’opposizione sempre più 
decisa verso un regime che si mostra incapace di riformarsi, la nozione di società civile diviene 
l’idea – forza che spinge verso la trasformazione democratica e la costruzione di una società di 
mercato. » tratto da V. IANNI, La società civile nella cooperazione internazionale allo sviluppo, 
Torino, L’Harmattan, 2004. Riguardo alla riscoperta del concetto di società civile nell’Europa 
dell’Est cfr. Z. A. PELCZYNSKI, Solidarity and the “Rebirth of civil society” in Poland 1976 – 
1981, in J. KEANE, Civil society and destate: new european perspectives, London, Verso, 1988; 
H.M. FEDEROWICZ, Civil society in Poland: laboratory for democratization in Central Europe, 
in Plural society, XXI, 1990, pp. 155 – 176; D. FISHER, C. DAVIS, Civil society in central and 
eastern Europe, in Ecological Studies Institute, London, 1992; D. SIEGEL, J. YANCEY, The 
rebirth of civil society: the development of the non-profit sector in east central Europe and the role 
of western assistance, New York, Rockefellers Brothers Found, 1992; P. GHILS, Le concept et les 
notions de société civile, in Associations Transnationales, n. 3, 1995, pp. 136–155; A. VAN 
ROOY, The civil society agenda: switching gears the post cold war world, International Studies 
Associations, Toronto, 18–22 march 1997; M. M. HOWARD, The Weakness of Civil Society in 
Post-Communist Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 2003; P. KOPECKY, C. 
MUDDE, Uncivil Society? Contentious Politics in Post-Communist Europe, London, Routledge, 
2003. 
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 In proposito Marcel Merle scrive: «Du domaine interne passera, au début des années 1980, aux 
affaires internationales. Cette évolution semble imputable à la conjonction de plusieurs facteurs, 
parmi lesquels figurent la montée de la mondialisation et le déclin, corrélatif, de l’autorité 
traditionnellement attribué à l’Etat. Elle sera renforcée, à partir des années 1990 par ce qu’il est 
convenu d’appeler la disparition de "l’ordre westphalien" et par l’obligation où l’on se trouve de 
concevoir une solution de recharge à l’effacement de ce dernière. La société civile semble donc 
bien être la pièce maîtresse d’un nouveau dispositif des relations internationales. La banalisation 
du terme confirme cette hypothèse» tratto da M. MERLE, La société civile internationale: un objet 
introuvable?, op. cit., p. 82. 
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In questa nuova dimensione globale risulta ancor più complesso elaborare 
una definizione di società civile poiché tale fenomeno, già caratterizzato da 
complessità e indefinibilità a livello nazionale, si presenta ancor più sfuggente e 
variegato. Pertanto le definizioni sono difficilmente strutturabili poiché risultano 
tendenzialmente incapaci di racchiudere l’estrema complessità del fenomeno 
stesso. Nonostante tali difficoltà, il dibattito sul tema è acceso
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 ed i tentativi di 
sistematizzazione non mancano come dimostra la London School of Economics 
che offre una definizione articolata del fenomeno facendone emergere la 
complessità:  
«Aware of the terminological tangle that had developed around the concept of 
global civil society, we offered a working definition of it as the sphere of ideas, 
values, organisations, networks, and individuals located primarily outside the 
                                                 
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 Per approfondimenti sulla nozione e sull’evoluzione della società civile internazionale, 
transnazionale e globale senza pretesa di completezza cfr. A.B. SELIGMAN, The idea of Civil 
society, Princeton, Princeton University Press, 1992; P. GHILS, Le concept et les notions de 
société civile, op. cit.; J. KEANE, Civil society. Old images, new visions, Stanford, Stanford 
University Press, 1998; J.C. ALEXANDER, Real civil societies: dilemmas of institutionalization, 
London, Sage Publications, 1998; D. CALLAHAN, What is "global civil society", in Civnet 
Journal, n. 1 vol. 3, 1999; J. HERENBERG, Civil society: the critical history of an idea, New 
York and London, New York University Press, 1999; J. A. SCHOLTE, Global civil society: 
changing the world?, CSGR (Centre for the Study of Globalisation and Rationalisation) working 
paper, n. 31/99, 1999 (tale documento è consultabile anche on line al seguente indirizzo internet: 
http://www2.warwick.ac.uk/fac/soc/csgr/research/workingpapers/1999/wp3199.pdf [data di ultimo 
accesso 20/06/2005]; M. KALDOR, Transnational civil society, in T. DUNNE, N.J. WHEELER, 
Human Rights in global politics, Cambridge, Cambridge University Press, 1999; P. GHILS, La 
nouvelle agora. Genèse de la société civile transnationale, in Associations Transnationales, n. 4, 
2000, pp. 184 – 192; P. LAURENT, L’émergence d’une société civile internationale, in 
Associations Transnationales, n. 1, 2002, pp. 9 – 17; M. MERLE, La société civile internationale : 
un objet introuvable?, in Associations Transnationales, n. 2, 2002, pp. 82 – 87; H. GHERARI, S. 
SZUREK,  L'émergence de la société civile internationale: vers la privatisation du droit 
international?, actes du colloque des 2-3 mars 2001, Paris, Pedone , 2003; M. KALDOR, The idea 
of global civil society, in International Affairs, n. 79, vol. 3, pp 583 – 593, 2003.