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Introduzione
Considerare il progressive rock solo come un genere che ha caratterizzato la musica nel
periodo che va da fine anni Sessanta a metà dei Settanta non è errato ma è comunque molto
riduttivo. Al progressive va il merito di aver portato la musica al raggiungimento di una sorta
di maturità e serietà: se il rock’n’roll degli anni Cinquanta rappresentò la rottura con il passato
e la nascita di una musica fatta per il corpo; se poi il rock degli anni Sessanta permise di
liberare il corpo attraverso la mente esprimendo uno sfrenato decennio sotto il segno del
trittico “sesso, droga & rock’n’roll”, con il progressive rock ci fu la crescita della mente;
questo permise di aprire un periodo di grande creatività e sperimentazione la cui influenza si
vede ancora oggi.
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Chiaramente tutti i cambiamenti che ci furono fra il 1968 e il 1976 non si
verificarono solo a livello musicale ma anche e soprattutto a livello sociale e culturale. Quello
che ci interessa trattare in questo elaborato è come il progressive rock si sia inserito nel
contesto italiano e di come ci siano ancora oggi retaggi di quell’epoca: dal 1971 al 1976 nel
nostro Paese vennero prodotti materiali splendidi, originali ed emozionanti attraverso i quali
la musica italiana ottenne successo e riconoscimento anche all’estero; ma non solo, infatti il
progressive insieme ad un altro genere fondamentale come il cantautorato, stimolò la crescita
degli ascoltatori e diede loro spinta nella ricerca del cambiamento e dell’originalità. Dopo la
crisi degli anni Ottanta, negli anni recenti si è verificato un rinato interesse per quell’epoca
d’oro della nostra musica, i giovani si sono avvicinati tramite i nuovi mezzi di comunicazione
come Internet e nuove band, anche se non paragonabili a quelle gloriose del passato, si sono
affacciate sulla scena italiana sfruttando questi canali.
Con il titolo di questo lavoro, Contaminazioni musicali, non solo intendiamo quello che è il
progressive rock, cioè una miscellanea di vari stili musicali composta da lunghe composizioni
e volta all’ascolto contemplativo e riflessivo, ma vogliamo pure sottolineare come esso si sia
radicato negli interessi di ascoltatori, produttori e musicisti provocando innovazioni
fondamentali, spingendo dunque al cambiamento e in alcuni casi anche alla ricerca della
costruzione di un’identità collettiva capace di affrontare le difficoltà della vita.
Nella prima parte di questo lavoro di tesi esamineremo proprio come gli artisti nostrani
seppero riprendere lo stile del progressive inglese per poi rielaborarlo secondo canoni propri
della cultura mediterranea. Se già con il beat la scena italiana stava passando ad un impegno
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RIZZI C. (1999) Progressive, Giunti, Firenze, pag. 5
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maggiore sia nei testi che nell’espressività musicale rispetto alla tradizione melodica italiana,
furono successivamente cantautorato e prog a dare lo scossone definitivo portando parole e
musica a livelli eccelsi. Sotto l’influenza di grandi gruppi inglesi come King Crimson,
Emerson Lake & Palmer o Genesis, molti giovani musicisti nostrani provarono a sperimentare
ed innovare; il prog italiano non fu una brutta copia di quello britannico ma seppe avere una
sensibilità interpretativa unica e tipicamente italiana. PFM, Banco del Mutuo Soccorso, Area,
Orme, Rovescio della Medaglia ed altri ancora, riscossero un elevato successo caratterizzando
un’epoca inarrivabile per la nostra musica.
Nel secondo capitolo verranno descritte le innovazioni che “contaminarono” la società italiana
dei primi anni Settanta come per esempio l’organizzazione di tantissimi festival e raduni che
attraevano migliaia di giovani pronti a condividere emozioni e propri interessi, musicali e non,
con altri coetanei. I concerti erano qualcosa di veramente costruttivo dove vi era un vero
rapporto positivo tra pubblico e artista; i problemi arrivarono però a partire dal 1974, cioè
quando certi gruppi politici extraparlamentari cominciarono a contestare e bloccare questi
eventi al grido “musica gratis!” Parleremo inoltre di importanti movimenti come
l’Underground e la Controcultura: il primo volto ad utilizzare il tempo libero con attivismo
culturale ed impegno contro i vari problemi sociali, il secondo più politicizzato e legato alle
lotte di classe e ai partiti politici. Altre fondamentali variazioni si verificarono nella
discografia con il passaggio dal 45 giri al 33 giri, quest’ultimo necessario per contenere
concept album dove le canzoni erano legate tra loro; inoltre si diffusero riviste specializzate
nella musica alternativa mentre dal 1975 esplose il fenomeno delle radio libere.
Nel terzo e ultimo capitolo si svolgerà forse il più arduo compito di questo lavoro: lo studio
del neo progressive a partire dagli anni Ottanta fino ai giorni nostri. Per molti infatti il
progressive italiano è solo da includere negli anni Settanta, invece non è così. Seppur in
maniera riduttiva e non creativa al livello della precedente epoca d’oro, la musica alternativa e
d’avanguardia ha proseguito nella sua strada e ancora oggi, in un’epoca dove disillusione,
confusione e sfiducia nel futuro regnano, ne sentiamo il bisogno.
Il progressive, inteso non solo come rifugio dalla realtà, può essere interpretato anche come
mezzo utile per comprendere meglio la quotidianità.
In questa tesi fondamentale è stato il riferimento a vari testi e interviste di sociologi (Franco
Ferrarotti, Marco Bracci, Edoardo Tabasso, Silvia Pezzoli) musicologi (Ernesto Assante, Gino
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Castaldo, Felice Liperi, Giordano Casiraghi ecc.) e artisti (Franco Mussida, Franz Di Cioccio,
Patrick Djivas, Demetrio Stratos).
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CAPITOLO 1
1 Quando il Rock raggiunse la sua maturità
1.1 Introduzione
Cos’è il progressive rock? Chi furono i maggior esponenti? Quali album memorabili destano
ancora oggi interesse e influenza?
In questo capitolo cercheremo di rispondere a queste e ad altre domande analizzando il
progressive rock anni Settanta da un punto di vista prevalentemente musicale anche se però
non mancheranno i giusti riferimenti ai determinati momenti che la società stava vivendo.
Dobbiamo capire in cosa si differenziò il nostro stile rispetto a quello britannico poiché gli
artisti italiani seppero riprendere lo stile del prog inglese per poi rielaborarlo secondo canoni
propri.
“Quel che fece la differenza fu il diverso trattamento delle composizioni, la diversa sensibilità
interpretativa, che spesso rivelavano una tipica matrice italiana, mediterranea, non sempre
smaccatamente anglofona”.
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Prima di entrare nel merito dell’esperienza del progressive rock italiano, è necessaria una
visione su quello britannico, su cosa fosse, come nacque e si sviluppò, perché è da esso che
tutto partì, ispirando poi altri paesi come Francia, Germania ed Italia.
1.2 Cos’è il Progressive Rock?
Innanzitutto cos’è il progressive? In una intervista di qualche anno fa il celebre frontman e
batterista della PFM, Franz Di Cioccio, rispondeva a questo quesito così:
“il rock progressivo era un confluire di una serie di stili come la musica classica, il jazz, il
rock e la musica popolare che voleva dare una scossa, essere un nuovo punto di vista e
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GABOLI A. , OTTONE G. (2007) Progressive Italiano, Giunti, Firenze-Milano, pag. 6
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diventare una corrente; era un tipo di rock evoluto rispetto al country rock o all’ hard rock
degli anni Settanta”.
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Emerse così “un nuovo modo di vivere la musica che era l’ascolto contemplativo,
concentrato ed intellettuale”.
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Riguardo alle caratteristiche fondamentali del prog non ha
molto senso inoltrarci in analisi musicologiche troppo complesse e non necessarie nell’ambito
di questa tesi, però è importante sottolineare gli elementi principali su cui il prog rock si basò
(e si basa): vi furono l’introduzione della suite; l’uso di strumenti come tastiere mellotron, e
sintetizzatori moog (capaci di creare effetti unici) col conseguente peso dell’importanza
primaria della chitarra elettrica; la composizione di testi impegnati, spesso di ispirazione
letteraria e a volte di difficile comprensione.
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In particolare fu importantissima la suite, cioè
un lungo brano composto da vari movimenti legati tra loro; l’utilizzo di questo elemento
cambiò radicalmente la musica favorendo il passaggio dai 45 giri ai long playing (LP) a 33
giri, in modo che i dischi diventassero storie, esprimessero una narrazione continua ed un
concetto; da ciò deriva anche il termine concept album sulla cui trattazione ritorneremo nel
secondo capitolo.
Gli anni Sessanta, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, e in modo minore anche
nell’Europa continentale e in Italia, erano stati un decennio ricchissimo durante il quale
esplose la musica dei giovani caratterizzata non più solo da svago e spensieratezza ma anche
da impegno civile, contestazione, anti militarismo e voglia di cambiare. Fra Stati Uniti ed
Inghilterra vi fu un continuo batti e ribatti di proposte musicali: da una parte c’erano Bob
Dylan, Jimi Hendrix, Joni Mitchell, Beach Boys o i Byrds; dall’altra Beatles, Who, Rolling
Stones, Animals ecc.
Ma cosa successe negli Stati Uniti a fine anni Sessanta? Dopo il Festival di Woodstock del
1969 si chiuse simbolicamente l’ ”età dell’oro” del rock americano: oltre la fine degli ideali
hippie vi fu l’intervento massiccio della grande industria discografica che cominciò a gestire il
rock in maniera imprenditoriale, favorendo lo strapotere di pochi grandi artisti e impedendo
l’innovazione e la ricerca musicale.
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Dunque se in America il rock divenne un prodotto di
consumo conservatore e immobile; in Inghilterra ciò non avvenne e il rock britannico fu
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DI CIOCCIO F. (2009) in Intervista alla PFM http://francesco-altavista.blogspot.com/2009/05/intervista-alla-
pfm-franz-di-cioccio.html
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DELLA SALDA B. Utopia della conoscenza. Un sogno lungo trent’anni, in BULTRIGHINI U. OLIVA G. (a
cura di) (2003) Dopo i Beatles. Musica e società negli anni Settanta, Carabba editore, Lanciano, pag. 22
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RIZZI C. (1999) Progressive, Giunti, Firenze, pag. 8
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TABASSO E. , BRACCI M. (2010) Da Modugno a X Factor. Musica e società italiana dal dopoguerra a
oggi, Carocci editore, Roma, pag. 58