5
Il presente lavoro si propone di indagare i reali motivi che ostacolano
e ritardano ancora il processo di liberalizzazione avviato e di fornire alcune
possibili proposte di riforma, soprattutto per quanto riguarda il trasporto
ferroviario in Italia. La trattazione si soffermerà, nel capitolo 1,
sull’evoluzione delle normative comunitarie in materia, quale motore delle
singole riforme nazionali, analizzandone le innovazioni e l’impatto sui
principali sistemi ferroviari europei. Il secondo capitolo, invece, è
interamente dedicato alle vicende italiane, qui se ne ripercorrono le alterne
fortune sin dalla costituzione delle ferrovie nazionali, alla ricerca di un
comun denominatore nella gestione del settore che aiuti a comprendere
quale direzione sta imboccando il comparto alla luce, infine, degli apporti
comunitari. Il terzo capitolo contiene, in conclusione, una proposta di
riassetto del settore che, alla stregua di quanto avvenuto per altre public
utilities, e in totale rottura con i tradizionali modelli di gestione fin qui
perseguiti, ci sembra possa condurre al compimento del disegno
concorrenziale
6
I. LA DISCIPLINA COMUNITARIA DEL TRASPORTO
FERROVIARIO PASSEGGERI: EVOLUZIONE,
INNOVAZIONI E IMPATTO SUI SISTEMI
FERROVIARI EUROPEI .
Nel settore del trasporto ferroviario passeggeri il processo di
liberalizzazione è stato ritardato sia da resistenze nazionali, sia dall’assenza
di una vera e propria politica comunitaria dei trasporti, pur prevista
dall’articolo 70, comma 1, del Trattato CE (come modificato dal Trattato di
Amsterdam)
2
, cosicché una reale, seppure ancora incompleta, apertura al
mercato si sta realizzando solo dagli inizi degli anni novanta. E’ infatti in
quest’ultimo decennio che si producono importanti innovazioni nella
disciplina comunitaria di settore e trovano ambiente favorevole alla loro
applicazione le precedenti disposizioni in materia, che pure si erano
succedute sin dal termine degli anni sessanta ma che solo ora si
concretizzano. Il tentativo di superamento della normativa dettata dalla
vecchia costituzione economica è stato condotto sui molteplici piani che
costituiscono sia la struttura del comparto del trasporto ferroviario, sia i
rapporti tra i soggetti erogatori del servizio e gli Stati, sia infine i metodi di
gestione e la struttura organizzativa delle stesse aziende ferroviarie. Il
complesso della produzione normativa comunitaria dalla fine degli anni
sessanta fino ad oggi ha insistito , in particolare, su tre aspetti fondamentali,
ricostruendo di fatto il quadro legislativo in cui si muovono i soggetti
protagonisti del settore, secondo quella che si può definire la disciplina di
settore della nuova costituzione economica.
2
“Gli stati membri perseguono gli obiettivi del trattato per quanto riguarda la materia disciplinata dal
presente titolo, nel quadro di una politica comune dei trasporti.”
7
Questi sono:
- il superamento del regime speciale del servizio pubblico;
- la liberalizzazione nell’offerta dei servizi di trasporto ferroviario
attraverso la separazione tra rete e servizio;
- la normalizzazione e la trasparenza dei rapporti con i poteri pubblici;
8
I.1 L’evoluzione giuridica della nozione di servizio pubblico.
Ai trasporti in linea, in quanto tesi ad assicurare con caratteri di
regolarità e continuità il godimento del diritto alla mobilità, la dottrina
tradizionale ha originariamente attribuito la natura di servizio pubblico. Più
in particolare, per quanto riguarda il trasporto ferroviario, questa
considerazione e le specificità tecnologiche ed economiche proprie di tale
tipologia di vettore, in primo luogo il carattere di monopolio naturale delle
reti, hanno condotto e giustificato per lungo tempo la gestione in
monopolio pubblico. I recenti interventi di liberalizzazione di interi settori
originariamente riservati all’intervento degli Stati, quali appunto quello
delle ferrovie, ad opera dei provvedimenti comunitari, si basano
principalmente su un’evoluzione del concetto stesso di servizio pubblico, la
cui definizione alla luce dell’interpretazione in sede comunitaria appare
centrale per comprendere l’essenza delle nuove discipline di settore e le
futuribili possibilità di evoluzione dell’assetto del settore in esame.
La soddisfazione di bisogni collettivi e il perseguimento di interessi
generali sono stati tradizionalmente all’origine della regolazione di interi
settori di attività sia nei paesi di common law, sia in quelli a diritto
amministrativo. Se dunque comune alle due tipologie di ordinamenti è stata
la necessità di ovviare ai fallimenti del mercato, profondamente diverse
sono state le forme adottate per il raggiungimento di questo obiettivo. Nei
paesi a diritto amministrativo, infatti, la regolazione ha assunto il carattere
di un diffuso intervento statale nell’economia, quale risultato dell’idea di
un servizio pubblico come espressione naturale del settore pubblico; mentre
nei paesi di common law questa è stata attuata attraverso agenzie pubbliche
con competenza di settore, attraverso il modello di gestione del “regulating
9
business by independent commission”. Più in particolare, per quanto
riguarda gli ordinamenti a diritto amministrativo, cui quello italiano
appartiene, occorre volgere l’attenzione alla Francia, che più di ogni altro
paese ha visto la dottrina e la giurisprudenza impegnate
nell’approfondimento della nozione di servizio pubblico. La scienza
giuridica francese ha originariamente formulato una nozione “forte” del
service public, in base alla quale l’intera attività pubblica (che non sia
funzione pubblica) è servizio pubblico e come tale informata a tre elementi
fondamentali: il criterio organico, cioè l’intervento di un soggetto
pubblico, il criterio formale, in base al quale il servizio pubblico è
disciplinato da un regime giuridico speciale, e il criterio funzionale o
materiale, in base al quale il servizio pubblico soddisfa bisogni di interesse
generale. In Italia la nozione di servizio pubblico non ha mai assunto una
centralità paragonabile a quella riconosciuta dalla tradizione giuridica
francese. La teoria nominalistica o soggettiva affermatasi nel primo
decennio del novecento opera infatti un capovolgimento della nozione
francese in base alla quale lo Stato-Nazione è l’insieme dei servizi pubblici,
evidenziando che sono tali solo quelli di cui è titolare lo Stato. Questa
concezione individua, in particolare, un servizio pubblico nelle attività
destinate agli amministrati e imputabili (direttamente o indirettamente) allo
Stato o a un ente pubblico. «Tale nozione (incentrata sul concetto di
prestazione e di imputabilità allo Stato) implica l’impossibilità di definire il
pubblico servizio in base ai caratteri oggettivi dell’attività, mentre si avrà
servizio pubblico se questa è attribuita dal legislatore allo Stato, seppure
l’esercizio (non la titolarità) viene trasferita a un soggetto non statale».
3
3
Nicoletta Rangone, I servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999, p.300, ove è possibile rinvenire tutte le
indicazioni bibliografiche sull’argomento.
10
Tuttavia nel corso del secolo il diffondersi di discipline organiche di interi
settori economici genera i primi dubbi circa la fondatezza della tesi
soggettiva anche perché la dottrina riscontra non solo l’esistenza dei servizi
pubblici in senso proprio (in quanto svolti da soggetti pubblici) ma anche di
servizi che «dall’aspetto subiettivo sono attività private, e attingono il
nome, non la qualità, di pubblici dalla tradizione e dall’uso comune, in
vista della loro funzione, ma che tuttavia, come attività private, sono
soggette a un particolare regime pubblicistico»
4
; vengono, in altre parole,
individuate attività che non sono imputabili alla pubblica amministrazione,
sono svolte da soggetti privati, ma che sono soggette a un particolare
regime pubblicistico non derivante da un provvedimento di concessione
(servizio pubblico in senso improprio). Successivamente lo stesso articolo
43 della Costituzione
5
porta a smentire il principio nominalistico: esistono
servizi pubblici che non appartengono allo Stato o a enti pubblici e i fini di
interesse generale non esigono in ogni caso la sottrazione delle proprietà
d’impresa. La teoria soggettiva contrasta inoltre con l’articolo 41, comma
3, della stessa Costituzione
6
: l’attività privata è considerata non meno
idonea di quella pubblica al perseguimento degli obiettivi sociali.
Da questo insieme di riflessioni nasce la teoria oggettiva, in base alla quale
il servizio pubblico è un’attività solo oggettivamente pubblica; il servizio
pubblico può essere gestito dai pubblici poteri oppure riservato ai pubblici
poteri e da questi gestito in forma imprenditoriale attraverso strumenti
di diritto privato.
4
De Valles, I servizi pubblici, in V.E. Orlando (a cura di), Primo trattato completo di diritto
amministrativo italiano, Milano, Società editrice libraria, 1930, p. 396
5
Art. 43 Cost.: “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante
espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti
determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a sevizi pubblici essenziali o a fonti di
energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”
6
Art.41, comma 3, Cost.:”La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l’attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
11
Nella sostanza comunque, per quanto riguarda il nostro paese, non sembra
possibile parlare di un concetto unitario e di un diritto dei pubblici servizi
7
.
Ma anche negli altri paesi a diritto amministrativo, anche in quelli, come la
Francia, dove la nozione di servizio pubblico risultava più stabile e
radicata, questa entra in crisi allorché vengono meno le equazioni alla base
della teoria classica del servizio pubblico: la coincidenza della definizione
organica e funzionale (cioè la tradizionale asserzione secondo cui al
perseguimento di un interesse pubblico sia di norma preposto
esclusivamente un soggetto pubblico) e la necessaria correlazione tra
servizio pubblico e regime speciale. Dalla dissociazione tra servizio
pubblico e regime giuridico speciale discendono dunque forme di gestione
così varie che dall’affermazione che un’attività è servizio pubblico
derivano ben poche conseguenze quanto al regime giuridico. L’identità
del servizio pubblico resta, peraltro, legata all’elemento funzionale (o
materiale) consistente nel perseguimento di obiettivi di interesse generale.
Nei paesi con ordinamento a diritto amministrativo la parabola evolutiva
della nozione di servizio pubblico conduce in definitiva, ad oggi, questa
stessa nozione molto vicina a quella di public utilities da sempre presente
nei paesi di common law. Questi ordinamenti non conoscono infatti
una nozione giuridica di servizio pubblico. «In tale contesto non è mai
esistita una contrapposizione tra public utilities e concorrenza, e le regole
di concorrenza nascono proprio per arginare il potere di operatori privati».
8
7
In questo senso F. Merusi (I servizi pubblici instabili, Bologna, Il Mulino, 1990, pp.7 ss.) : «in Italia
manca un diritto dei pubblici servizi per cause storico-normative. (…) Quando poi, con le leggi giolittiane
sulla nazionalizzazione delle ferrovie e sulla municipalizzazioni dei pubblici servizi, si intese introdurre
nell’organizzazione amministrativa il modello privatistico dell’azienda, si finì per combinare assieme la
disciplina amministrativa delle strutture, con una disciplina privatistica dell’erogazione. (…) I servizi
pubblici hanno così oscillato in continuazione fra diritto amministrativo e diritto privato senza trovare un
ubi consistam, senza ciè trovare una loro disciplina tipica e unitaria. (…) Né le cose sono migliorate con
l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana. (…) Non è, in altre parole, che dagli ordinamenti
sezionali e dalla programmazioni economiche sia estraibile una disciplina generale del pubblico servizio
da applicare anche ai pubblici servizi in senso proprio».
8
Rangone, op. cit., p.310
12
Più in particolare, l’applicazione concreta di una tale visione ha permesso
in questi paesi di delineare una serie di caratteristiche proprie e ricorrenti
del servizio pubblico: a) il servizio può essere assicurato sia da soggetti
pubblici che da soggetti privati; b) la natura di servizio pubblico può
caratterizzare solo una parte delle attività di settore; c) il carattere di
servizio pubblico non giustifica necessariamente la gestione in monopolio;
d) il servizio è sottoposto al controllo di un organismo indipendente di
regolazione e deve essere offerto secondo criteri di continuità e di
adattamento alla domanda, a qualsiasi richiedente e senza discriminazioni,
nel rispetto di regole imprenditoriali di gestione. Ancora, altro tratto
fondamentale di un concetto così delineato di servizio pubblico è che la sua
stessa nozione presenta carattere evolutivo (ad esempio, diverse attività
possono, nel tempo, soddisfare una determinata necessità), tanto da essere
definito efficacemente come «un concetto fisso con un contenuto che
muta»
9
.
A livello comunitario la nozione di servizio pubblico sembra rifarsi
proprio a questa, appena enunciata, in uso nei paesi a common law. In
verità, le norme del Trattato CE non delineano una nozione di servizio
pubblico. Questa emerge invece, in via interpretativa, dalle varie discipline
di settore, sviluppatesi a partire dagli anni ottanta; da queste emerge che il
“servizio pubblico comunitario” comprende le seguenti attività offerte al
pubblico: a) le gestione delle reti e l’offerta dei servizi ferroviari di linea
sulle medie e lunghe distanze; b) la produzione, il trasporto e la
distribuzione di energia elettrica e il trasporto e la distribuzione di gas
naturale; c) la gestione delle reti di telecomunicazioni di base (fissa e
mobile) e dei servizi da questa supportati (telefonia vocale, fax e modem);
d) la raccolta-smistamento, il trasporto e il recapito al pubblico della
9
M. G. Glaeser, citato in E.W. Clemens, Economia dei servizi di pubblica utilità, Torino, Utet, 1957
13
corrispondenza postale di peso inferiore a 2 chilogrammi e dei pacchi fino
a 20 chilogrammi. La disciplina di settore delinea, infatti, alcune
caratteristiche comuni dalle quali emerge una nozione oggettivo-funzionale
dei servizi pubblici. Più precisamente, affinché possa parlarsi di attività di
servizio pubblico comunitario occorre che queste siano funzionali alla
soddisfazione di obiettivi di interesse economico generale, la cui
individuazione è riconducibile a una decisione di un pubblico potere (il
legislatore o il giudice comunitario). «Occorre, peraltro, fare riferimento
non tanto a prestazioni o settori di servizio pubblico, quanto ad attività in
regime di servizio pubblico; la nozione di servizio pubblico non è, infatti,
riferibile a un determinato tipo di prestazione (ad esempio il trasporto per
ferrovia) o settore (come quello ferroviario), né all’intervento di soggetti
pubblici (è ormai riconosciuto, infatti, che non tutte le prestazioni
riconducibili ai pubblici poteri sono servizio pubblico), ma indica il modo
di esercizio di una determinata attività (sottoposta a una regolazione
minima a fini di interesse generale)».
10
In conseguenza, dunque, a livello
operativo l’impatto di rilievo del diritto comunitario nella disciplina dei
servizi pubblici consiste nell’aver:
attratto a livello sopranazionale l’individuazione degli obiettivi di
servizio pubblico; ne emerge una nuova dimensione del criterio
funzionane: il bisogno di interesse generale soddisfatto dal servizio
pubblico è definito a livello comunitario;
svincolato una volta per tutte l’idea del servizio pubblico da una
gestione pubblica necessaria (in termini teorici ciò implica il
superamento del criterio organico di individuazione): i servizi
pubblici possono essere gestiti sia da soggetti pubblici sia da soggetti
privati;
10
Rangone, op. cit., p.313
14
imposto la caduta di privilegi ed oneri e, più in generale, di ogni
regime esorbitante (superamento del criterio formale, in base al quale
il servizio pubblico è disciplinato dal diritto pubblico);
definito un nuovo regime del servizio pubblico, liberalizzato e
sottoposto a misure di consenso non discrezionali (in tutte le ipotesi
in cui gli obiettivi di interesse generale possono essere
adeguatamente garantiti da semplici da semplici meccanismi di
vigilanza sulla qualità e sulle tariffe); in particolare, il nuovo regime
dei servizi pubblici comporta: a) la soppressione dei diritti speciali o
esclusivi esistenti; b) la sostituzione del sistema di accesso ai mercati
basato su concessioni con autorizzazioni non discrezionali; c)
l’affidamento delle funzioni di regolazione a organismi indipendenti
dagli operatori di settore; d) il superamento della tradizionale
asimmetria tra operatori e utenti passando da un sistema basato
sull’obbligazione legale di offrire servizi a un rapporto contrattuale
di natura privatistica disciplinato dal diritto comune. Le
caratteristiche evidenziate, dunque, avvicinano nei fatti il servizio
pubblico comunitario al servizio pubblico in senso oggettivo, inteso
come clausola generale propria delle scienze economiche, e alle
public utilities dei paesi di common law, che costituiscono attività di
interesse generale (che non sono mai state riservate) da chiunque
offerte al pubblico senza discriminazioni tra gli utilizzatori.
All’interno di un concetto di servizio pubblico così definito si
distingue poi ulteriormente la nozione di servizio universale. Anche questa,
in realtà, non trova una chiara e univoca definizione giuridica nel diritto
comunitario. Dalla disciplina di settore emergono, peraltro, alcune
caratteristiche comuni che consentono di qualificare il servizio universale
come un «insieme minimo definito di servizi, di una data qualità, a
15
disposizione di tutti gli utenti indipendentemente dalla localizzazione
geografica e offerto, in funzione delle specifiche condizioni nazionali, a un
prezzo abbordabile».
11
Il servizio universale è un servizio minimo che
consente di garantire il perseguimento degli obiettivi sociali non assicurati
dal libero gioco del mercato. Gli obblighi di servizio universale
comprendono, dunque, oltre ai vincoli che caratterizzano la prestazione del
servizio pubblico (e finalizzati al rispetto dei principi di continuità,
uguaglianza di trattamento e adattamento ai bisogni), anche un obbligo di
predisposizione del servizio che assicuri una prestazione anche ad utenti in
aree geografiche non profittevoli e secondo tariffe accessibili per gli utenti
stessi. Anche in questo caso, la prima nozione di servizio universale risulta
sconosciuta ai paesi a diritto amministrativo, e si rinviene nella tradizione
giuridica di quelli di common law. Altra caratteristica di questo concetto è
che esso non si identifica con un particolare regime giuridico del settore di
applicazione, ma muta, infatti, al modificarsi del contesto tecnologico ed
economico del settore stesso: in presenza di monopoli naturali il primo
sviluppo della rete universale e la prestazione del servizio universale sono
assicurate da un unico operatore che, attraverso le sovvenzioni incrociate
tra attività redditizie e non, è in grado di offrire a tutti gli utenti un servizio
a prezzi accessibili. Una volta raggiunto un adeguato sviluppo della rete e
un livello tecnologico che consente la simultanea presenza di più operatori,
l’affordability del servizio universale può essere meglio garantita dal libero
gioco delle forze di mercato. Carattere evolutivo presentano,
conseguentemente, anche gli obiettivi del servizio universale che, in una
fase di avanzato sviluppo delle reti e dei servizi, si trasformano da
un’offerta di un servizio minimo a tariffa accessibile a tutti gli utenti nella
garanzia di offerta di servizi differenziati in base alle esigenze dei
11
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio CE n. 20, art.2, comma 2, lett.f.
16
destinatari. Più realisticamente per i paesi con ordinamenti a diritto
amministrativo, ad oggi gli obblighi di servizio universale costituiscono la
salvaguardia di un insieme di diritti minimi della collettività nel passaggio
dal regime speciale alla disciplina di diritto comune. In conclusione
dunque, il diritto comunitario dei servizi a rete impone il superamento dei
regimi speciali del servizio pubblico, tradizionalmente inteso, che deve
poter essere offerto da qualsiasi operatore (conformemente al diritto di
libera iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione) in base
a misure di consenso non discrezionali. Le uniche differenziazioni rispetto
al regime di diritto comune riguardano gli operatori del servizio universale,
eventualmente sottoposti a obblighi di prestazione o di finanziamento e
solo eccezionalmente interessati da un regime di riserva-concessione basato
sull’articolo 43 della Costituzione.
17
I.2 La definizione degli obblighi di servizio pubblico: il regolamento
1191/69
L’assetto giuridico, economico ed organizzativo del settore del
trasporto ferroviario si presenta fino agli anni settanta stabile e fermo nei
sui principi fondanti. Dal punto di vista economico l’evidenza per cui i
servizi ferroviari presentano tutti i crismi del monopolio naturale, e sono
dunque un caso tipico di fallimento del mercato, conduce al convincimento
che in tale settore l’intervento pubblico appare pienamente opportuno e tale
situazione non possa essere mutata.
12
Analogamente, i dati giuridici del
tempo appaiono pienamente coerenti con tale visione, sia in sede nazionale,
che in quella comunitaria. L’ordinamento domestico riconduce infatti i
trasporti ferroviari alla nozione costituzionale di “servizi pubblici
essenziali” (art. 43 Cost.), dando così luogo ad un mercato organizzato
secondo il principio della riserva originaria di attività, da cui sono
derivati poi i tradizionali modelli di gestione dei servizi pubblici
13
, tutti
sperimentati dal trasporto ferroviario italiano.
12
Al proposito G. Corso sostiene che «per tutti gli anni sessanta e settanta (…) il mercato non è il prius
criterio per valutare la legittimità dell’intervento pubblico nella vita economica ma è il posterius, ciò che
residua dopo che sono stati posti in essere, sorretti da specifici e generali fondamenti costituzionali,
interventi pubblici limitativi del mercato» (Attività amministrativa e mercato, in Rivista giuridica
quadrimestrale dei pubblici servizi, 1999, p.15). Inoltre, solo nel corso degli anni settanta «si diffonde la
nozione di fallimento dello Stato (government failures), ad opera dei teorici della public choice, così
come le generazioni precedenti di economisti avevano prodotto una lista dei fallimenti del mercato», così
A.La Spina e G. Majone, Lo Stato regolatore, Il Mulino, Bologna, 2000, p.17.
13
Il regime della riserva originaria può dar luogo tre modelli di gestione del servizio pubblico essenziale.
Il primo di questi è la gestione diretta del servizio condotta dallo Stato attraverso un proprio organo; in
ambito ferroviario questo modello è stato sperimentato, come abbiamo visto, dall’Azienda autonoma
delle Ferrovie dello Stato costituita nel 1905, sorta in seguito al riscatto delle precedenti concessioni
ferroviarie e incardinata nel Ministero dei trasporti. Il secondo modello si presenta quando lo Stato
assume indirettamente la gestione del servizio attraverso un ente pubblico economico, è questo il caso del
passaggio avvenuto mediante la soppressione della predetta azienda autonoma e la costituzione appunto
dell’Ente Ferrovie dello Stato. Infine la terza e più recente soluzione organizzativa, attualmente in uso per
quanto riguarda il trasporto ferroviario, è l’affidamento in concessione del servizio ad una società per
azioni che rimane comunque di proprietà pubblica, tale è infatti ad oggi la situazione di Fs s.p.a.
18
Allo stesso modo il Trattato Ce del 1957, al secondo comma dell’articolo
86 (ex articolo 90)
14
, disciplina i servizi di trasporto ferroviario, al pari
delle altre public utilities, concedendo una deroga al principio di
concorrenza, in quanto assimilabili ad “attività economiche di interesse
generale”, il cui svolgimento sarebbe impedito o comunque gravemente
compromesso dall’applicazione delle regole a tutela della concorrenza. Non
solo, nell’articolo 73 (ex art. 77)
15
del medesimo Trattato si disponeva che
nel settore dei trasporti sono sempre ammissibili gli aiuti di Stato come
rimborso di servizi erogati in regime di pubblico servizio, concedendo
dunque alle amministrazioni nazionali di predisporre ausili finanziari alle
imprese ferroviarie, senza sottostare ai limiti e alle procedure che il diritto
comunitario impone nei casi di sostegno pubblico alle imprese.
16
Al contempo, in questo modello di mercato caratterizzato dal
monopolio pubblico, le aziende ferroviarie europee, pur beneficiando di
un’esclusiva legale, non riuscivano a pareggiare i propri conti con la cross-
subsidiation
17
. Queste infatti presentavano numerose cause di inefficienza:
un costo del lavoro molto elevato, un numero complessivo di dipendenti
superiore alle necessità produttive e un livello tariffario troppo basso
informato a politiche sociali.
14
Trattato Ce, art. 86, comma 2: “Le imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico
generale o aventi carattere di monopolio fiscale, sono sottoposte alle norme del presente Trattato, e in
particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti al
all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli
scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità.”
15
Trattato Ce, art. 73: “Sono compatibili con il presente trattato gli aiuti richiesti dalle necessità del
coordinamento dei trasporti ovvero corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione di
pubblico servizio.”
16
Trattato Ce, art.92, comma 1: “Salvo deroghe contemplate dal presente Trattato, sono incompatibili
con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi fra gli Stati membri, gli aiuti concessi
dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese o talune
produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.”
17
Per cross-subsidiation si intende la pratica di coprire attraverso gli utili derivanti da attività
remunerative le perdite di quelle che non lo sono, mantenendo in equilibrio economico la globalità
dell’intera impresa.