2
comprendere se, come ed in quale misura il rapporto di dipendenza tra profilo
soggettivo e nozione strutturale teorizzato dalla dottrina sia effettivamente
riscontrabile nella realtà.
In secondo luogo, l‟analisi di matrice storica offre la possibilità di configurare la
ricerca giuridica come asse portante dello studio, ma, al tempo stesso, lascia spazio
ad un approccio complessivo, che tenga in opportuna considerazione i momenti di
interconnessione tra il sistema normativo e gli elementi politici, sociali ed economici
che influenzano le evoluzioni del modello burocratico.
La validità di questo metodo di analisi è rafforzata dalla specificità dell‟oggetto della
presente ricerca. Invero, tra le novità vissute dall‟amministrazione da un punto di
vista funzionale, in questo elaborato viene presa in considerazione la configurazione
della comunicazione pubblica come funzione amministrativa.
Tale configurazione è avvenuta solo di recente, attraverso l‟adozione della legge n.
150/2000 – “Disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle
pubbliche amministrazioni” – tuttavia, la comunicazione è una pratica connaturata ad
ogni struttura sovrana e rappresenta un‟attività con cui i pubblici poteri si sono
sempre confrontati. La ricostruzione storica della strutturazione della comunicazione
nell‟amministrazione italiana, a partire dalla nascita dello Stato costituzionale e fino
ai nostri giorni, permette di cogliere le forme ed i ruoli che essa ha assunto nel tempo,
nonché di mettere in relazione le sue diverse conformazioni con le trasformazioni del
sistema amministrativo e dell‟ordinamento giuridico, politico, istituzionale, sociale ed
economico.
3
Per perseguire questi obiettivi di ricerca è stato necessario non sedimentarsi sulla
configurazione giuridica attuale della comunicazione pubblica, ma catalizzare le
attenzioni su un significato ampio. Vista la molteplicità delle forme e dei ruoli che la
comunicazione ha assunto nel tempo, infatti, questa flessibilità interpretativa agevola
l‟individuazione dell‟origine e degli sviluppi storico-normativi che le hanno
consentito di diventare una pratica istituzionalizzata e legittimata non solo de facto,
ma anche de iure.
Del resto, l‟attuale assetto della comunicazione pubblica non è immediato, né casuale
poiché prospetta “un cambio di paradigma, un diverso modo di concepire
l‟amministrazione: da un tipo di amministrazione ancora tradizionalmente <<separata
ed autoritaria>> ad un‟amministrazione di tipo nuovo, colloquiale,
<<relazionale>>”2. Pertanto, vale la pena risalire alle pre-condizioni che hanno reso
possibile la strutturazione della funzione pubblica di comunicazione per comprendere
in quali termini l‟evoluzione del modello burocratico abbia influito su questa nuova
configurazione, ma anche l‟apporto che la funzione di comunicazione ha dato e
continua a dare alla modernizzazione del sistema amministrativo italiano.
2AZZARITI G., Introduzione: la comunicazione come funzione, in ARENA G. (a cura di), La funzione di
comunicazione nelle pubbliche amministrazione, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2001, p. 15
4
CAPITOLO I
1. L‟assenza della comunicazione pubblica nello Stato liberale
I processi di orizzontalizzazione e di verticalizzazione ovvero spinte ed
ostacoli all‟affermazione della funzione di comunicazione pubblica
Per costruire un discorso intorno alle origini della comunicazione pubblica e alla sua
valenza giuridica nell‟attività e nell‟organizzazione amministrativa, è necessario
adottare una prospettiva ad ampio raggio, non limitata all‟ambito del diritto: la
comunicazione pubblica è una disciplina e una pratica trasversale rispetto agli ambiti
di sviluppo della vita sociale, così come la configurazione di un certo modello
burocratico in un determinato momento storico dipende, non solo dalle norme che ne
delineano la forma (organizzazione) e la sostanza (funzione), ma anche dall‟analisi
del contesto sociale e politico in cui tale modello prende forma.
La comunicazione pubblica nasce e si sviluppa all‟interno di processi definibili di
“orizzontalizzazione”3 e di “verticalizzazione” che vivono le comunità statali sia a
livello giuridico che politico.
3
La nozione di orizzontalizzazione è stata tratta dal saggio di Stefano Rolando (ROLANDO S. (a cura di), Teoria e
tecniche della comunicazione pubblica, Etas, Bologna, 2001, p. 3), che utilizza questa espressione in riferimento alla
tesi proposta da Paolo Mancini nel suo Manuale di comunicazione pubblica, secondo cui la comunicazione pubblica
nasce conseguentemente ai processi di differenziazione della sovranità, cioè dello smembramento e della ripartizione
della sovranità in vari corpi (Cfr. MANCINI P., Manuale di comunicazione pubblica, Laterza, Bari, 1996, p. 39).
5
La nozione di orizzontalizzazione si riferisce ai processi che conducono alla nascita
della democrazia parlamentare e alla decentralizzazione di compiti e funzioni prima
assorbiti nella figura del sovrano assoluto. In base a questa interpretazione, la
comunicazione dei pubblici poteri emerge con il processo di orizzontalizzazione della
sovranità, con la sua suddivisione in vari corpi4. Lo smembramento della sovranità è
teorizzato da Montesquieu nel 1748 nel testo fondamentale L’esprit des lois5. In base
alla teoria della tripartizione dei poteri, ogni centro d‟imputazione o, in generale, ogni
articolazione organizzativa, deve essere ricondotto ad una delle tre categorie:
legislativa, esecutiva e giurisdizionale, così come a queste stesse categorie deve
essere fatta risalire ciascuna attività pubblica6. La divisione della sovranità genera
concorrenza tra i vari poteri e fa emergere la necessità del controllo da parte dei
cittadini sull‟operato delle strutture preposte all‟esercizio della funzione pubblica
affinché esse rimangano in equilibrio, quindi affinché ciascuna non invada la sfera di
competenza degli altri poteri. Sotto questo punto di vista, la necessità del controllo
4Cfr. ROLANDO S., Evoluzione storica e perimetro disciplinare, op. cit. p. 4
5
Lo spirito delle leggi di Montesquieu costituisce una delle opere più importanti del pensiero politico settecentesco,
essendo destinata ad influenzare l‟organizzazione politico-istituzionale fino a tempi recentissimi. L‟analisi
montesquiviana riguarda tutti gli aspetti dell‟organizzazione politica. Il Montesquieu sostiene che lo scopo della politica
consista nel garantire l‟unità dello Stato ed i suoi interessi permanenti, espressi nei principi informatori delle leggi
fondamentali. Affinché questo fine possa essere perseguito è necessario “frenare” il potere politico perché questo tende
sempre ad espandersi, ad uscire fuori dai suoi limiti, a diventare assoluto. Il potere politico può essere mantenuto nei
suoi limiti solo in presenza di un altro potere che si contrappone ad esso: “Perché non si possa abusare del potere
bisogna che […] il potere freni il potere” (MONTESQUIEU C. L., cit. in D‟ADDIO M., Storia delle dottrine politiche
vol. II, ECIG, Genova, 1980, p. 16) Questa è la premessa alla teoria della tripartizione dei poteri, i quali devono essere
distinti in esecutivo, legislativo e giudiziario. La teoria della tripartizione dei poteri esprime in termini organizzativi la
convinzione di Montesquieu, secondo cui: “La libertà politica dipende dalla pluralità delle situazioni giuridicamente
garantite e dal loro reciproco controbilanciarsi, al fine di assicurare agli individui il bene per cui viene costituita la
società politica: la sicurezza, la stabilità, la tranquillità”. (Cfr. D‟ADDIO M., op. cit. pp. 5 – 20)
6Cfr. Voce Organizzazione amministrativa, di PALEOLOGO G. in Enciclopedia del diritto, p. 137
6
potrebbero innescare un processo di pubblicità, in quanto evidenzia la necessità di un
flusso comunicativo tra istituzioni e società civile. Il rapporto tra Stato e società civile
dovrebbe sostanziarsi in una relazione dialettica.
Questa è la teoria, ma nei fatti l‟esistenza di un flusso comunicativo, di uno scambio
informativo in entrata e in uscita (cittadini/amministrazione e viceversa), costituisce
una configurazione della comunicazione pubblica che di fatto non si realizza nello
Stato liberale. Una delle cause dell‟assenza di relazioni dialogiche tra cittadini e
pubblici poteri riguarda i processi di verticalizzazione della comunicazione, i quali
sotto molti punti di vista ostacolano l‟affermarsi della comunicazione pubblica come
processo bidirezionale tra amministratori e amministrati. La comunicazione non si
sviluppa necessariamente in modo lineare e diretto ma, spesso, si sostanzia in
processi comunicativi obliqui, indiretti, simbolici e ad alto potenziale performativo7.
Queste ultime pratiche non possono essere ricondotte all‟ambito della comunicazione
propriamente detta, ma piuttosto alla sfera dell‟informazione pragmatica e
perlocutoria. Quando il soggetto pubblico utilizza strumenti informativi di questo
tipo, comunica soprattutto per costruire appartenenze identitarie e passioni al fine di
consolidare il proprio potere.
Questa forma di comunicazione, a dispetto dei processi di orizzontalizzazione, opera
sempre in senso verticale, cioè come voce dall‟alto, come dominio, ed è utilizzata
7
Il termine performativo (dall‟inglese performative = esecutivo) è utilizzato in linguistica e in semiologia per indicare
l‟atto comunicativo che ha la funzione di azione (Cfr. voce Performativo in DE MAURO T., Il dizionario della lingua
italiana, Paravia, Torino, 2000). Questo atto linguistico può, nel caso in cui si presenti come un‟azione perlocutoria,
sortire sul destinatario un effetto corrispondente ad un‟intenzione del mittente. I comportamenti comunicativi suddetti
nello spazio pubblico si sostanziano spesso nella comunicazione di tipo propagandistico.
7
soprattutto quando esiste un sistema di potere basato sull‟autorità dello
Stato - soggetto. Laddove i pubblici poteri sono marcati da un grado elevato di
autoritarismo, come il caso dello Stato liberale italiano dell‟ottocento, questi processi
comunicativi operanti a livello simbolico si concretano in vari istituti giuridici8.
Lo Stato liberale come ordinamento giuridico secretante
Gli istituti giuridici che maggiormente richiamano le dinamiche verticali di gestione
del potere e del rapporto tra Stato e cittadini sono gli istituti del segreto di Stato e del
segreto d‟ufficio. La piena affermazione della comunicazione pubblica potrà avvenire
solo quando la regola del segreto verrà ribaltata ed il segreto stesso diverrà
un‟eccezione, mentre la trasparenza si affermerà come uno dei principi ispiratori
dell‟attività amministrativa.
L‟istituto del segreto viene ereditato in epoca liberale dallo Stato assolutista. Con il
passaggio allo Stato di diritto, non si assiste al totale superamento dei tratti
caratterizzanti la burocrazia del periodo assolutista, poiché permangono alcuni suoi
attributi. Ne sono esempio l‟assetto organizzativo accentrato ed uniforme e la
permanenza di alcuni “privilegi” di cui godeva il sistema amministrativo.
Autorevole dottrina ritiene che la pubblica amministrazione mantiene: “Nei confronti
dei cittadini, taluni degli antichi privilegi del principe e dei suoi rappresentanti,
8Cfr. ROLANDO S., Evoluzione storica e perimetro disciplinare, op. cit., pp. 8-10
8
trasferiti agli uffici e alla pubblica amministrazione in genere”9. Il principe aveva il
privilegio di potersi occultare agli occhi dei sudditi ed il segreto di stato per lui era la
regola, non l‟eccezione perchè in virtù del principio “salus rei publicae suprema lex”,
le decisioni dovevano essere tenute al riparo dallo sguardo “indiscreto” dei sudditi.
Con l‟avvento dello Stato di diritto questo istituto non decade ma viene razionalizzato
attraverso la sua spersonalizzazione: “Non più segreto del sovrano, ma segreto dello
Stato, cioè di un‟entità impersonale ed astratta”10; nonché attraverso la sua scissione
in due istituti: segreto di Stato, a tutela dell‟esistenza esterna e della sicurezza interna
della comunità statale, ed il segreto d‟ufficio, funzionale alla protezione
dell‟andamento del sistema amministrativo. L‟elemento di continuità tra i due sistemi
consiste nel fatto che il segreto si configura come espressione e strumento di una
posizione di potere; tuttavia il potere nello Stato di diritto ha basi diverse rispetto a
quelle del potere del Principe, non essendo più di diretta ascendenza divina, ma
piuttosto espressione di un “sapere specializzato acquisito mediante istruzione
specifica, e cioè tecnico nel senso più vasto della parola”11. In altre parole, la
posizione di potere dell‟amministrazione è espressione del sapere burocratico.
Gli arcana imperii sono sostituiti dagli arcana burocratici e la conseguenza di questo
mutamento è una gestione del potere amministrativo opaca e poco trasparente. Il
potere non è più assoluto, ma settoriale e specialistico, pertanto il segreto cambia
contenuto e funzioni a seconda del settore in cui si inserisce. Tuttavia, il risultato
9
BACHELET V., cit. in ARENA G., Il segreto amministrativo, CEDAM, Padova, 1983, p. 7
10
Ibidem p. 8
11
WEBER M., Ibidem p. 10
9
nell‟ambito della relazione pubblici poteri/cittadini non è diverso: non c‟è
comunicazione, quindi interrellazione; non esistono flussi informativi bidirezionali;
non c‟è spazio per una partecipazione dal basso alla gestione del potere.
Modello burocratico liberale ed ostacoli fisiologici alla comunicazione
pubblica
Al fine di capire perché nello Stato liberale la comunicazione pubblica stenta a
configurarsi nonostante i processi di orizzontalizzazione, si deve riflettere soprattutto
sul fatto che: “Lo Stato […] liberale, già nella sua struttura interna, non permetteva di
stabilire una connessione tra società e sistema istituzionale”12.
Innanzitutto, occorre rilevare che il modello burocratico dello Stato liberale prende
forma in una società omogenea o, ricorrendo all‟espressione di Giannini, in uno Stato
monoclasse, e ne riflette le esigenze. All‟interno di questo tipo di società il principio
di rappresentanza politica è circoscritto ad un unico ceto sociale: la borghesia;
pertanto, l‟organizzazione dei poteri pubblici si presenta come un‟appendice della
filosofia economica e politica di questa classe sociale.
Nello Stato borghese dell‟ottocento: “Alla ristrettezza del gruppo di comando,
corrisponde un‟esaltazione dello Stato come meccanismo di comando. […] Lo Stato
è inteso come un organismo avente vita, fini e mezzi superiori a quelli degli individui
che lo compongono ed i suoi atti sono tutti autoritativi e perciò non hanno di fronte a
12
ROLANDO S., Evoluzione storica e perimetro disciplinare, op. cit. p. 15
10
sé diritti del cittadino ma solo di lui soggezioni”13. In uno Stato così concepito, i
processi di orizzontalizzazione pongono sì le basi per l‟affermazione del controllo da
parte dei cittadini sul potere esecutivo, ma tale controllo non opera attraverso lo
scambio comunicativo, ma piuttosto attraverso due strumenti giuridici: l‟istituto della
fiducia del Parlamento al Governo ed il principio di legalità.
1.3.1 L‟istituto della fiducia
Uno strumento di garanzia è rappresentato dall‟istituto della fiducia, attraverso il
quale il Governo viene reso responsabile della propria azione dinanzi al Parlamento.
Grazie al rapporto di fiducia si assicura che l‟amministrazione, posta sotto la guida
del Governo, segua gli indirizzi stabiliti dal Parlamento. In questo quadro, un ruolo di
prim‟ordine viene conferito al ministro, il quale si trova nella duplice posizione di
membro del Governo, dunque responsabile verso il Parlamento, e vertice del
dicastero, quindi guida di un apparato amministrativo14. La pubblica amministrazione
è sottoposta al potere di indirizzo esercitato nei suoi confronti dal Parlamento, per
questa ragione essa è inquadrata all‟interno di quel potere statale definito come
“potere esecutivo”15. I poteri pubblici prefigurati dalle norme costituzionali sono
ripartiti tra vari complessi organizzativi in modo tale che nessuno di essi possa
13GIANNINI M.S. cit. in VIGNUDELLI A., Genesi fenomenologia della comunicazione pubblica dallo Stato
autoritario <<secretante>> alla <<trasparenza >> dello Stato democratico, in Diritto dell‟informazione e
dell‟informatica, 2005, p. 238
14Cfr. Ibidem p. 426
15
GIANNINI M. S., Diritto amministrativo, vol. I, Giuffré, Milano, 1993, p. 69
11
prevaricare ed invadere la sfera di potestà altrui. L‟insieme degli organi costituito da
governo ed amministrazione è considerato come apparato del potere esecutivo,
poiché il suo compito è dare attuazione ai deliberati di un altro potere, quello
legislativo16.
1.3.2 Il principio di legalità
Il secondo strumento giuridico di garanzia è costituito dal principio di legalità, in
base al quale l‟attività e l‟organizzazione amministrativa devono sempre trovare una
base nella legge. Ne consegue che la pubblica amministrazione può esercitare solo i
poteri fissati nelle leggi e con le modalità da esse stabilite. In questo modo il circuito
democratico è assicurato perché il funzionamento del sistema viene ricondotto allo
schema: elezione popolare del Parlamento - approvazione parlamentare delle leggi –
esecuzione amministrativa delle leggi17.
Nello Stato liberale il principio di legalità costituisce il solo parametro di valutazione
dei provvedimenti amministrativi proprio perché la società omogenea si caratterizza
per il prevalere di un unico interesse, quello borghese. L‟affermazione del principio
di comunicazione come strumento per valutare giuridicamente la condotta
amministrativa diviene necessaria solo quando si assiste all‟emersione di una
pluralità di interessi soggettivi a cui viene riconosciuta pari dignità giuridica. Per la
pubblica amministrazione la comunicazione diventa un principio vincolante quando
16Cfr. Ibidem pp. 70-71
17Cfr. CASSESE S. (a cura di), Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffré, Milano, 2004, p. 8
12
si delinea il bisogno giuridico di assicurare che gli obiettivi perseguiti da interessi
soggettivi differenti siano contemporaneamente rappresentati nel risultato dell‟azione
amministrativa; il bisogno, cioè, che essi partecipino all‟elaborazione dell‟azione e,
attraverso lo scambio comunicativo, possano convergere su uno stesso risultato,
espresso nel provvedimento. Nello Stato pluriclasse: “Il comportamento della
amministrazione pubblica è valutato, a causa del pluralismo e dell‟eguale dignità
degli interessi, secondo l‟ascolto degli interessi soggettivi (principio di
comunicazione) anziché secondo la formalizzazione del potere (principio di legalità).
[…] Il valore giuridico fondamentale della società omogenea: la certezza, cioè la
legalità, è sostituito da un altro valore ugualmente fondamentale, ma opposto, nella
società pluralista: la sicurezza di espressione degli interessi nel pluralismo, cioè la
comunicazione”18. Nella società pluralista il principio di legalità rimane uno dei
principi informatori dell‟azione amministrativa, ma non serve più ad avere certezza
della realizzazione della volontà del potere; piuttosto è funzionale alla fissazione dei
confini dell‟ambito di scelta dell‟amministrazione pubblica19.
Al contrario, nello Stato liberale e monoclasse, il principio di legalità appare come
uno strumento giuridico necessario a garantire i cittadini rispetto agli abusi di potere,
comunque possibili anche all‟interno di uno Stato costituzionale, e a contenere le
velleità autoritarie dei governanti. Inoltre, in questa fase storica l‟amministrazione è
al servizio di uno Stato prevalentemente regolatore dell‟attività dei privati, dunque il
18
SPANTIGATI F., Il principio di comunicazione nel diritto amministrativo, in ARENA G. (a cura di), La funzione di
comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, op. cit. pp. 191-205
19Cfr. Ivi
13
principio di legalità svolge una decisiva funzione di garanzia dei cittadini anche
rispetto agli atti adottati dagli apparati burocratici. Tali decisioni, infatti, sono dotate
di un contenuto giuridico molto forte poiché sono destinate ad incidere
immediatamente nella definizione del rapporto tra autorità e libertà in relazione a
specifici interessi e comportamenti individuali. Il principio di legalità garantisce che
l‟azione degli apparati burocratici destinata ad intervenire nella sfera privata dei
cittadini, sia sottoposta alle leggi adottate dal Parlamento, quindi assunte dai
rappresentanti dei cittadini stessi20.
1.4 I principali caratteri del modello burocratico dell‟Italia liberale
I due strumenti giuridici appena esposti, la fiducia ed il principio di legalità,
delineano un sistema che conferisce all‟amministrazione il ruolo di fedele esecutrice
delle politiche scelte da altri apparati pubblici e l‟organizzazione burocratica si
configura come strumento degli organi rappresentativi della volontà popolare.
Il principio di legalità e il principio della tripartizione dei poteri, espresso nell‟istituto
della fiducia, costituiscono i principi costituzionali che danno forma al modello
organizzativo della pubblica amministrazione in epoca liberale, il quale a livello
teorico si esprime nell‟ideal-tipo weberiano dell‟amministrazione moderna, delineato
dal sociologo tedesco nell‟opera Economia e società, e nella pratica si declina nel
nostro Paese nella formula cavouriana, definita nella legge 23 marzo 1853, n. 1483
20Cfr. BACHELET V., Scritti giuridici_ vol. I L’amministrazione pubblica, op. cit. p. 427
14
(Riordinamento dell‟amministrazione centrale e della contabilità generale dello
Stato); nei relativi regolamenti di attuazione (Regio Decreto 23 ottobre 1853, n. 1611
– Regolamento per l‟ordinamento dell‟Amministrazione centrale dello Stato – e regio
decreto 30 ottobre 1853, n. 1615, riguarda le norme sulla contabilità generale, sui
bilanci, sul patrimonio dello Stato, sui contratti e sulle spese); negli aggiustamenti al
modello voluti da Francesco Crispi (legge 12 febbraio 1888, n. 5195 e regio decreto
1° marzo 1888 n. 5247).
L‟apparato amministrativo dell‟Italia liberale si caratterizza per la sua struttura
accentrata ed unitaria, costruita attorno alla figura chiave del Ministero.
L‟amministrazione centrale è sottoposta a regole gerarchiche molte ferree ed è
ordinata su schemi piramidali, ai cui vertici sono posti i Ministri. L‟organizzazione
centrale sovrasta quella degli Enti Locali poiché solo lo Stato è considerato fonte
della pubblicità e portatore ed interprete di ultima istanza dell‟interesse generale. Gli
enti minori sono sì preposti alla realizzazione dell‟interesse generale, ma sono tenuti
a seguire rigidamente le linee guida dell‟amministrazione centrale.
Il forte accentramento dell‟amministrazione e l‟ordinamento dell‟intero sistema
pubblico lungo linee verticali sono finalizzati a garantire una tendenziale omogeneità
organizzativa all‟amministrazione centrale, riportando tutte le attività svolte nei
diversi settori dell‟amministrazione statale alla responsabilità unica del Ministro21.
La struttura verticale e gerarchica è funzionale ad assicurare, attraverso vari “ruotismi
21Cfr. GARDINI G., L’imparzialità amministrativa tra indirizzo e gestione _ Organizzazione e ruolo della dirigenza
pubblica nell’amministrazione contemporanea, Giuffré, Milano, 2003, pp. 31-32
15
amministrativi”22, l‟esecuzione meccanica delle direttive provenienti dall‟alto. In
altre parole, l‟organizzazione è pensata in modo tale da garantire che gli output
dell‟azione amministrativa siano corrispondenti agli input iniziali provenienti dal
ministro23.
1.4.1 L‟inevitabile stato embrionale della comunicazione interna nella
piramide burocratica
All‟interno di un‟organizzazione di questa natura, gli spazi volti a consentire
l‟affermazione di uno dei vari profili propri della comunicazione pubblica nella sua
conformazione attuale, cioè la comunicazione interna, sono molto limitati e questo
modo della comunicazione pubblica è presente solo a livelli embrionali.
Un‟amministrazione così strutturata non può essere capace di utilizzare la
comunicazione per valorizzare le competenze e la professionalità dei dipendenti,
coinvolgendoli nella soluzione dei problemi ed aumentando il loro livello di
partecipazione al funzionamento del sistema. Il tessuto connettivo della struttura
organizzativa è predeterminato dalla catena mezzi-fini, costruita attraverso funzioni
rigidamente assegnate a ciascuna articolazione: “ad ogni livello della scala gerarchica
sono attribuite funzioni rivolte verso un fine intermedio che è premessa all‟attività di
22
MELIS G., Storia dell’amministrazione italiana (1861-1993), Il Mulino, Bologna, 1996, p. 27
23
Cfr. Ivi