4
Infatti non può considerarsi pubblico impiego quello
costituito con società commerciali, anche se costituite attraverso
conferimenti eseguiti con capitale pubblico ovvero con soggetti
privati concessionari di pubblico servizio.
ùE’ indispensabile poi la presenza di alcuni caratteri; quello
della continuità, il dipendente pubblico infatti non viene assunto
per l’esecuzione di una singola opera ma per una prestazione di
carattere continuativo, e quello della esclusività per il quale la
prestazione lavorativa resa a favore dell’ente deve
necessariamente essere prevalente rispetto a qualsiasi altra
prestazione dell’impiegato. Non è possibile inoltre costituire un
rapporto per finalità che non rientrino fra quelle istituzionali
dell’ente, proprio per la necessaria correlazione che il rapporto
stesso deve avere con questi. Infine è da notare come la
retribuzione nel pubblico impiego sia predeterminata, non
essendo possibile infatti che questa sia commisurata al prodotto
ottenuto (cottimo).
Sono questi quindi i caratteri essenziali perché possa
configurarsi un rapporto di pubblico impiego, che oggi, in
5
seguito alla privatizzazione, si costituisce con la semplice stipula
di un contratto individuale di lavoro, e che può anche essere
riconosciuto ove sussistano gli elementi essenziali del pubblico
impiego, qualora dal comportamento della pubblica
amministrazione si possa desumere la sua intenzione di inserire il
lavoratore stesso nell’organizzazione dell’ente.
Oggi inoltre anche per il pubblico impiego sono previste
particolari tipologie del rapporto di lavoro, per le quali esistono
regole speciali. Il rapporto, per esempio, può essere instaurato
tramite un contratto a tempo determinato
2
con il quale le
amministrazioni possono effettuare assunzioni di personale a
termine in quattro ipotesi: per la sostituzione di dipendenti
assenti aventi diritto alla conservazione del posto quando
l’assenza prevista superi i sessanta giorni consecutivi, per la
sostituzione delle dipendenti in astensione obbligatoria e
facoltativa per gravidanza e puerperio, per attività connesse allo
svolgimento di specifici progetti o programmi nel limite massimo
di dodici mesi, per la temporanea copertura di posti vacanti per
2
Art. 19, 1° comma Ccnl 2001
6
un periodo massimo di otto mesi e sempre che siano state avviate
le procedure per la copertura dei posti stessi.
Le amministrazioni possono poi stipulare contratti di
fornitura di lavoro temporaneo
3
e anche contratti di formazione
4
e lavoro, o per l’acquisizione di professionalità elevate, o per
agevolare l’inserimento professionale mediante una esperienza
lavorativa che consenta un adeguamento delle capacità
professionali del dipendente alle esigenze organizzative e di
servizio. Può infine essere stipulato un contratto a tempo
parziale
5
(c.d. part-time), sia nella modalità del tempo parziale
orizzontale che in quella verticale.
3
Art. 20, Ccnl 2001
4
Art. 21, Ccnl 2001
5
Art. 22, Ccnl 2001
7
1.2 LA PRIVATIZZAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO
Il modello a cui si ispirava la legislazione in materia di
pubblico impiego, quale risultava principalmente dallo statuto
sugli impiegati civili dello Stato (t.u. 10 gennaio 1957 n. 3), si
fondava su una disciplina nettamente differenziata rispetto a
quella utilizzata per l’impiego privato e assegnava costante
prevalenza all’interesse pubblico, anche se comunque prevedeva
una tutela a volte più intensa di quella prevista per i dipendenti di
datori privati.
Questo modello, in forza di una notevole evoluzione
legislativa, è stato oggi abbandonato. Ciò essenzialmente è
dovuto sia all’introduzione della contrattualizzazione nel
pubblico impiego, sia alla crescente esigenza di applicare anche
al rapporto di pubblico impiego i principi propri del diritto del
lavoro.
La così detta privatizzazione del pubblico impiego è stata
introdotta dal d.lgs 3 febbraio 1993 n. 29, emanato in attuazione
8
della delega conferita al governo dall’art. 2 della l. 23 ottobre
1992 n. 421.
Tale decreto è stato però più volte modificato, ma essendo
poi scaduta la delega, con la l. 15 marzo 1997 n. 59 è stata
conferita una nuova delega, in base alla quale è stato poi emanato
il d.lgs 31 marzo 1998 n.80, con il quale sono state apportate
nuove e significative modifiche.
Sempre sulla base della delega del 1997, sono state poi
raccolte e coordinate tutte le disposizioni vigenti in materia di
pubblico impiego nel d.lgs 30 marzo 2001 n. 165, con il titolo di
“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni” (t.u. pubblico impiego).
Come ha evidenziato un autorevolissima dottrina, trattando
delle conseguenze della privatizzazione, la sostituzione della
disciplina legislativa con quella di natura contrattuale ha
comportato molti cambiamenti, primo fra tutti proprio il
superamento della distinzione tra diritti soggettivi e interessi
legittimi e tra atti autoritativi e atti paritetici, essendo stata tutta
9
la materia del lavoro pubblico, tranne poche eccezioni,
assoggettata interamente alla contrattazione collettiva
6
.
Infatti oggi, “anche quando la pubblica amministrazione
utilizza i propri poteri discrezionali nei confronti di un pubblico
dipendente (ad es. un trasferimento di ufficio o una sanzione
disciplinare), essa non pone in essere dei veri provvedimenti
amministrativi”
7
.
6
Barbieri, Privatizzazione del pubblico impiego ed interessi legittimi, in Mass. giur. it., 1999, 1034; Stolfi, La tutela
giurisdizionale dell’interesse legittimo di fronte al giudice ordinario, in Amm. it., 1998, 1541.
7
Cfr. VIRGA P., Il pubblico impiego dopo la privatizzazione, 2002, p. 13, che richiama, tra
l'altro, Cass. Sez. Un. 9 agosto 2000, n. 4556, in C.S., 2000, II, p. 237.
10
1.3 FINALITA’ ED AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA
RIFORMA
La norma d’esordio del D.Lgs. 165/2001 enuncia quelle che
sono le finalità fondamentali della riforma introdotta dalla legge
delega n. 421/1992 ed inizialmente varata con l’originaria
formulazione del D.Lgs n. 29/1993, poi perfezionata
dall’ulteriore intervento dei decreti n. 80 e n. 387 del 1998.
Tali finalità, così come espresse dal comma 1 dell’art.1,
coincidono con la volontà e la necessità di perseguire una serie di
obiettivi fondamentali. Innanzitutto “accrescere l’efficienza delle
amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e
servizi dei Paesi dell’Unione Europea, anche mediante il
coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici”. Il
riferimento alla efficienza si deve intendere in senso lato,
comprensivo cioè del miglioramento qualitativo e quantitativo
dei servizi misurato sia in relazione ai loro costi, sia in relazione
alla soddisfazione dei cittadini utenti. In secondo luogo il
legislatore pone l’obiettivo di “razionalizzare il costo del lavoro
pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale,
11
diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica”. Infine si
dice nel testo è necessario “realizzare la migliore utilizzazione
delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la
formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti,
garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e
applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro
privato”.
I principali canali d’intervento che il legislatore ha inteso
perseguire per raggiungere tali obiettivi sono due: da un lato la
riorganizzazione degli uffici pubblici, e dall’altro quella così
detta privatizzazione dei rapporti di lavoro e di impiego alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni, tenuto conto,
peraltro, delle peculiarità proprie di ogni singolo ambito
ordinamentale.
Sempre nell’art. 1 ma al comma 2, il legislatore si
preoccupa poi di individuare anche l’ambito di applicazione del
nuovo ordinamento. Si chiarisce infatti che per “amministrazioni
pubbliche” si devono intendere “tutte le amministrazioni dello
stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
12
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le
Comunita' montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro
associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali,
regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del
Servizio sanitario nazionale. Tale elenco non è però da ritenere di
carattere tassativo, dovendosi intendere che il legislatore abbia
voluto ricomprendere nel sistema tutta la pubblica
amministrazione, nell’accezione più larga del termine, trattando,
viceversa, quali eccezioni, le specifiche esclusioni.
In particolare per esempio, l’espressione “enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali” evidenzia l’intento del
legislatore di svincolare dalla disciplina generale dettata dalla
riforma tutti gli “enti pubblici economici”, i quali sono
caratterizzati dallo svolgimento di attività economica assimilabile
a quella imprenditoriale, operando anche solo prevalentemente
nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi.