26
1.2 Gli effetti della consecuzione
1.2.1 Disposizioni generali
Come si è potuto constatare da una panoramica relativa al c.d. principio di
consecuzione delle procedure concorsuali, le problematiche principali affrontate dalla
giurisprudenza e dalla dottrina hanno riguardato la possibilità di consentire che una
serie di effetti comuni alle varie procedure sopravvivano nei diversi procedimenti che
si susseguono. Infatti, se le varie procedure concorsuali devono ritenersi legate da un
vincolo unitario, la conseguenza che ne discende è che gli atti e gli effetti che si sono
prodotti nella prima procedura operino anche in quella successiva.
Come segnalato, inizialmente il principio giurisprudenziale della consecuzione delle
procedure concorsuali era stato affrontato con particolare riferimento alla
retrodatazione del periodo sospetto della revocatoria fallimentare, in quanto la legge
fallimentare si era limitata a stabilire varie ipotesi in cui era possibile o necessario
che una procedura concorsuale si convertisse in un’altra diversa, senza però nulla dire
in ordine agli effetti di tale consecuzione.
La modifica del presupposto oggettivo del concordato preventivo e le altre novità
introdotte a seguito delle riforme intervenute tra il 2005 e il 2007, hanno, da un lato,
messo in crisi la permanenza di tale principio, e, dall’altro, hanno provveduto ad
attribuire la prededucibilità <<ai crediti sorti in occasione o in funzione del
concordato preventivo>> ai sensi dell’art. 111 c. 2 l. fall., nonché a prevedere
l’esenzione dalla revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie posti in essere
in esecuzione del concordato preventivo ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. e) l. fall.
Tale circostanza ha comportato che, da un lato, è parso ad alcuni
34
che il legislatore
avesse espressamente statuito che determinati effetti del concordato preventivo
34
Ex multis L. Panzani, Amministrazione controllata e concordato preventivo. Alcune questioni in
tema di decadenza dal beneficio e meritevolezza in Giustizia Civile 2007 n. 7, p. 1742.
27
operino anche nel successivo fallimento ma, dall’altro lato, vi erano sostenitori di una
tesi contraria
35
che ponevano maggiore attenzione alla considerazione che
l’amministrazione controllata, il concordato preventivo e il fallimento tutelavano
diversamente i creditori e pertanto gli altri effetti della sentenza dichiarativa di
fallimento dovevano prodursi ex nunc. Di conseguenza, nessun altro effetto, al di
fuori di quelli sopra menzionati, poteva essere ricavato in via interpretativa.
Questa situazione è andata a modificarsi a seguito del formale riconoscimento del
principio con l’introduzione dell’art. 69 bis c. 2 l. fall. e grazie alle successive
pronunce della giurisprudenza, che hanno riconosciuto nella maggior parte dei casi
l’applicabilità di detto principio anche in ipotesi che possiamo definire “anomale”, al
fine di tutelare la massa dei creditori di una procedura d’insolvenza dall’insuccesso
di una precedente.
Dunque, precisato l’ambito di applicazione del fenomeno della consecuzione e
prendendo in considerazione la natura degli effetti per cui può essere invocato, non
v’è dubbio che il principio della consecuzione sia nato dall’esigenza di legare una
serie di procedimenti per far salvi determinati effetti sorti in una procedura precedente
in quelle successive, e, inoltre, come rilevato dalla giurisprudenza
36
, non v’è dubbio
che la sequenza che caratterizza la consecuzione <<non costituisce una mera
successione temporale di procedimenti, ma realizza un’unica procedura concorsuale
nella quale le procedure che si susseguono costituiscono delle fasi di un
procedimento dal carattere unitario>>.
Senza dubbio, ai fini della trattazione sugli effetti della consecuzione, non è possibile
prescindere dalla illustrazione dei regimi della prededuzione dei crediti ai sensi
dell’art. 111 c. 2 l. fall e da quello della decorrenza del periodo sospetto per l’azione
revocatoria dell’art. 67 l. fall., in quanto conseguenza di un favor legislativo verso la
soluzione negoziale della crisi e data la fondamentale rilevanza di queste due norme
35
G. C. De Virgilis, Consecuzione tra amministrazione controllata e fallimento e retrodatazione del
periodo sospetto in Fall. 2004 n. 6, p. 649.
36
Come rilevato ex multis da Cass. 29 marzo 2016, n. 6045 in Italgiure.it, secondo la quale lo sbocco
nel fallimento di una procedura concorsuale minore rappresenti la dimostrazione della sostanziale
unitarietà del procedimento concorsuale cui è sottoposto l’imprenditore.
28
all’interno del tema sopra prospettato. Per tale motivo è necessario trattare
approfonditamente le questioni che riguardano tali effetti.
La questione, però, non si pone soltanto in termini di retrodatazione degli effetti di
una procedura ad un’altra precedente o di prededuzione, bensì di << salvezza di atti
ed effetti provocati dalla prima che vengano invocati nella seconda>>
37
.
Va ricordato, infatti, che la consecuzione dei procedimenti concorsuali ha rilevanza
per quanto riguarda una grossa mole di effetti e istituti che possono applicarsi in
consecuzione quali la compensazione, la sospensione della decorrenza degli interessi,
i rapporti giuridici preesistenti, le ipoteche giudiziali ed altri effetti che possono
essere affrontati in virtù di tale principio di sopravvivenza degli effetti comuni da una
procedura all’altra.
Pertanto, se considerati nell’ambito del processo concorsuale complessivo, tal effetti
si estenderanno a tutto il periodo occupato dalla sequenza delle procedure che lo
compongono, diversamente manterranno l’ambito di applicazione proprio. Ne
consegue che il fenomeno della consecuzione funge da <<elemento di congiunzione
fra procedure distinte e consente di traslare dall’una all’altra procedura>>
38
alcuni
effetti, che si procederà ad analizzare nei paragrafi successivi.
1.2.2 La decorrenza del periodo sospetto per l’azione revocatoria fallimentare
È possibile intraprendere la trattazione sugli effetti della consecuzione a partire dalla
decorrenza del periodo sospetto per le azioni revocatorie in quanto può essere
considerato l’effetto principale del principio della consecuzione delle procedure
concorsuali.
Come ricordato, il problema della consecuzione tra fallimento e concordato era stato
originariamente affrontato al fine di consentire la possibilità di retrodatare gli effetti
della dichiarazione di fallimento al momento dell’apertura della procedura di
37
Così P. Pototschnig, opera citata, in Dir. Fall. 2016 n. 7, p. 784.
38
Cass. 22 giugno 2019 n. 21926 in Italgiure.it, la cui pronuncia è intervenuta in un giudizio relativo
al riconoscimento della natura prededucibile del compenso previsto per remunerare la prestazione
del professionista incaricato di redigere la relazione di cui all'art. 161, comma 3, l. fall.
29
concordato preventivo, con la conseguente anticipazione del periodo sospetto alla
data di ammissione della prima delle procedure concorsuali.
La soluzione inizialmente accolta dalla giurisprudenza
39
di retrodatare gli effetti della
sentenza di fallimento alla data di apertura della prima procedura ai fini del computo
del periodo sospetto trovava la propria genesi in una <<sorta di continuum tra gli
artt. 5, 160 e 67 l. fall.>>
40
, in quanto, nelle predette norme, l’elemento cruciale
risultava essere lo “stato di insolvenza”.
Con il d.l. del 14 marzo 2005, n. 35 veniva poi modificato il presupposto oggettivo
del concordato, riconoscendo la possibilità di proporre ai creditori un concordato
preventivo all’imprenditore che si trovasse in stato di crisi, qualcosa di differente
dallo stato d’insolvenza originariamente contemplato dall’art. 160 l. fall.
Soltanto successivamente, con l’introduzione dell’art. 69 bis c. 2 l. fall., i termini per
l’esercizio della revocatoria fallimentare venivano fatti decorrere, per espressa
previsione di legge, non dalla sentenza dichiarativa di fallimento né dal momento
dell’ammissione alla procedura minore ma dalla data di pubblicazione della domanda
alla procedura di concordato preventivo nel registro delle imprese e ciò per esigenze
di tutela della par condicio tra creditori.
Va rilevato, infatti, come la ratio dell'azione revocatoria fallimentare consiste
nell'eliminare gli effetti degli atti di disposizione che, poiché compiuti da un
imprenditore già in stato di insolvenza, risultano essere lesivi per i creditori. Dunque,
la revocatoria fallimentare presuppone ontologicamente l'insolvenza ma,
diversamente, come detto, il concordato preventivo presenta quale presupposto lo
stato di crisi, qualcosa di diverso dall'insolvenza, e, pertanto, solo grazie all'intervento
del legislatore viene stabilito, iuris et de iure, che lo stato di insolvenza, in caso di
successione tra la procedura di concordato preventivo e fallimento, debba essere
rinvenuto al momento della pubblicazione della domanda. E tale soluzione non è
rimasta esente da critiche, principalmente in quanto si riferisce alla sola
39
Ci si riferisce a Cass. 27 ottobre 1956, n. 3981, cit.
40
Così F. Canazza in Consecuzione di procedimenti, revocatoria fallimentare e fallimento dei soci
illimitatamente responsabili, Fall. 2016 n. 11, p. 1211.
30
pubblicazione della domanda, momento in cui manca, persino, un decreto che abbia
aperto la procedura.
Ciò detto, è bene ricordare come la revocatoria fallimentare si caratterizza, rispetto
all’azione revocatoria ordinaria, per la semplificazione dei presupposti per dichiarare
l’inefficacia degli atti. Questa semplificazione trova la sua ragione nella particolare
situazione del debitore individuata nello stato d’insolvenza. Essendo tale stato
preesistente alla dichiarazione di fallimento o, per quel che ci interessa, alla
pubblicazione della domanda di concordato, e poiché considerato in sé
pregiudizievole per i creditori, è così giustificato il meccanismo della revocatoria
fallimentare che “colora” gli atti di disposizione compiuti dal debitore prima della
dichiarazione di fallimento consentendone la revoca.
La revocatoria fallimentare, dunque, connette al momento del manifestarsi dello stato
di insolvenza, l’insorgere a carico del debitore di un vincolo di indisponibilità del
patrimonio al quale consegue la neutralizzazione degli atti compiuti in quel periodo,
che viene di conseguenza definito come “sospetto”.
Tale sistema si impernia, inoltre, sulla distinzione tra atti a titolo gratuito e assimilati
e atti a titolo oneroso, per i quali il legislatore distingue gli atti cosiddetti “normali”
e quelli “anormali”. Tali categorie di atti sono caratterizzate da un diverso regime
revocatorio sia con riferimento all’onere della prova circa la conoscenza dello stato
d’insolvenza sia dalla diversa estensione del periodo sospetto
41
.
41
L’art. 64 l. fall. prevede che gli atti a titolo gratuito siano inefficaci ex lege se compiuti nei due
anni precedenti alla dichiarazione di fallimento, in quanto reputati altamente sospetti. In tal caso sono
automaticamente revocati dalla data della sentenza di fallimento ex art. 16 l. fall.
Nel caso degli atti a titolo oneroso previsti dall’art. 67 l. fall., possono essere revocati soltanto nel
caso in cui la controparte dimostri di non essere stata a conoscenza dello stato di insolvenza. Tale
conoscenza effettiva deve essere dimostrata dal curatore fallimentare in giudizio per gli atti indicati
al c. 2 dell’art. 67 l. fall., i c. d. atti normali di gestione che comprendono i pagamenti di debiti liquidi
ed esigibili, gli atti a titolo oneroso, i quali sono revocati se compiuti nei sei mesi antecedenti la
dichiarazione di fallimento. Per quanto riguarda gli atti anormali di gestione previsti dal primo
comma, per il quale il periodo sospetto è elevato a un anno rispetto al termine previsto dal secondo
comma, in tal caso ai fini della dimostrazione della scientia decoctionis sono sufficienti presunzioni
gravi, precise e concordanti che facciano ritenere che la controparte fosse a conoscenza delle
difficoltà economiche del debitore. Diversamente l’atto non può mai essere dichiarato inefficace se,
al momento dell’ammissione al concordato preventivo, non vi sono significativi segni esteriori
dell’insolvenza
31
In virtù del richiamo effettuato dall’art. 69 bis c. 2 l. fall., i termini previsti per la
revocatoria degli atti a titolo gratuito e per gli atti a titolo oneroso
42
decorrono dalla
data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.
Di conseguenza, il principio della consecuzione delle procedure concorsuali
comporta la considerazione unitaria della procedura di fallimento succeduta a quella
di concordato preventivo e la retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto
al momento dell’ammissione del debitore a quest’ultima.
In aggiunta, va sottolineato come la ratio della revocatoria fallimentare riguarda la
ricerca di un punto di equilibrio più soddisfacente tra la tutela dei creditori e la tutela
di altri interessi, quali il corretto funzionamento del mercato o la continuità
dell’attività aziendale. Il legislatore, mediante l’introduzione di una serie di esenzioni
alla revocatoria al c. 3 dell’art. 67 l. fall. e tramite la dimidiazione del periodo
sospetto, sembra aver spostato l’ago della bilancia in favore dell’interesse alla
prosecuzione dell’attività d’impresa.
Tra tali esenzioni, una parte è stata introdotta per sostenere il generale mantenimento
dell’attività d’impresa, non toccando chi ha contribuito con prestazioni varie alla
permanenza della stessa
43
. Un’altra parte, invece, è finalizzata al risanamento, che
viene perseguito cercando di agevolare soluzioni concordate della crisi.
42
Al quale si aggiunge il richiamo agli atti compiuti tra coniugi ai sensi dell’art. 69 secondo cui “Gli
atti previsti dall'articolo 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava un'impresa
commerciale e quelli a titolo gratuito compiuti tra coniugi più di due anni prima della dichiarazione
di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito esercitava un'impresa commerciale, sono revocati se il
coniuge non prova che ignorava lo stato d'insolvenza del coniuge fallito.
43
Si possono ricondurre a tale categoria le esenzioni di all’art. 67, comma terzo, lett a), b), c),f) le
quali prevedono la non soggezione all’azione revocatoria: - dei pagamenti di beni e servizi effettuati
nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso; - delle rimesse effettuate su un conto corrente
bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del
fallito nei confronti della banca; - le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo
2645 bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta
disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a
costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero
immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa
dell'acquirente, purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente
esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio ; i pagamenti dei corrispettivi per
prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito.
32
Il legislatore ha perseguito tale obbiettivo mediante l’introduzione di una serie di
esenzioni che assicurano la stabilità agli atti compiuti in vista, in corso o in attuazione
di soluzioni negoziali della crisi, nelle varie forme previste dall’ordinamento, e che
consentono la soddisfazione dei crediti a quei soggetti che continuano a sostenere
l’impresa durante il corso della procedura
44
.
Per quanto riguarda però la dimidiazione del periodo sospetto, tale circostanza,
realizzata sicuramente nell’intento di garantire un più rapido consolidamento degli
atti posti in essere nell’esercizio dell’impresa, ha avuto tuttavia l’effetto di
disincentivare l’utilizzo della revocatoria fallimentare promuovendo l’impiego
dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 cc. quale strumento di ricostituzione del
patrimonio del debitore
45
.
Alla luce delle conclusioni riportate, è dalla data di pubblicazione nel registro delle
imprese della domanda di concordato che vengono retrodatati i termini in questione,
così che il principio della consecuzione delle procedure concorsuali, attraverso la
retrodatazione del periodo sospetto a partire dalla prima procedura, possa ampliare lo
spazio d’operatività della revocatoria.
Come si vedrà più approfonditamente in seguito, va segnalato, inoltre, come la
soluzione ora esposta sia stata riconosciuta anche in presenza di un fallimento
dichiarato successivamente alla presentazione di un concordato “con riserva” ai sensi
dell’art. 161 c. 6 l. fall., non ammesso con decreto ex art. 163 l. fall. o nell’ipotesi di
deposito di una domanda di concordato in bianco e, non rispettato il termine per il
44
Le esenzioni che favoriscono le soluzioni concordate della crisi, e con esse, la conservazione
dell’attività d’impresa, sono disciplinate nell’art. 67, comma terzo, lett. d), e), g): - gli atti, i
pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano
che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare
il riequilibrio della sua situazione finanziaria e inoltre che un professionista indipendente nominato
dal debitore accerti la fattibilità del piano e la veridicità dei dati ; - gli atti, i pagamenti e le garanzie
posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, nonché
dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182 bis, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie
legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'articolo 161 ; - i pagamenti di debiti
liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso
alle procedure concorsuali di concordato preventivo.
45
Si osserva come secondo una ricerca dell’Assonime, pubblicata nel settembre 2007, le azioni
revocatorie fallimentari sarebbero drasticamente diminuite nella quasi totalità dei diciannove
tribunali che hanno risposto al questionario, con un sostanziale azzeramento registrato nei Tribunali
di Bari (-100%), Milano (- 99%), Roma (-90%), Firenze e Prato (-80%) in www.assonime.it.
33
deposito della documentazione necessaria entro il termine previsto dall’art. 161 c. 6
l. fall., presentazione di un’altra domanda di concordato piena seguita da fallimento.
Diversamente, però, sebbene il nuovo Codice della Crisi non abbia previsto
modifiche di rilevante importanza per quanto riguarda la disciplina delle revocatorie,
confermando che l'individuazione della data da cui calcolare a ritroso il cosiddetto
periodo sospetto viene individuata sempre nel deposito della domanda cui è seguita
l'apertura della liquidazione giudiziale, al fine di evitare che il tempo decorrente tra
il deposito e l’apertura non vada in danno dei creditori rendendo irrevocabili gli atti
maggiormente risalenti, richiede espressamente che le procedure siano aperte con
decreto ai fini della consecuzione e, pertanto, sembra escludersi tale interpretazione
estensiva appena riportata.
Per di più, gli effetti della consecuzione in merito al computo del periodo sospetto
legale ai fini della revocatoria sono stati riconosciuti anche nel caso di consecuzione
in presenza di un accordo di ristrutturazione, anche se manca un decreto che attesti
l'apertura della procedura.
Si noti, però, come la ratio dell'azione revocatoria fallimentare consiste nell'eliminare
gli effetti degli atti di disposizione che, poiché compiuti da un imprenditore già in
stato di insolvenza, risultano essere lesivi per i creditori. Dunque, la revocatoria
fallimentare presuppone ontologicamente l'insolvenza ma, diversamente, come detto,
il concordato preventivo presenta quale presupposto lo stato di crisi e, di
conseguenza, l'intervento del legislatore è stato fondamentale nello stabilire ex lege
la consecuzione.
E tale soluzione non è rimasta esente da critiche
46
, principalmente in quanto,
riferendosi alla sola pubblicazione della domanda, vengono retrodatati i termini della
revocatoria fallimentare ad un momento in cui manca persino un decreto che abbia
aperto la procedura.
46
G. M. Maddalena, Consecuzione di procedure e azione revocatoria in Gius. Civ. 2012 n. 7, p.
1850; anche E. Staunovo Polacco, Sulla insostenibilità della consecutio tra concordato preventivo
non ammesso ed il fallimento dichiarato senza soluzione di continuità in Fall. 2016 n. 12, p. 1352.
34
1.2.3 La prededuzione dei crediti sorti nel corso della procedura minore
Tra gli effetti più rilevanti riconosciuti nell’ambito di una consecuzione tra procedure
concorsuali vi è sicuramente quello della prededuzione dei crediti sorti “in occasione
o in funzione” delle procedure concorsuali, per il quale è espressamente prevista,
dopo la modifica attuata con il d.lgs. 169/2007, una presa d’atto de iure condito della
consecuzione in virtù del richiamo effettuato dall’art. 111 c. 2 l. fall. alle <<procedure
concorsuali di cui alla presente legge>>.
Innanzitutto, l’art. 111 l. fall. stabilisce che le somme ricavate dalla liquidazione
dell’attivo sono erogate primariamente per il soddisfacimento dei crediti
prededucibili. È, dunque, possibile richiamare una definizione di autorevole dottrina,
secondo cui la prededuzione è <<quella caratteristica di natura procedurale che
comporta che un determinato credito sia sottratto dalla massa dei crediti partecipanti
al concorso fallimentare e che viene liquidato integralmente e in via anticipata,
sempre che l’attivo sia sufficiente>>
47
.
Il secondo comma dell’art. 111 l. fall., invece, dispone che <<sono considerati crediti
prededucibili quelli così qualificati dalla legge e quelli sorti in occasione o in
funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare>> e inoltre viene
specificato come <<tali crediti sono soddisfatti con precedenza>> nella ripartizione
dell’attivo.
Prima della modifica di tale articolo
48
, si faticava ad accogliere nel nostro sistema un
istituto che consentisse tali effetti.
49
47
G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, 2011, p. 387.
48
Modificato con d.lgs. 169/2007 che ha introdotto il comma 2.
49
Il testo originario del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella sua prima formulazione, prevedeva che
l’attivo fallimentare dovesse essere innanzitutto destinato alle spese e ai debiti contratti dal curatore
per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa se autorizzato
con decreto dal giudice delegato. Non vi erano dubbi sul fatto che tale disposizione fosse applicabile
esclusivamente ai crediti sorti per l’amministrazione della procedura fallimentare e che non potessero
includersi tra questi quelli sorti precedentemente alla dichiarazione di fallimento.
Una parte della giurisprudenza riteneva i crediti sorti in pendenza di concordato non prededucibili,
in quanto estranei al concordato medesimo (Cass. 14 luglio 1997, n. 6352 in Italgiure.it.); una tesi
opposta minoritaria, invece, attribuiva a tali crediti la natura prededucibile nel fallimento susseguente
(Cass. 2 maggio 1994, n. 4253).