1
PREFAZIONE
Il tema del concorso ‘esterno’ nei reati associativi e, in particolare, nel
reato di associazione di tipo mafioso è stato - per quasi un ventennio - al
centro di un ampio dibattito, sia dottrinale che giurisprudenziale.
Inizialmente sorto in ordine alla stessa possibilità di applicare l’art. 110 c.p.
alla neo-introdotta ipotesi delittuosa di cui all’art. 416bis c.p., contestazione
la cui ammissibilità è stata confermata da parte di un primo intervento delle
sezioni riunite della Cassazione nell’anno 1994 (sentenza Demitry), il
dibattito si è successivamente protratto per un ulteriore decennio con
riferimento all’individuazione degli elementi integrativi di tale fattispecie;
disputa quest’ultima sopitasi nel 2005 con la (seconda) sentenza Mannino.
Da ultimo, la recente sentenza della Corte europea dei diritti
dell’Uomo nel noto caso Contrada c. Italia, seppur con riferimento specifico
per quelle condotte poste in essere anteriormente al primo approdo delle
Sezioni Unite del ‘94, ha riacceso i riflettori sul tema della configurabilità
del c.d. concorso esterno, imponendo così un’attenta disamina delle
conseguenze - effettive o meramente eventuali - di questa pronuncia
nell’ordinamento italiano.
In tale ambito, è interessante conoscere le vicissitudini processuali
inerenti all’ex funzionario di polizia successive e consequenziali alla
decisione resa dalla Corte EDU nell’aprile del 2015, da analizzare alla luce
dell’obbligo per il nostro Paese - in ossequio a quanto previsto dall’art. 46
della CEDU - di dare attuazione ai provvedimenti della Corte europea. Ma
non solo.
La sentenza Contrada c. Italia della Corte di Strasburgo ha posto
nuovi interrogativi in ordine alla estensibilità degli effetti del giudicato
2
europeo nei confronti di coloro i quali, pur non avendo adito il giudice
europeo, si trovino nelle stesse condizioni del ricorrente vittorioso a
Strasburgo (cc.dd. fratelli minori).
La questione, non a caso sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite, non
è di poco conto: è chiaro che, infatti, qualora venisse riconosciuta portata
generale al dictum contenuto nella sentenza della Corte europea sul caso
Contrada, tutte le sentenze di condanna inflitte a titolo di concorso esterno
in associazione mafiosa, per fatti anteriori alla sentenza Demitry del 1994,
sarebbero destinate a cadere nel nulla.
3
CAPITOLO I
EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE DELLA FIGURA DEL
CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Sommario:
1. Premessa. 2. Il concorso eventuale nei reati associativi: la situazione
antecedente l’intervento delle Sezioni Unite del 1994. 3. La sentenza «Demitry»
e l’affermazione della c.d. teoria della fibrillazione. 4. Il superamento del
«modello emergenziale» con l’ulteriore intervento delle Sezioni Unite nel 2003.
5. Il traguardo definitivo raggiunto con la sentenza «Mannino bis» delle Sezioni
Unite. 6. Le critiche alla sentenza Mannino del 2005 e la giurisprudenza
successiva. 7. Verso la tipizzazione legislativa del concorso esterno in
associazione mafiosa: un cantiere ancora aperto.
1. Premessa
Il dibattito sulla configurabilità del concorso eventuale (c.d. esterno)
nel reato associativo di tipo mafioso nasce storicamente, da un lato,
dall’esigenza - repressiva - di non lasciare impunite quelle condotte di
contiguità alla mafia caratterizzate da forme di sostegno al sodalizio
difficilmente punibili mediante il ricorso alla fattispecie associativa, in
quanto realizzate da soggetti che non ne fanno parte
1
, e, dall’altro,
1
Dal punto di vista criminologico si evidenzia, infatti, come il vero ‘capitale sociale’
delle mafie sia costituito dai legami intessuti dall’organizzazione strictu sensu intesa con
soggetti estranei alla stessa, appartenenti al mondo dell’imprenditoria, della politica o,
più genericamente, delle Istituzioni (es. Forze dell’ordine, Magistratura). In tale contesto,
al concetto di «area grigia», da tempo impiegato con riferimento a quelle persone che non
sono affiliate al sodalizio mafioso ma comunque in rapporto di stretta collaborazione con
questo, si è affiancato quello di «sistema criminale», che esprime la diffusione di
soggettività criminali complesse, cioè composte da molteplici figure non tutte provenienti
dal mondo gangsteristico ma ugualmente disponibili a stringere patti illeciti di reciproco
scambio. Cfr. sul punto R. SCARPINATO, Sistemi criminali, in A. DINO - L. PEPINO
(a cura di), Sistemi criminali e metodo mafioso, Milano, 2008, p. 166 e ss.; già similmente,
S. BOEMI, (intervista a), L’Unità, 5 agosto 2007, ove l’ex procuratore della DDA reggina
così affermava: «Si tratta di un modello integrato di capacità criminali individuali e
collettive, una sorta di tavolo di lavoro dove siedono figure diverse, non tutte
necessariamente mafiose».
4
dall’opposta esigenza - più garantista - di non sanzionare penalmente
condotte prive di un’adeguata giustificazione normativa sostanziale e
processuale
2
.
Alla base dell’incertezza interpretativa di cui si va a discutere vi è un
evidente difetto di tipicità della norma incriminatrice di cui all’art. 416bis, la
quale non offre alcuna definizione in merito alla stessa condotta di
partecipazione, limitandosi a punire “chiunque fa parte” di un’associazione
di tipo mafioso.
Né tantomeno, vi è traccia nel nostro codice penale di una norma che
definisca il concetto di «associazione»: ciò non soltanto in relazione al
particolare tipo associativo introdotto nel 1982 dalla Legge Rognoni-La
Torre, ma neppure in relazione all’associazione per delinquere semplice ed
alle altre associazioni illecite previste qua e là nel Codice (es. associazione
eversiva, associazione con finalità di terrorismo).
È chiaro, allora, che l’assenza di una definizione normativa in ordine
a ciò che si debba intendere per ‘partecipazione’ e, ancor prima, per
‘associazione’ non costituisca soltanto un problema interpretativo comune
all’ampia area dei reati associativi
3
, ma coinvolga la problematica che ne
segue in ordine alla distinzione tra il concorso eventuale di più persone nel
2
Cfr. G. TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, Le condotte contigue e il problema
del concorso eventuale nel reato associativo, p. 428.
3
Problema questo che appare più attuale che mai soprattutto con riferimento alle
associazioni con finalità di terrorismo, punite dall’art. 270bis c.p. A tal proposito, si rileva
come non manchino recenti pronunce giurisprudenziali, piuttosto criticabili, che
deprivano l’associazione delle sue componenti strutturali tradizionalmente richieste
facendola coincidere con una non meglio specificata «comune militanza ideologica». V.,
ad es., Cass. pen., Sez. V, 13 luglio 2017, n. 50189, ove, peraltro, i giudici di legittimità
ritengono corretto punire a titolo di partecipazione ad un’organizzazione terroristica di
matrice islamica persino la mera adesione unilaterale all’associazione.
5
reato e il reato associativo stesso, per la cui configurazione è richiesta la
partecipazione necessaria di più soggetti
4
.
Non è affatto casuale, pertanto, la circostanza che ci siano voluti ben
quattro interventi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per fissare i
contorni della ‘contiguità’ punibile, ovverosia i parametri necessari alla
distinzione tra la condotta di partecipazione e la condotta di chi concorre
esternamente nell’associazione mafiosa
5
. Ma ancor prima di ciò, aspramente
discussa è stata la stessa ammissibilità di un concorso eventuale di persone
nel delitto di associazione mafiosa.
Ed infatti, lo scontro tra «giustizialisti» e «garantisti» in ordine alla
tematica del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa
6
ha avuto ad
oggetto proprio la possibilità o meno di applicare l’art. 110 c.p. – norma
questa contenuta nella parte generale del codice penale e avente la funzione
di estendere la punibilità, assoggettando le cc.dd. condotte atipiche al
medesimo trattamento sanzionatorio previsto per quelle tipiche - alla
fattispecie delittuosa di parte speciale prevista all’art. 416bis c.p.
Non va dimenticato, a tal proposito, come la stessa disciplina
contenuta nell’art. 110 c.p. sia stata sospettata di illegittimità costituzionale
- per contrasto con i principi di legalità ed uguaglianza - a causa della sua
incapacità di individuare ex ante i comportamenti passibili di essere
4
Sul piano sistematico, va inoltre rilevato come nei lavori preparatori del codice penale i
compilatori si siano limitati ad individuare nel c.d. pactum sceleris – da intendersi quale
incontro occasionale di più volontà diretto alla commissione di uno specifico reato - l’in
sé del concorso di più persone nel reato, mentre nella c.d. societas sceleris – ovverosia
nella stabilità del vincolo che lega più soggetti all’associazione e nell’indeterminatezza
dei reati oggetto del programma criminoso - il proprium del reato associativo.
5
Cfr. T. PADOVANI, Note sul c.d. concorso esterno, in Arch. pen., 2/2012, pp. 487 –
488, il quale rileva come “Il concorso esterno ha varcato le soglie delle Sezioni Unite
della Suprema Corte con una frequenza sconosciuta financo ai più tormentati istituti del
nostro, pur tormentatissimo, diritto penale”.
6
Così si è espresso G. LATTANZI, Partecipazione all’associazione criminosa e
concorso esterno, in Cass. pen., 1998, p. 3137.
6
sanzionati penalmente, nonché a causa dell’equiparazione di tutte le
ipotetiche condotte costitutive del concorso
7
.
Risulta agevole comprendere, quindi, quali siano le preoccupazioni ed
i rischi – prevedibilmente connessi ad un’indefinita estensione della
compartecipazione criminosa
8
, peraltro accentuati dalla diffusa tendenza
giurisprudenziale a dilatare i requisiti minimi della stessa condotta
partecipativa
9
– derivanti dall’applicazione congiunta di due norme, l’art.
110 e l’art. 416bis c.p., di per sé carenti di precisione e sufficiente
determinatezza
10
.
Criticità che, indubbiamente, divengono ancor più avvertite
allorquando dall’ambito del diritto sostanziale ci si sposti su quello
processuale, dovendosi l’interprete confrontare con possibili contestazioni
7
Sul punto, v. G. VASSALLI, Sul concorso di persone nel reato, in Ultimi scritti, Milano,
2007, p. 108; S. SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato,
Milano, 1987, p. 1 e ss.; M. RONCO, Il principio di tipicità della fattispecie penale
nell’ordinamento vigente, Torino, 1979, p. 251, ove si legge che “la formula dell’art.
110 c.p. [...] è viziata di indeterminatezza per la ingiustificata e irrazionale equiparazione
astratta delle posizioni giuridiche dei soggetti che hanno partecipato al reato con livelli
ben diversi di intensità criminosa”; sulle proposte di modifica della disciplina del
concorso di persone nel reato, v. M. ROMANO – G. GRASSO, Commentario sistematico
del codice penale, tomo II, IV ed., Milano, 2012, p. 141 e ss.
8
Sul punto, v. L. VIGNALE, Ai confini della tipicità: l’identificazione della condotta
concorsuale, in Riv. it. dir. proc. pen., 4/1983, p. 1359; A. GARGANI, Dal corpus delicti
al Tatbestand. Le origini della tipicità penale, Milano, 1997, p. 4 e ss.; più recentemente,
A. CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo. Le ipotesi delle
associazioni per delinquere e di tipo mafioso, Napoli, 2003, p. 210 e ss.
9
Cfr. F. SIRACUSANO, Brevi riflessioni su contiguità alla mafia e concorso esterno, in
ORDINES, 1/2015, p. 5.
10
Così si è espressa un’autorevole dottrina: “due sfere normative affette, entrambe, da
notevole genericità già in partenza, per cui genericità si somma a genericità dando luogo
a perversi effetti moltiplicatori” (G. FIANDACA – C. VISCONTI, Il concorso esterno
come persistente istituto “polemogeno”, in Arch. pen., 2/2012, p. 505); similmente, si è
espresso anche G. DE VERO, Il concorso esterno in associazione mafiosa tra incessante
travaglio giurisprudenziale e perdurante afasia legislativa, in Dir. pen. proc., 11/2003,
p. 1327, secondo il quale “la combinazione con il reato associativo – in via di principio
ineccepibile de jure condito – non fa che proiettare oltre ogni limite di sostenibilità i vizi
d’origine della clausola generale di incriminazione suppletiva”.
7
estremamente generiche e, quindi, pericolose, poiché «suscettibili di fare
assumere ai fatti di reato ora il ruolo di elementi costitutivi del reato
contestato, ora il ruolo di elementi di prova, realizzando, in questo modo, un
vero e proprio circolo vizioso»
11
.
In altri termini, e in estrema sintesi, ci si limita qui ad evidenziare
come il ricorso a schemi di incriminazione elastici (definiti anche
«processual-serventi»)
12
comporti per la pubblica accusa, prima, e per il
giudice, dopo, una forte agevolazione nel ritenere raggiunta la prova del fatto
oggetto d’imputazione e, per contro, comporti per la difesa dell’imputato
insormontabili ostacoli nella predisposizione di una linea difensiva
realmente credibile ed efficace
13
.
Va precisato, comunque, che la questione è stata molto dibattuta e
controversa per lo più con riferimento al ‘concorso materiale’, giacché il
‘concorso morale’ – consistente in tal caso nel «determinare o, comunque,
rafforzare la volontà altrui di partecipare a un’associazione per delinquere, o
di promuoverla o dirigerla od organizzarla»
14
- è stato ritenuto generalmente
ammissibile
15
.
11
G. FIANDACA, Il concorso esterno fra guerre di religione e laicità giuridica,
Considerazioni sollecitate dalla requisitoria del p.g. Francesco Iacoviello nel processo
Dell’Utri, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1/2012, p. 253.
12
Così viene definito, non a caso, lo strumento offerto dal combinato disposto dagli artt.
110 e 416bis c.p.: “strumento duttile e servizievole, come tale molto funzionale allo
svolgimento di indagini ad ampio spettro sulla cosiddetta zona grigia, cioè sulle reti di
relazioni e collusioni che a tutt’oggi avvincono in rapporti di stretta contiguità clan
mafiosi ed esponenti a vario titolo delle classi dirigenti” (G. FIANDACA – C.
VISCONTI, op. cit., p. 503).
13
Per approfondire sul punto, v. F. SIRACUSANO, op. cit., p. 7 e ss.
14
Così, Cass. 18 maggio 1994 (dep. 30 giugno 1994), Mattina, in Cass. pen., 1994, p.
2685.
15
Esempio emblematico di concorso morale nel reato associativo di tipo mafioso è offerto
dall’ipotesi in cui un genitore, ex capomafia a riposo, istiga il figlio ad abbandonare la
propria attività lavorativa lecita per entrare a far parte dell’associazione criminale, onde
dedicarsi alle finalità proprie di questa. Si veda, a tal proposito, Cass., 27 giugno 1994
(ud. 18 maggio 1994), Clementi, CED-198328-9.
8
Individuati – seppure sommariamente - i termini generali della
questione, non resta che ripercorrere in questo primo capitolo i tratti salienti
dell’evoluzione giurisprudenziale sul tema del concorso eventuale di persone
nei reati associativi e, più specificamente, sul concorso esterno in
associazione mafiosa.
2. Il concorso eventuale nei reati associativi: la situazione
antecedente l’intervento delle Sezioni Unite del 1994.
Come si è giustamente osservato, la figura del concorso eventuale nel
reato associativo costituisce non tanto un reato a sé stante quanto piuttosto
un fenomeno giuridico, che, a bene vedere, non risulta essere affatto
recente
16
.
I primi embrioni del fenomeno del concorso esterno nei reati
associativi risalgono addirittura al periodo immediatamente successivo
all’unificazione del Regno d’Italia, precisamente al 1875, allorquando la
Corte di Cassazione di Palermo ritenne penalmente rilevanti - punendole a
titolo di «complicità in associazione di malfattori» - le condotte di ausilio
poste in favore dei componenti dell’«associazione dei malfattori» da soggetti
non definibili partecipi all’associazione stessa, «bensì una sorta di
favoreggiatori e, comunque, di concorrenti ab externo degli associati
medesimi»
17
.
Qualche anno più tardi, invece, è lo stesso Codice Zanardelli (1889)
ad ammettere – anche se implicitamente - la possibilità di applicare la
16
Così, C. VISCONTI, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, p.
43 e ss.
17
Si tratta di: Cass., Palermo, 17 giugno 1875, Ciaccio ed altri, e Cass., Palermo, 1 luglio
1875, Russo, in Il circolo giuridico, vol. VI, 1876, p. 47 e p. 54, più recentemente
pubblicate in Indice pen., 2000, p. 421 ss.