Introduzione
Questa tesi è finalizzata, in primo luogo, a presentare uno tra i più bei monumenti
della memoria ebraica della marca trevigiana.
Il punto di partenza del presente lavoro è il fascino che la cultura ebraica ha
sempre esercitato in me sin da bambina, in particolare quando cerca vo una spiegazione
plausibile, ammesso che ce ne fosse una, per la quale gli ebre i fossero stati cos)
lungamente e meschinamente disprezzati, discrim inati e vittime di persecuzioni, a partire
dalla diaspora ebraica babilonese
2
, fino ai tempi più recenti con i terribili esit i del
secondo conflitto mondiale.
Poi la scoperta a Conegliano di quest'area monumenta le talmente interessante da fa r
maturare in me la riflessione che quanto mai istruttiva e meritevole di conoscenza fosse
l'esperienza ebraica coneglianese, se non altro come elemento arricchente il mio
bagaglio culturale come di qualSiasi altro ind ividuo desideroso di approfondire le proprie
radici.
Presenterò in questa ricerca le uniche due comunità ebraiche del Veneto
orientale che possono avvalersi di tale definizione poiché entrambe dotate, in tempi
diversi e autonomamente, di cimitero, si nagoga e confraternita l.
Nel primo capitolo traccerò il profilo storico di quella che fu la comunità ebraica
di Conegliano, ripercorrendone per sommi capi la nascita e lo sviluppo, dal Trecento sino
all'annessione al Regno d'Italia, con qua lc he accenno al Novecento, fino alla sua
scomparsa.
Nel secondo capitolo presenterò l'insediamento di Ceneda (fraZione del Comune di
Vittorio Veneto), e nel terzo cap itolo il cimitero ebraico di Conegliano, completando con
le informazioni relative alla vi sita guidata a cui ho preso parte.
Nel quarto capitolo porrò l'attenzione sugli aspetti della va lorizza zio ne del monumento
da parte dell'amministrazione comunale: quanto valore viene dato ad esso all'interno de l
patrimonio artistico/ culturale della città; in che modo viene sfruttato il suo potenziale in
termini di attrattiva turist ica ; chi sono i visitatori e quanto e quale interesse manifestano.
Nel quinto capitolo, in breve, parlerò dell'antico cimitero del lido di Venezia e della
relativa visita guidata a cui ho partecipato; infine nel sesto capitolo metterò a confronto i
tre cimiteri ebraici, con alcune considerazioni personali.
2 La diaspora ebraica (lettera lmente "esilio") e la brutale dispersione dall a Palestina del po polo ebraico, avvenuta
principalmente durante i regni di Sabllonia e sotto l'Impero Romano. Poiché solo da pochi decenni vi e stato quasi
unanlmemente a livello internazionale il riconoscimento ufficiale dello Stato di Israele (istituito il 14 maggio 1948), è
corretto affermare che la maggior parte del popolo ebraico ha vissuto in esilio per gran parte della sua storia.
l Le con fraternite (dette anche Hfrateme" o -scole") erano associazioni di fedeli preposte ai servizi assistenziali, allo
studio della Legge, al fu nerali e qua nt'altro. A Co negliano, ne l 1742, furono fondate la fratern a T almud Taroh e G e milut
Chosadirn, quest'ultima istituita anche a Ceneda di Vittorio Veneto nel 1818.
4
Vorrei citare una frase significativa che ben descrive lo spirito con cui mi sono
avvicinata a questo argomento, nel comprendere con meraviglia che (di cimitero ebraico
presenta una tale stratificazione di significati e bellezze che solo una grande sobrietà
d'intuizioni, unita a innocenza e modestia, può sperare di accostarne i misteri
4
).
I. LA COMUNITÀ EBRAICA DI CONEGLIAN O
Lo stanzia mento degli ebrei nel Veneto orientale risale alla seconda metà del
Trecento e abbraccia un arco temporale di circa sei secoli. Questa compagine, seppur
modesta e sempre in evidente minoranza rispetto alla comunità cristiana, seppe
affermarsi a tal punto da costituire un elemento di civiltà e arricchimento sociale e
culturale indiscutibile per il territorio trevigiano. Nessuna situazione simile si riscontra in
altri Stati della penisola italiana nella medesima epoca.
Gli israeliti qui lasciarono una forte impronta dal punto di vista economico e sociale,
maturando con la popolazione cristiana un legame pungente ma anche di collaborazione,
di stima e affetto. Essi rappresentarono, spesso e volentieri, un'élite d'avanguardia per
molteplici fattori, insiti da sempre nella loro cultura. Possiamo citare fra questi la diffusa
sco larità, la visione cosmopolita e aperta del mondo e lo spirito d'iniziativa
imprenditoriale. Non a caso furono a lungo osteggiati e criticati, oltre che per differenza
di credo religioso.
Questo excursus storico ci mostra che a Conegliano, nel basso Medioevo, esisteva
un'attiva comunità ebraica, destinata ad affermarsi come la più rilevante di tutto il
Veneto orientale
s
.
Gli israeliti trovarono ospitalità in un territorio potenzialmente molto produttivo ma che
viveva anni difficili. la sua strategica posizione geografica ai piedi delle Prealpi, comodo
punto di passaggio per giungere in Friuli, ne fece uno snodo obbligatorio di tutti i traffici
mercantili. Non secondaria era la presenza del castello, considerato un baluardo
estremamente appetibile per gli invasori: al di sotto di esso si estendeva la pianura e
dalla cima della fortezza o delle sue numerose torri, si poteva agevolmente monitorare
tutta la zona sottostante.
Facile quindi capire perché la storia di Conegliano fu costellata di infinite scorribande e
perché fu coinvolta in conflitti e guerre, che causarono periodi piuttosto prolungati di
grande povertà e miseria. In questi momenti di crisi, come sempre accade, i più colpiti
• D. P. DEVINS, Coso dei viventi. Un cimitero veneziano, Verona, Cierre Edizioni 1991, p. 9.
5 Il culmine demografico della presenza ebraica nel Veneto orientale si raggiunse a metà del Seicento con
centosessanta fedeli. G. e S. TOMASI, Ebrei nel Veneto orientale. Conegliano, Cenedo e insediomentl minori, Firenze,
Giuntina 2012, p. 19.
5
furono i ceti deboli delle campagne . Stremati dalle condizioni di indigenza, spe sso
ricorrevano alle usure, riponendo tutte le migliori speranze per risollevarsi, ma proprio
questa debolezza li rendeva facili bersag li di gente spregiud icata, che non indugiava nel
praticare tassi di interesse talvolta estremamente gravos i, Proprio per porre freno a ta le
situazione, principalmente scomoda alla Ch iesa, ci si rivolse ai banchie ri ebrei invita ndoli
a trasferirsi in città per esercitarvi un banco di pegni.
La comunità, in termini demografici, visse una parabola ascendente e una
discendente, che qui riassumiamo in modo sommario: alla fine del Tre cento troviamo
un'unica famiglia, tre alla fine del Quattrocento; alla fine Cinquecento sei famiglie, che
divengono dieci nella metà del secolo successivo; dodici famiglie nella metà del
Settecento, quando iniziò il decremento demografico che ridusse il numero delle famiglie
a tre nel 1820, e poi lentamente alla scomparsa di tutti i su i membri.
Secolo XIV. Il Trecento fu un secolo tutt'altro che fac ile per il piccolo Comune di
Conegliano, preso da molte difficoltà sia di ordine finanziario, per il mantenimento del
ca stello e de lla corte, che di ordine milita re, per difendersi dai ripetuti tentativi di
invasione,
In questo quadro si colloca l'arrivo degli ebrei nel coneglianese, chiamati proprio
per svolgere l'attività del prest ito ad usura
6
t ra gli anni 1386 - 1391. Senza alcun vincolo
di dimora scelsero di stabilirsi, in modo unitario, su lle colline esternamente alla ci nta
nord del castello, nelle contrade di Borgo Vec chio e Borgo Allocco, poco distanti dal corso
d'acqua Monticano; tuttavia era loro vietata la proprietà di beni immobili al di fuori
dell'area concessa per la sepoltura dei defunt i
7
,
AI banchiere veniva concessa la condotta
8
che costituiva, in genere, l'atto di
fondazione di un nuovo insed iamento ebraico . Egli aveva la possibilità di portare con sé
familiari e fattori, non di rad o uno o più soc i, anch'essi con rispettive famiglie al seguito,
ed eventualmente anche un maestro un rabbino. Intorno alla famiglia privilegiata del
feneratore si raccoglieva così il primo germoglio di una comunità; il terreno concesso o
comprato poteva essere utilizzato come luogo di sepoltura dei defunti ("orto").
I Prima degli ebrei furono I banchieri tosca ni a gestire l'attività del prestito, dal 1291 per drca un secolo. M. ZANUSSI,
Con~gliano ~ gli ebrei. Uno conviv~nlo plurisecolar~, Conegliano, Centro Coneglianese di storia ed archeologia 2012, pp.
8 -11.
Banchi feneratizi ebraici furono istituiti nel 1294 a Treviso, nel 1369 a Padolla e all'incirca in Questo stesso periodo a
Coneglia no, Castelfranco, Monselice, Este, Spilimbergo, San Daniele. Nel 139a a Treviso r banchi ebraici prestavano In
lIirtù di un tasso del 14%, mentre a Conegliano in proporzione del 20% su peinl e del 24% su carta. F. lUZZATTO, Lo
comun/fa ~braica di Conegliano Veneto ed i suoi monum~nti, in te la rassegna mensile di Israel», 1101. XXII (1956), fasc. l
a, Ro ma 1957, p. 4.
1 Proprio per Questo non si ha notizia degli ebrei nel censimenti; parte delle informazioni relative a Quest'epoca ci viene
dai carteiii delle dispute iiudiziarie.
a L a condotta era un accordo rin nolla bile tra fe neratore e Consiglio cittadino, sui reciproci di ritti e dove ri, e in cui
venilla stabilito anche il diritto di residenza e il valore annuo del banco.
6
Nel Veneto orientale il prestito su pegno o guarentigia era l'attività principale per
gli ebrei, ma li troviamo al contempo impegnati nei commerci di spezie, vino, ferro
9
. I
bottegai cristiani a poco a poco cominciarono a ma l tollerare la loro fruttuosa operosità,
e conseguente concorrenza, perciò pretendevano maggiore tutela da parte delle autorità
cittadine. Ciò si traduceva con l'inasprimento delle norme previste nella condotta,
nonché dei reciproci rapporti quotidiani, Inoltre l'''hebreo'' prestava ad un tasso di
interesse molto inferiore a quello degli usura i cristiani (che agivano nell'illegalità), e
offriva molte tipologie di servizi con possibilità di dilazioni su lle riscossioni, per questo era
temuto. Ad ogni modo essi operarono sempre nel rispetto degli accordi siglati ed erano
tenuti al regolare e scrupoloso pagamento delle tasse, calcolate su un volume di affari
preventivamente determinato.
La più antica e valida attestazione della loro presenza nel territorio coneglianese
sinora rinvenuta, è la duca le del21 giugno 1398, del doge Antonio Venier
lO
• In essa infatti
venne riportato l'ordine, rivolto al podestà di Treviso Giovanni Zorzi, di imporre agli ebrei
prestatori una «Tansa annuale di 3000 Ducati» ll. Il gruppo di ebrei rispose reclamando
contro questa disposizione e fu minacciato di espulSione dal doge, ma la ferma difesa del
podestà, consapevole che la loro cacciata avrebbe costituito una grave sciagura per le
attività economiche locali
12
, fu decisiva e l'allontanamento non si verificò.
Gli ebrei furono ben accolti e trattati per lo più con rispetto da i concittadini
cristiani coneglianesi; ed anche quando altrove la situazione si fece drammatica, qui ess i
vissero al confronto in un clima piuttosto sereno. I rapporti con il Comune erano dialettici
benché non privi di tensioni, ma è indubbio la loro presenza si rivelò estremamente
proficua per la città. Il numero massimo raggiunto a Conegliano fu di settantanove anime,
non molte in fin dei conti ma , come già detto, essi seppero essere sorprendentemente
operosi.
Secolo XV. Superato quindi questo ostacolo inizia le, gli ebrei furono liberi di
continuare la loro esistenza nel trevigiano, portando avanti gli affari del banco di prestito.
l 'attività feneratizia durò circa ce ntosessant'anni, passando di gestione in
ge stione a molteplici banchieri
13
, per periodi di tempo non troppo lunghi tranne nel caso
9 Come vedremo in seguito, nel Sette-Ottocento, imprenditori ebrei si cimentarono con successo nella gestione delle
imprese manifatturiere della seta, lana, pelli conciate, carta e, non ultima, la socclda di bestiame, un contratto agricolo
ben diffu so, che aveva ad oggetto l'allevamento di capi bovini, ovini, equinI.
10 Antonio Venier fu colui che concesse agli ebrei veneziani, ne1B86, per la prima volta un terreno ad uso sepoltura
nella zona del Lido, oggi l'antico cimitero ebraico della comunità e certo uno del più antichi e noti di tutta Europa.
11 E. MORPURGO, Gli ebrei o ConeQ/iono, in "U Corrie re Israelitico di Trieste~ rivista mensile per la Storia, lo Spirito e il
Progresso del Giudaismo, n. 10 febbraio 1910, p. 188.
11 E . MORPURGO, ibidem.
11 G. e S. TOMASI , Ebrei nel Veneto orien tale. Conegliano, Cenedo e Insedlamenti minori, Firenze, Gluntina 2012, pp.
129 -132.
7
del prestatore "Mandolin figlio di Mosè da Vicenza", che tenne il banco per trentacinque
anni
14
Dal 1403 al 1538 gli ebrei fenera rono senza interruzioni, come si evince dalle
ripetute delibere del vecchio archivio comunale. Essi non furono mai espulsi da
Conegliano e, anzi, dopo quasi due secoli di esistenza del banco, per certo, la compagine
ebraica doveva essersi ben inserita nel tessuto locale.
la cacciata degli ebrei, che normalmente era conseguenza della chiusura dei banchi, non
avvenne e anzi i ripetuti rigetti delle domande finalizzate alla loro espulsione, debbono
aver accentuato all'interno della compagine la convinzione di una possibile serena
esistenza a Conegliano. Inoltre, la municipalità a lungo incapace di far fronte ai debiti
contratti con i prestatori, si trovò costretta ad accondiscendere ripetuta mente al rinnovo
degli accordi una volta giunti a scadenza .
In quegli anni non erano così sporadici i cas i di intolleranza ne i confronti degli
ebrei, ma ciò non si verificò a Conegliano dove le autorità locali adottarono un
atteggiamento magnanimo nel concedere al banchiere, famiglia e soci una serie di
disposizioni a loro favore . La lunga condotta del sopraccitato Mandolin è significativa
perché ci dipinge un quadro dettagliato sulle condizioni di vita riservate al prestatore
ebreo e alla sua famiglia, sul finire del Quattrocento
15
• Rilevante a tal proposito è la
ducale del 16 luglio 1490, di Augustino Barbadico, indirizzata al podestà di Conegliano
Nicolò Priuli, nella quale viene rinnovata a Mandolin la condotta per ulteriori dieci anni.
Capiamo così che la situazione sociale· religiosa del tempo non era oltremodo opprimente,
se si considerano le molte libertà di cui godevano gli ebrei, tra cui la libertà di movimento
e di dimora; la garanzia di giustizia e protezione al pari dei concittadini non ebrei; il
permesso di commerciare qualsiasi genere di merce (Iexcepto che de frumenti, vini et
beni stabili
16
»; la libertà di associazione; la libertà religiosa e quindi di poter tenere
sinagoga
17
e oratorio, e osservare le proprie festività e usi liturgici senza impedimenti; la
facoltà di sepoltura dei defunti. Per quanto concerne l'obbligo del segno distintiv0
18
, si
evince che Mandolin, compagni e famiglie cIÌn portar el segno dell'O siano tractati come
solevano esser tractadi i zudei da Padoa, e da Mestre qual havevano privilegio con quelle
comunità 19»), pertanto erano liberi di non portarlo.
l . Mandolln fenerò per venticinque anni e poi per altri dieci. G. e S. TOMASI, op. cit., p. 13l.
u E . MORPURGO, Gli ebrei a Conegliana, op. cit., p. 189.
l6 E . MORPURGO, Gli ebrei a Conegliano, op. cit., p. 190.
17 La sinagoSil consisteva in una stanza adibita a uso Utu r,ico. "A Conegliano fu permesso fin dal 1479 l'uso di una
sinasoga, attestata nei documenti a partire dal 1570 [ .. 1 -. G. eS. TOMASI, op. cit., p. 24. Nel Veneto orientale fu
accertata l'esistenza di quattro slnasogne, oltre a quella di Conegliano, anche a Ceneda, Portobuffole, Portogruaro.
la Si trattava del sesno della O alalla da portarsi cucito sul petto, prescritto dal Masgior Consiglio di Vene21a a partire
dal 1394; nel 1496 tale segno fu sostituito da un berretto sialle e verso la metà del XVII secolo da un cappello rosso.
19 E. MORPURGO, ibidem.
8
Dal punto di vista economico, oltre ai doveri espressamente specificati nella
condotta, come la durata del banco, il tasso di interesse
2 o
, la buona conservazione degli
oggetti impegnati presso la propria abitazione, la trascrizione negli appositi libri o registri
e via dicendo, essi erano tenuti al puntuale versamento della somma annua di
venticinque Ducati d'oro al Comune di Conegliano, oltre che al pagamento delle somme
richieste dalla Repubblica di Venezia.
Secolo XVI. Nel Cinquecento la condizione della comunità israelitica si modificò
sensibilmente in modo negativo. Le Serenissima mise in discussione loro presenza a
Venezia, tanto che nel 1516 fu istituito in città il ghetto, il primo in Italia, e per logica
conseguenza anche i rapporti con gli ebrei dimoranti nei territori dell'entroterra si
incrinarono.
All'interno di questa clima si colloca l'espulsione nel 1509 degli ebrei dalla città di Treviso.
Le ripercussioni si ebbero anche a Conegliano, ma vano fu il tentativo della Serenissima di
creare un ghetto anche qui, nel 1518. I rurali sostenevano ancora gli ebrei, ed erano
tolleranti circa i loro svariati traffici commerciali che seguitavano a praticare, nonostante
i divieti. Ma di lì a pochi anni la deciso ne di Venezia si tradusse in realtà.
Il dissidio tra la comunità e le autorità cittadine, la continua insolvenza dei debiti da parte
del Comune, le numerose dispute private tra ebrei e cristiani congiunte alla lentezza della
giustizia, fomentarono il malcontento. Negli anni a seguire la cacciata da Treviso, furono
elette più ambascerie per supplicare la Signoria veneziana di espelle re gli ebrei dal
coneglianese e territorio limitrofo, ma l'atteggiamento lungimirante della Serenissi ma
fece sì si sce gliesse ancora una volta una linea politica ambigua, e pertanto non si arrivò
alla drastica deciso ne del licenziamento. Tuttavia gli israeliti, a cavallo del secolo,
cominciarono a godere di una maggiore libertà di iniziativa e ciò si tradusse in un
aumento del loro numero.
A poco a poco venne meno l'obbligo del mantenimento dell'attività del banco e ciò portò
gli ebrei a dedicarsi ad altre occupazioni, co me quella del negozio destinata a divenire
preminente, seppur con l'esclusione di alcune t ipologie di merci.
Nel 1547 il doge Fran cesco Donato, rispondendo alla domanda di espulsione
rivoltagli dal Consiglio comunale, emanò una ducale nella quale intimava agli ebrei che
una volta scaduta la condotta, nell'anno a seguire, ess i non potessero più praticare
l'attività feneratizia in quella terra. Tuttavia essi non si lasciarono intimorire da tale
disposizione, tant'è vero che da Padova giunse la famiglia Minzi, di origine tedesca, e da
20 A Mandoll n era concesso di praticare un tasso d'Interesse del 20%. E. MORPURGO, op. cit., p. 189.
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