5
nostro campo vi è un’ulteriore complicazione: la traduzione dei
concetti in qualche modo definiti in termini giuridici. Si pensi,
esemplificativamente, al servizio del VOD (Video On Demand) che da
un punto di vista strutturale certamente rientra nel novero dei servizi di
telecomunicazione, ma che da un punto di vista sostanziale e
contenutistico presenta della caratteristiche più vicine ai servizi
televisivi. Come definirlo? E soprattutto in che modo regolamentarlo?
Quale è l’elemento decisivo per ricondurlo nei binari delle tlc piuttosto
che dei servizi televisivi? Neutralità della struttura o parzialità del
contenuto-messaggio?1
È opportuno partire allora da una definizione abbastanza generale
di tlc e ripercorrere l’evoluzione tecnologica nel settore di pari passo
con le sue riflessioni e implicazione giuridiche.
Secondo la nozione convenzionalmente utilizzata2, “per
telecomunicazione si intende ogni emissione, trasmissione o ricezione
di segni, di segnali, di scritti, di immagini, di suoni o di informazioni di
qualsiasi natura per filo, radioelettrica, ottica o a mezzo di altri sistemi
elettromagnetici”.
I momenti costitutivi della comunicazione a distanza sono
individuati nei tre atti significativi della emissione, della trasmissione,
della ricezione.
1
E non è un caso che ad esempio la legislazione comunitaria abbia fatto finta di non
accorgersi dell’esistenza dei “nuovi servizi” al momento della revisione della dir. “televisione
senza frontiere”. Anzi dalla nozione di trasmissione televisiva ai sensi dell’art.1 lett.a) sono
esclusi “ i servizi di comunicazione che forniscono informazioni specifiche o altri messaggi
su richiesta, come la telecopiatura, le banche elettroniche di dati e servizi analoghi.”
2
Convenzione Internazionale delle telecomunicazioni sottoscritta a Madrid il 6 dicembre
1932 e resa esecutiva in Italia con R.D. 23 marzo 1933 n.204, integrata dal Regolamento
telegrafico annesso alla successiva Convenzione di Buenos Aires del 22 dicembre 1952, resa
esecutiva in Italia dal D.P.R. 18 novembre 1953 n.1258.
6
L’emissione comporta sempre l’impiego di onde hertziane
mentre la trasmissione può essere effettuata via etere o attraverso
conduttori artificiali, la ricezione infine richiede il possesso di un
apparato atto a riprodurre nella forma originale l’oggetto del messaggio
emesso e trasmesso.
Per ciò che concerne le possibili forme dei messaggi trasmessi,
essi sono individuati nei segni, segnali, scritti, immagini, suoni o
informazioni di qualsiasi natura.
Relativamente ai mezzi che realizzano la comunicazione, essi si
distinguono in mezzi trasmissivi a filo (es. cavo) e mezzi trasmissivi
senza filo il cui supporto è costituito dall’etere. L’utilizzo delle
radioonde qualifica le telecomunicazioni come radiocomunicazioni;
sottospecie delle radiocomunicazioni sono poi le radiodiffusioni nelle
forme della radiotelevisione e della radiofonia.
Una premessa si rende a questo punto necessaria: il termine
“comunicazione” nell’accezione derivante dalle nozioni predette non ha
altro significato che quello di messa in comune del messaggio
trasmesso dall’emittente a soggetti diversi. La comunicazione si
qualifica come un rapporto conoscitivo tra chi genera il segnale e chi lo
riceve. È una vox media che non consente ancora di tracciare un
discrimine tra telecomunicazioni e radiodiffusioni; per ora si può solo
notare come queste abbiano comuni radici tecnologiche.
Ebbene, pur in presenza di tali comuni radici tecnologiche
telecomunicazione e radiotelevisione non hanno conosciuto una
comune disciplina giuridica. Fattori storici e funzionali hanno
giustificato diverse discipline per queste due forme di comunicazione: i
telegrafi cominciano a svilupparsi durante la prima metà dell’800, le
7
trasmissioni radiofoniche cominciano circa settanta anni più tardi,
inoltre la fisionomia normativa dal telegrafo si è gradualmente estesa
alla telefonia; le tlc sono state considerate come un mezzo di
comunicazione fra (essenzialmente) due soggetti (point to point)
mentre le radiodiffusioni come un mezzo di diffusione da un soggetto
attivo, il trasmittente, ad una pluralità di soggetti passivi, riceventi (point
to multipoint).
In prima approssimazione si può dire quindi che la linea di
demarcazione fra i due “servizi” sta nella diversa destinazione del
messaggio e nelle differenti caratteristiche del mezzo trasmissivo
utilizzato e modalità di ricezione, come preordinate dall’emittente. In
ambito normativo questa demarcazione si riflette storicamente nei due
diversi principali oggetti di disciplina: la rete per le tlc e il messaggio
per le radiodiffusioni.
Queste differenziazioni iniziali hanno comportato una
progressiva divaricazione fra i due settori che occorre esaminare per
poi vedere in che modo essa sia riducibile soprattutto alla luce dei nuovi
sviluppi tecnologici.
Le tlc si sviluppano con l’avvento del “traffico” privato, il
trasporto ferroviario, la distribuzione di energia elettrica, la telefonia.
Inizialmente sono delle imprese private che vengono gradualmente
nazionalizzate sulla base di una affermata maggiore economicità. Difatti
questi tre settori sono accomunati dalla presenza di una rete, dotata di
fisicità, da forti investimenti che divengono remunerativi solo dopo un
tempo assai lungo e “solo lo Stato può garantire un profitto e un
progresso costante”.
8
Nasce il concetto di servizio pubblico. E proprio il servizio di
telefonia conosce un lungo periodo di progresso: l’immaterialità degli
impulsi elettromagnetici che percorrono la rete telefonica e la tendenza
degli utenti a far viaggiare il più possibile i propri messaggi porta
inevitabilmente ad unificare la rete, abbattendo tra l’altro alcuni costi
che la frammentazione impone.
Le tlc così si caratterizzano per la strumentalità all’attività
economica, il che si riflette in uno scarso interesse per il contenuto a
cui si estendono le previsioni già dettate per la corrispondenza
epistolare; peraltro delle prescrizioni contenutistiche sarebbero di per
sé poco efficienti data l’estrema difficoltà di verificare migliaia o
milioni di comunicazioni. Ma se delle prescrizioni in tal senso
emergono, ciò avviene quando la comunicazione telefonica assurge a
funzione socialmente insostituibile, tuttavia gli interventi rimangono
esterni al contenuto, anzi, piuttosto ne tutelano l’integrità nella duplice
manifestazione della garanzia della segretezza delle comunicazioni
telefoniche, violabile solo da pubbliche autorità a fini di indagine penale
e nel rispetto di dettagliate previsioni procedimentali, e della libertà
d’uso dei mezzi di comunicazione. L’espressione, la comunicazione e
l’interazione, come esigenze fondamentali dell’individuo, attraverso i
mezzi di telecomunicazione, possono essere conseguite solo
assicurando una effettiva libertà d’uso di tali mezzi, sia relativamente
alla libertà di installare reti e prestare sevizi di tlc che a quella di
avvalersene. Non importa cosa viene trasmesso, almeno in termini di
aprioristica determinazione, ciò che importa è che venga trasmesso il
maggior numero possibile di messaggi. Da qui una sostanziale neutralità
delle reti di tlc in quanto idonee a fornire una molteplicità di servizi.
9
La radiodiffusione nasce invece compenetrata con il suo
contenuto.
Abbiamo definito le radiodiffusioni come sottospecie delle
radiocomunicazioni, ovvero di comunicazioni realizzate mediante la
diffusione di onde radioelettriche nell’etere senza necessità di
conduttori artificiali. Caratteristica basilare delle onde è quella di
propagarsi in ogni direzione e a distanza limitata soltanto dalla potenza
dell’apparato emittente o da ostacoli di ordine naturale e con un
comportamento diverso a seconda della frequenza che l’oscillatore
imprime all’onda da esso generata; e precisamente ad una frequenza più
elevata corrisponde una maggiore direzionalità del segnale, con la
possibilità di focalizzarlo verso un obiettivo determinato e ad una
frequenza più bassa, viceversa, una maggiore capacità di propagazione in
ogni direzione. Senza soffermarsi su possibili destinazioni e impieghi
delle radioonde, è tuttavia necessario che esse abbiano frequenze
predeterminate per evitare sovrapposizioni, disturbi ed interferenze
pena l’impossibilità di ricezione dei segnali stessi. Inoltre data la natura
delle radioonde, capaci di propagarsi superando qualsiasi ostacolo e
quindi anche oltre i confini legali di ogni Stato, è indispensabile
procedere alla pianificazione delle frequenze per assicurare un razionale
utilizzo. Pertanto in virtù di tale rilevanza internazionale si è proceduto
alla ripartizione delle frequenze fra gli Stati3, i quali, in base alle
prescrizioni contenute nel R.I.R., hanno, tra gli altri, l’obbligo di
pianificare la ripartizione delle frequenze tra i vari utilizzatori,
passaggio prodromico per un corretto e funzionale rilascio delle
“licenze” per la prestazione di servizi di radiocomunicazione. Tale
10
riserva statale, il cosiddetto “governo dell’etere”, appare dunque l’unico
mezzo per evitare i deleteri effetti di una generale ed indiscriminata
ammissione all’esercizio dell’attività di radiocomunicazione ma
soprattutto per assicurare un effettivo pluralismo e un’ordinata
coesistenza delle imprese di radiodiffusione in rapporto alla libertà di
manifestazione del pensiero4.
Non meno importante è la constatazione della scarsità delle
frequenze, assunta a vera e propria teoria della quale le corti nazionali
hanno spesso abusato per riaffermare periodicamente la necessarietà di
una libertà controllata di diffusione del pensiero via etere5.
La radiodiffusione sviluppa nel tempo la sua peculiarità nel
concetto di “circolarità”, ossia una ricezione del messaggio da parte di
una pluralità indeterminata di persone. Agli inizi tale concetto si pone
come limite tecnico decisivo per la distinzione delle radiodiffusioni, in
altri termini sono considerate trasmissioni radiodiffuse quelle la cui
area territoriale servita è delimitata attraverso il dosaggio della potenza
di emissione e le dimensioni della rete dei ripetitori. Tuttavia tale ruolo
tecnico-normativo perde di significato nel momento in cui di
circolarità, come proprietà naturale delle onde di diffondersi, salvo una
diversa limitazione e orientamento della direzione, si voglia parlare
anche per le radiodiffusioni via filo e via cavo; a ben vedere quindi è ben
altro il ruolo interpretativo del concetto di circolarità: essa non connota
3
Regolamento Internazionale delle Radiocomunicazioni concluso a Ginevra il 6 dicembre
1979 e ratificato dall’Italia con D.P.R. n.740/81
4
Cfr. Corte cost., sent. n.59/160, sent. n.1030/1988, sent. n.102/1990, sent. n.420/1994.
5
Cfr. decisione NBC vs. US del 1943: la restrizione della libertà di diffondere via etere viene
giustificata con la scarsità delle frequenze che ridurrebbe il numero dei possibili operatori. La
soluzione è quella del monopolio o della restrizione delle concessioni.
11
la radiodiffusione come attività comunicativa da espletare secondo
determinate modalità tecniche, allude piuttosto ad una sua particolare
forma d’esercizio caratterizzata dalla ininfluenza della volontà dei
soggetti riceventi, i quali non hanno strumenti di difesa o di replica se
non ex post factum, e di rimando dall’assenza di rapporti contrattuali tra
emittenti e riceventi.
A questo punto la circolarità finisce per assumere un significato
decisamente singolare, non sorprende quindi che il riferimento a tale
proprietà delle radioonde sia stato progressivamente omesso nelle
traduzioni giuridiche della nozione tecnica di radiodiffusione; questa
risulta descritta non tanto da specifiche modalità tecniche e ricettive dei
segnali, piuttosto dalla dedicazione imprenditoriale dell’impresa
emittente in termini di pubblicazione e commercializzazione dei suoi
prodotti, ovvero i programmi; vi è una destinazione intrinsecamente
pubblica, cioè originariamente non riservata e non personalizzata in
funzione dei soggetti riceventi individualmente considerati, una
“destinazione al pubblico in generale”.
Il cerchio si chiude: ciò che rileva nel settore delle
radiodiffusioni non è la multifunzionalità, che abbiamo visto propria
delle tlc come neutralità della rete, quanto il contenuto delle
trasmissioni stesse come forma di manifestazione del pensiero nella
sua duplice espressione di libertà di trasmettere e libertà di accedere
alla fruizione dei programmi trasmessi; se poi queste libertà siano
informate da una struttura di “diritto” piuttosto che di “ valore” è
questione ancora aperta6.
6
Sul punto v. A. Pace, Autorità e libertà nel settore delle telecomunicazioni e della
televisione in DRT n.3 p.13
12
Questo breve excursus ci consente di fare un punto sulla
premessa divaricazione normativa dei settori della telecomunicazione e
della radiotelevisione, ovvero sulla diversa disciplina delle
comunicazioni in senso stretto e delle diffusioni. Ebbene tali diversi
storici itinera giuridici stanno attraversando in questo preciso momento
storico una fase di “smarrimento”; il fenomeno della multimedialità si è
affacciato nel mondo giuridico in tutta la sua dirompenza tecnologica
mettendo in crisi non pochi sillogismi giuridici in merito.
E se è ancora vero che ubi societas ibi jus e che una norma
ancorchè valida necessita un certo grado di effettività, allora appare
inevitabile cominciare nuovamente le nostre riflessioni da una fase
necessariamente pregiuridica.
La tendenza in atto è quella di un progressivo avvicinamento fra
tlc e radiodiffusioni grazie alla possibilità di trasmette e ricevere,
attraverso reti comuni e apparecchiature polifunzionali, messaggi
comprensivi sia di quelli tradizionalmente rientranti nell’ambito delle
tlc, sia di quelli tradizionalmente rientranti nell’ambito delle diffusioni.
Tale possibilità è dovuta allo sviluppo delle tecnologie di
digitalizzazione dei segnali, le quali consentono la conversione di
diversi tipi di informazione in messaggi binari codificati, che possono
essere combinati, immagazzinati, manipolati e trasmessi velocemente,
in maniera efficiente e in grandi volumi su ogni tipo di rete, sia essa
fissa oppure mobile, senza perdere di qualità.
La digitalizzazione non è certo un fatto nuovo nel campo delle
tlc, lo è invece in quello della televisione che si è evoluta piuttosto in
un contesto storicamente “analogico”.
13
La trasmissione analogica consiste in una rappresentazione
originale dei segnali acustico, ottico, elettrico che si basa sulla
corrispondenza tra due segnali, in cui quello di trasmissione è la
rappresentazione del segnale all’origine e varia proporzionalmente al
variare di questo; la tecnica numerica digitale invece consiste in una
scomposizione di dati, immagini e suoni nei loro componenti atomici e
nella loro riduzione ad un agglomerato di bit, cioè di impulsi in
successione che assumono l’aspetto di “uno” e di “zero”. La
trasformazione di segnali analogici in simboli binari permette così il
trasporto simultaneo di segnali di natura diversa, combinando più mezzi
di comunicazione (telefonia, radiotelevisione, computers).
Assistiamo ad un nuovo processo di convergenza delle tecniche e
delle infrastrutture di trasmissione e quindi di una progressiva
omogeneizzazione di settori originariamente separati; dopo la
convergenza tra imprese di tlc e imprese informatiche (telematica), è in
corso quella tra imprese di tlc e imprese radiotelevisive.
Il settore radiotelevisivo si vede proiettato in una nuova fase;
dopo l’era della televisione commerciale, caratterizzata da un
incremento per lo più quantitativo (più canali, più programmi, più
entrate, più operatori) e da una sostanziale “invarianza” dell’impianto
strutturale dell’attività televisiva e del modo di consumarla, quella
digitale, per quanto sia forse più esatto parlare per ora di era pre-
digitale, data l’attuale coesistenza di tecnologie analogiche e digitali,
presenta uno scenario evolutivo sia qualitativo che funzionale con nuove
prospettive di consumo in una pluralità di usi diversi, di nuovi modelli
operativi e di inedite formule economiche, ancora una volta di difficile
interpretazione: nell’immaginario più semplice uno stesso apparecchio
14
dotato di uno schermo, di una tastiera e di una stampante sarà in grado di
ricevere emissioni televisive e radiofoniche e nel contempo di
trasmettere e ricevere messaggi verbali e scritti, fungendo dunque da
televisione, radio, telefono, telex, fax.
Il passaggio dalla pay-tv al video on demand comporterà un
radicale stravolgimento della tradizionale nozione di radiodiffusione; se
la pay-tv si distingue per il sistema (via cavo) e la modalità (assenza di
pubblicità) di trasmissione, rimanendo tuttavia diffusione circolare
nell’ambito del pubblico abbonato, il VoD rappresenta il medium che
meglio incarna l’aspetto di convergenza fra tecnologie tradizionalmente
di tlc e tecnologie televisive. Infatti il VoD dà luogo ad una
comunicazione da punto a punto, diverso dalla comunicazione punto-
massa tipico della catv, con un’interattività fra l’emittente e il
destinatario, non solo nella scelta dei programmi, ma anche nella loro
fruizione: attraverso il proprio televisore, l’utente può accedere ad un
data base in cui ordinare il prodotto audiovisivo di proprio gradimento e
vederlo in qualunque momento della giornata, tra l’altro con possibilità
di controllo delle immagini, sul modello funzionale del
videoregistratore.
Il VoD utilizza le strutture delle comunicazioni in senso stretto,
è un servizio di carattere personale e intersubiettivo, non ricevibile da
terzi, salvo intercettazione. Risponde inoltre all’idea di una tv customer
oriented che offra all’utente la massima autonomia decisionale, senza
dover essere più condizionato da vincoli di palinsesto.
Come si nota quindi c’è una grande distanza dalla tradizionale
nozione di diffusione, tuttavia questa progressiva omogeneizzazione non
deve far pensare né ad un reciproco snaturamento dei due settori delle
15
tlc e della televisione né ad una mera “media aritmetica” dei due
sistemi. Piuttosto si tratta di salvaguardare la multifunzionalità della rete
e la qualità dei servizi veicolati in termini di tutela della morale, della
personalità e del patrimonio.
Il punto d’arrivo, che va prefigurandosi in un futuro non
lontanissimo, è quello di “un’unica presa d’utente”, ovvero un unico
medium (televisore o pc) attraverso cui sarà possibile accedere ad ogni
tipo di servizio multimediale interattivo: dal telelavoro alla
videoconferenza, il teleshopping, la telemedicina e ogni altra
applicazione in grado di rispondere ai bisogni di una società
dell’informazione.
In questo modo l’impatto tecnologico sui mercati si riflette in un
variegato dinamismo dal lato dell’offerta7: un migliore servizio
televisivo sia qualitativamente che quantitativamente, la televisione
digitale consente infatti, a parità di frequenze occupate da un canale
analogico, di aumentare il numero dei canali, il che comporta una
riduzione dei costi di trasmissione per canale; una maggiore flessibilità
nell’utilizzo delle risorse di trasmissione (una riduzione del numero dei
canali trasmessi in cambio di una migliore qualità delle immagini, ad
esempio); la possibilità di accesso tramite il televisore (munito di set-
top box o adattatore digitale) ai servizi aggiuntivi di tipo interattivo
semplicemente collegando l’apparecchio alla linea telefonica di casa.
Il mercato tende a comporsi in due segmenti distinti: un mercato
a livello globale, ad alta intensità di capitale, dove si gioca per la
leadership mondiale, attraverso la conquista delle grandi audience e un
mercato più variegato composto dalle singole realtà nazionali dove le
7
Cfr. Relazione dell’Autorità ’99.
16
politiche sono meno aggressive e si assiste ad una maggiore
proliferazione di operatori.
Questa “corsa all’oro digitale” giustifica i fenomeni di alleanze,
fusioni e acquisizioni fra le imprese televisive al fine di non rimanere
estromessi dal gioco; la necessità di una domanda che riesca a saturare
la grande varietà dell’offerta, in termini di appetibilità della stessa,
induce la imprese alla realizzazione di prodotti sempre più sofisticati e
appetibili e quindi sensibilmente più costosi; la “frontiera” si sposta
verso la ricerca di mercati nuovi che consentano un abbattimento dei
costi di produzione e una remunerazione maggiori. Ciò è tanto più vero
nel caso della tv via satellite, data la intrinseca transnazionalità di tale
supporto, che crea non pochi problemi di convivenza tra gli Stati, circa
la possibilità di controllo del segnale veicolato dal satellite, al fine della
ritrasmissibilità del messaggio sul proprio territorio nazionale.
I sostenitori del Free flow of information and ideas, i Paesi
occidentali, chiedono una possibilità di trasmissione e di ricezione via
satellite non condizionata al consenso dello Stato, facendo leva
soprattutto sulla libertà di manifestazione del pensiero, storicamente da
garantirsi nei confronti dello Stato; Paesi socialisti e, dopo la
dissoluzione di quelli comunisti, Paesi in via di sviluppo sostengono
piuttosto la teoria del Prior consent, ovvero del consenso dello Stato
ricevente, adducendo il pericolo della perdita della propria identità
culturale a favore di una nuova dominazione economica dall’esterno. Il
fenomeno della pubblicità via satellite sarebbe un primo passo verso una
forma di assorbimento e assimilazione culturale, prodromica di una fase
commerciale vera e propria.
17
L’audiovisivo è un mercato estremamente instabile dove si
concentrano delle forze in contrasto di difficile coesione
regolamentare: il detentore del sapere tecnologico ha una posizione di
favore; questo spinge le imprese ad un’efficace adeguamento
tecnologico, anche attraverso alleanze trasversali tra imprese di tlc e
imprese radiotelevisive; il mercato cambia i suoi connotati geografici,
si globalizza, la nazionalità diventa un concetto etereo e la Terra non è
mai stata così piccola; gli Stati di fatto non riescono più a controllare il
volume di informazioni che attraversa i loro territori; le regole allora
sembrano decidersi su due livelli ulteriori rispetto al solo livello
nazionale, uno regionale portatore delle istanze nazionali
reciprocamente armonizzate e uno globale dove si negoziano le sorti dei
mercati.