Presentazione
Durante il primo anno di Università sono stata particolarmente attratta
dalle diverse tecniche esistenti per curare le malattie, e specialmente
dalle cosiddette medicine alternative o non convenzionali provenienti
dall’Estremo oriente. Generalmente, tutte le pratiche mediche,
tecniche di cura, arti del benessere e terapeutiche, che non
appartengono al bagaglio conoscitivo della medicina cosiddetta
“convenzionale” vengono indistintamente etichettate come “medicine
alternative” “dolci”, ecc., anche se in realtà fra di loro esistono
numerosissime differenze. Fra queste, ce ne sono alcune che, nel corso
degli ultimi anni, hanno conosciuto una diffusione notevole. Infatti,
esistono delle ricerche
1
che testimoniano come una considerevole
percentuale della popolazione dei paesi industrializzati faccia ricorso a
tali tecniche. Pur essendo un fenomeno di ormai grande visibilità, la
conoscenza effettiva di tali discipline è dubbia. Come ho potuto
rilevare nel corso della mia esperienza personale negli ultimi cinque
anni, spesso è difficile trovare delle persone che pur riconoscendo la
denominazione di tali discipline siano anche in grado di spiegare in
cosa consistono. Ciò è particolarmente vero nel caso delle pratiche per
così dire “esotiche” (es. tuina, qigong, moxa, naikan) che provengono
da un contesto culturale molto diverso da quello occidentale.
In questo lavoro ho voluto riferire sulla mia esperienza riguardante
una di queste discipline, recentemente molto discussa – lo Shiatsu –
che ho deciso di osservare partecipando ad un corso di formazione
1
I dati Istat sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari 1999-2000” mostrano che dal
1991 al 1999 è quasi raddoppiata la quota di persone che utilizza i principali trattamenti non
convenzionali.
3
dall’autunno 2000 fino all’inverno 2003 parallelamente allo studio
universitario. Originariamente l’obiettivo era quello di osservare
l’apprendimento attraverso il proprio corpo di una tecnica inconsueta
perché non occidentale, partecipando ad un corso introduttivo di soli
due mesi, in quanto pensavo che ciò sarebbe stato sufficiente per fare
un’adeguata esperienza sul campo. Tuttavia tale esperienza, condotta
per produrre un elaborato nel quadro del corso di Antropologia
Visuale, mi ha fatto capire subito due fatti: quello che mi incuriosiva
di più in quella disciplina, oltre la tecnica del corpo, era la questione
del sostegno che lo shiatsuka
2
dà al ricevente, e in secondo luogo che i
due mesi previsti non sarebbero stati sufficienti per un buon
approfondimento. Per me era diventato importante capire come era
possibile “sostenere” una persona, solo attraverso il tatto, senza l’uso
della parola. La mia curiosità, legata alla mia precedente occupazione
in Grecia come insegnante di sostegno di allievi con problemi di
apprendimento, mi ha spinto – nei tre anni successivi a quella prima
esperienza – a cercare di comprendere un altro modo, praticandolo in
prima persona. Contemporaneamente questo nuovo ambiente è
diventato una palestra per esercitare il mio “sguardo” antropologico,
occupandomi di un argomento legato alla filosofia, l’arte, la religione
e la cultura estremo-orientale. Infatti come aspirante antropologa,
portatrice di un bagaglio culturale diverso da quello su cui si basa il
mio oggetto di studio, e studentessa in un paese diverso da quello di
provenienza, ho riflettuto molto sulla capacità dell’individuo sia di
apprendere nuovi modi anche in età adulta, sia di reinventare se stessi
incorporando nuovi elementi anche molto lontani da quelli già
2
In questo lavoro vengono usati alternativamente i termini “shiatsuka” e “operatore shiatsu”.
4
conosciuti. Anche se il bagaglio culturale di provenienza è in qualche
misura indelebile, ognuno di noi è un’entità psico-corporea capace di
aggiungere alla memoria precedente nuove forme e contenuti
rielaborandoli. In particolare, ho potuto osservare sul mio corpo,
l’aggiunta di un modo diverso di essere, di stare nello spazio e
percepirlo. Partendo dall’idea che la cultura è una produzione socio-
politica che le persone incorporano inconsapevolmente fin dalla
nascita, sono sempre stata incuriosita del percorso consapevole che un
individuo decide di intraprendere per assimilare una cultura diversa
dalla propria, in età adulta. Il tentativo di apprendere una cultura
nuova, come quella proveniente dall’Estremo oriente, pur vivendo in
una società completamente diversa come quella italiana, ha fatto
nascere in me numerosi interrogativi sul perché le persone fanno
questa scelta. Le motivazioni degli altri frequentanti, sia del corso di
base che di quello triennale, erano tra le più disparate. Fra di loro: la
curiosità verso un modo alternativo di prendersi cura degli altri, la
ricerca di una crescita personale attraverso lo studio di un’arte e una
filosofia orientale, un modo per socializzare, e in secondo piano,
apprendere un mestiere per un’eventuale attività lavorativa autonoma
o collegata ad ulteriori studi (di medicina, psicologia, fisioterapia,
ecc.). Una certa xenofilia, la voglia di diverso, il disprezzo del
consueto, o anche una pacifica protesta verso la cultura egemonica,
possono essere alcune delle ragioni per intraprendere tale studio; ma il
successo che comunque queste tecniche e filosofie incontrano è
strettamente connesso a mutamenti culturali, sociali, economici e
politici.
5
Personalmente, essendo cresciuta con la mentalità per cui ogni idea o
decisione deve derivare da un’esperienza diretta, ho preso la decisione
di osservare, praticando personalmente, lo Shiatsu, in quanto è un’arte
del benessere giapponese, basata sulla medicina e filosofia cinese, che
richiede un notevole sforzo di assimilazione di una cultura lontana da
quella italica in cui vivo, e da quella ellenica da cui provengo. La mia
motivazione iniziale di osservare questa disciplina, come tecnica del
corpo e poi come oggetto di apprendimento di un’altra filosofia e
modo di vivere durante il praticantato, è di nuovo cambiata.
Diventando shiatsuka, anche se non come scelta professionale
totalizzante, ho potuto riflettere sulle dimensioni plurime dell’efficacia
dello shiatsu.
Questo lavoro corrisponde ad una fase in cui ritorno al percorso
compiuto con il tentativo di una riflessione oggettivante.
Nel primo capitolo viene descritta la storia e la filosofia su cui si basa
lo Shiatsu, una tecnica terapeutica giapponese che però fonda le
proprie radici nel pensiero filosofico cinese e taoista. In seguito,
vengono descritte le scuole di pensiero più diffuse attualmente,
concentrando l’attenzione sulle rispettive caratteristiche
metodologiche di base. Particolare attenzione viene dedicata allo Zen
Shiatsu di Shizuto Masunaga (stile Iokai) che costituisce anche un
prologo al secondo capitolo.
In conclusione si riportano alcune informazioni generali circa le
normative di riferimento, la diffusione dello Shiatsu e il suo rapporto
con le cosiddette medicine “non convenzionali”.
6
Il secondo capitolo tratta dell’esperienza sul campo fatta dall’autunno
2000 all’inverno 2003 attraverso la frequentazione del corso triennale
di Shiatsu presso l’associazione “Il Chicco Integrale”, Centro
Integrato di Discipline Energetiche di Perugia, focalizzandosi sulla
formazione che riceve un aspirante operatore shiatsu sulla specifica
tecnica Iokai di Shizuto Masunaga. Inizialmente viene descritto il
programma di studio e il percorso necessario per diventare shiatsuka.
Inoltre si riportano alcune nozioni di base della medicina cinese,
limitandosi a quelle che servono per comprendere i discorsi
successivi. A tal proposito vengono brevemente spiegati i significati di
Qi, yin, yang, tao, e la Teoria dei Cinque Elementi. L’esposizione
della formazione vera e propria viene abbinata al ciclo della vita che
sancisce il modo di insegnare lo Shiatsu. Il capitolo continua con una
descrizione dell’esperienza del praticantato, dove si illustrano le
principali regole comportamentali dello shiatsuka, e dell’impostazione
di una seduta shiatsu. Si chiude quindi con la spiegazione del ruolo
dello shiatsuka come educatore.
Nel terzo capitolo si affrontano gli argomenti delle diversità culturali
fra le persone che si occupano dello Shiatsu, e delle differenti
percezioni del malessere. Successivamente si riflette sul percorso di
formazione dell’aspirante shiatsuka e infine si conclude riportando
alcune riflessioni riguardanti la corporeità e il benessere psicofisico.
7
PRIMO CAPITOLO
La storia dello Shiatsu
1.1 Le origini
Lo Shiatsu è una tecnica di manipolazione giapponese che si basa
sulla medicina e la filosofia cinese. Le tecniche di manipolazione
corporea, in Cina, hanno sempre avuto una tale importanza da essere
giustificate a livello filosofico.
Il testo fondamentale di medicina cinese, il Huangdi Neijing
3
(II-I sec.
a.C.)
4
tradotto come Classico di Medicina Interna dell’Imperatore
Giallo, è composto da una serie di dialoghi fra l’imperatore Huangdi e
il suo ministro/medico Qi Bo. Nel testo emerge chiaramente
l’influenza dell’ambiente e della geografia sulla salute dell’uomo e,
come, di conseguenza, i trattamenti terapeutici debbano essere valutati
in base al contesto nel quale vive il malato. Nel capitolo Suwen di
Huangdi Neijing, dedicato alle diverse tecniche terapeutiche, il
condizionamento ambientale è descritto in modo più specifico e
particolareggiato:
- nel sud della Cina, dove il clima è più caldo, con nebbie dense e
una ricca vegetazione, gli abitanti amano i cibi acidi. Questi,
spesso soffrono di rigidità muscolare e parestesie che curano
con gli aghi sottili
3
Il Huangdi Neijing è diviso in due sezioni: Suwen generalmente chiamata “Domande Semplici” e
Lingshu “Perno spirituale” o “Perno miracoloso”, Boschi G., (1997) “Medicina Cinese: La Radice
e i Fiori”, Erga Edizioni, Genova.
4
Lo Huangdi Neijing non può essere concepito come un singolo testo; nessuna delle versioni
attuali del Neijing riflette un originale di epoca Han: si tratta di una compilazione di brani
appartenenti a scuole ed epoche diverse. Il nucleo più antico del testo attuale deriva da fonti
eterogenee databili tra il 400 a.C. e il 260 d.C., Boschi G., (1997), Medicina Cinese: La Radice e i
Fiori, Erga Edizioni, Genova.
8
- nel nord, dove il clima è freddo e la popolazione conduce una
vita nomade nutrendosi di molti latticini, è evoluta la
moxibustione
- nell'est, dove la dieta è a base di pesce e sale, le ulcere allo
stomaco sono frequenti. Qui si è sviluppato il metodo classico
dell'agopuntura, cioè lo studio accurato dei punti da stimolare
con gli appositi aghi inizialmente di pietra
- nell’ovest, dove c’è molto vento e nella terra abbondano metalli
e pietre preziose, la popolazione ha un’alimentazione ricca e
variata. La malattia è piuttosto causata da disordini interni che
da fattori patogeni esterni. Qui si curano con potenti farmaci
(fitoterapia)
- nel centro della Cina dove la terra è pianeggiante e umida,
l’alimentazione è molto varia. La popolazione soffre soprattutto
di flaccidità muscolare e di freddo alle estremità corporee. In
questa zona, si sono sviluppate tecniche manipolatorie di tutti i
tipi, incluse quelle del massaggio, della respirazione, ed anche
esercizi di evoluzione spirituale.
Tra le tecniche fondamentali del massaggio cinese ricordiamo in
particolare quelle basate sul concetto di pressione: sarà proprio questo
elemento del trattamento manuale, infatti, a servire da base alla
metodologia shiatsu, così come verrà poi concepita dai Giapponesi. In
Giappone, infatti, il concetto di pressione è stato isolato e impiegato in
modo autonomo nel secolo scorso, in una nuova e singolare arte
manuale, lo Shiatsu appunto.
9
Fra le varie tecniche di manipolazione corporea tramandate nel corso
dei secoli e finalizzate al riequilibrio del flusso energetico vitale
denominato Qi
5
in cinese (o successivamente Ki in Giapponese), vi è
anche quella basata sulla pressione dei punti del corpo, praticata
particolarmente nella zona centrale della Cina. Infatti Douglas Gattini
6
nel suo articolo
7
sulla nascita dello Shiatsu, spiega come inizialmente
in Cina coesistevano diverse tecniche di massaggio basate sul concetto
di pressione:
1. Li Fa, dove Li indica una pressione contrapposta effettuata con
entrambe le mani, e Fa significa semplicemente “manovra” o
“tecnica”.
2. Tui Fa, in cui la “manovra”, in questo caso, è quella di
«premere, mettere in movimento, premere in avanti in senso
verticale con il pollice, con le dita o con il palmo».
3. An Fa, nella quale la “manovra” è effettuata con una pressione
del pollice o del palmo della mano «in modo perpendicolare al
punto di contatto»
8
.
4. Dianxue Fa che rappresenta una variante della tecnica
precedente (An Fa) e consiste in una manovra di pressione
effettuata con l’estremità del dito in modo perpendicolare (Dian) ai
punti dell’agopuntura (xue).
È importante notare che due di queste tecniche (il Tui Fa e l’An Fa),
nel tempo sono state associate in Cina ad altre esistenti, dando vita
5
In questo lavoro viene usata la trascrizione pinyin.
6
Presidente della Federazione Italiana Shiatsu.
7
La nascita dello shiatsu in www.fis.it
8
È un tipo di pressione utile al ricevente ma non dolorosa, che anzi calma e fa riposare, per cui
l’applicazione viene fatta prima in modo leggero e poi in profondità. La finalità di questa tecnica
non è solo quella di impostare un trattamento specifico, ma anche di valutare la condizione
energetica del soggetto.
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rispettivamente al Tui Na (dalla fusione di Tui Fa con Na Fa), una
particolare tecnica di presa con tre dita effettuata principalmente a
scopo analgesico, e l’An Mo (dalla fusione di An Fa con Mo Fa), che
consiste in uno sfioramento circolare attuato con il palmo della mano.
Il nome di entrambe queste tecniche è stato successivamente utilizzato
per indicare l’intero concetto di cura attraverso la manipolazione, e i
due termini sono diventati in epoche differenti sinonimi della cura
manuale in senso lato basata sul concetto di pressione. L’origine della
pressione dello Shiatsu può essere ricondotta alla tecnica dell’An Mo.
I principi della medicina tradizionale cinese e le arti terapeutiche
basate sull’uso delle mani vennero originariamente diffusi insieme al
Buddismo, al Taoismo ed al Confucianesimo dai monaci giunti in
Giappone fra il VI ed il VII secolo d.C. In virtù dello stretto legame
che contraddistingue i principi religiosi e le pratiche fisiche tipiche
della cultura cinese, i monaci non si limitarono a sviluppare aspetti
dottrinali e filosofici in senso stretto
9
, ma contribuirono anche a
custodire e a diffondere diverse tecniche legate all’uso delle mani sia a
scopo bellico (arti marziali), sia a scopo curativo.
Durante un periodo storico nel quale il Giappone era guidato da
dinastie di guerrieri Samurai, le arti marziali non potevano che essere
al centro della politica governativa. È ovvio comunque che, per
conoscere esattamente come e dove colpire con basso sforzo ed
elevata efficacia un avversario durante un combattimento, non si può
prescindere da un’analisi accurata dei punti vitali del corpo umano. Si
comprende pertanto perché tutte le tecniche di guerra ed in particolare
il Jujitsu siano basate sui principi della medicina cinese.
9
Ricordiamo la nascita, a partire dal XIII secolo, dello Zen, altissima forma di elevazione dell’io-
ego terreno all’io atemporale universale.
11
Quindi non sorprende che già dal 608 d.C. il principe Shotoku,
intuendo l’importanza di tali principi, mandò delegazioni di studenti in
Cina a specializzarsi sulle principali arti di manipolazione a scopo
terapeutico. Alcune tecniche erano tenute in particolare
considerazione per la formazione dei futuri guerrieri:
il Tao-Yinn, (Do-In in Giapponese) una pratica personale di
auto-pressione in punti vitali, abbinata ad esercizi di riabilitazione
e respirazione;
l’An-Mo (An-ma in Giapponese), già citato in precedenza e che
prevede l’intero patrimonio del trattamento manuale cinese;
l’An-Qiao che oltre alle tecniche dell’An-Mo, interviene sul
ricevente con esercizi riabilitativi e respiratori.
Queste tre forme di trattamento, assieme all’Ampuku, una forma di
cura manuale specifica per l’addome, originaria invece proprio del
Giappone, costituirono la base della metodologia terapeutica
giapponese tradizionale, chiamata Kanpo.
Anche se il primo riferimento letterario al termine An Ma compare in
un testo giapponese noto come codice Taiho nel 701 d.C., è soltanto
nel 984 d.C. che viene pubblicato il primo vero e proprio manuale di
medicina elaborato integralmente in Giappone. Tale opera chiamata
Ishinpo, scritta in 30 volumi da Tanba Yasuryori, è frutto di un attento
lavoro di raccolta di dati provenienti da trattati di medicina cinese.
Questo testo riveste una particolare importanza perché è proprio
grazie alle citazioni in esso contenute che si viene a conoscenza
dell’esistenza di molte opere di medicina cinese andate perdute.
Le conoscenze del pensiero medico cinese e delle manipolazioni
dell’An Ma classica, vennero presto rese obbligatorie per tutti gli
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operatori della salute. In particolare, la politica di chiusura delle
frontiere del Giappone alle influenze straniere adottata nel periodo
Edo (1603-1867), determinò una rivalutazione di tutte le arti
tradizionali interne al paese, comprese quelle di manipolazione, che
conobbero una notevole diffusione, arrivando ad essere tenute in
considerazione persino da molti rappresentanti di Corte e del Governo
per la cura della propria salute. Nonostante questo però, in questo
stesso periodo, la funzione e la qualità delle cure manuali di
riabilitazione ebbero una graduale decadenza, in parte perché i medici
si interessavano di più alle cure basate su medicinali erboristici, in
parte perché il governo dell’epoca di Tokugawa, dopo aver
incrementato la diffusione di questi trattamenti, ne fece un’attività
riservata soprattutto ai non vedenti, per offrire loro una qualifica
professionale; un ammirevole intento sociale che però
involontariamente snaturò l’antica arte dell’An Ma, riducendola
all’esercizio di semplici massaggi generici, privi del precedente
supporto di valutazione e ben distanti dal concetto classico di cura
manipolatoria secondo i canoni della medicina tradizionale cinese.
Molti operatori del settore fin dal 1600 si rammaricavano della non
corretta ed inopportuna interpretazione dell’arte dell’An Ma. Il
maestro Hayashi ad esempio, nel suo libro Riassunto del Do-in
(1596), deplorava questo atteggiamento. Nel 1713 Ekken Kaibara
scrisse Come vivere a lungo grazie all’An Ma e al Do In e nello stesso
anno Miyawaqi, con Iniziazione al Do In, propose una pratica
attraverso lo stimolo dei meridiani dell’agopuntura. Nello stesso
periodo anche un noto medico, Ganzan Goto, utilizzò l’An Ma come
metodo per la valutazione energetica della persona in cura e studiò la
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circolazione dell’energia come base per i suoi interventi terapeutici.
Molto significative sono anche le annotazioni in merito agli effetti
curativi dell’An Ma classica del maestro Tada che, nel suo Ampuku
Zukai (1827), affermava: «la pressione sistematica sul corpo attiva
l’energia stagnante, migliora la funzione organica, fa circolare meglio
il sangue, sblocca le articolazioni, scioglie i muscoli ed i legamenti,
rende la pelle vitale, aumenta l’appetito, facilita l’emissione d’urina e
fa accrescere l’energia».
Con la riapertura delle frontiere con l’estero, durante l’epoca Meiji
(1867-1912), si assistette ad un interesse dei giapponesi per le
proposte del mondo occidentale. Anche la medicina quindi, e in
particolare quella europea e nordamericana, divenne oggetto di studio.
Alcuni operatori del settore furono attirati dalle tecniche europee
soprattutto per il fatto che, queste permettevano loro di proporsi
professionalmente ai clienti con un’identità al passo con la nuova
“moda” proveniente dall’estero, nonostante questo significasse
rischiare di non utilizzare la lunga tradizione curativa giapponese. In
tale ambito è opportuno ricordare l’introduzione, durante il governo
Taisho (1912-1926), di tre nuove forme di cura manuale provenienti
dal Nord America, che agivano sull’equilibrio dell’apparato
locomotore e del sistema dei nervi ed in particolare sulle
sintomatologie della colonna vertebrale: la Chiropratica, l’Osteopatia
e la Spondyloterapia.
Nonostante la diffusione della medicina occidentale, nel 1911 venne
emanata una legge che riconosceva ufficialmente la figura
professionale, regolamentandone l’attività, di chi operava utilizzando
le tre principali tecniche tradizionali ovvero agopuntura, An Ma e
14
moxibustione
10
. La stessa legge lasciava però la possibilità di praticare
anche altre forme di trattamento non riconosciute, senza bisogno di
avere un’autorizzazione da parte della prefettura locale, e ciò ha
particolare rilevanza nella nascita e nello sviluppo iniziale del metodo
shiatsu. Infatti, fu a partire dal 1911 che nasce l’idea di isolare l’atto
pressorio, fino ad allora presente solo come componente sporadica nei
trattamenti An Ma, attribuendogli una funzione curativa autonoma. A
questa nuova forma di intervento basato sulla pressione esercitata
dalle mani sul corpo venne dato il nome di Shiatsu, che deriva dalle
parole Shi = dito e atsu = pressione.
1.2 La disciplina dello Shiatsu
Risale al 1919 la pubblicazione del primo libro sull’argomento,
intitolato Shiatsu-ho, ad opera di Tamai Tempaku, esperto di medicina
energetica cinese, Anpuku, An Ma e Do In, la cui influenza fu
determinante per la formazione di due personalità importanti come
Tokujiro Namikoshi e Shizuto Masunaga. Saranno loro a far
conoscere successivamente lo Shiatsu in tutto il mondo. Nel 1925 lo
Shiatsu fu presentato come nuova metodologia di cura di uso popolare
nel trattato di medicina Aka-hon (il libro rosso) di Tachici Tsuqita. È
interessante notare come all’inizio di questo secolo molti terapisti
giapponesi, formati secondo il metodo occidentale, furono
successivamente attratti dal pensiero della medicina tradizionale
giapponese. Ne sono un esempio Wada, che nel suo Kai-no-Tetchu
incoraggiava lo studio della medicina tradizionale giapponese;
10
Speciale tipologia di agopuntura, originaria della zona settentrionale della Cina, basata
sull’esecuzione di piccole bruciature in punti vitali del corpo.
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Nakayama, che nel 1927 aveva pubblicato Nuovi studi della medicina
tradizionale; e Yumoto con il suo testo La Medicina Tradizionale
Giapponese e Cinese. È stato dunque grazie anche alla voce di
personalità come queste che più tardi, a partire dagli anni ’50, la
medicina tradizionale giapponese, il cui ricordo è stato sempre
mantenuto vivo nel tempo, iniziò ad essere diffusa come Medicina
Orientale. Dal punto di vista legislativo lo Shiatsu venne riconosciuto
ufficialmente nel 1955 dal Ministero della Sanità come componente
del massaggio An Ma. Qualche anno dopo, nel 1964, una nuova
normativa definì per la prima volta lo Shiatsu come una forma di cura
del tutto autonoma e distinta sia dall’An Ma che dal massaggio
occidentale praticato in Giappone. Il fatto che lo Shiatsu venisse
riconosciuto ufficialmente da parte del governo giapponese fu
probabilmente dovuto al sorgere di alcune scuole specifiche per il suo
insegnamento, tra cui quella creata nel 1940 da Tokujiro Namikoshi,
che ebbe il merito di essere stato il primo a dare una organizzazione
didattica essenziale alla metodologia shiatsu. Questa impostazione era
sostenuta però solo da una visione prettamente anatomica e fisiologica
della realtà e della salute dell’uomo e non teneva purtroppo conto del
ricco patrimonio della tradizione della medicina orientale. In seguito
infatti, nonostante il riconoscimento istituzionale avesse aumentato la
diffusione dello Shiatsu nella società giapponese, il metodo
Namikoshi rivelò i suoi limiti proprio per il suo proporsi
fondamentalmente come cura fisioterapica, rivolta esclusivamente al
sintomo, e per la mancanza di capacità di evoluzione, di ricerca e di
approfondimento; tutti elementi che resero progressivamente statica
questa proposta curativa. Inoltre Tokujiro Namikoshi non può essere
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