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ABSTRACT
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce nel 2002 le Cure
Palliative come “…approccio che migliora la qualità di vita dei malati e delle
famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili,
attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza[…]dal dolore e da altri
problemi fisici, psicosociali e spirituali……”.
Responsabilità dell’infermiere (Art. 3 Codice Deontologico, 2009) è assistere,
curare, prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute e della
dignità dell’individuo qualunque sia l’ambito in cui andrà ad operare.
L’infermiere che decide di intraprendere il suo percorso lavorativo all’interno
delle Cure Palliative deve essere in grado, in modo maggiore rispetto ad altri
reparti, di comprendere l’importanza delle cure personalizzate alla condizione
fisica, psichica ed emozionale dell’assistito, del relazionarsi al meglio e del
mantenere al centro della sua assistenza il volere della persona.
I pazienti presenti nei reparti di cure palliative non devono essere trattati ed
assistiti solo per la loro difficile condizione patologica, ma devono essere
considerati, come tutti, individui unici nel loro genere, formati da emozioni,
sentimenti e paure procurate dalla situazione in cui si trovano.
La presente tesi nasce dalla curiosità di verificare, all’interno della letteratura, la
presenza di documenti che affermino se il tocco all’interno dell’assistenza al
paziente terminale, può essere una strategia che facilita la comunicazione.
All’interno dell’elaborato vengono descritti ed analizzati il tocco semplice, il
tocco terapeutico e il massaggio come strumenti per il sollievo da sintomi quali
nausea, dolore, depressione, rabbia e stress con effetti positivi sulla qualità di
vita, dell’umore e sul coping del paziente.
Migliorando la qualità di vita dell’assistito attraverso l’alleviamento di alcuni
sintomi, si migliora la sua relazione con gli altri. Il paziente senza dolore o
nausea è più propenso a dialogare ed a intraprendere delle relazioni sociali,
rispetto a colui che invece è afflitto da questi sintomi.
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In conclusione, quindi, si riconosce l’importanza di questi strumenti nel
modificare alcuni sintomi e la possibilità del loro utilizzo all’interno del processo
assistenziale infermieristico a supporto delle azioni quotidiane al fine di rendere
l’assistenza personalizzata e qualificata.
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INTRODUZIONE
Si può stare a guardare in faccia chi soffre e non intervenire; ma i malati
terminali soli e abbandonati continueranno a guardarci e a chiederci aiuto.
Comunicare con queste persone non sempre è facile, perché molto spesso non
si sa cosa dire e come comportarsi; ma a volte basta solo appoggiare una
mano sulla spalla per dire che siamo presenti.
Entrare in contatto con la persona significa voler essere pienamente partecipe
nell’assistenza, fornendo al paziente la sensazione di essere considerato non
per la malattia che lo affligge, ma per la sua integrità ed individualità.
Oltre che la relazione d’aiuto insita nella nostra professione, ma propria di ogni
individuo vivente, l’infermiere nel suo processo assistenziale utilizza la relazione
terapeutica. Scopi di questa relazione sono il superamento da parte
dell’assistito della condizione patologia da cui è afflitto e la modificazione
sostanziale di alcuni suoi comportamenti.
Ruolo fondamentale dell’infermiere è comprendere l’importanza di questo tipo di
relazione. Attraverso il sostegno psicologico attuato tramite la comunicazione, i
gesti, il contatto e l’ascolto l’infermiere ha il compito di “estraniare” l’assistito
dalla sua condizione patologica al fine di aiutarlo a riprendere le sue relazioni
sociali.
Durante l’esperienza di tirocinio svolta, dal 13 aprile al 6 maggio 2010, presso
l’Unità Operativa di Cure Palliative (UOCP) dell’Azienda Ospedaliera di Circolo
di Busto Arsizio, P.O. Busto Arsizio, ho avuto modo di relazionarmi con il
paziente terminale e la sua famiglia. Entrare in relazione con questi assistiti non
è sempre facile, in quanto, predominano le emozioni legate alla difficile
condizione in cui si trovano dovendo affrontare il duro percorso della malattia e
della morte.
In questo periodo ciò che più mi ha colpito è come, a volte, le parole e la
volontà di ascoltare non bastano per far sì che una persona si senta al centro
della nostra assistenza. Questo capita perchè senza rendercene conto la nostra
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comunicazione non verbale, fatta di mimica e gesti, non concorda con quanto
dicono le nostre parole.
Il mio quesito di tesi nasce da un episodio accaduto durante il periodo di
tirocinio. Ricordo il caso di un assistito di 65 anni ricoverato con diagnosi di
adenocarcinoma al pancreas, metastasi ossee e cachessia. In una telefonata
fatta al figlio e ascoltata sia da me che dal tutor clinico, l’assistito affermava che
nessuno di noi era veramente interessato ad ascoltarlo e a parlare con lui, in
quanto spesso gli si dava ad intendere di avere altro di più importante da fare.
Nonostante la volontà espressa dal team di infermieri, operatori socio sanitari
(OSS) e medici nel comunicare con lui e nell’ascoltarlo attivamente, molto
probabilmente la nostra gestualità, la nostra postura e mimica del volto non
avevano mai espresso vero interesso verso quanto voleva comunicarci.
Ciò che più mi ha colpito è stato come in un secondo colloquio, appoggiando
semplicemente una mano sulle sue, ho avuto come la sensazione che la
persona si sentisse più a suo agio nel parlare e confidarsi. Il suo viso appariva
più sereno e rilassato, e la persona parlava più liberamente delle sue paure e
delle sue esperienze passate.
Il contatto ha quindi, in questo caso, facilitato l’apertura dell’assistito nei nostri
confronti, facendolo sentire più a suo agio e in un certo senso più considerato.
Il contatto ha molte finalità: comunicare, entrare in relazione con gli altri,
scoprire. Durante la pratica infermieristica il tocco viene spesso utilizzato, ma
per finalità diverse dal facilitare la comunicazione: assistere il paziente nel
raggiungimento di un obiettivo, nella somministrazione dei farmaci e dei pasti,
nell’eseguire le pratiche igieniche e nell’esplicazione di procedure terapeutiche.
L’episodio in questione ha fatto nascere in me una domanda: il tocco può
essere quindi utilizzato, oltre che per gli scopi già conosciuti, anche per
facilitare la comunicazione con il paziente terminale?
Per trovare risposta al quesito ho effettuato una ricerca bibliografica all’interno
delle banche dati PubMed ed ILISI (Indice della Letteratura Italiana di Scienze
Infermieristiche). Durante la ricerca ho avuto modo di trovare molti studi che
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prendevano in considerazione il tocco come strumento che poteva aiutare gli
infermieri ad alleviare alcuni sintomi molto frequenti nel paziente terminale.
Sono stati dunque reperiti, attraverso queste banche dati (v. Allegato 1: griglia
di ricerca) articoli cartacei raccolti tramite il servizio OPAC offerto dall’Università
degli Studi di Milano e dalla Regione Lombardia, alcuni studi (datati dal 2002 ad
oggi) che affrontavano tre strumenti: il tocco semplice, il tocco terapeutico e la
pratica del massaggio.
Gli studi in questione affermano che i tre strumenti, pur molto diversi tra loro,
portano alla diminuzione di sintomi quali nausea, depressione, dolore, rabbia e
rabbia e all’aumento della qualità di vita, del sonno e un coping positivo del
paziente e quindi indirettamente favoriscono la relazione con il paziente
terminale.
Portando alla diminuzione dei sintomi il paziente è più propenso alla relazione
con noi operatori, ma soprattutto, con i familiari e con coloro che gli fanno visita
in modo da mantenere le sue relazioni sociali nonostante la patologia.
Da non dimenticare è quanto viene affermato nella Carta dei Diritti del Malato
Terminale e nel Patto Infermiere/Cittadino, dove si ribadisce il diritto
dell’individuo a non morire solo. La persona che per colpa della malattia e dei
sintomi non riesce a mantenere delle relazioni sociali sarà abbandonato dai
suoi cari a causa dei suoi comportamenti. Se l’infermiere, invece, attraverso
l’uso di questi strumenti riesce a migliorare la qualità di vita della persona,
indirettamente riuscirà a favorire le sue relazioni con gli altri e a garantire il
rispetto di questo diritto.
L’elaborato è suddiviso in quattro capitoli. Nei primi due si affrontano le
normative infermieristiche rispetto all’assistenza al malato terminale e si
introduce l’argomento delle cure palliative. Nel terzo si fornisce una definizione
di malato terminale, parlando dei suoi bisogni assistenziali, e si introduce il
concetto dell’aptonomia. Il quarto capitolo è la fase di ricerca, dove si
analizzano le tre pratiche: il tocco semplice, che consiste nel solo
posizionamento delle mani sui siti definiti dal paziente come doloranti; il tocco
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terapeutico, che affermando che corpo, mente ed emozioni si combinano per
formare un campo complesso di energie si esplica tramite l’utilizzo delle mani
per dirigere l’energia umana e favorire la guarigione; il massaggio consistente
nella manipolazione di aree di tessuto molle del corpo.
Ultima parte è dedicata alle conclusioni, dove si commentano i dati raccolti, si
esprimono le considerazioni rispetto a quanto trovato e analizzato e si invitano
coloro che leggeranno l’elaborato a utilizzare tali strumenti.
Scopo principale dell’elaborato è quello di verificare la presenza in letteratura di
studi che supportino la pratica del tocco e del contatto come strumento che
facilita la relazione con il paziente terminale attraverso il miglioramento della
qualità di vita.
Altro scopo è far sì che il documento possa essere una fonte di informazione
rispetto a questi strumenti al fine di diffonderne il loro utilizzo a sostegno del
processo assistenziale infermieristico.