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CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
LA SCOPERTA DEL DNA
La genetica classica nasce nella seconda metà dell’800 con gli studi compiuti su piante
di pisello da un monaco del monastero di Brno, in Moravia: Gregor Mendel[1] noto
anche come "il padre della genetica". I suoi esperimenti di selezione artificiale su
piante di pisello lo portarono a formulare le "leggi dell'ereditarietà", un modello
intuitivo che ha permesso di comprendere tutti i processi che per molto tempo erano
stati usati dagli agricoltori e dagli allevatori per la selezione artificiale di piante ed
animali.
Fin dall'inizio dei suoi studi Mendel si era posto un preciso obbiettivo cioè di dare una
risposta alla seguente domanda: "in che modo i caratteri si trasmettono dai genitori ai
figli?". I suoi esperimenti si basavano sulla seguente ipotesi: ciascun carattere fenotipico
è determinato da due "fattori" (alleli), ciascuno proveniente da uno dei due genitori.
Mendel utilizzava ceppi puri, cioè piante che autofecondandosi mantenevano lo stesso
carattere per molte generazioni; inoltre all'inizio prese in considerazione piante che
differivano tra loro per un solo carattere, quali ad esempio il colore del seme (giallo in
una, verde nell'altra). A questo punto procedeva all'incrocio vero e proprio, ovvero alla
impollinazione incrociata, e notò che tutti i discendenti della prima generazione (F1)
presentavano semi gialli, il carattere verde sembrava scomparso. Egli dedusse che il
giallo doveva essere dominante rispetto al verde, considerato recessivo.
Incrociando successivamente tra loro le piante della generazione (F1) Mendel ottenne la
seconda generazione filiale (F2), costituita per 3/4 da piante che continuavano a
presentare il carattere di F1 e per 1/4 dal carattere presente nella generazione delle linee
pure P apparentemente scomparso nella F1. Mendel eseguì anche incroci di ibridi (cioè
considerò due caratteri contemporaneamente, ottenendo dei risultati analoghi.
Al termine degli esperimenti arrivò alle seguenti conclusioni:
1. I caratteri non si mescolano negli ibridi ma mantengono la propria identità.
2. Ogni carattere è controllato da una coppia di “fattori” ereditari, che vegono
trasmessi uno da ciascun genitore, ai figli attraverso i gameti.
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Oggi si sa che questi fattori sono i GENI, che sono presenti nel cromosoma in una delle
due forme alternative, dette ALLELI, delle quali una (allele dominante) prevale
sull’altra (allele recessivo), mascherandone la presenza nella F1.
Mendel aveva fatto luce sui meccanismi che regolano la trasmissione dei carateri
ereditari. Il passo successivo era quello di analizzare la struttura dei geni e DNA.
il DNA fu inizialmente isolato dal biochimico svizzero Friedrich Miescher che, nel
1869, presso i laboratori di Felix Hoppe-Seyler a Tubinga individuò la presenza di vari
composti chimici ricchi in fosfato all'interno dei nuclei dei leucociti, contenuti nel pus
di bende chirurgiche utilizzate. Dal momento che tale molecola aveva la sua
localizzazione nel nucleo, la chiamò nucleina.[2]
Egli aprì la strada all'identificazione del DNA come molecola responsabile della
conservazione e della trasmissione dei caratteri ereditari. La significatività di tale
scoperta, pubblicata nel 1871, non fu immediatamente chiara e solo alla fine degli anni
ottanta il biologo Albrecht Kossel proseguì lo studio su questi composti, investigandone
più nel dettaglio le strutture chimiche.
Nel 1919 Phoebus Levene individuò la struttura del nucleotide, composta da base
azotata, zucchero e fosfato. Levene identificò i componenti del DNA (scoprì il ribosio
nel 1909 ed il deossiribosio nel 1929), e formulò alcune ipotesi sulla struttura del DNA
che si rivelarono corrette. Egli mise in luce la disposizione dei componenti secondo la
sequenza ripetuta fosfato-zucchero-base, unità che chiamò per la prima volta
nucleotide, ed ipotizzò che le molecole di DNA non fossero altro che filamenti
composti da nucleotidi collegati tra loro attraverso i gruppi fosfato, considerati lo
scheletro del DNA stesso. Le sue idee complessive sulla struttura del DNA non si
rivelarono tuttavia corrette: egli infatti riteneva anche che ci fossero solo quattro
nucleotidi per molecola e, per tale motivo, escluse che il DNA potesse essere il vettore
dell'informazione genetica, perché la riteneva una molecola troppo semplice per tale
scopo. In ogni caso, il lavoro di Levene fu fondamentale per delineare la vera struttura
del DNA.
Nel 1928 Griffith, attraverso quello che oggi è noto come “esperimento di Griffith”,
propose la presenza di un principio trasformante[3] alla base della trasformazione
batterica, e tale esperimento aprì la strada alla scoperta del DNA come molecola
contenente l'informazione genetica. Griffith stava lavorando alla messa a punto di un
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vaccino contro le frequenti epidemie di polmonite esplose in Gran Bretagna al termine
della Prima Guerra Mondiale. Egli stava utilizzando due linee del batterio Streptococcus
pneumoniae: una, definita rugosa (R), che non era in grado di indurre la malattia; l'altra,
liscia (S), dotata di capsula polisaccaridica, induceva la patologia. Tuttavia queste
cellule se inattivate ad alte temperature, non erano in grado di indurre patologia in
seguito ad iniezione in topi; la patologia insorgeva invece in seguito all'iniezione di una
miscela in cui erano presenti batteri vivi R e batteri morti S (uccisi da trattamento
termico). Iniettò questa miscela in un topo e quello che ci si aspettava era la NON
comparsa di malattia nell'animale (dal momento che non sarebbero dovute sussistere le
condizioni appena citate) ma in realtà il topo si ammalò e morì, e nei suoi tessuti si
riscontrarono batteri S. Griffith isolò i batteri dal sangue dell'animale e scoprì che gli R
avevano acquisito la capsula ed erano in grado di mantenerla lungo le generazioni.
Griffith ipotizzò dunque la presenza di qualche principio trasformante in grado di
trasferirsi dalla linea S inattivata a quella R. Questo sistema, pur non fornendo nessuna
evidenza su quale fosse la sostanza che determinava il cambiamento, mostrava
comunque che qualcosa potesse trasportare l'informazione genetica dai resti dei batteri
morti a quelli vivi. Si parlò quindi di un principio trasformante in grado di modificare i
batteri vivi. Solo alcuni anni più tardi fu chiaro che quel principio fosse il DNA. Griffith
morì durante un raid aereo su Londra, mentre era al lavoro con il collega e amico
William Scott. Morì stringendo in mano un foglio contenente formule che sembravano
riferirsi ad una imminente scoperta rivoluzionaria. In ogni caso, i suoi appunti si
rivelarono troppo scarni per essere interpretati. Quegli appunti sono tuttora conservati,
in modo che qualcuno sia in grado di interpretarli e completare il lavoro di Griffith.
Nel 1951 Rosalind Franklin, lavorando con il suo studente Raymond Gosling, iniziò ad
applicare le sue competenze a proposito delle tecniche di diffrazione a raggi x per la
struttura del DNA. Scoprirono che vi sono due forme di DNA: quando è bagnato il
DNA assume l’aspetto di una fibra lunga e sottile, quando è asciutto, diventa corto e
grosso. Le foto scattate da Franklin con la diffrazione a raggi x furono definite da John
Desmond Bernal "tra le più belle fotografie a raggi x di qualsiasi sostanza mai
scattate". Nel 1953 James Watson e Francis Crick presentarono sulla rivista Nature[4]
(una delle più antiche ed importanti riviste scientifiche esistenti, forse in assoluto quella
considerata di maggior prestigio nell'ambito della comunità scientifica internazionale
insieme a Science), quello che oggi è accertato come il primo modello accurato della
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struttura del DNA: struttura a doppia elica. A disegnarne il bozzetto fu Odile Speed,
pittrice e moglie di Crick. Nel 1962, dopo la morte di Rosalind Franklin[5] (a causa di un
tumore provocato, probabilmente, dalle alte dosi di raggi X a cui si era esposta nel corso
dei suoi esperimenti), Watson, Crick e Wilkins ricevettero congiuntamente il Premio
Nobel per la medicina. In una importante presentazione del 1957, Crick propose il
cosiddetto dogma centrale della biologia molecolare, che è il principio secondo il quale
il flusso dell'informazione genetica è monodirezionale e parte dagli acidi nucleici per
arrivare alle proteine. In questo processo sono identificabili tre punti:
ξ l'informazione genetica è conservata nel DNA, che viene trascritto sotto forma
di RNA, il quale viene successivamente tradotto a proteine.
ξ La forma "operativa" dell'informazione contenuta nel genoma. Questo
costituisce il meccanismo di base dell'espressione dei geni.
ξ La direzione fondamentale del flusso di informazione genetica.
Si ricordano inoltre altre date importanti:[6]
- Nel 1972 viene ottenuta la prima ricombinazione da Berg, Jackson e Symons.
Ciò viene ritenuto come l'atto di fondazione dell'ingegneria genetica. Essi
ottengono in vitro una molecola ibrida: Una volta individuato il metodo per
creare un DNA ricombinante.
- Nel 1973 Cohen, Boyer, Helling e Clang costituiscono in vitro un plasmide
ricombinante che, reinserito nel batterio, si dimostra biologicamente funzionante
sia che vengano inseriti geni della stessa specie, sia di specie diversa e superiore,
come ad esempio i geni umani.
- Nel 1977 è nata Louise Brown, la prima “figlia della provetta”.
- Nel 1978 viene clonato il gene umano dell’insulina.
- Nel 1985 viene messa a punto la tecnica della PCR.
- Nel 1987 viene prodotto il primo pomodoro geneticamente modificato,
resistente ai parassiti.
- Nel 1996 con la clonazione della pecora Dolly, veniva aperta la strada ad una
possibile clonazione umana, al centro di violente polemiche.
- Nel 2002 la Gran Bretagna legalizza la clonazione terapeutica, ovvero la
creazione di un embrione in vitro, mediante clonazione, per studiare le malattie
umane, e sviluppare nuove terapie.
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1.1 STRUTTURA DEL DNA
L'acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (DNA) è un acido nucleico che
contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine,
molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte
degli organismi viventi. Gli acidi nucleici,[7] sono acidi presenti nel nucleo della cellula,
deputati alla conservazione e trasmissione dell'informazione biologica nei viventi. Negli
organismi viventi si trovano due tipi di acidi nucleici:
ξ DNA (acido desossiribonucleico)
ξ RNA (acido ribonucleico)
Il DNA è il depositario dell'informazione genetica che viene trascritta (cioè copiata) in
molecole di RNA. L'RNA contiene il codice per sintetizzare specifiche proteine.
Dal punto di vista chimico, il DNA è un polimero organico costituito da monomeri
chiamati nucleotidi. Tutti i nucleotidi sono costituiti da tre componenti fondamentali: un
gruppo fosfato, uno zucchero pentoso ed una base azotata che si lega al deossiribosio
con legame N-glicosidico. Le basi azotate che possono essere utilizzate nella
formazione dei nucleotidi si dividono in due gruppi: puriniche (adenina e guanina);
pirimidiniche (citosina, timina e uracile).
La principale differenza tra DNA e RNA è lo zucchero pentoso: l'RNA utilizza, infatti,
il ribosio, mentre il DNA, possiede il desossiribosio.
Fig.1 - Struttura delle basi azotate del DNA
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Le basi azotate che costituiscono il DNA (vedi figura 1) sono: adenina(A), guanina(G),
citosina(C) e timina(T). Le basi azotate che costituiscono l'RNA sono: adenina(A),
guanina(G), citosina(C) e uracile(U). Nei batteri e nelle cellule di organismi superiori,
sono presenti entrambi, e virus possiedono invece o solo l'RNA (ad esempio quello
della poliomielite o quello dell'AIDS), o solo il DNA. Negli eucarioti, il DNA si trova
nel nucleo e nel mitocondrio, mentre l'RNA nel nucleo, ma soprattutto nel citoplasma.
Al DNA spetta il mantenimento dei caratteri ereditari, mentre all'RNA altre mansioni,
quale la trasmissione delle informazioni contenute nel DNA verso i siti di sintesi
proteica. Negli organismi viventi, il DNA non è quasi mai presente sotto forma di
singolo filamento, ma come una coppia di filamenti saldamente associati tra loro, essi si
intrecciano tra loro a formare una struttura definita doppia elica.
Ogni nucleotide è costituito da uno scheletro laterale, che ne permette il legame
covalente con i nucleotidi adiacenti, e da una base azotata, che instaura legami idrogeno
con la corrispondente base azotata presente sul filamento opposto ( le basi azotate sono
complementari l’una all’altra). Il composto formato da una base azotata legata allo
zucchero è definito nucleoside; un nucleotide è invece un nucleoside a cui sono legati
uno o più gruppi fosfato. La struttura laterale del DNA è composta da unità ripetute ed
alternate di gruppi fosfato e di 2-deossiribosio, uno zucchero pentoso (a cinque atomi di
carbonio) che si lega ai fosfati adiacenti attraverso legami fosfodiesterici presso il terzo
ed il quinto carbonio, in pratica, ogni molecola di fosfato forma un ponte molecolare
collegando, attraverso legami fosfodiesterici, il carbonio in posizione 3′ di una molecola
di deossiribosio con quello in posizione 5′ dello zucchero successivo. I due filamenti
che costituiscono la doppia elica del DNA, o DNA duplex sono antiparalleli, cioè i loro
legami fosfodiesterici, concorrono in direzioni opposte. Le estremità asimmetriche di un
filamento di DNA sono definite estremità 5′ (cinque primo) ed estremità 3′ (tre primo).
Un importante proprietà del DNA è il SUPERAVVOLGIMENTO ovvero avvolgimento
di qualcosa che è già avvolto: il DNA è avvolto in forma di una doppia elica nella quale
entrambe le catene avvolte ruotano intorno ad un asse. Un ulteriore ripiegamento o una
torsione di tale asse su se stesso determina un superavvolgimento del DNA, contrario,
se non vi è alcun ripiegamento dell’asse su se stesso, si dice che il DNA è in uno stato
rilassato.
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1.1.1 APPAIAMENTO DELLE BASI
Ogni tipo di base presente su un filamento forma un legame con la base complementare
posta sul filamento opposto. Tale evento è noto come appaiamento complementare.
Le basi puriniche formano legami idrogeno con le basi pirimidiniche: A può legare solo
T e G può legare solo C.
L'associazione di due basi viene comunemente chiamata paia di basi (pb) ed è l'unità di
misura maggiormente utilizzata per definire la lunghezza di una molecola di DNA (vedi
figura 2).
Dal momento che i legami idrogeno non sono covalenti, possono esser rotti e riuniti in
modo relativamente semplice. I due filamenti possono essere allontanati tra loro, come
avviene per una cerniera, sia dalle alte temperature che da un'azione meccanica (come
avviene durante la replicazione del DNA). Conseguenza di questa complementarità è
che tutte le informazioni contenute nella doppia elica possono essere duplicate a partire
da entrambi i filamenti, evento fondamentale per una corretta replicazione del DNA.
I due tipi di paia di basi formano un numero differente di legami idrogeno: A e T ne
formano due, G e C tre. Per tale motivo, la stabilità del legame GC è decisamente
maggiore di quello AT. Di conseguenza, la stabilità complessiva di una molecola di
DNA è direttamente correlata alla frequenza di GC presenti nella molecola stessa,
nonché alla lunghezza dell'elica: una molecola di DNA è dunque tanto più stabile
quanto più contiene GC ed è lunga.
Un'altra conseguenza di tale evento è il fatto che le regioni di DNA che devono essere
separate facilmente contengono un'elevata concentrazione di A e T. In laboratorio, la
stabilità dell'interazione tra filamenti è misurata attraverso la temperatura necessaria a
rompere tutti i legami idrogeno, chiamata temperatura di melting (o Tm). La Tm è
definita come la temperatura alla quale la metà del DNA si trova nello stato a doppia
elica, e la metà in quello denaturato (random-coil). La temperatura di melting dipende
sia dalla lunghezza totale della molecola di DNA, sia dalla specifica sequenza dei
nucleotidi. Questo processo può essere utilizzato per analizzare taluni aspetti del DNA.
Poiché l’appaiamento citosina/guanina è più forte di quello adenina/timina, la quantità
di CG in un genoma può essere stimata misurando la temperatura di melting di tale
genoma (risulterà più alta, a parità di lunghezza, in quei DNA dove CG siano
abbondanti).
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Figura 2 - Struttura del DNA
1.1.2 LE VIE DELL’INFORMAZIONE
L’unità fondamentale dell’informazione negli organismi viventi è il gene; una specifica
sequenza di DNA che contiene le informazioni in grado di influire sulle caratteristiche
del fenotipo dell'organismo. Le molecole di DNA che contengono i geni cellulari, sono
organizzate in strutture chiamate cromosomi. L’insieme del DNA genico si chiama
genoma cellulare. I processi principali dell’informazione genetica sono tre:
1. REPLICAZIONE: copiatura del DNA parentale per formare molecole di DNA
figlie, con sequenze nucleotidiche identiche. Il processo di duplicazione del
DNA prima della divisione di una cellula è SEMICONSERVATIVO, ciascuna
nuova molecola di DNA è composta da una catena neosintetizzata e da una
catena vecchia.
La replicazione avviene in zone specifiche del cromosoma ricche di A-T e consta delle
seguenti fasi (vedi figura 3):
a) Apertura doppia elica: l’enzima elicasi, si muove lungo il DNA, e separa le
catene usando l’energia chimica fornita dall’ATP. Esso agisce rompendo i