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INTRODUZIONE
La storia costituzionale che conduce alla Turchia di oggi non è un
percorso semplice, non è sufficiente ricorrere alle categorie giuridiche
dell‟islam né a quelle del costituzionalismo occidentale, ma occorre conoscere
la vicenda storica del paese e la consapevolezza dell‟ esistenza ancora oggi di
una continuità – discontinuità tra Impero ottomano e Turchia repubblicana, tra
ottomani e turchi.
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Questo articolato processo storico, lungo più di duecento anni, che ha condotto
al passaggio dall‟iniziale struttura organizzativa che affonda le sue radici nel
modello islamico teocratico, rappresentato dall‟impero ottomano, alla
moderna Repubblica turca, nata sotto gli auspici del suo padre fondatore,
Mustafa Kemal nel 1923, fino ai più recenti consolidamenti democratici del
sistema parlamentare e dello Stato di diritto, si è caratterizzato per la
coesistenza di due tendenze costanti che ne hanno orientato le successive
tappe di sviluppo. In primo luogo l' importanza rivestita da un fattore esterno:
l‟influenza occidentale ed europea in particolare. Tale aspetto è stato per
l‟odierno Paese della Mezzaluna ambivalente: al contempo un insostituibile
modello ispiratore per quanto attiene all‟attività riformatrice e modernizzatrice
in svariati campi (politico, militare, produttivo e sociale), ma anche un
elemento che ha comportato un notevole grado di destabilizzazione per la
consolidata struttura della società ottomana, accelerandone in maniera
sostanziale il declino e innescando forti resistenze, al punto tale da ispirare
così un sentimento avverso all‟Occidente e di conservatorismo nelle diverse
componenti della società, dovute al timore della perdita della propria identità e
specificità. “L‟influenza europea si estese in tre ambiti diversi ma tra loro
correlati: l‟incorporazione di una parte crescente dell‟economia ottomana nel
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Michele Carducci ,”Turchia‟‟,Il Mulino, Bologna, 2008, cit. p. 23
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sistema del capitalistico mondiale, la crescente influenza politica delle grandi
potenze europee, che si manifestava nei tentativi sia di suddividere l‟impero
ottomano, senza causare una conflagrazione in Europa, sia di dominarlo
mantenendolo allo stesso tempo come un‟entità politica separata; e, infine,
l‟impatto delle ideologie europee quali “il nazionalismo, il liberalismo, il
laicismo e il positivismo”
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. Senza considerare questa duplice attitudine non è
possibile conseguire una piena comprensione dell‟eredità storica che grava
tanto sui problemi attuali della Turchia, quanto sulla forma mentis dei suoi
governanti e che si sta dimostrando un ostacolo di non lieve entità rispetto alla
piena realizzazione del processo di rafforzamento delle istituzioni
democratiche. Per quanto concerne la seconda regolarità, essa è ravvisabile nel
carattere assolutamente peculiare del suo cammino in direzione della
modernità, consistente nella non linearità e omogeneità delle spinte innovatrici
interne. Infatti, a fronte di importanti slanci verso la concretizzazione dei
capisaldi della democrazia, la Turchia ha mostrato la tendenza a compiere
delle vere e proprie involuzioni, approssimandosi a derive di stampo
maggiormente “autoritario” in concomitanza con eventi storici traumatici o di
matrice rivoluzionaria. Questa tendenza ha reso estremamente faticoso e
problematico approdare stabilmente all‟effettivo operare dello stato di diritto,
della sussistenza di una scena politica realmente improntata al pluralismo e
all‟alternanza di Governo, in cui la gestione del potere e delle decisioni
fondamentali per il Paese da parte delle autorità civili non sia viziata da
indebite ingerenze e da surrettizie pressioni da parte di un‟occulta élite
burocratico/militare. Soltanto negli ultimi anni simili acquisizioni sembrano
più salde e meno inclini ad essere sovvertite facilmente.
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E. J. Zurcher, Storia della Turchia. Dalla fine dell’impero ottomano ai giorni nostri, Donzelli ,
Roma, 2007, p. 4
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Sul fronte istituzionale, risultando sconosciuta, nella vicenda ottomano–turca,
la scissione istituzionale dei soggetti storici del sistema politico europeo
(Chiesa e Impero), la sovranità politica laica, ossia la piena autolegittimazione
dello stato, si imporrà attraverso forti discontinuità normative e violente
repressioni del dissenso.
3
Michele Carducci definisce questo processo come
autoritariamente imposto, in quanto <<tardivo>>, cioè mai praticato prima.
4
Da questo punto di vista, la moderna lingua turca, <<imposta>> nel 1928,
rappresenta il più straordinario fatto linguistico di rilevanza costituzionale che
si sia conosciuto. Infatti ha comportato come lessico dei rapporti giuridici
l' abbandono dell‟ arabo del corano, producendo un dualismo giuridico nei
codici comunicativi della società
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. Calchi semantici di natura islamica e
categorie costituzionali europee all‟ interno dei codici impareranno a
contaminarsi attraverso la prassi, quella prassi che la Turchia, proprio perchè
nazionalizzazione <<tardiva>>, non aveva sperimentato.
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Vicende come
quella del divieto del velo islamico, il turban turco oggi pubblicamente
indossato dalla moglie del presidente Gul, assurgono a emblema di questa
complessità costituzionale tipicamente turca.
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Come in qualsiasi vicenda di
costituzzionalizzazione <<tardiva>>, i prezzi pagati sono stati alti:
nell‟ ideologia nazionalista, ma musulmana, dei turchi, la neonata repubblica
distrusse la borghesia liberale dell‟ impero ottomano, composta tutta da
cristiani (greci, armeni e balcani)
8
. Sterminandoli o espellendoli, essa si privò
dei suoi unici modernizzatori. La Turchia di oggi deve fare i conti con questo
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Michele Carducci ,”Turchia‟‟,cit.,p. 9
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ibidem
5
ibidem
6
ibidem
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ibidem
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ibidem
4
passato, se non vuole restare <<tardiva>>.
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Il parere negli ultimi anni dei
mass-media è condiviso erroneamente dalla maggioranza dell‟opinione
pubblica, che vedono “la Turchia come qualcosa di completamente altro da sé,
come una perdita di identità, come una realtà sconosciuta, addirittura ostile.”
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Un Paese con una patina democratica, sotto la cui superficie giacerebbe la
minaccia dell‟islam che non può entrare a far parte dei Paesi me mbri
dell‟Unione Europea.
“Ma il popolo turco ha dimostrato nel corso della sua storia millenaria
altrettanta determinazione nel tendere verso l‟Occidente […] le sue istituzioni
[democratiche], la sua società, il suo patrimonio culturale […] per configurarsi
come un tipico Stato laico europeo”
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basato sul sistema di Governo
parlamentare rappresentativo. La conseguente modernizzazione delle
istituzioni politiche in direzione del costituzionalismo, del Governo
parlamentare e del pluralismo politico che rappresenta l‟esito di questo
percorso “costituisce un‟avventura che esige allo stesso tempo pazienza e
perseveranza. […] [Si configura come un] processo [che] è
contemporaneamente una frattura con la tradizione e la cristallizzazione della
stessa sotto un‟altra forma [,determinandone la continuità,] difficile da
risolvere per tutte le società che conoscono un mutamento rapido.”
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E questo
è proprio il caso in cui si trova la Turchia da circa due secoli. Tuttavia, più si
adopera nella direzione delle modifiche dell‟assetto politico che ne rendano
confacente agli standard moderni il quadro istituzionale, più sembra che
questo traguardo rimanga sempre ad un palmo di distanza rispetto alla
condizione in cui si trova in quel preciso momento, in una sorta di inesausto
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ibidem
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M. A. Di Casola, La vocazione europea della Turchia, in L‟ Europa e i ruoli della Turchia , p. 13
11
M. A. Di Casola, cit., p. 14
12
C. OKTAY, Cles pour la modernisation des institutions politiques, in Pouvoir: la Turquie, n. 115,
cit., pp. 5-6
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ed al contempo inappagato “rincorrersi”, divenendo il bersaglio di critici che
la dipingono frequentemente come un Paese né abbastanza democratico, né
altresì moderno. Queste accuse provengono attualmente non soltanto da Stati
stranieri e dalla stessa Unione Europea nel suo complesso, ma le vengono
indirizzate anche dall‟interno, da rilevanti gruppi della sua stessa società
civile, tra i quali una parte locale e una parte dell‟opposizione politica.
Nel primo capitolo analizzo brevemente la relazione tra il diritto musulmano e
l' Impero Ottomano. Questa analisi è necessaria per capire le radici del diritto
in Turchia e per mostrare come questo si è modificato e laicizzato; la mia
intenzione è di dimostrare che al di là della questione che la Turchia possa o
non possa entrare in Europa, ci sono molti aspetti che rendono il paese
occidentalizzato e vicino allo spirito europeo. Nel secondo capitolo analizzo
la sua modernizzazione, fino a quando la Turchia dal 1923 adotta una
costituzione e un sistema giuridico di tipo europeo, introduce norme di
comportamento e costumi occidentali, secolarizza lo stato dividendo la sfera
politica da quella religiosa e si modernizza sotto il punto di vista economico e
sociale. L' autore di questa rivoluzione dei costumi, Kemal Atatürk, prende
l' Occidente come modello guida da imitare per costituire un nuovo Stato forte
e centralizzato, che rinasca sulle ceneri del vecchio “gigante dai piedi
d‟ argilla” l‟ Impero Ottomano, crollato con la prima guerra mondiale. Se il
desiderio e la vocazione occidentale fossero criteri sufficienti per l' entrata
nell' UE, la Turchia siederebbe a Bruxelles già da molto tempo dal momento
della firma dell' Accordo di Ankara del 1963, che segna l' inizio del dialogo
politico-istituzionale fra l' Europa e la Turchia, alla stesura del partenariato di
adesione, che suggerisce alla Turchia le riforme necessarie per continuare i
negoziati in vista dell' adesione. Da una relazione a carattere prettamente
economico, la Turchia è passata a sviluppare legami politici con un Europa in
rapido cambiamento, e l' iniziale collaborazione basata sull' unione doganale si
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è trasformata pian piano in elaborazione di progetti comuni e di azioni
coordinate.
Fra gli argomenti a sostegno della richiesta turca di adesione c‟è la lunga
collaborazione del paese con l' Occidente, e non solo con i paesi europei, ma
con tutti i membri della NATO.
Tuttavia la volontà di appartenere al mondo occidentale non è sufficiente, ed
ecco che appaiono tutta una serie di obiezioni all' adesione turca al trattato di
Maastricht. Nel terzo capitolo analizzo gli aspetti negativi che sorgono da una
comparazione con un ordinamento giuridico europeo dal punto di vista dei
diritti umani: la pratica della tortura, l' esistenza della pena di morte, il
maltrattamento delle minoranze etniche e la questione di Cipro. Esistono
anche aspetti apparentemente di secondo piano, come le differenze culturali e
religiose, che pesano sulle coscienze europee come macigni, ed episodi storici
nascosti nella vergogna del passato, come il genocidio armeno.
Gli aspetti negativi non sono irrisolvibili; se la Turchia avesse la volontà di
attuare le riforme costituzionali auspicate da Bruxelles non esisterebbero più
ragioni pratiche per bloccare l' avanzata turca verso la capitale europea.
Eppure a livello sociologico permarrebbero ostacoli insormontabili; anche se
Ankara decidesse di seguire fedelmente i consigli europei, permarrebbe in
gran parte dell' opinione pubblica europea il timore di una colonizzazione
islamica che ci farebbe lentamente sparire; anche se la Turchia risolvesse i
problemi interni, non so se noi Europei la potremmo accettare, seduta al nostro
lato all' interno dell' Unione ed è proprio per questo che nel quarto capitolo
analizzo la laicità della Turchia e più precisamente su quell‟ aspetto della
libertà religiosa che si esplica nella manifestazione dalla propria fede
conformalmente alle prescrizioni della religione professata. Le pratiche
religiose possono far sorgere problemi ai fini di un eventuale loro
riconoscimento/tutela giuridica, nel momento in cui vengono anche solo
apparentemente a contrastare con le istituzioni e i principali fondamenti delle
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democrazie mature. Per questo motivo esamino la questione del velo indossato
dalle studentesse musulmane nelle scuole. Il velo ha scatenato molte
polemiche in molti paesi dell' unione europea, ed è tuttora al centro di un
dibattito tra laicità e pluralismo religioso.
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Capitolo 1
Il diritto musulmano
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1.1 L' organizzazione dell’ Impero Ottomano
Prima di parlare del diritto musulmano mi sembra opportuno introdurre cosa è
stato nel passato l' Impero Ottomano, fino a giungere nei successivi paragrafi a
capire come il diritto al suo interno è andato a evolversi fino a costituire una
repubblica laica.
L‟impero ottomano costituì per molti secoli uno Stato solido e, per alcuni
aspetti, più avanzato rispetto alle contemporanee organizzazioni statali
occidentali.
Il sultano era un monarca assoluto che deteneva tutto il potere politico e anche
tutto il potere religioso, essendo il capo della religione islamica, di cui
garantiva l‟ortodossia (gli ottomani appartenevano alla corrente sunnita).
Formalmente il sultano era l‟unico e vero proprietario di tutte le terre
appartenenti all‟impero e i feudatari che le possedevano non erano “veri
proprietari” ma solo detentori di un diritto di sfruttamento che derivava
anch‟esso dal sultano; allo stesso modo i contadini che lavoravano o
ereditavano i terreni potevano farlo solo per concessione e volontà del sultano.
L‟impero poteva contare su una struttura burocratico -amministrativa alquanto
accentrata ma, nello stesso tempo, vasta, capillare ed efficiente, al cui vertice
c‟erano il Gran Visir e un governo centrale, chiamato Sublime Porta. Il
territorio dell‟impero era inoltre suddiviso in numerose entità amministrative,
come i governatorati e i sangiaccati, retti da persone che ricoprivano la carica
di bey, pascià e cadì. Tali cariche, derivando dal sultano, controllavano sia le
funzioni civili che quelle religiose.
Un‟altra istituzione fondamentale era il corpo dei giannizzeri, un reparto scelto
e selezionato dell‟esercito ottomano, protagonista di tante vittorie: a farne
parte erano bambini catturati e resi schiavi, sottratti alle loro famiglie ed
allevati all‟esercizio delle armi e al culto del sultano (schiavi -guerrieri).
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Nel 1529 con Suleyman II, ricordato come Solimano il Magnifico o il
Legislatore, l' Impero raggiunge il massimo della sua potenza militare,del
prestigio internazionale e della razionalizzazione organizzativa interna
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.
Quest‟ ultima infatti, si caratterizzò per essere largamente tollerante nei
confronti dei paesi conquistati e persino liberale nel riconoscimento
dell' uso pubblico delle lingue e delle religioni locali. La base giuridica dello
Stato Ottomano si fondava su due pilastri: il diritto musulmano, la Shari´a, e i
costumi giuridici delle popolazioni annesse nel corso delle loro conquiste.
Questa dualità era connessa al fatto che i sultani non volevano turbare certe
tradizioni radicate nel diritto dei popoli vinti, nella speranza di incontrare
minor opposizione. L' Impero Ottomano, quindi, era abitato da popolazioni
dalle origini e dalle religioni più disparate. Lo Stato che doveva tener conto
della Shari´a, si vide costretto a causa della sua popolazione, a riconoscere il
diritto consuetudinario delle diverse comunità che componevano l' Impero.
L' amministrazione centrale anche se era di natura musulmana, accetta la
sopravvivenza di alcune strutture amministrative, fiscali, giuridiche e militari
che si ritrovano nei vari paesi annessi, quando queste non ledono gli interessi
dello Stato.
Il potere che il sovrano Ottomano esercita, è all' occorrenza imbrigliato dalle
tradizioni giuridiche delle popolazioni cristiane.
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Nella seconda metà del „500 dopo Suleyman II, cominciarono a manifestarsi i
primi segnali della crisi politica ed economica del grande impero: esso si
reggeva su una struttura economico-sociale di tipo feudale e militare, nella
quale risultava essenziale mantenere alta la spinta offensiva verso l‟esterno,
ossia l‟occupazione di nuovi territori da sottomettere e da dare in feudo alla
numerosa burocrazia nobiliare.
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Michele Carducci ,”Turchia‟‟,p 24
14
Aa.Vv. ( a cura di R. Mantran) ” Storia dell'Impero Ottomano”, Lecce, Argo 1999,p. 136