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PREMESSA
E’ certo che, parallelamente allo sviluppo sociale, economico e culturale di un Paese,
aumenta la domanda di legno, dei prodotti da esso derivati e dei molteplici benefici degli
ecosistemi forestali. Il legno è andato così assumendo, anche nel nostro Paese, una
dimensione di tutto rilievo nell’economia nazionale, contemporaneamente si è evidenziato
sempre di più il “divario” tra la produzione di materia prima legnosa nazionale -
stazionaria su livelli bassi - e l’approvvigionamento dall’estero, che supera il 70-80 % del
legno lavorato in Italia.
Nel comune linguaggio forestale, si sono diffuse parole come: “filiera forestale”, “filiera
foresta-legno”, “filiera bosco-legno”, “sistema foresta-legno” e “filiera bosco-energia”.
Esse definiscono meglio le molteplici attività che, direttamente o indirettamente, sono
collegate con i boschi mediante: la conservazione, la cura, lo sviluppo, la produzione,
l’utilizzazione e la commercializzazione della materia prima legno da essi derivante.
La produzione di legname è tra le chiavi fondamentali del comparto forestale, mentre il
valore e il mercato dei prodotti ricavati dai processi di trasformazione delle piante in piedi,
costituisce la sopravvivenza delle imprese boschive.
Queste ultime sono tradizionalmente riconosciute nella filiera bosco – legno come il punto
di passaggio fra la proprietà boschiva, le pratiche selvicolturali e l’industria del legno.
Il lavoro in bosco delle imprese sta assumendo sempre più un’importanza crescente, per il
mutato interesse dell’opinione pubblica in ambito ambientale nella gestione dei patrimoni
forestali. L’applicazione di una buona gestione forestale ha ricadute positive, non solo sul
territorio in generale, ma costituisce anche un importante riflesso per contrastare un
“cronico” abbandono della montagna. La possibilità di incrementare la competitività
economica di questo settore, in particolare quello delle utilizzazioni forestali, anello debole
della filiera forestale, è data dall’innovazione nei processi di trasformazione delle piante in
piedi in assortimenti commerciabili, graditi all’industria. Essa consentirebbe di avere un
miglioramento delle operazioni in bosco, attraverso il ricorso a una maggiore
professionalità della manodopera boschiva, una più qualificata e appropriata
meccanizzazione forestale, che appaiono tra le opzioni più perseguibili nelle disomogenee
realtà forestali italiane.
I problemi che caratterizzano questo settore risultano quelli comuni anche ad altre attività
economiche e, pertanto, dovrebbero essere affrontati con una logica orizzontale, all’interno
di politiche generali, mediante degli interventi su fattori fondamentali quali: le imprese, la
produttività del lavoro, la ricerca e l’innovazione tecnologica.
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Purtroppo, molto spesso accade che nella filiera si adottino interventi frammentari e
occasionali. Il legno e la sua filiera, invece, necessiterebbero di misure più appropriate in
relazione alle loro specifiche connotazioni strutturali e di una strategia di sviluppo
razionale ed organica. L’affermarsi negli ultimi decenni, del concetto del legno come
“sistema”, lo colloca, insieme ad altri sistemi del nostro tempo, tra le grandi componenti
economiche generali, su cui operare attraverso una visione globale. Esso merita, pertanto,
di essere conosciuto dettagliatamente nella sua totalità, non solo dagli addetti al settore, in
modo da poter esplicare la sua potenzialità ed essere così inserito in strategie adeguate,
rispetto alle necessità attuali dell’intero sistema Paese.
Tale approccio potrebbe consentire la realizzazione di misure che permetterebbero di
eliminare le cause “perverse” di squilibri, disfunzioni, scarsi rendimenti, gestione non
corretta, che porta a cattivi impieghi delle risorse e alla riduzione dei molteplici servigi, di
cui il “sistema – bosco” è ricchissimo, come pochi altri ecosistemi biologici.
Ad oggi, in moltissimi altri settori economici più decisivi, si registrano gravi inadeguatezze
e profonde insufficienze, la cui somma, purtroppo, impedisce il raggiungimento di alti
livelli di efficienza e di competitività del nostro Paese nel suo complesso.
Nel sistema bosco-legno, tali “anomalie” sono più amplificate e “cronicizzate” da ormai
troppo tempo, generando così elevati costi di trasformazione delle piante in piedi,
insufficiente informazione forestale, inadeguate metodologie di lavoro, scarsa
professionalità della manodopera boschiva ed un freno ai possibili sviluppi che troppo
spesso vengono trascurati. Un miglioramento delle strutture di base di ciascun settore, fra
cui quella dei boschi, potrebbe garantire una migliore efficienza produttiva, partendo dalla
maggiore consapevolezza che il “nodo cruciale” risiede nel saper dosare gli sforzi tra
interventi immediati, molto presenti nel settore forestale, e modifiche strutturali, spesso
assenti. Un punto fondamentale è che fino a quando il “sistema bosco-legno” resterà
vincolato alla conoscenza dei soli addetti al settore e oscuro per la collettività, risulterà più
difficile, per la società del nostro tempo, capire quello che accade nelle foreste, soggette ad
impulsi spesso molto contrastanti, come affermato egregiamente in queste parole da
Alfonso Alessandrini
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:
“Se si taglia un albero, il rumore arriva molto lontano, e anche se si risparmia un albero,
c’è sempre il silenzio sofferto che è quasi un mugugno, perché non c’è unanimità né in
selvicoltura né in ecologia. Anche il pubblico ed il privato sono ancora molto distanti
nell’interpretare i molteplici servigi del bosco.”
1
Ex Direttore Generale del CFS.
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OBIETTIVI DEL LAVORO
Lo scopo principale dello studio è stato quello di analizzare e confrontare in boschi di
cedui di castagno, cedui quercini e fustaie di faggio, le operazioni principali di un cantiere
forestale: abbattimento, primo allestimento, concentramento ed esbosco delle piante
tagliate.
Questo ciclo tecnologico permette di trasformare le piante in piedi in assortimenti
mercantili, meglio manovrabili e trasportabili per le successive fasi di trasformazione o
direttamente commercializzabili, come avviene nel caso della legna da ardere.
Lo studio ha previsto l’individuazione di un campione di imprese forestali all’interno di tre
Regioni dell’Italia centro-meridionale: Campania, Lazio e Umbria.
In queste zone si è proceduto, mediante le fonti ufficiali, a individuare un numero di trenta
imprese boschive, per le quali sono state studiate le seguenti caratteristiche organizzative
generali:
- forma giuridica dell’impresa, tipologia ed età della manodopera boschiva;
- nazionalità degli operatori forestali impiegati;
- parco macchine e attrezzature utilizzate;
- tipologia del lavoro eseguito in bosco;
- specie forestali tagliate;
- distanza dei cantieri forestali dalla sede legale dell’impresa;
- periodo di lavoro in bosco;
- modalità di acquisto dei lotti boschivi;
- proprietà forestali lavorate.
Successivamente, il campione analizzato è stato ridotto a nove imprese, in relazione alle tre
tipologie principali di bosco analizzate. Tutto ciò ha consentito di analizzare il lavoro delle
imprese, eseguito nei cantieri forestali direttamente in bosco.
In questa fase è stata svolta l'analisi dei tempi di lavoro, necessari per il concentramento e
l’esbosco delle piante, in modo da verificare l’organizzazione delle imprese forestali.
Si ritiene, infatti, che queste operazioni di lavoro siano le più delicate per i boschi e di
fondamentale importanza per migliorare il sistema delle utilizzazioni nel nostro Paese.
Per quanto riguarda l’abbattimento delle piante, ci si è limitati ad osservare le sole
metodologie di lavoro, in quanto, si è riscontrato in tutti i cantieri analizzati l’uso della
stessa tecnica: motosega e squadra composta da 1-2 operatori.
Nelle osservazioni in bosco è stata effettuata anche una valutazione, seppur superficiale,
dei danni al suolo e soprassuolo forestale, durante le operazioni svolte nei singoli cantieri.
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Dallo studio delle imprese boschive nelle sedi legali e del lavoro in bosco, è stato possibile
rilevare il livello di organizzazione strutturale dei singoli imprenditori, per confrontare il
loro grado di professionalità, nonché il rispetto nell’applicazione di una corretta gestione
forestale sostenibile. Inoltre, l’osservazione delle singole operazioni tecniche eseguite in
bosco, che costituiscono i costi diretti di un cantiere forestale, importanti nell'analisi
estimativa per il calcolo del macchiatico, ha permesso di effettuare delle considerazioni di
tipo economico.
Con il lavoro si è voluto, fondamentalmente, analizzare il livello di meccanizzazione
forestale impiegato, mediante la verifica dei seguenti principali aspetti:
- l'adeguato impiego della forza lavoro;
- la loro professionalità;
- il livello delle metodologie applicate e il loro rendimento;
- il danno ambientale arrecato.
In molte realtà del Paese, invece, l’applicazione di criteri innovativi, mediante l’utilizzo di
moderne tecnologie o di un impiego razionale delle maestranze boschive, viene
diffusamente disatteso.
Tali criteri, se impiegati correttamente, potrebbero non solo risultare più produttivi, ma
anche meno dannosi per il bosco e per l’uomo, oltre a essere più remunerativi per le stesse
imprese boschive.
Un esempio innovativo è dato dal recupero dei residui di lavorazione in bosco o negli
imposti, che invece di essere lasciati o bruciati, potrebbero essere impiegati per la
produzione di biomassa forestale. Questa soluzione tecnica risulta ancora poco applicata, a
volte del tutto sconosciuta o completamente trascurata dalle imprese boschive, perché
ritenuta non economica.
Diversi approcci operativi, invece, potrebbero determinare non solo una nuova visione
nella programmazione e organizzazione dei cantieri forestali, ma renderebbero lo stesso
lavoro più fluido e meno faticoso per la manodopera boschiva.
L’adozione di diverse fasi tecnico - operative, inoltre, in particolare nella fase di taglio e
allestimento, permetterebbe di poter scegliere meglio il tipo di esbosco, in quanto
quest’ultimo risulta propedeutico al taglio delle piante, oltre che all’accessibilità della
stazione forestale utilizzata.
Migliorare il sistema di utilizzazione e in particolare l’esbosco, incide notevolmente non
solo sugli aspetti economici, ma soprattutto sui danni causati al suolo, al soprassuolo
forestale che resta in piedi e alla stessa qualità degli assortimenti legnosi ottenuti.
In Italia, queste problematiche sono state finora poco affrontate, a differenza di altri paesi
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europei, a causa del minor sviluppo della meccanizzazione nelle operazioni forestali e
soprattutto perché, in moltissime realtà del centro-sud, è presente una scarsa professionalità
degli operatori.
Migliori metodi di utilizzazione consentono di rispettare al meglio quanto previsto nei
piani di assestamento e di taglio, visto che ora anche le vie di esbosco vengono finalmente
incluse nella progettazione e realizzazione dei piani di gestione.
Una maggiore conoscenza e consapevolezza di questi aspetti operativi, appare oggi
assolutamente necessaria per orientare i boschi italiani verso una concreta attuazione dei
criteri e degli indirizzi della gestione forestale sostenibile, al fine di rispettare gli impegni
assunti dal nostro Paese, sia in sede internazionale che comunitaria.
Le utilizzazioni forestali, infatti, rappresentano uno degli aspetti fondamentali della
gestione forestale sostenibile, in quanto strumento di attuazione indispensabile (AA.VV.).
Queste, se eseguite correttamente, rendono possibile realizzare ciò che il selvicoltore
auspicava in teoria, limitando al minimo i possibili danni, sia alle piante che restano in
piedi e sia alle multifunzionalità del bosco.
Un miglior lavoro in bosco, frutto di professionalità qualificata, sia in fase di progettazione
che di realizzazione, limita i rischi di infortunio degli operatori forestali, molto presenti ma
poco monitorati, così come accade, invece, in altri settori produttivi del Paese o in altre
nazioni. L’alta probabilità d’infortunio, rispetto ad altri lavori, dipende generalmente
dall’applicazione di tecniche di lavoro non corrette, insegnate direttamente in bosco e
tramandate tra le generazioni (Baldini S. et al., 2006).
Questo tipo di formazione, rispetto al passato, è in diminuzione per l’impiego di
manodopera straniera e irregolare (Petenella D. et al., 2004), che ignora completamente il
lavoro in bosco, perché molto spesso nei paesi d’origine svolgevano altri mestieri (Baldini
et al., 2006).
La manodopera boschiva, infatti, risulta attualmente proveniente, come accade anche in
altri comparti produttivi (ISTAT 2000), da paesi stranieri e quindi, con scarsa o addirittura
assente preparazione al lavoro in bosco (Baldini et al., 2006).
Lo studio ha cercato, attraverso l’analisi dettagliata di porzioni di aree regionali, di scoprire
i punti deboli della filiera per suggerire gli eventuali rimedi.
Si è voluto, inoltre, portare alla luce una realtà lavorativa nella quale troppo spesso viene
trascurata l’attività dell’imprenditore boschivo e dell’operatore forestale, che richiederebbe
invece, una più alta professionalità, perché rappresenta la fase più delicata nell’ambito
della gestione forestale, in quanto, si svolge esclusivamente in bosco.
Questo lavoro ha teso a sottolineare l’importanza del monitoraggio di queste attività agli
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Enti centrali e locali preposti alle statistiche del settore forestale, che concentrano la loro
attenzione solo su altri aspetti tra i quali: le superfici forestali, le tipologie di bosco, la
proprietà boschiva, i prelievi legnosi annui, gli incendi boschivi, l’accessibilità ai boschi, lo
stato fito-sanitario dei popolamenti, la pianificazione ed altro.
Tutti questi aspetti rappresentano dei fondamentali anelli per il monitoraggio complessivo
della filiera, ne specificano i suoi contorni, ma trascurano le utilizzazioni forestali, con cui
si applicano concretamente le pratiche selviculturali.
Una maggiore attenzione, mediante un monitoraggio di queste fasi di lavoro, consentirebbe
al controllo dei sistemi forestali un salto di qualità, ma soprattutto una migliore
conservazione del patrimonio boschivo, in quanto l’applicazione di corrette metodologie
selviculturali è fra gli aspetti principali della rinnovazione dei popolamenti forestali.
Si è voluto, inoltre, evidenziare la necessità di mutare i livelli di informazione quantitativa
e qualitativa delle imprese boschive, attualmente molto carenti o quasi del tutto assenti, sia
a livello nazionale che regionale.
Tutto ciò permetterebbe, più di quanto accade oggi, di controllare in modo adeguato la
manodopera boschiva, soprattutto quella straniera non regolare, evitando così non solo i
danni alle piante, frutto della scarsa conoscenza scientifica, ma anche il suo eccessivo
proliferare per la mancanza di accurati controlli. La conoscenza più dettagliata delle
maestranze boschive, infatti, risulta una esigenza improcrastinabile per aderire alle stesse
strategie poste in essere dalla UE, di cui il nostro Paese è membro, e ai molteplici accordi
internazionali.
Un diverso approccio informativo porterebbe a una migliore stima dell’azione di risparmio
nelle fasi delle utilizzazioni forestali, a una verifica dei valori di biomassa forestale
accumulata dai boschi italiani, nonché a un’analisi delle emissioni di anidride carbonica e
di altri inquinanti, durante l’esecuzione dei lavori in bosco.
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STATO DELL’ARTE
In Italia le informazioni sul lavoro in bosco sono inferiori sia a quelle relative ad altri
aspetti della gestione dei sistemi forestali (Pettenella D. et al., 2004), sia se confrontate con
quelle di altri paesi.
Il lavoro in bosco impegna, in vario modo, diverse categorie di operatori, non sempre
facilmente inquadrabili, in quanto, nel vasto ambito della gestione forestale, alcune sono
impiegate nella produzione di beni, altre di servizi e altre di entrambi (Bagnaresi U. et al.,
2000).
Le fonti ufficiali, infatti, mettono a conoscenza le imprese che svolgono i lavori più
disparati, dalle costruzioni forestali, alle briglie, alle strade, alle piste, alle utilizzazioni
boschive, alla produzione di legna da ardere e di casse da morto ecc.
La gestione forestale, in senso lato, ha quale anello fondamentale e imprescindibile
l'attività in bosco delle imprese di utilizzazione forestale. Il primo anello di questa filiera
produttiva è costituito dalle imprese di prima utilizzazione, (Baldini S. et al., 2006) che
però, malgrado la loro centralità e importanza nella gestione forestale, risultano il
segmento più debole e il meno monitorato (AA.VV.).
L’Istituto Nazionale di Statistica non fornisce dati né sulle ditte boschive né sulla
manodopera, inquadrata con contratti di lavoro come operatori forestali.
Il loro impiego nelle imprese non viene riportato nelle statistiche forestali annuali o nei
censimenti dell’Agricoltura e tanto meno nelle statistiche sul lavoro. Allo stato attuale,
nessun dato viene fornito dall’ISTAT sull’universo ruotante intorno alle utilizzazioni
forestali, aspetto importante della gestione forestale. La manodopera boschiva, impiegata
dalle imprese forestali, come detto, viene inquadrata nell’ambito del contratto di lavoro
generico degli operai forestali, nella voce comprendente anche addetti per attività di
sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agrario. Oltre all’ISTAT, anche l’ENEA,
l’INPS e l’INEA, pur realizzando diversi studi di settore, non forniscono dati ufficiali
relativi alle componenti principali di questo settore produttivo nazionale (Petenella D. et
al., 2004).
In questo campo è dunque presente una forte imprecisione e incompletezza di dati; ciò è
dovuto a una serie di fattori tra i quali ricordiamo:
- una rilevante componente di lavoro sommerso;
- l’inclusione delle ditte boschive nel settore Agricoltura;
- la mancanza nelle statistiche forestali, di una voce specifica riferita alle sole ditte
boschive.
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Moltissime aziende agricole, inoltre, svolgono anche lavori forestali, andando in tal modo
a complicare ancor di più il quadro di riferimento per l’acquisizione di informazioni sui
lavori in bosco. La figura dell’operatore forestale, attualmente, non viene ancora
riconosciuta neanche giuridicamente, ma solo fiscalmente perché inserita nel Codice
Civile
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, assimilandola agli operatori e imprenditori agricoli.
Ad oggi, dunque, per chi volesse effettuare delle indagini a scopi di ricerca scientifica, sul
lavoro in bosco e sulle imprese boschive, vale la famosa e conosciutissima espressione
dantesca: “mi ritrovai in una selva oscura”, in quanto risulta una fortissima disomogeneità
di informazioni, ove presenti, o la completa assenza in moltissime realtà del Paese
(Petenella D. et al., 2004).
Gli unici Enti che forniscono dati ufficiali, adottando criteri comuni a livello nazionale,
risultano essere le Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura. Esse, per
ogni provincia, iscrivono nei registri camerali le imprese boschive.
Le imprese vengono classificate in base alla sede legale dichiarata e ad altre informazioni
generiche sul titolare, non comprendendo informazioni specifiche sulle loro attività svolte
direttamente in bosco, al momento delle utilizzazioni.
In questi registri camerali, inoltre, le imprese devono segnalare una loro eventuale attività
nel campo delle utilizzazioni; pertanto, insieme alle ditte boschive specializzate, molto
spesso, risultano iscritte anche altre, che lavorano sia nel verde urbano o in bosco, solo in
maniera sporadica.
Questo aspetto informativo sulle imprese e sulla manodopera impiegata, rappresenta una
grave mancanza, solo in parte superata, e non in tutte le Regioni, con l’introduzione di
leggi regionali riferite anche al settore forestale. In molte di esse, infatti, con queste leggi è
stata prevista l’istituzione di appositi albi delle ditte boschive, in cui però non viene
prevista una dichiarazione sulle operazioni svolte in bosco, sui prelievi effettuati e sulla
manodopera impiegata.
Le Regioni che hanno istituito gli albi delle ditte boschive, ad oggi, risultano: il Piemonte,
la Lombardia, l’Umbria, la Toscana e la Campania. Altre, come il Lazio, hanno oltre agli
elenchi presso le CCIAA, anche degli elenchi delle imprese abilitate a partecipare alle aste
di boschi di proprietà pubbliche, presso gli uffici competenti.
In alcune Regioni è stato introdotto il patentino o il certificato di idoneità, che viene
rilasciato agli operatori forestali; tra queste vi sono: il Friuli - Venezia Giulia, il Veneto,
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Art. 2083 - Piccoli imprenditori. Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i
piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale, organizzata prevalentemente con il
lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
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l’Umbria, oltre alla Provincia Autonoma di Trento, tra le prime in Italia ad usare questa
tipologia di qualificazione e di riconoscimento per chi svolge dei lavori in bosco. Queste
forme di regolamentazione, però, presentano una grande diversità dei requisiti richiesti da
parte delle singole Regioni. A questo si aggiunge la mancanza di un’univoca definizione
giuridica per coloro che lavorano in bosco. Tutto ciò comporta una forte sovrapposizione
tra i vari requisiti richiesti per gli albi, i patentini e i certificati di idoneità.
Fino alla metà degli novanta le informazioni non erano migliori di quelle attuali, ma sul
lavoro in bosco più in generale si disponeva di una ampia bibliografia, sia a livello
nazionale (Gios G. e Pollini C., 1986; Merlo M. et al., 1990; Baldini S. et al., 1993;
Berenetti G. et al., 1993; Codemo L. et al., 1994; Petenella D. et al., 1998; Cavalli R.,
Menegus G., 2001; Piva C. et al. 2001; Palma A., 2003; AA.VV.), che locale (come nelle
Regioni: Toscana, Veneto, Piemonte, Umbria, Basilicata, Provincia Autonoma Trento
ecc.), oltre a studi non tecnici ed economici, ma sociologici (Gubert R., 1980; Pascolini et
al., 1985) riguardanti, però, solo aspetti marginali della gestione forestale.
Vi è dunque uno stato dell’arte ben riscontrabile sul lavoro in bosco, ma poco coordinato
per poter costituire una banca dati ufficiale, tale da monitorare, in maniera dettagliata e
univoca, le imprese forestali e le maestranza impiegate.
Questa situazione fa si che nel settore forestale non risulta possibile il monitoraggio di
informazioni statistiche nazionali o regionali, come invece avviene per tutti gli altri aspetti
riguardanti i boschi italiani. La frammentazione dei dati, associata ad una sensibile
diminuzione della base informativa, oltre che a una diffusa assenza, non appare più
giustificabile rispetto ad altri Paesi della UE (Petenella D. et al., 2004).
Questa situazione di poca certificabilità e monitoraggio del lavoro in bosco, comporta tra
l’altro l’aumento di manodopera boschiva non qualificata e non regolare (Fabiano F. et al.,
2004; Marinelli A., 2005), influendo sulle ditte boschive che lavorano regolarmente.
Infatti, esse risultano vittime di una concorrenza sleale, non riuscendo a contenere i
maggiori costi delle utilizzazioni rispetto alle altre.
Gli operatori forestali non regolari, però, implicano, per le ditte boschive, risvolti negativi
(Fabiano F. et al., 2004) quali soprattutto:
• minori o scarsi rendimenti, rispetto ad operatori ben formati;
• inadeguatezza nei confronti dell'impiego di nuove tecnologie, per le quali non è
sufficiente solo l’esperienza;
• una maggiore probabilità di esposizione ai rischi d’infortunio sul lavoro.
Tutto ciò comporta gravi conseguenze, non solo per gli stessi operatori, ma soprattutto per
i popolamenti forestali perché vengono sottoposti a tagli di utilizzazione, spesso traumatici