1
Parte I Cos’è L’ Hiv?
1.1 Cenni medico scientifici sull’ HIV-AIDS
Una ponderata riflessione sugli aspetti giuridici del contagio da Hiv non può prescindere
preliminarmente da una (breve) spiegazione nosologica ed una precisazione metodologica. Per
quello che riguarda quest’ ultima chiunque si avvicini al delicato tema dell’ “Hiv-AIDS” dovrà far
fronte ad un flusso di informazioni molteplici e sempre mutevole tanto che quotidianamente
sovvengono scoperte rilevanti riguardo il virus: dunque l’ approccio adottato sconterà sicuramente
l’ utilizzo di fonti che al momento possono essere mutate o smentite. La parte nosologica inizia
con il fornire qualche spunto di riflessione sulla materia attraverso un approccio medico, perché
come qualche Autore
1
ha sottolineato “affrontare l’ aspetto virologico-epidemiologico serve a
dare una visione d’ insieme”, un punto di partenza sicuro per un’ analisi ricca di incertezze, una
ricerca che mette di fronte l’ interprete a risposte spesso contraddittorie. Il virus dell’
immunodeficienza umana(da qui l’ acronimo inglese “H.I.V.” o “Human Immunodefiency Virus”) è
il responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita-AIDS(“Acquired Immune Defiency
Syndrome
2
) una malattia che comporta una disfunzione cronica del sistema immunitario con una
graduale e progressiva degenerazione delle difese immunitarie dell’ organismo ospite, favorendo
in questo modo l’ insorgenza di infezioni opportunistiche(opportunistics deseases) dall’ esito
1
A.R. Castaldo, ”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed. Quattro Venti,
Urbino, anno LVII-LVIII 1988-1989, pag 16; A.Bonfiglioli, “La responsabilità penale per contagio da virus Hiv: profili
oggettivi” in S.Canestrari-G.Fornasari, “Nuove esigenze di tutela nel’ ambito dei reati contro la persona”, Ed. Clueb,
Bologna, 2001, pag 40
2
In italiano la sigla corretta sarebbe S.I.D.A. o “Sindrome da immunodeficienza acquisita” come riportato da .
Bonfiglioli, “La responsabilità penale per contagio da virus Hiv: profili oggettivi” in S.Canestrari-G.Fornasari, “Nuove
esigenze di tutela nel’ ambito dei reati contro la persona”, Ed. Clueb, Bologna, 2001, pag 41;
2
letale
3
. Il virus dell’ Hiv si può classificare come un retrovirus appartenente al genere dei lentivirus
ed è l’ unico lentivirus a poter attaccare l’ uomo
4
: retrovirus perché utilizza la retrotrascrittasi o
trascrittasi inversa
5
, lentivirus perché i processi replicativi avvengono con estrema lentezza, tanto
che talvolta la replicazione di questi virus può avvenire a distanza di anni dal contagio
6
. Tra i
lentivirus Hiv sono stati isolati 2 ceppi
7
: Hiv 1, geograficamente più espanso
8
ed il primo ad essere
stato riconosciuto, è l’ agente patogeno protagonista principale dell’ immunodeficienza umana
acquisita mentre l’ agente Hiv 2 è stato isolato per la prima volta in Africa Occidentale nel 1986
9
ed
è considerato una forma meno virulenta tuttavia esistono anche altre forme ricombinanti
10
. Per
quello che riguarda la morfologia del virus dell’ Hiv 1 questo si presenta a struttura icosaedrica con
numerosi aculei esterni formati da 2 proteine di membrana virale: il contagio a Hiv si ha nel
momento in cui il virone si stacca per gemmazione dalla cellula infetta
11
ed aggredisce le cellule
3
Si intendono “malattie opportunistiche” quelle infezioni trasmesse da microorganismi che non sono causa
abitualmente di malattia ma che, in certe circostanze (pazienti anziani, defedati o affetti da deficit del sistema di
difesa immunitaria) si comportano da patogeni. Comunitari volontari per il mondo, “Per un futuro senza Aids”,Ed. Emi
Milano, 2009, pag 19; A.R. Castaldo, ”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed.
Quattro Venti, Urbino, anno LVII-LVIII 1988-1989, pag 16; A.Bonfiglioli, “La responsabilità penale per contagio da virus
Hiv: profili oggettivi” in S.Canestrari-G.Fornasari, “Nuove esigenze di tutela nel’ ambito dei reati contro la persona”,
Ed. Clueb, Bologna, 2001, pag 41; per le specificità mediche: Fauci- Braunwald- Kasper- Hauser- Longo-Jameson-
Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1122-1123. Ben sintetizzano
la questione F.Faccioli-V.Giordano-C.Sarzotti,”L’ aids nel carcere e nella società”, Ed. Carocci,Roma, 2001, pag 101
dove precisa che l’ Hiv non indica una malattia ma “il nome di una situazione clinica, le cui conseguenze sono uno
spettro di malattie”
4
Così in Fauci- Braunwald- Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed.
Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1112
5
Fauci- Braunwald- Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1113
6
Fauci- Braunwald- Kasper- Hauser- Longo-Jameso-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag1112
7
Fauci- Braunwald- Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1113; V.Briolese-E.Sanfilippo-A.Montineri-L.Nigro, “Epidemiologia dell’ infezione da
Hiv/Aids nel mondo” in “Medicina delle tossicodipendenze”, Rivista Medica,Anno XIII 2005, N°47 pag 29
8
Fauci-Braunwald- Kasper-Hauser-Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1117; V.Briolese-E.Sanfilippo-A.Montineri-L.Nigro, “Epidemiologia dell’ infezione da
Hiv/Aids nel mondo” in “Medicina delle tossicodipendenze”, Rivista Medica,Anno XIII 2005, N°47 pag 29 segg.
9
Come riportato da Fauci-Braunwald- Kasper-Hauser-Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina
interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1112-1113
10
E’ inutile ai fini dell’ analisi spingersi oltre, basterà ricordare che i vari ceppi virali e gli ulteriori sottotipi possono
ricombinarsi fra loro Fauci-Braunwald- Kasper-Hauser-Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina
interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1117
11
Fauci-Braunwald- Kasper-Hauser-Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1113
3
che presentano sulla loro membrana il recettore CD4+ tra cui i linfociti T4 che costituiscono i
principali responsabili dell'organizzazione della risposta immunitaria dell’ essere umano ma anche
i linfociti B, numerosi macrofagi e monociti e i linfociti natural killer o cellule NK
12
. L’ Hiv utilizza
generalmente 2 co-recettori maggiori della cellula T4 per la fusione e la replicazione costituenti nel
recettore CCR5 e CXCR4 per cui il virus penetra nella cellula replicando il proprio codice genetico
tramite un enzima detto “trascrittasi inversa” sintetizzando Dna come le consuete Dna-polimerasi
per utilizzare come base un filamento di Rna; allo stesso modo di un qualsiasi retrovirus il virus
Hiv penetra nella cellula trascrivendo il suo Rna come Dna che successivamente viene integrato
nel genoma della cellula ospite dall'integrasi virale
13
: la particolarità è che una volta che il genoma
virale si è integrato in quello dell'ospite il processo di trascrizione può rimanere inattivo per un
periodo di tempo compreso tra mesi ed anni
14
. Proprio la caratteristica di essere un virus che
utilizza la retrotrascrittasi come metodo di replicazione è ciò che distingue l’ Hiv dagli altri
retrovirus; oltre questo l’ infezione da Hiv è unica perché eradica nell’ organismo un virus
incapace di essere debellato ma solamente ridotto a quantità viremiche minime
15
. Nelle altre
infezioni virali umane se l’ ospite sopravvive il virus viene completamente eliminato dall’
organismo che sviluppa uno stato di immunità rispetto alle eventuali infezioni successive, una
sorta di “memoria del virus”: l’ Hiv unisce una persistente replicazione del virus, anche in un
12
Si tratta delle cellule umane che predispongono la risposta immunitaria ai vari agenti patogeni: in sostanza
corrispondono ai “meccanismi di difesa dell’ essere umano”. Specificamente e diffusamente Fauci-Braunwald-Kasper-
Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag
1113-1114, 1130-1133, A.R. Castaldo, ”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed.
Quattro Venti, Urbino, anno LVII-LVIII 1988-1989, pag 16 ma anche in nota A.Bonfiglioli, “La responsabilità penale per
contagio da virus Hiv: profili oggettivi” in S.Canestrari-G.Fornasari, “Nuove esigenze di tutela nel’ ambito dei reati
contro la persona”, Ed. Clueb, Bologna, 2001, pag 412
13
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1113
14
Questo sembra grazie ad alcune proteine citoplasmatiche(TRIM5-alpha e APOBEC)anche se la questione non è
ancora chiarita limpidamente in Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di
medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1113
15
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1123
4
periodo di latenza, ad una cronicità dell’ infezione con bersaglio il sistema immunitario dell’
ospite
16
.
Al momento dell’ infezione della prima cellula si possono avere due opzioni
17
:
Se il virus rimane inattivo la cellula contenente CD4 infetta mantiene
inalterato il proprio sistema funzionale: l’ individuo infetto non mostra alcun sintomo della
presenza del virus ed è sotto ogni aspetto un portatore asintomatico
18
Se il virus diviene attivo viene iniziata la replicazione tramite la
retrotrascrittasi: il virus si riproduce all’ interno della cellula contenente CD4. Tale cellula
infettata esplode e il virus si trasmette ad altre cellule contenenti CD4 creando un
processo a catena tale da coinvolgere pressoché tutti i linfociti dell’ organismo ospite
19
Al termine della fase di latenza della malattia, lo stato in cui la persona sieropositiva non
mostra alcun segno esterno di contagio, conseguentemente all’ esplosione dei numerosi linfociti si
realizza il passaggio del soggetto infetto da portatore asintomatico a infezione virale da Hiv, da cui
dopo diverso tempo seguirà l’ evoluzione in Aids conclamata caratterizzata dalla distruzione di
quasi tutti i linfociti, i macrofagi e le altre cellule interessate dall’ infezione. Si possono distinguere
3 fasi evolutive della patologia
20
:
16
Sono le peculiarità che emergono da Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi
di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1124
17
Come riportato da A.R. Castaldo, ”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed.
Quattro Venti, Urbino, anno LVII-LVIII 1988-1989, pagg 17-18
18
A.R. Castaldo, ”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed. Quattro Venti,
Urbino, anno LVII-LVIII 1988-1989, pagg 17-18
19
Come riportato in nota da A.Bonfiglioli, “La responsabilità penale per contagio da virus Hiv: profili oggettivi” in
S.Canestrari-G.Fornasari, “Nuove esigenze di tutela nel’ ambito dei reati contro la persona”, Ed. Clueb, Bologna, 2001,
pag 42; A.R. Castaldo, ”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed. Quattro Venti,
Urbino, anno LVII-LVIII 1988-1989, pagg 17-18
20
A.Bonfiglioli, “La responsabilità penale per contagio da virus Hiv: profili oggettivi” in S.Canestrari-G.Fornasari,
“Nuove esigenze di tutela nel’ ambito dei reati contro la persona”, Ed. Clueb, Bologna, 2001, pag 42; A.R. Castaldo,
”Aids e diritto penale tra dommatica e politica criminale” in “Studi Urbinati”, Ed. Quattro Venti, Urbino, anno LVII-LVIII
1988-1989, pag 18; Comunitari volontari per il mondo, “Per un futuro senza Aids”,Ed. Emi Milano, 2009, pag 19 anche
se chiamate con nomi diversi e con qualche imprecisione lessicale
5
1. Sindrome Linfoadenopatica( LAS): Fase clinica primaria dell'infezione da Hiv
caratterizzata da sintomi simili a quelli della mononucleosi infettiva o di un’ influenza
21
: i
sintomi sono febbre, cefalea, eruzioni cutanee, sudorazione notturna, ingrossamento
diffuso delle ghiandole linfatiche ed esantema. In tale periodo il virus si riproduce molto
velocemente, circolando nel sangue e insediandosi nelle tonsille, nell’ apparato linfatico,
nella milza e nel sistema linfoide localizzato nell’ apparato digerente
22
. Generalmente tale
fase di infezione virale avviene mediamente entro 1-3 settimane dal momento dell’
infezione e perdura per circa 2-3 mesi fino alla scomparsa dei sintomi
23
: proprio in questa
fase compaiono gli anticorpi del virus Hiv(circa tra la seconda e la dodicesima settimana)
24
.
In tale periodo la persistenza di replicazione del virus negli organi linfoidi provoca una lenta
ma graduale perdita di linfociti CD4+: ogni giorno circa il 5% dell'intero comparto dei CD4+
viene distrutto dal virus, ma per lungo tempo le cellule eliminate vengono rimpiazzate
pressoché integralmente
25
. Oltre che sotto l’ aspetto quantitativo l’ infezione porta anche
alla mutazione di alcune cellule T4 come difetti nel processo di clonazione e diminuzione
della produzione di enzimi o antigeni
26
. La durata di questa fase è molto variabile, e può
essere influenzata da vari fattori, tra i quali soprattutto l'impiego di una terapia
antiretrovirale
27
. In assenza di trattamento la maggior parte dei pazienti evolve verso la
21
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1141-1142 spiega che la sintomatologia dell’ infezione acuta è quella “simil-
mononucleosica”, spesso a livelo diagnostico viene scambiata proprio per mononucleosi
22
Numerosi studi hanno dimostrato che tali organi costituiscono i “serbatoi” del virus Fauci-Braunwald-Kasper-
Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag
1127
23
Le statistiche confermano che sono tra il 50% e il 70% i soggetti che sviluppano una sindrome acuta da Hiv Fauci-
Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill,
2009 ,Vol. I, pag 1141-1142
24
E’ il periodo dove il test ELISA diviene positivo Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison-
Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1138
25
Da uno studio su “Pagine mediche” nel sito http://www.sportmedicina.com/speciale_-_aids_4.htm
26
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1123
27
E’ la terapia d’ elezione per combattere il virus dell’ Hiv più nota come “terapia antiretrovirale ad elevata attività”(in
inglese H.A.A.R.T. acronimo di “higly active antiretroviral therapy”): in sintesi la funzione dei farmaci somministrati al
6
malattia in un periodo medio di circa 8-10 anni
28
; una quota minore ha una evoluzione più
rapida, in circa 4-6 anni, mentre un 10-12% circa di soggetti sieropositivi hanno la tendenza
a non ammalarsi anche dopo 12 anni e oltre di infezione
29
;
2. AIDS-related complex(ARC): costituisce la II° fase della malattia ed è definita
dalla presenza di almeno due sintomi (febbre, sudorazione notturna, malessere, riduzione
del peso corporeo >10%, diarrea, dermatite seborroica e linfoadenopatia generalizzata,
herpes zoster) o più alterazioni del sistema immunitario legate all’infezione da HIV
(diminuzione dei linfociti T CD4+, aumento di alcune proteine infiammatorie, presenza di
alcuni antigeni, diminuzione di specifici anticorpi, ecc.): la causa è l’ inizio del decadimento
tendenziale dei linfociti e delle altre cellule di difesa immunitaria. Nella definizione di ARC
sono comprese inoltre alcune infezioni, quali la candidosi del cavo orale, la candilomatosi
diffusa etc
30
;
3. AIDS conclamata: è la fase terminale della malattia e costituisce l’
espressione più completa della distruzione dei linfociti T4 da parte del retrovirus dell’ Hiv.
Generalmente la fase dell’ Aids conclamata inizia con la comparsa di una delle infezioni
dette “opportunistiche”: infezioni provocate da microorganismi abitualmente presenti nell’
ambiente quotidiano che non risultano pericolosi per soggetti con difese immunitarie
paziente è quella di bloccare la replicazione del virus tramite l’ inibizione dell’ enzima della trascrittasi inversa, l’
inibizione della proteasi virale, farmaci che inibiscono l’ integrasi virale e farmaci che interagiscono in maniera
contraria con l’ ingresso del virus nella cellula. Sono utilizzati la zidovulina, didanosina etc. L’ effetto è quello di ridurre
la quantità di virus presente nel soggetto infetto consentendo contemporaneamente la rigenerazione dei linfociti e
delle altre cellule bersaglio dell’ Hiv, così da mantenere su livelli ragionevoli lo stato delle difese immunitarie, evitando
le infezioni opportunistiche come da Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di
medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1164 e seg; Comunitari volontari per il mondo, “Per un
futuro senza Aids”,Ed. Emi Milano, 2009, pag 19
28
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1126
29
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1126
30
Una buona definizione si può trovare in http://www.sapere.it/sapere/medicina-e-salute/enciclopedia-
medica/Immunologia/arc.html; molto più specificatamente in Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-
Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1142 e seg
7
integre, ma che possono provocare malattie gravi
31
, fino a patologie neoplastiche
32
, in
soggetti immunodepressi. In generale la persona che ad un’ analisi del sangue ha meno di
200 cellule T4/microlitro è affetta da Aids
33
.
Per ciò che riguarda i meccanismi che conducono all’ infezione cronica da Hiv si possono
sintetizzare in:
Impossibilità da parte del sistema immunitario di eradicazione del virus per
mancato riconoscimento: chiamato anche “down regulation” sintetizza il fenomeno per
cui il virus modifica alcune molecole della cellula ospite impedendo all’ organismo di
riconoscere le cellule Hiv infette e quindi di eliminarle
34
.
Replicazione virale pressoché continua
35
.
Presenza di riserve del virus nel pool di cellule T4+: in qualsiasi soggetto
affetto da Hiv vi è sempre la presenza di cellule T4+ quiescenti che sviluppano una forma di
latenza simile a quella di inizio infezione detta “infezione latente”. Al momento in cui la
viremia nel sangue scenda al di sotto di un determinato valore si svilupperà un segnale di
attivazione alla trascrittasi inversa del virus Hiv. Perciò anche quando la viremia plasmatica
31
Si va da malattie dell’ apparato respiratorio come la polmonite da Pneumocystis jiroveci a infezioni virali intestinali
acute etc Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed.
Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1142-1643
32
Come il Sarcoma di Kaposi, una neoplasia generalmente piuttosto rara che nei malati di AIDS si presenta con una
frequenza impressionante Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina
interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1143 e seg
33
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1142
34
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1124-1125
35
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1125
8
diviene molto bassa per utilizzo della terapia antiretrovirale la quota delle cellule di riserva
non decade significativamente
36
.
Il retrovirus dell’ Hiv è stato isolato nel sangue, nello sperma e nelle secrezioni cervico-
vaginali degli infetti
37
, mentre nella saliva, nonostante vi siano state rinvenute tracce del virus,
evidenze epidemiologiche indicano che di per sé la saliva non è infettante e non esiste alcuna
possibilità di contagio attraverso il contatto con bicchieri, tazze etc. precedentemente utilizzate da
un soggetto sieropositivo
38
. Questo perché la saliva contiene fattori endogeni ad attività antivirale
che hanno la capacità di inibire il virus Hiv uniti a fattori solubili che bloccano l’ infezione in
contatti virologici minimi
39
. Allo stesso modo è da escludere che il bacio possa essere veicolo di
contagio
40
tuttavia dubbi si rinvengono sul “bacio profondo”, soprattutto se utilizzato in un
contesto traumatizzante e continuativo, dove la possibilità di contagio è minima anche se non da
escludersi
41
, soprattutto in presenza di lesioni o microlesioni della mucosa orale poiché è doveroso
ricordare che la concentrazione di sangue nella saliva di un tossicodipendente sieropositivo è più
elevata di quella di un soggetto sano
42
: tale considerazione ha portato il CDC di Atlanta a
36
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1125
37
M.Piazza-G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv” in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni, “Aids in Italia
20 anni dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30; Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison-
Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pagg 1115-1116
38
Come riportato da Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina
interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1120; M.Piazza-G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv”
in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni, “Aids in Italia 20 anni dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30
39
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1120
40
M.Piazza-G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv” in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni, “Aids in Italia
20 anni dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30
41
M.Piazza-G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv” in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni, “Aids in Italia
20 anni dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30;
42
In circa 40% dei soggetti affetti da Hiv la carica virale nella saliva è maggiore di quella nello sperma da M.Piazza-
G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv” in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni, “Aids in Italia 20 anni
dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30
9
raccomandare di “non effettuare il bacio appassionato con partner infetti”
43
. Il contagio attraverso
il morso è un’ eventualità molto rara ma possibile tuttavia il fattore contagiante è da ricondurre
sempre alla presenza di ulcerazioni nel cavo orale del soggetto agente con il conseguente scambio
di sangue
44
. Quello che è certo, dopo quasi 25 anni di osservazione delle dinamiche virali dell’ Hiv,
è che contatti casuali o punture di insetti siano inidonee a causare un contagio per inesistenza di
notizie epidemiologiche su tali fatti
45
: purché sequenze provirali e virali siano state evidenziate
nella saliva di soggetti infetti depositata su tazze, bicchieri o posate non esiste la minima
possibilità di contagio
46
. Infine, anche se teoricamente il virus può essere identificato in ogni
liquido corporeo non esistono prove scientifiche documentate che l’ infezione possa trasmettersi
tramite lacrime, sudore o urina, anche se vi sono casi documentati di infezione da scambio di tali
liquidi tuttavia gli scienziati propendono per la semplice spiegazione che tali fonti fossero
contaminate da sangue infetto, facendo rientrare il contagio in ipotesi comuni
47
.
La diagnosi dell’ infezione da Hiv è basata sulla dimostrazione della presenza di anticorpi
diretti contro il virus presenti nel sangue dell’ organismo ospite e/o sul riscontro diretto del virus
nei liquido organici del portatore
48
. Il test standard di screening Hiv è il test E.L.I.S.A(enzime-linked
immunosorbent assay) o “test immunoenzimatico”(E.I.A) diretto a rilevare la presenza di anticorpi
Hiv 0 o Hiv Ab nell’ organismo ospite contro gli antigeni del virus, è un test valido sia per il ceppo
Hiv 1 che per l’ Hiv 2 ed ogni laboratorio diagnostico possiede i kit EIA sempre obbligatoriamente
43
M.Piazza-G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv” in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni, “Aids in Italia
20 anni dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30
44
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1120
45
Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac
Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1120
46
Ribadito in M.Piazza-G.Liuzzi “Trasmissione sessuale dell’ infezione da Hiv” in F.Dianzanani-G.Ippolito-M.Moroni,
“Aids in Italia 20 anni dopo”,Ed. Masson, Roma, 2004, pag 30
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1120
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aggiornati
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. Il test ELISA si compone di un test primario tramite kit EIA la cui caratteristica è l’
estrema sensibilità. Se non che proprio tale elemento porta il test a non essere specifico: accade
spesso che vi siano falsi positivi o negativi, perciò in presenza di un test EIA positivo deve essere
effettuato un secondo test di controllo detto “western blot”
50
. Il secondo test è fondato sulla
differenza di peso molecolare tra i vari antigeni nel sangue: attraverso un riscontro di bande si
verifica la presenza di anticorpi propri del virus nel sangue del soggetto. Il western blot è
considerato un test di controllo perché un individuo con test EIA positivo ma con western blot
negativo non sarà contagiato dal virus e quindi il primo test deve essere considerato come un falso
positivo, al contrario all’ esito di un western blot positivo dopo un test EIA positivo si constaterà l’
effettivo contagio da Hiv: nel sangue del soggetto vi è la presenza di anticorpi diretti contro i 3
maggiori prodotti genetici dell’ Hiv
51
. E’ bene segnalare come tali test abbiano sollevato dubbi
sulla loro attendibilità: per il western blot è emerso che il 20/30% dei soggetti risultati negativi all’
EIA presenta una o più bande positive all’ Hiv dunque per una maggior certezza del risultato è
opportuno ripetere il test ELISA a distanza di tempo
52
. Il vero punctum dolens del test ELISA è
connaturato proprio alla sua stessa azione: essendo vincolato alla ricerca di anticorpi contro l’ Hiv
il test ELISA è inutile nel periodo precedente alla sieroconversione
53
. Dal momento in cui il virus
infetta l’ ospite alla manifestazione degli anticorpi nell’ organismo(chiamato “periodo finestra”)
possono passare anche 3 mesi perciò il soggetto infettato, non ancora sieropositivo, che effettua
un Test ELISA avrà un risultato negativo; tuttavia sarà infetto e capace di contagiare le altre
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1138
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1138-1139
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1139
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1139
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Dato che gli anticorpi del virus Hiv compaiono in circolo tra la 2° e la 12° settimana come puntualizzato da Fauci-
Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII Ed. Mac Graw Hill,
2009 ,Vol. I, pag 1138; anche dal sito www.paginemediche.it
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persone. L’ evoluzione delle conoscenze mediche ha permesso di limitare nel tempo il periodo
finestra con i moderni test ELISA si è raggiunta la quota di 22 giorni
54
anche se affinché sia
considerato definitivo deve scadere il tempo massimo possibile del periodo finestra(3 mesi)
55
. Vi
sono anche test che ricercano direttamente l’ Hiv o elementi di essa nelle cellule del soggetto
ospite. Il più semplice test di questo tipo è la ricerca dell’ antigene p24: viene misurata la proteina
virale p24, se questa si trova in forma libera legata agli anticorpi anti-p24 allora siamo in presenza
di contagio del virus Hiv 1 in quanto il virus è in elevata replicazione
56
. Questo test può essere
effettuato entro breve periodo dal contagio iniziale(2-6 settimane), successivamente il livello della
proteina p24 si normalizza per divenire nuovamente alto solo nella fase finale dell’ infezione
57
.
Fonti autorevoli
58
sostengono che il test dell’ antigene p24 è la metodica più corretta da effettuare
su pazienti che si sospetta una sindrome linfoadenopatica in base al fatto che elevati livelli di
antigene p24 si manifestano precedentemente alla comparsa degli anticorpi Hiv. Infine vi sono i
test denominati NAT( “nucleid acid test”) la cui funzione è quella di ricercare direttamente la
presenza di geni del virus nelle cellule e di amplificare il DNA provirale delle cellule riscontrate. La
sensibilità di tali test è piuttosto alta e anche per questi è frequente l’ esistenza di falsi
positivi/negativi
59
. E’ bene ribadire che la procedura d’ elezione per diagnosticare l’ infezione da
Hiv rimane l’ esistenza di un test EIA positivo con riscontro western blot positivo, gli altri test
54
In base a Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina interna” XVII
Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1138; http://www.bionetonline.org
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Significa che un Test ELISA negativo dopo che sono decorsi 3 mesi dall’ evento a rischio indica che il contagio non è
avvenuto sicuramente. Fauci-Braunwald-Kasper- Hauser- Longo-Jameson-Loscalzo, “Harrison- Principi di medicina
interna” XVII Ed. Mac Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1138; http://www.bionetonline.org
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1139
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1139
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1139
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Graw Hill, 2009 ,Vol. I, pag 1140