e che avesse anche una sua coerenza interna. Ho creduto, infatti,
che fosse molto importante impostare il lavoro su solide e
ragionate basi teoriche, in modo che la presentazione degli
argomenti mantenesse una sua unitarietà logica lungo tutto il
corso del lavoro.
Il primo capitolo è proprio dedicato al concetto di
conoscenza, si cercherà di spiegare cos'è, offrendone la
definizione che a mio avviso più concilia l'aspetto teorico e
quello più legato all'azione. Soprattutto si darà un'interpretazione
che consenta di comprendere cosa si sta trattando. Insisto molto
con l'importanza di un'interpretazione non ambigua della teoria,
perché quelli considerati sono concetti davvero molto complessi,
e quando poi sono applicati in un ambito più strettamente
economico il rischio è che siano svuotati del significato e del
valore originari, se non si ha appunto una valida teoria su cui
contare. Il capitolo comincia con una breve dissertazione
sull'importanza e sulla significatività che la conoscenza ha oramai
assunto per ogni organizzazione economica, elencando le varie
motivazioni che così tanto hanno promosso la riscoperta di questo
argomento. Quindi, dopo aver fatto una distinzione tra dati,
informazioni e conoscenza, si proseguirà con la presentazione del
concetto di conoscenza, e dei suoi due elementi chiave: sistema
dei valori ed esperienza. Sempre con l'intento di presentare una
parte teorica esaustiva, sono brevemente presentati sia il filone
teorico chiamato "constructionist perspective" sia una tassonomia
di alcune possibili categorie della conoscenza.
Dopo questo primo capitolo, che è una sorta d'introduzione
sul concetto di conoscenza, ho voluto illustrare i due principali
processi che le sono legati: il processo di creazione e quello della
sua codificazione. Proprio della codificazione, ma non solo, si
occupa il secondo capitolo, dove l'illustrazione di questo processo
è stata accompagnata a quella della rilevazione e della
rappresentazione della conoscenza, due operazioni molto frequenti
ed importanti all'interno delle grandi organizzazioni. La parte
iniziale di questo capitolo è stata però dedicata alla distinzione
basilare tra conoscenza tacita e conoscenza esplicita, che è
fondamentale per comprendere appieno questo concetto e tutto
quanto gli è connesso.
Per quanto riguarda invece la parte della tesi dedicata al
processo di creazione della conoscenza, si prenderà in esame il
rinomato modello S.E.C.I. sviluppato da Nonaka e Takeuchi, che
spiega come nasce e si sviluppa questo processo, considerando le
sue dimensioni epistemologiche, ontologiche, le condizioni che lo
ostacolano e quelle che al contrario lo favoriscono.
Si cercherà quindi di evidenziare come un processo di
creazione della conoscenza e il suo successivo sviluppo possano
essere fortemente influenzati dal contesto all'interno del quale si
opera, dimostrando la grande importanza che questo tema, e in
particolare l'aspetto culturale, hanno ormai assunto, non solo per
consentire un'analisi approfondita di queste tematiche, ma anche e
soprattutto nella pratica quotidiana. Si accenneranno brevemente
anche quelle che ho individuato essere le principali modalità di
acquisizione della conoscenza per un'organizzazione
(acquisizione, consulenza…).
Dopo questi capitoli teorici, prettamente focalizzati sul
concetto di conoscenza, si farà una breve presentazione del
Knowledge Management, dandone una definizione chiara,
sintetica, e soprattutto coerente con quanto scritto fin lì riguardo
alla conoscenza. Se ne illustreranno poi alcuni dei suoi principali
aspetti, con particolari riferimenti alle possibili implementazioni
dei sistemi di Knowledge Management e alla tecnologia. In ogni
caso il tentativo in questa parte è di focalizzare bene l'attenzione
sugli elementi e sulle implicazioni fondamentali del Knowledge
Management per un'organizzazione.
Dopodiché, comincia la parte pratica del lavoro, che si basa
sull'analisi dei responsi ottenuti da un questionario che ho diffuso
all'interno di alcune grandi società internazionali di consulenza di
servizi professionali alle imprese. In un breve capitolo, ho quindi
illustrato le motivazioni che mi hanno spinto a scegliere il
questionario come strumento operativo di analisi (accompagnato
anche da alcuni colloqui che ho avuto con alcuni rappresentanti di
queste imprese), e le ipotesi su cui ho poi costruito le domande.
Saranno infine proposti un'analisi delle risposte pervenute, e poi
un ulteriore approfondimento di queste sulla base di un
particolare parametro: ovverosia i mesi trascorsi all'interno
dell'attuale società delle persone che hanno risposto al
questionario, per verificare se potessero sorgere differenze di
opinioni rilevanti rispetto alle persone con una minore
permanenza all'interno dell'impresa.
In ultimo, si faranno le considerazioni finali, in cui tenterò
di sintetizzare il più coerentemente possibile, i passi fondamentali
della parte teorica con i risultati cui sono pervenuto nella parte
pratica mettendo in evidenza gli elementi a mio avviso più
significativi.
1
Capitolo 1
LA CONOSCENZA
1. IMPORTANZA DELLA CONOSCENZA
Seppur implicitamente, la conoscenza è stata utilizzata come
fattore produttivo da sempre. Senza andare tanto indietro con i
secoli, è sufficiente pensare alle corporazioni di artigiani durante
il Medioevo. Chiaramente vi sono stati periodi storici in cui la
conoscenza, anche se sarebbe più corretto dire la creazione di
nuove conoscenze, ha influenzato, in campo economico ma non
solo, la dinamica produttiva in modo più decisivo e determinante,
facendo compiere aumenti di produttività (anche se magari non
sempre immediati) rilevanti rispetto al passato. Tra gli autori, non
vi è una concordanza di opinioni su quale sia o addirittura se esista
un punto di svolta principale, cioè quel momento storico a partire
dal quale, l'uso e l'applicazione continua della conoscenza hanno
fatto compiere un aumento notevole, in qualità e quantità,
all'efficacia economica, raggiungendo livelli fino allora neanche
immaginati e permettendo così di considerare il sapere come un
elemento oramai totalmente integrato, anche se magari solo
implicitamente, nella dinamica produttiva. In ogni modo,
accettando le tesi degli storici Alfred Chandler e James Beniger, si
può individuare questo passaggio in quella fase della Rivoluzione
Industriale successiva al 1870. Dopo questo periodo di grandi
cambiamenti (basti pensare alla ferrovia o all'elettricità,
all'emergere di nuovi sistemi organizzativi di grandi dimensioni od
2
alle più facili condizioni spazio-temporali per le comunicazioni),
infatti, si può identificare l'inizio di due processi di lungo periodo
che hanno incrementato in modo significativo l'efficacia della
conoscenza, soprattutto quando pensiamo all'uso che se ne fa in
campo economico.
Il primo è la graduale divisione e specializzazione di ambiti
cognitivi prima indistinti, cosa che ha poi permesso ad ognuno di
questi nuovi domini cognitivi, una volta diventati indipendenti, di
organizzarsi, perfezionarsi e svilupparsi sempre più, migliorando
così la produzione, la creazione e lo sviluppo delle conoscenze di
loro competenza.
Il secondo processo scaturito dopo il 1870, è stata la sempre
più facile circolazione delle conoscenze in generale ed all'interno
dei mercati in particolare, derivante sia dalla diminuzione delle
barriere spazio-temporali, facendo quindi in modo che i disturbi
nella circolazione stessa fossero minori e l'accesso alle
informazioni più semplice, sia da una maggiore e più scientifica
organizzazione delle nuove e distinte branche di ricerca ed
applicazione sviluppatesi. Il risultato che si ottenne fu quello di
avere una sorta di effetto amplificatore che permise un continuo
rinnovo e miglioramento delle conoscenze, permettendo di ottenere
risultati sempre migliori, soprattutto dal punto di vista
dell'efficienza (vd. fordismo).
Oggi, sono molteplici i fattori che hanno creato
quest'attenzione nei confronti della conoscenza. Il fatto che
quest'interesse sia aumentato tanto velocemente e sia diventato
quasi spasmodico, è stato causato dalla convergenza temporale
delle sue stesse cause, che sono:
3
™ La sempre maggiore rapidità ed influenza dei
cambiamenti, che obbliga le organizzazioni, affinché
possano proseguire con successo nelle loro attività, ad un
apprendimento e ad un'innovazione continua,
coerentemente con le proprie possibilità, per non
rimanere escluse dal mercato;
™ La tendenza allo snellimento delle strutture
organizzative, che ha fatto scoprire alle organizzazioni
quanto stessero perdendo in termini di conoscenza, ma
non solo, per non avere fatto proprie, interiorizzate, le
competenze individuali dei suoi singoli elementi;
™ Gli effetti scatenati dalla globalizzazione, in particolare
la dispersione geografica che ha spinto, ed obbligato, ad
acquisire conoscenza totalmente nuova su ambienti
sconosciuti dal punto di vista culturale ed economico,
per continuare a essere competitivi sui singoli mercati e
per mantenere od incrementare le economie di scala a
livello globale;
™ L'affermarsi di nuove strutture organizzative, come per
esempio le reti d'impresa, ha reso evidente ed esplicito il
problema della conoscenza in una misura considerevole e
finora sconosciuta;
™ La crescita di beni e servizi ad alta intensità di
conoscenza;
4
™ La rivoluzione nell'information technology e nelle nuove
tecnologie in generale;
™ Le aspettative sempre crescenti di tutti gli stakeholders
di un'organizzazione;
Probabilmente, la fonte più intensa ed immediata di
quest'interesse nei confronti della conoscenza, è stata, sotto vari
aspetti, lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate. Infatti, se è
vero che oggi abbiamo prodotti e servizi ad intensità di conoscenza
sempre più elevata, è anche vero che tutto ciò è permesso
soprattutto grazie all'applicazione continua di conoscenza in nuove
soluzioni tecnologiche, che a loro volta, oltre a permettere un
rinnovamento ed un ampliamento delle caratteristiche dei prodotti,
hanno anche consentito una riduzione notevole (impensabile fino a
pochi decenni fa) dei costi di produzione. La scoperta di tecnologie
sempre più avanzate, oltre a tutto ciò, ha portato ad uno sviluppo
rapidissimo, innovatore e importante, nel campo dell'information
technology, con la conseguenza che molti pensieri, abitudini e
pratiche lavorative del passato sono stati totalmente trasformati e
ripensati. Si sono inoltre permesse due cose. Si è dato avvio ad una
riduzione significativa dei costi di trasmissione delle informazioni,
ma anche di alcune, poche, conoscenze. Dico poche conoscenze,
perché come vedremo più avanti, la trasmissione di specifiche
competenze, non può dipendere esclusivamente dalla tecnologia,
ma deve basarsi soprattutto sulla collaborazione tra persone, che
sono influenzate dal loro sistema di principi e dall'ambiente in cui
interagiscono con altri e dove applicano le loro conoscenze. In più
è stato possibile il collegamento in rete tra i dipendenti
appartenenti ad una stessa organizzazione, anche se
5
geograficamente dispersi, e tra l'organizzazione stessa ed i suoi
fornitori, partner e clienti.
Laurence Prusack scrive che circa mezzo secolo fa gli Stati
Uniti producevano quasi il 53% del "prodotto interno lordo"
mondiale. Oggi questa percentuale è ridotta al 18%.
1
Questa
percentuale, pur essendo un indicatore molto sintetico, credo sia
molto eloquente per mostrare, benché il mercato sia molto più
vasto e ricco di 50 anni fa, quanto la concorrenza è aumentata e si
è fatta sempre più serrata. Parlando di concorrenza, oramai non si
fa più riferimento solo a quella tra imprese, ma anche a quella tra
singoli Stati e tra singole regioni.
Ecco allora che in un mondo nel quale i vantaggi di nuove
produzioni e derivanti dall'efficienza sono sempre più difficili da
sostenere, in cui si deve continuamente tentare di anticipare i
cambiamenti, e dove il ciclo di vita dei singoli prodotti è sempre
più breve, la conoscenza può davvero dare un vantaggio
competitivo sostenibile, perché può generare rendimenti crescenti e
nuove fonti di vantaggio. Perché? Perché il potenziale per la
creazione di nuove idee iniziando da uno stock di conoscenza
controllato da un'organizzazione è praticamente illimitato. Drucker
sostiene che "le attività centrali nella creazione di ricchezza non
saranno né l'allocazione di capitali in impieghi produttivi né il
lavoro…il valore oggi è creato dalla produttività e
dall'innovazione, che sono tutte e due applicazioni della
conoscenza al lavoro."
2
Paul Romer, analogamente, afferma che:
1
Thomas H. Davenport - Laurence Prusack, "Il sapere al lavoro", ETAS, 2000, 16
2
Peter F. Drucker, "Post-Capitalist Society" New York: Harper Business, 1993,
193
6
"In un mondo che presenta limiti fisici, sono le scoperte di
alcune grandi idee (per esempio, come costruire superconduttori
ad alta temperatura) e di numerose piccole idee (per esempio,
nuovi processi di cucitura) che sostengono la continuità della
crescita economica. Le idee sono le istruzioni che ci permettono di
combinare le limitate risorse materiali in soluzioni che ne
accrescono ulteriormente il valore."
3
E, potenzialmente, le combinazioni di idee sono infinite.
Oggi, il solo vantaggio competitivo sostenibile su cui un'azienda
può davvero fare leva, discende da ciò che un'organizzazione
conosce collettivamente, da quanto efficacemente è usato quello
che sa e da quanto rapidamente è acquisita ed impiegata la sua
nuova conoscenza. La conoscenza ha ormai raggiunto
un'importanza strategica per qualsiasi organizzazione, in qualunque
campo operi, sia essa pubblica o privata.
Ma cos'è la conoscenza?
Nella mia personale interpretazione del termine, identifico la
conoscenza con la capacità e l'abilità di fare qualcosa. Credo che
includere il concetto di "azione" nell'interpretazione della
conoscenza ponga l'attenzione su come questa è usata per produrre
azioni e comportamenti, effetti concreti insomma. Tom Stewart,
Senior Editor di "Fortune", per spiegare quanto oggi sia importante
la conoscenza da un punto di vista tangibile, ha detto: "It used to
be that knowledge helped us to do things more efficiently. What we
3
Paul M. Romer, "Two Strategies For Economic Development: Using Ideas and
Producing Ideas", Proceedings of the World Bank Annual Conference on
Development Economics, 1993, 64
7
are increasingly doing now is buying and selling knowledge. There
is a ratio of knowledge to physical stuff. For example, an ear of
corn is 75% knowledge, and petroleum is 50% knowledge. In the
old world we bought and sold congealed resources. In today's
economy we buy and sell congealed knowledge." Oramai la
conoscenza è diventata, direttamente od indirettamente, la materia
prima fondamentale di qualsiasi processo produttivo e la "linfa
vitale" di ogni organizzazione.
Chiaramente vi sono svariate definizioni ed interpretazioni
del termine "conoscenza". Qui non si pretende certo di dare una
spiegazione esaustiva e definitiva di cosa significhi conoscenza, o
di sostituirsi agli esperti di epistemologia
4
(cosa che esulerebbe dal
campo d'indagine proposto). Semplicemente, si tenta di dare
un'ampia visione d'insieme di questo concetto in modo che si abbia
un solido quadro di riferimento nella comprensione del Knowledge
Management, che evidentemente poggia sull'interpretazione che si
dà al termine conoscenza. Il modo in cui s'interpreta questo
concetto si ripercuote, difatti, con effetti tangibili, sui progetti
concreti avviati all'interno delle organizzazioni, e poi, a catena, sui
risultati da questi prodotti.
Ho fatto mia, tra le tante, la definizione di Davenport e
Prusack,
5
perché esplicitamente operativa e pragmatica. Inoltre,
prima di giungere a questa definizione, gli autori fanno una
4
L'epistemologia è lo studio della conoscenza, del sapere in genere e delle
condizioni sotto cui nasce e si sviluppa.
5
Thomas H. Davenport oggi, oltre ad essere professore di Management
Information Systems al "Babson College", dirige le attività di ricerca di
Accenture all'"Institute for Strategic Change", in precedenza ha diretto quelle di
Ernst&Young, McKinsey e CSC Index.
Larry Prusack è invece il direttore dell'IBM Consulting Group e responsabile a
livello mondiale del Knowledge Management di IBM.
8
distinzione, a mio avviso fondamentale, tra dati, informazioni e
conoscenza. Probabilmente ai più sembrerà una distinzione banale
o scontata, ma io credo invece che, capire le differenze e i nessi tra
questi termini, sia fondamentale per far sì che si riesca davvero a
ricavare valore dalla conoscenza di un'organizzazione. Questi
termini non sono concetti sostituibili, ed è importante sottolinearlo
per diverse ragioni, dal momento che troppo spesso si vede
confondere, volutamente o no, la conoscenza con le informazioni o
ancor peggio con i dati. Per esempio, avviare un'iniziativa di
Knowledge Management che poi abbia buone probabilità di
successo, implica che, al principio di tutto, si abbia una chiara idea
di come e cosa si voglia acquisire, immagazzinare, gestire e
distribuire in termini di dati, informazioni e conoscenza. Questa è
un'operazione fondamentale se si vuole poi applicare gli strumenti
idonei e coerenti al tipo di situazione in esame, così da avere
maggiori possibilità di ottenere, nel tempo, risultati apprezzabili.
Non avrebbe senso, e sarebbe oltremodo improduttivo ed allo
stesso tempo dispendioso, avviare un'iniziativa il cui iniziale focus
teorico fosse la conoscenza e poi scoprire che si è agito e fatto
leva solo sulle informazioni o sui dati. Inoltre, ho avuto modo di
riscontrare (basta una semplice e rapida ricerca in internet) che
buona parte di quelle società che sostengono di commercializzare
soluzioni di Knowledge Management, sta, a mio giudizio,
vendendo normalissime soluzioni di "Information Technology", che
è altra cosa. Perché? Proprio perché, e questo penso lo si possa
chiaramente evincere dalle presentazioni dei prodotti, si
confondono, inconsciamente o no, o addirittura si scambiano, i
significati di dati, informazioni e conoscenza. Di conseguenza, è
9
chiaro come comprendere appieno la distinzione tra questi tre
concetti, sia un'operazione fondamentale per tentare di ottenere
risultati da un'iniziativa di Knowledge Management realmente
focalizzata sulla conoscenza e non sui dati o sulle informazioni.
Con questa frase non si vuole affermare che non è possibile
ricavare valore da operazioni di gestione o trattamento di dati od
informazioni, semplicemente ritengo che queste gestioni non
saranno in grado di produrre un vantaggio competitivo sostenibile
nel tempo e quindi che senza essere parte di un progetto di più
ampio respiro, a lungo andare, siano semplicemente fini a se
stesse.
10
2. DATI
I dati sono definibili come "un insieme di fatti distinti ed
oggettivi riferiti ad un evento o situazione",
6
senza però fornirne
alcuna interpretazione; di conseguenza non segnalano quali
percorsi decisionali si debba seguire una volta in loro possesso
perché, e questa é la loro caratteristica fondamentale, i dati non
possiedono un significato proprio. Essenzialmente, possono essere
descritti come le registrazioni strutturate delle transazioni che sono
eseguite internamente ed esternamente ad un determinato sistema.
7
La loro importanza per le organizzazioni è elevata dato che sono la
materia prima principale per la creazione delle informazioni, e,
conseguentemente, in parte anche della conoscenza.
Proprio per questo, la loro gestione, così come quella dei loro
flussi, all'interno delle organizzazioni è fondamentale affinché non
vengano distorti i successivi processi, cioè quello cognitivo e
quello decisionale.
La gestione quantitativa dei dati da parte delle imprese fa
riferimento ai parametri di:
™ Costo: quanto costa rintracciare o conseguire un dato?
™ Velocità: quanto è rapido accedere al dato?
™ Capacità: qual è la capacità del sistema?
Al contrario, la gestione qualitativa dei dati si rifà alle
caratteristiche di:
™ Durata: abbiamo accesso ai dati nel momento corretto?
™ Rilevanza: sono i dati necessari per i nostri fini?
6
Thomas H. Davenport - Laurence Prusack, "Il sapere al lavoro", ETAS, 2000, 2
7
Thomas H. Davenport - Laurence Prusack, "Il sapere al lavoro", ETAS, 2000, 4
11
™ Chiarezza: sono facilmente spiegabili?
Comprensibilmente, non esiste una politica di gestione dei
dati identica od ottimale per ogni impresa od ente. Aziende diverse
(per dimensioni, per area di business…) avranno differenti
esigenze di disponibilità dei dati e, conseguentemente, metteranno
in pratica diverse politiche e strumenti per gestirne, efficacemente
ed efficientemente, i flussi. Le diversità riscontrabili in questo
campo, derivano più che altro dalla criticità che la gestione dei
dati assume per la struttura organizzativa nel suo complesso.