5
un excursus che parte dalle prime migrazioni cinesi verso terre
straniere durante la dinastia Qing, giungendo sino ai giorni nostri,
attraverso le differenti motivazioni che hanno condotto i cinesi a
lasciare il “Regno di mezzo
1
”. Il percorso descrittivo ha seguito
parallelamente anche un piano geografico che dalle tradizionali mete
ambite, America del Nord e Sudest asiatico dei primi dell’Ottocento,
ha abbracciato sino ai nostri giorni numerose aree del mondo,
raggiungendo alla fine del XIX secolo anche l’Europa. Infine ho
cercato di tracciare gli aspetti rilevanti della cultura cinese che
rappresentano la chiave di lettura degli atteggiamenti e dei costumi
che si riscontrano e si preservano anche nelle comunità cinesi
emigrate: la famiglia, intesa nell’accezione più ampia del termine,
propria della cultura cinese, rappresenta un esempio di “eredità
culturale dei cinesi d’oltremare”.
Il secondo capitolo, anch’esso incentrato su una descrizione ancora
generale del fenomeno, restringe il campo d’indagine all’area italiana:
dai primi ingressi databili attorno agli anni Venti, sino agli anni
Novanta, vengono descritti i primi insediamenti cinesi in Italia,
attraverso l’evoluzione legislativa in materia di immigrazione che ha
sancito l’ingresso, durante gli anni Ottanta, di un ampio numero di
stranieri. Particolare attenzione è rivolta alla descrizione di
caratteristiche delle comunità cinesi insediate in Italia: dalle forme di
economia etnica, alla zona di provenienza, ecc… per risalire agli
elementi distintivi dei “cinesi d’Italia” ed utilizzarli come modello di
base per l’analisi specifica del barese.
1
Dal cinese, Zhongguo中国 , ossia Cina.
6
Nei capitoli III, IV e V, si sviluppa la fase sperimentale di questo
lavoro: l’analisi della comunità cinese nel barese. La mia analisi si è
basata sia su dati raccolti da vari enti pubblici: Camera di Commercio,
Questura di Bari, ISTAT regionale. L’attendibilità di questi dati,
tuttavia, è limitata agli immigrati regolari, poiché non sono inclusi i
dati relativi alla clandestinità, componente tipica di tutte le comunità
immigrate. Alla descrizione effettiva della comunità cinese, ho
anteposto un’analisi sull’immigrazione in Puglia, che prende in
considerazione le varie comunità che dagli anni ’70 si sono stanziate
in questa regione. Ho cercato di mettere in rilievo le caratteristiche
comuni di questi insediamenti , ma anche le loro peculiarità. Ho
quindi proceduto all’esame della comunità cinese del barese
basandomi su un’analisi dei dati statistici disponibili e sul materiale
raccolto durante il lavoro di ricerca sul campo.
Durante questo lavoro, ho avuto modo di parlare con molti
rappresentanti della comunità stessa (un ragazzo residente a Bari con
la sua famiglia da circa 10 anni, due fratelli di un ristorante della
provincia barese, una ragazza di Bari, un ristoratore di Andria). Inoltre
ho anche preso contatti con testimoni privilegiati che mi hanno potuto
dare ulteriori informazioni sulla comunità stessa (l’Ispettore
Sciacovelli della Questura di Bari, la dott.ssa Rita Goffredo del
Provveditorato agli studi di Bari, La dott.ssa Yu Bing - una donna
cinese che ha collaborato spesso con la questura di Bari, ma anche
insegnante di lingua cinese a bambini cinesi del barese, per attività
promosse e finanziate dal Provveditorato agli studi di Bari-.
7
L’intervista prevede diverse aree d’analisi: dalla vita in Cina al
progetto migratorio, quindi l’ingresso in Italia, l’inserimento
lavorativo, il quadro familiare, la vita associativa e quindi
l’inserimento nel tessuto sociale barese. La conoscenza della lingua
cinese e dei loro costumi mi ha facilitato nel contatto con alcuni di
loro.
Con questo studio ho voluto dare un contributo alla realtà cinese del
barese, utilizzando le interviste come testimonianze per completare la
visione necessariamente parziale dell’analisi dei dati statistici, o per
confermare opinioni e tendenze riscontrate in altre comunità cinesi in
Italia. Il numero esiguo di intervistati non è rappresentativo di tutta la
realtà barese, ma permette sicuramente di ricostruire un quadro
interpretativo più completo e più vicino alla loro realtà. D’altronde
l’obiettivo del metodo dell’ “osservazione partecipante” e
dell’intervista in profondità, non è quello di generalizzare i risultati,
bensì quello di cogliere dettagli, interpretazioni soggettive, sfumature
cariche di senso.
A rendere più “visibile” la loro consistenza hanno contribuito anche
interviste rilasciate dai testimoni privilegiati che hanno contatti con la
realtà cinese di quest’area, ampliando, pertanto, la sfera conoscitiva di
questa comunità.
Il capitolo IV è un’analisi delle tipologie occupazionali dei cinesi nel
barese e dell’evoluzione dei vari settori economici nell’arco di tempo
preso in considerazione: il triennio 2000-2002, sulla base dei dati
rilasciati dalla Camera di Commercio di Bari.
8
Nel capitolo V, invece, ho cercato di ricostruire, attraverso i dati
rilasciati dal Provveditorato agli Studi di Bari, la presenza cinese nelle
scuole del barese e di capire quale fosse il grado effettivo
d’integrazione dei cinesi nel tessuto sociale barese. In particolar modo
ho cercato di stabilire, che ruolo svolgono in questa direzione alcune
attività d’intercultura attivate da enti istituzionali o privati.
Nelle conclusioni, infine, riprendo i principali concetti approfonditi
nel testo e traccio un bilancio finale.
9
CAPITOLO I
LA MULTIPOLARITA’ DELLA DIASPORA CINESE.
1.1 Il concetto di diaspora nell’immigrazione cinese.
L’interesse per le migrazioni cinesi nasce da una molteplicità di fattori
che hanno inciso nel panorama internazionale sia per la consistenza
numerica della popolazione interessata, sia per la vasta area geografica
coinvolta che parte dall’Asia e si estende negli altri quattro continenti.
Ma il fenomeno risulta essere complesso perché non si può
prescindere da fattori culturali, economici ed istituzionali del Paese
che hanno indotto milioni di cinesi a lasciare il “Regno di mezzo
1
” per
dirigersi in altre parti del mondo instaurando, nelle nuove terre, una
fitta rete di relazioni ed enfatizzando le caratteristiche della collettività
di appartenenza. Tutti questi fattori sono confluiti per determinare un
caso di dimensioni planetarie ricorrente nella letteratura delle
migrazioni, con il nome di “diaspora cinese
2
”. Su tale definizione si
sono aperti numerosi dibattiti, coinvolgendo vari studiosi, nonché
sostenitori di teorie talvolta discordanti. Se ci si basa sull’origine
etimologica del termine diaspora, intesa come dispersione di un
popolo che lascia la terra degli avi migrando in varie direzioni, la
migrazione cinese può essere collocata nella categoria dei fenomeni
diasporici. Ma se a tale definizione se ne aggiungono altre e più
1
Il nome “Cina” in cinese si pronuncia zhongguo 中国 che letteralmente significa “Terra di
mezzo” (Guo 国=Paese, Terra, Regno; Zhong 中=metà, mezzo, centro).
2
Campani G., “La diaspora nel nuovo contesto delle migrazioni internazionali”, in Campani G.,
Carchedi F., Tassinari A.,(a cura di ) L’immigrazione silenziosa. Le comunità cinesi in Italia, ed.
Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1994, p. 25.
10
complesse, che sono entrate a far parte negli ultimi anni nel
vocabolario delle scienze sociali, allora ci si imbatte in posizioni
contrastanti. Tale è l’atteggiamento di alcuni studiosi tra i quali
Wang Gunwu e Live
3
, dei quali, il primo associa il termine
prettamente alla cultura ebraica in cui la diaspora è determinata da
fattori rilevanti: dispersioni forzate e traumatiche di un popolo.
Secondo Live la diaspora non è altro che conseguenza di
un’interruzione di contatti con il luogo d’origine e l’instaurarsi di una
relazione mitica con il Paese di provenienza. Il processo migratorio
cinese, è, pertanto, secondo quest’ultima teoria, differente dal concetto
di diaspora, poiché i contatti tra i cinesi d’oltremare e la madrepatria
sono stati sempre forti, tranne nel periodo 1949-79.
Poiché il termine diaspora è entrato a far parte nel vocabolario delle
scienze sociali e storiche senza un’adeguata teorizzazione, la
tendenza attuale è, pertanto, quella di utilizzare tale concetto per
definire qualsiasi comunità lontana dal Paese d’origine, che esprima
una rivendicazione identitaria. Tale definizione non si discosta, in un
primo momento da quella di “comunità espatriata”: in entrambi i casi,
infatti, le comunità immigrate rivendicano “il riconoscimento della
propria identità sia nel Paese di accoglienza sia nel Paese di origine
(… ) reso possibile in un contesto/spazio migratorio attuale
caratterizzato dalla crisi dello stato nazionale e tendenza alla
globalizzazione planetaria
4
.”
3
Ibidem.
4
Ivi, p. 26.
11
Secondo Cohen è possibile stabilire se una comunità espatriata faccia
parte o meno di una diaspora secondo una scala di sette criteri di
seguito elencati:
1. La dispersione, intesa come emigrazione in varie parti del
mondo: nel caso particolare della collettività cinese,
l’emigrazione è avvenuta da parte di persone provenienti dalla
stessa regione (il 90% dei cinesi presenti in Italia sono del
Zhejiang).
2. Il trauma collettivo scaturito da vari fattori: miseria,
sovrappopolazione, guerra o altra calamità, fattori che sono stati
determinanti in Cina dal XIX secolo fino ai primi del 1900.
3. Il riconoscimento del fenomeno migratorio da parte dei ceti
intellettuali, quindi la promozione di teorie e di discussioni
relative al fenomeno;
4. L’inserimento economico: ovvero lo sviluppo di relazioni
economiche sia all’interno della comunità stessa che nella terra
di accoglienza.
5. La difficile relazione esistente tra gli emigrati e la popolazione
ospitante, che talvolta sfocia in rapporti conflittuali o di
apparente separazione.
6. Il trascendimento delle frontiere nazionali.
7. La promozione di un movimento di ritorno (sia delle persone,
sia dei beni e delle rimesse economiche-finanaziarie)
5
.
5
Ivi, p. 27.
12
Questi criteri, pertanto possono essere applicati all’emigrazione cinese
e riconoscerne il carattere diasporico perché l’identificazione del
fenomeno va al di là dei limiti nazionali (punto 6): si riconoscono le
comunità cinesi stanziatesi in varie parti del mondo e tra loro spesso si
instaurano anche relazioni (è il caso di grandi aziende di import/export
di prodotti alimentari parigini che riforniscono le reti di ristoranti
sparsi in tutta l’Europa).
Kotkin, che ha analizzato le strategie insediative, dal punto di vista
produttivo, di varie collettività - inglesi, ebree, cinesi, giapponesi ed
indiane -, ha ritenuto che, insediamenti molto solidi svolgono un ruolo
chiave nel successo dell’economia globale. Come prototipo di questa
sua teoria, Kotkin riporta l’esempio degli ebrei: una comunità dalla
forte identità, la cui compattezza tra i membri è rafforzata dall’aiuto
reciproco e dal senso di solidarietà. Questa coesione è evidente anche
nel settore economico, caratterizzato soprattutto dal lavoro autonomo,
in cui gli imprenditori instaurano tra loro, relazioni di reciproca
fiducia, favorendo la libera circolazione di capitale e credito tra i
parenti ed i membri del gruppo etnico di appartenenza. Queste
caratteristiche rilevate per la comunità ebraica, possono essere
attribuibili anche ai cinesi stessi, per i quali va anche sottolineata
l’abilità nell’instaurarsi in “nicchie” dell’economia locale, grazie al
loro ormai noto talento nel commercio.
Parlando di diaspora, inoltre, non si può prescindere da elementi
fondamentali come “reticolo” e “comunità”. Il reticolo si basa sulle
innumerevoli relazioni degli individui migranti sia all’interno sia
all’esterno del proprio gruppo che può essere familistico-parentale,
etnico (proveniente dalla stessa area di esodo) o di collettività più
ampie (stessa nazionalità d’origine). Il reticolo svolge una funzione
13
fondamentale all’interno della comunità: rafforza l’identità e
promuove circuiti di ausilio e di reciproco scambio all’interno del
gruppo.
Non tutti i gruppi immigrati possono costituire una comunità: questa
possibilità, dipende da diversi fattori, in particolar modo
dall’interazione tra forze interne al gruppo e forze esterne
(distribuzione geografica, inserimento professionale, risorse etniche
che interagiscono con la politica migratoria della società di
accoglienza). Generalmente la formazione della comunità avviene
nelle fasi successive del processo migratorio: ci sono casi, in cui gli
immigrati danno vita a circuiti relazionali segregati che svolgono la
loro funzione all’interno di una cerchia ristretta o tra pochi individui,
senza costruire solidarietà di tipo comunitario (è il caso di alcuni
nigeriani, capoverdiani, ecc…presenti in Italia
6
).
Alla base delle comunità, pertanto, vi sono i reticoli sociali: ma sarà in
base alla loro capacità produttiva e riproduttiva che si verrà a creare
una configurazione identitaria, culturale e non solo, che attiverà
processi di inclusione/esclusione delle risorse della comunità stessa
portandola ad interagire con altri reticoli.
Sulla base di tali considerazioni si può affermare che i cinesi si sono
strutturati in comunità, in tutti i Paesi in cui si sono insediati. Alla
base della loro strutturazione vi è un sistema culturale e di valori che
emerge attraverso il dispositivo economico-comunitario che li regola.
Quando ci si inoltra nelle comunità cinesi ben presto si scopre una
fitta ed articolata struttura familiare che, generalmente, gestisce
un’attività, e che contribuisce al mantenimento di quella che
comunemente è definita “economia etnica”, ovvero un’economia che
6
Campani G., “op.cit.”, p. 30.
14
funziona “...nel quadro di un circuito economico costituito
dall’insieme delle relazioni preferenziali che uniscono le famiglie e le
imprese cinesi negli ambiti della produzione e della distribuzione,
nonché del consumo, dell’occupazione e del finanziamento
dell’impresa
7
”.
L’economia delle comunità si basa, infatti, essenzialmente
sull’imprenditoria autonoma che esprime la volontà di appartenenza
al gruppo di origine. Questa volontà, secondo Lee Huu Khoa, va
spiegata secondo la teoria di un “Io collettivo”, ovvero di una
personalità di gruppo che ha come punto di riferimento non solo la
comunità immigrata in un singolo Paese, ma anche quelle presenti in
altre parti del mondo. Le comunità cinesi, infatti, si caratterizzano per
i forti reticoli esistenti sia intra-comunitari che extra-comunitari. I
primi rafforzano la comunità stessa (per esempio le imprese che si
rivolgono al mercato interno), i secondi, quelli che travalicano i limiti
spaziali, favoriscono interazioni con altre comunità a livello locale,
nazionale e sopranazionale. E’ soprattutto grazie “alla promozione di
un movimento di ritorno” (vedi punto 7 della teoria di Cohen) di
natura economica, in questo caso, che gli imprenditori della diaspora
giocano un ruolo centrale nella transizione economica del loro Paese.
In seguito all’apertura delle frontiere cinesi agli investimenti stranieri
8
ed a quelli dei cinesi emigrati, in Cina sono stati registrati flussi
7
Ma Mung, E., “Dispositif économique et ressources spatiales: éléments d’une économie de
diaspora” in Revue Européenne des Migrations Internationales, la Diaspora Chinoise en Occident,
3, VIII, 1992, pp.175-94.
8
Nel 1979, con la politica dell’apertura e riforme, nota come “gaige kaifang 改革 开放” si
inaugura un nuovo periodo : entra in vigore il programma delle “Quattro modernizzazioni” che
prevedeva un rinnovamento in campo economico, militare, politico ; fu approvato lo schema di
legge sulle joint ventures; nel 1984, , furono istituite le ZES (zone economiche speciali) e vennero
aperte alcune città costiere agli investimenti stranieri, inclusi quelli dei cinesi d’oltremare.
15
consistenti di investimenti, provenienti soprattutto dai cinesi
d’oltremare, attirati dai vantaggiosi costi della manodopera.
All’interno della diaspora, si è delineata una nuova figura: si tratta dei
“transilient”
9
, ossia migranti che svolgono funzioni di manager, ricchi
di risorse ed abilità che svolgono una posizione chiave nell’economia
globale, promuovendo il commercio internazionale. I cinesi, rispetto
agli altri migranti asiatici - filippini, pakistani, bengalesi -, i cui
reticoli comunitari appaiono meno organizzati nel settore economico
ed imprenditoriale, costituiscono, secondo alcuni studiosi, il
prototipo del transilient migrant
10
. Questi, infatti, sono anche definiti
“going stereo” ovvero coloro che vanno nelle due direzioni: verso il
Paese di immigrazione e verso la madrepatria, contribuendo, da un
lato, alla sviluppo economico della propria comunità nella nuova area
d’insediamento, dall’altro incentivando lo sviluppo anche nella terra
d’origine, così come dimostrano i consistenti investimenti, provenienti
dai cinesi residenti all’estero verso la Cina, soprattutto con
l’emigrazione sviluppatasi nel sud-est asiatico.
Dai nomi di numerose banche, presenti nelle aree cinesi di grande
attrazione imprenditoriale, emergono segni che sottolineano il
carattere transnazionale della migrazione cinese e gli stretti legami
economici tra i cinesi d’oltremare e la madrepatria: Huachiao
11
Commercial Bank, Oversseas Chinese Banking Corporation,
Overseas Chinese Commercial Bank, Overseas Union Bank, United
9
Chan Kwok Bun, “Ethnic Resources, Opportunità Structures and Coping Strategies: Chinese
Business in Canada” in Revue Européenne des Migrations Iternationales, la diaspora Chinoise en
Occident, 3, VIII, 1992, pp.117-138.
10
Il termine Translient deriva etimologicamente da trans e dal latino salire e, oltre al significato di
“salire bruscamente da una posizione all’altra” ha anche il significato traslato di “appoggiato
indifferentemente sull’uno o sull’altro dei due sostegni”.
11
Significa “ Cinese d’oltremare”.
16
Overseas Bank, ecc…sono solo alcuni esempi di banche di Hong kong
aperte essenzialmente per quei flussi di capitale proveniente dai
connazionali espatriati.
Nella cultura diasporica, infatti, vi è l’incoraggiamento di valori
transnazionali e, nel caso della diaspora cinese vi sono numerosi
segni che tendono a sottolinearla. Un esempio è offerto dalla stampa
edita dai cinesi d’oltremare (in Francia, due quotidiani e diversi
periodici sono pubblicati a Parigi, così come nella costa orientale degli
Stati Uniti sono diffusi diversi quotidiani e molti periodici) che è
un’evidente “presa di coscienza di se stessi nel mondo”
12
. Questa
esibizione aperta della transnazionalità è, al tempo stesso, un
incoraggiamento di quest’ultima e permette di fornire basi ed
argomenti ideologici. L’immigrazione cinese è pertanto ormai un
fenomeno importante nella letteratura delle scienze sociali e diversi
convegni organizzati negli ultimi anni hanno fatto esplicitamente
riferimento nel loro titolo al carattere diasporico. Un esempio è fornito
dal congresso internazionale intitolato “The Legal Political and
Economic Status of the Chinese in the diaspora”, svoltosi a S.
Francisco nel novembre 1992. Tale convegno ha coinvolto un
consistente numero di ricercatori e studenti dei quali circa il 90 per
cento era di origine cinese, conferendo una forma di legittimazione
intellettuale, nonché di conferma del carattere diasporico della
migrazione cinese.
12
Chan Kwok Bun, “art. cit.”, p. 20.