E, anche se negli ultimi anni l’attenzione della comunicazione aziendale vista
nella sua totalità rappresenta la linea conduttrice delle trattazioni tecniche
sull’argomento (Bettetini, 1993), ancora oggi, molte aziende considerano la
comunicazione come un aspetto occasionale nella vita dell’impresa, utile solo in
momenti saltuari, oppure associano la comunicazione al “solo” marketing.
Una realtà, dovuta soprattutto a due fattori: uno economico - e qui mi
riferisco soprattutto alle piccole e medie aziende: quali aziende, se non le grandi
multinazionali, possono permettersi di pagare o inserire nel loro organico esperti di
comunicazione, di marketing, di branding, grafici, addetti alle pubbliche relazioni
1
-
e
un altro, di carattere gestionale; ossia quello di ritrovare a capo di alcune aziende –
compreso in quelle facenti parte di multinazionali che possono vantare delle strutture
di comunicazione aziendale di prim’ordine - manager incompetenti che considerano
la comunicazione aziendale un mero gioco retorico. Un’incompetenza che spesso
viene attribuita alla “novità” dell’argomento “comunicazione aziendale”.
In realtà, la situazione odierna è venuta a configurarsi più di un ventennio fa, ossia,
come si legge in Castronovo, da quando l’industria manifatturiera ha iniziato a
lasciare progressivamente il campo all’esponenziale sviluppo dell’elettronica e della
cibernetica.
Fin dalla metà degli anni Ottanta s’era fatta strada, seppur ancora a livello di
opinione pubblica, la convinzione che si stesse delineando una seconda
ivoluzione, dopo quella innescata all’inizio del secolo dalla diffusione
dell’energia elettrica e dell’apparizione dell’automobile. Ma quel che la
differenziava nettamente della Rivoluzione industriale era la natura del
prodotto informatico, ossia di un bene tale da non essere consumato né dal
tempo né dallo spazio, e perciò immagazzinabile e costantemente
recuperabile. In sostanza, la rivoluzione del microchips segnava l’alba di
una nuova era in cui la rilevanza della materia avrebbe lasciato il posto a
quella delle idee e della conoscenza. (Castronovo, 2000, pp. 116 – 137)
1
Per quanto riguarda il frequente richiamo al ritardo italiano in fatto di unificazione dei processi
comunicativi, va preso in considerazione che il sistema industriale italiano è caratterizzato da una
struttura dualistica del sistema delle imprese; i due terzi circa del prodotto nazionale è, infatti,
generato da una miriade di piccole imprese minori, in presenza di un limitato numero di grandi
imprese.
“Alla fine degli anni Ottanta metà della popolazione attiva nei paesi industrializzati
era addetta a produrre o a gestire dati e informazioni” (Ibid.) e l’incalzante marcia
delle aziende che offrivano servizi finanziari, bancari, di gestione, di marketing
testimoniava l’inesorabile slittamento dall’economia industriale all’economia di
servizi. Una tale “svolta epocale” (Ibid.) non poteva non produrre un effetto
dirompente sia per quanto riguarda la valutazione, la selezione e la gestione del
personale, sia in merito alla capacità aziendale di gestire le sempre crescenti
interrelazioni che venivano a formarsi con i fornitori, i clienti e il mondo esterno in
generale.
E così, travolti dai “mutamenti a cascata” (Ibid.) provocati dall’inarrestabile
avanzamento delle tecnologie, si è giunti agli anni Novanta; agli entusiasmi e alle
paure della globalizzazione, al boom di Internet, all’esplosione della “New
economy” e alla successiva implosione dei mercati azionari, all’ondata degli scandali
finanziari di fine secolo che si è riversata anche sul nuovo millennio. E non ultimo,
ad un nuovo lessico economico in cui le aziende sono “network globali”, che creano
“partnership” che contano, al fine di realizzare il miglior “business” e che sfruttano
le tecniche della “global communication” per dialogare in modo aperto e onesto con i
loro “stakeholder” e non solo. I mutamenti di una tale portata richiedevano
necessariamente una maggiore cura delle attività comunicative.
1.1 Il modello piramidale della comunicazione
L’azienda dunque, dal comunicare attraverso la pubblicizzazione del suo prodotto
finisce per pubblicizzare se stessa attraverso la comunicazione. Una comunicazione
che non si limita al trasferimento di una singola conformazione (verbale, iconica
ecc.) o tipologia di testo (pubblicitaria, finanziaria ecc.), ma che necessariamente
deve prendere in considerazione molte delle sfaccettature che compongono il
processo di comunicazione. Un conto è presentare un singolo prodotto, un altro, è
presentarsi nella propria totalità. Un tale approccio comunicativo totalizzante è
strettamente collegato al concetto di identità.
Affrontata in questo modo, la comunicazione aziendale viene a ricoprire un
ruolo sovradisciplinare e, quindi, a rappresentare una sorta di sistema integrato in cui
confluiscono e coesistono una moltitudine di sottosistemi. Ecco che essa, la
comunicazione aziendale, acquista un’importanza sempre maggiore, fino a diventare
lo strumento strategico che coordina e gestisce tutte le forme intenzionali della
comunicazione esterna ed interna attraverso cui l’azienda manifesta la sua identità e
con cui mantiene un’immagine nei confronti del mondo in cui opera. Dalle linee
guida interne alle iniziative pubbliche, dalla scelta del linguaggio a quella dei colori,
dalla carta intestata alle pubblicazioni, tutto è correlato, niente può essere lasciato al
caso. Ne consegue, che i sottosistemi che vengono a formare la totalità della
comunicazione aziendale agiscono da impalcatura su cui poggia, e attraverso cui si
manifesta, l’identità aziendale.
Fig. 1. Piramide della comunicazione aziendale
Riassumendo in modo sintetico, si può dire che l’identità aziendale si manifesta
attraverso:
il Brand che ne costituisce l’immagine vivisiva-simbolica
le Linee guida aziendali, che permettono la creazione di un’immagine
standardizzata, stabile ed omogenea
il codice di condotta
2
, ossia l’atteggiamento aziendale o il suo
2
In ogni azienda vigono delle regole di comportamento. Come si vedrà più avanti, molte aziende
hanno deciso di trascrivere le loro regole di comportamento in un cosiddetto “codice di condotta”. In
questo caso, però, mi riferisco al significato generale del termine “codice di condotta”, a prescindere
se questo esista, o meno, in forma scritta.
“comportamento etico” da adottare all’interno dell’azienda, dei clienti, del
contesto sociale
Brand, Linee guida aziendali e codice di condotta si proiettano all’interno ed
all’esterno attraverso:
Attività di marketing
Creazione di comunità interne ed esterne
Pubbliche relazioni: contatti con i media e il mondo esterno in generale,
gestione delle situazioni di crisi, attività di sponsorizzazione, impegno sociale
Marketing, comunità interne ed esterne e pubbliche relazioni, per essere efficienti
devono coordinare con attenzione i vari strumenti che, insieme, determinano
l’immagine visiva e la reputazione aziendale :
Grafica
Caratteri tipografici
Colori
Linguaggio
Rapporti e resoconti finanziari, presentazioni aziendali
Pubblicazioni di vario genere
Uso dei diversi canali multimediali
Una strategia di comunicazione in grado di trasmettere un’immagine coordinata
dell’azienda non può prescindere da un’attenta creazione dell’identità aziendale
(corporate identity)
3
. Presentarsi in modo trasparente e aperto davanti a collaboratori
e clienti significa in primo luogo avere le idee ben chiare sulla propria identità. La
direzione di un’azienda non può esimersi dal porsi una serie di domande alle quali
deve necessariamente trovare risposte ben chiare e precise e che mirano alla
definizione della questione più importante: chi siamo? Una domanda la cui risposta
sembra scontata, ma che, in molti casi, suscita imbarazzo e sconcerto. Per essere in
grado di rispondere alla semplice domanda sulla propria identità, l’azienda deve
confrontarsi prima con una serie di questioni che non possono essere lasciate al caso:
3
Immagine aziendale e identità aziendale non vanno confuse. L’identità aziendale è ciò che l’azienda
è, l’immagine aziendale, invece, rappresenta il come l’azienda viene percepita. Si tratta quindi di un
sottile gioco tra essere e apparire.
quali sono gli obiettivi a lungo termine che perseguiamo? quale “codice”
comportamentale vogliamo rispettare? in quale forma ci poniamo di fronte ai
collaboratori e al mondo esterno? come vogliamo comunicare con il mondo esterno?
La comunicazione aziendale, quindi, basa le sue fondamenta su una solida
cultura aziendale (corporate culture) in cui si riflettono e si stabiliscono concrete
linee guida (guidelines) e un codice di condotta (code of conduct). La cultura
aziendale riflette la gestione dei collaboratori e il comportamento degli stessi
collaboratori secondo le linee guida aziendali. Presupposto per una cultura aziendale
di successo è una buona filosofia manageriale.
Gli obiettivi aziendali determinati nella filosofia aziendale si
“materializzano”, infine, attraverso il brand che rappresenta la sintesi simbolico-
visiva dell’identità e dell’’immagine aziendale. Il corporate design (disegno
aziendale) rappresenta l’immagine visiva di qualsiasi azienda. Attraverso l’utilizzo
costante degli stessi elementi grafici si vuole raggiungere un immediato
riconoscimento dell’azienda. Gli elementi che contribuiscono a formare un corporate
design sono: il logo, il lettering, i colori aziendali, gli slogan (e/o quotes),
un’impostazione standardizzata delle lettere, delle buste, delle presentazioni.
Attraverso l’utilizzo del corporate design, della sua comunicazione e della cultura,
l’azienda è in grado di costruire un’immagine competente, simpatica e professionale
da trasmettere ai propri clienti.
Si tratta quindi, per dirla con le parole di Bettetini, della riproduzione
dell’immagine globale dell’azienda: “un’immagine derivante da strategie e da
tattiche di comunicazione, ma anche da comportamenti e da atteggiamenti, da tutto il
complesso di segnali, di tracce, di messaggi, di simboli e di discorsi che si
costruiscono volontariamente e involontariamente attorno al soggetto “impresa”, che
diventa così nello stesso tempo produttore e prodotto del gioco comunicativo messo
in atto dalla sua presenza e dalla sua attività.” (Bettetini, 1993)
Solo quando filosofia aziendale e immagine aziendale coincidono si può
parlare di una strategia di identità aziendale completa. Per un’azienda è importante
possedere un’identità visiva ben riconoscibile che racconta alla gente che è unita
come organizzazione, attenta ai bisogni dei suoi clienti, moderna e professionale nel
suo agire. Anche il linguaggio ha la sua importanza.
Un’organizzazione con una identità aziendale coerente parla con voce
persuasiva, usa un linguaggio appropriato in modo che il materiale promozionale sia
istantaneamente riconosciuto come parte di quella data organizzazione. Si vede
dunque che ogni intervento sull’immagine parte dalla prioritaria istanza di
consolidare un corretto rapporto con il contesto sia interno che esterno, nella
convinzione che già a partire dall’immagine offerta possono essere comunicati stile,
identità, direttrici di sviluppo aziendale, affidabilità.
Capitolo secondo
La creazione dell’immagine aziendale
L’impostazione totalizzante ed unificatrice di tutti i processi comunicativi è quindi
presupposto indispensabile per un’impresa che vuole proiettare sul mercato
un’immagine aziendale unita e compatta.
È ovvio che un approccio di questo tipo richiede un’attenta definizione delle
strategie e della conduzione tattica di tutti i procedimenti che convergono sulla
costruzione dell’identità unitaria. Il processo di armonizzazione dei sottosistemi che
vengono a formare la totalità della comunicazione aziendale – l’immagine
coordinata, il branding, il codice di condotta – richiede anche il coinvolgimento dei
collaboratori, i quali devono necessariamente condividere i valori generali che
costituiscono la cultura aziendale.
2.1 Comunicazione interna
Il posto di lavoro di oggi ha assunto connotazioni diverse rispetto a quelle di un
tempo. Processi di lavoro sofisticati, prodotti e servizi sempre più complessi e la
velocità con cui sta cambiando l’assetto socio-economico mondiale, hanno
trasformato il posto di lavoro in un luogo più complesso e più competitivo. Il
risultato sono collaboratori che vivono l’ambiente di lavoro con un senso generale di
spaesamento e di insicurezza che si traduce in perdita di fiducia e mancanza
d’iniziativa. Una problematica che spesso viene accentuata dalla mancanza di
comunicazione e di chiarezza tra quadri e collaboratori, i quali, sentendosi esclusi
dalla partecipazione attiva al successo aziendale si sentono spesso poco considerati.
Nel corso degli ultimi anni, molte aziende hanno realizzato che qualità dei prodotti (o
servizi) e reputazione aziendale sono strettamente collegate alla performance e al
comportamento dei collaboratori. Ciò significa che la percezione che i collaboratori
hanno nei confronti del loro posto di lavoro e la capacità dell’azienda di motivare il
proprio staff, influenzano direttamente il modo in cui l’azienda e i suoi prodotti (o
servizi) vengono percepiti dal mondo esterno. L’azienda, quindi, si trova davanti alla
nuova sfida di creare un contesto in cui i collaboratori si sentano motivati e agiscano
in modo da raggiungere le mete preposte dall’azienda. Una sfida che può essere
affrontata solo attraverso un’efficace comunicazione interna. Ecco allora che la
comunicazione interna viene riesaminata e identificata come una componente
strategica della conduzione aziendale.
Soprattutto le aziende di successo hanno riconosciuto il ruolo importante che
ricoprono i loro collaboratori ed hanno iniziato a sfruttare il marketing esterno per
invogliare i migliori soggetti a diventare parte del loro organico ed il marketing
interno per assicurare che questi, una volta entrati a far parte della “famiglia”
abbiano a disposizione tutti gli strumenti necessari per far emergere i loro potenziali.
2.1.1 Marketing interno
[…]
2.2 Linee guida aziendali
Un collaboratore motivato, consapevole della sua partecipazione attiva al successo
aziendale, sarà più propenso a collaborare nella creazione e nel mantenimento di
un’immagine aziendale coerente e compatta.
Per fare in modo che l’immagine proposta venga applicata in modo coerente
in tutti i contesti in cui può venire a trovarsi l’azienda, molte aziende distribuiscono
al loro interno delle Linee guida aziendali in cui si trovano riassunti i principi
generali del come l’azienda desidera essere rappresentata.
La linea guida aziendale trasmette una chiara visione dell’immagine che l’azienda
desidera proiettare e agisce in due direzioni: primo, invogliando i collaboratori a
condividere i valori in cui crede l’azienda, secondo aiutando a creare un rapporto di
fiducia con il mondo esterno. Infatti, attraverso la funzione di orientamento, una linea
guida aziendale non solo aumenta la motivazione dei collaboratori, ma agisce anche
come leva per aumentare l’immagine coordinata e la stessa reputazione aziendale. In
questo modo la linea guida aziendale è un valido strumento che contribuisce a
costruire un’identità definita dell’azienda e facilita la coordinazione al suo interno.
2.2.1 Preparazione
[…]
2.2.2 Il processo di Linea guida
[…]
2.2.3 Realizzazione, gestione, aggiornamenti
[…]
2.3 L’immagine coordinata
Il modo in cui sono strutturati i messaggi sia visivi che verbali e la loro dimensione
espressiva, permette di veicolare certi contenuti e significati. I messaggi, quindi,
hanno la capacità di produrre effetti di senso. Questo presuppone, aldilà della loro
superficie manifesta, l’esistenza di una complessa struttura profonda che li determina
e li anima. Modificando la struttura profonda di un messaggio, per esempio
cambiandone il carattere, il colore, la grandezza, cambiano anche i significati. Una
stessa parola, se scritta in caratteri diversi o in diverse grandezze, assume altre
caratteristiche e quindi comunica o trasmette significati diversi. Un messaggio, a
seconda dello scopo per cui viene prodotto fa riferimento a una componente
funzionale piuttosto che ad un’altra. In un messaggio pubblicitario, per esempio, in
cui la forma espressiva gioca un ruolo fondamentale, sarà prevalente la funzione
poetica, mentre in una comunicazione finanziaria, in cui l’attenzione è centrata
sull’argomento e sulle informazioni in esso contenuto, sarà dominante la funzione
referenziale o informativa
4
.
Per un’azienda che decide di presentarsi nella sua totalità, che cerca, insomma, di
presentarsi nella sua forma “corporate”, il sottile gioco tra essere e apparire, tra
identità reale e immagine percepita, dev’essere condotto con molta cura e attenzione.
Da un lato, deve prendere in considerazione tutti i diversi contesti comunicativi in
4
Roman Jakobson distingueva sei funzioni fondamentali della comunicazione verbale. A seconda che
il punto focale della comunicazione sia spostato su un elemento piuttosto che su un altro, si hanno
diverse funzioni della lingua. Gli elementi e le relative funzioni sono: Il mittente – funzione emotiva,
il destinatario – funzione conativa, il messaggio – funzione poetica, il contesto – funzione
cui l’azienda viene a trovarsi e adattare ad essi la produzione dei suoi testi, dall’altro,
deve rispettare una certa linearità ed omogeneità affinché il messaggio trasmesso sia
immediatamente riconosciuto e attribuito a quella data azienda. L’azienda, quindi,
necessita di un’immagine coordinata in cui una serie di elementi sia verbali che
iconici – portatori di un significato manifesto o simbolico - si ripropongono in modo
coerente in tutte le attività di comunicazione. Si vede, quindi, quanta importanza
possono acquisire certi elementi come un piccolo logo, i colori sociali, i caratteri
tipografici, l’impostazione delle lettere, il linguaggio.
2.3.1 Logo
[…]
2.3.2 Colori
[…]
2.3.3 Tagline, Trade Mark e Quote
[…]
2.3.4 Caratteri tipografici
[…]
2.3.5 Linguaggio
[…]
2. 4 Brand & Branding
Le grandi aziende commerciali spendono ogni anno milioni di dollari nel branding,
eppure la questione su cosa rappresenti effettivamente un brand è ancora aperta e
vivace è il dibattito che ruota intorno all’argomento. Il brand è una strategia
commerciale - e come tale rientra nel mondo del marketing - oppure è una macchina
generatrice di un significato complesso che va collocato all’interno delle strategie di
comunicazione aziendale? Ancora, il brand è il marchio di riconoscimento di un
referenziale, il codice – funzione metalinguistica, il canale – funzione fatica.
determinato prodotto oppure rappresenta l’immagine visiva dell’azienda? Qual è la
differenza tra “product branding” e “corporate branding”?
Spesso, il brand viene interpretato come sinonimo di logo o associato ad un
determinato prodotto. Chi pensa a Coca Cola, per esempio, di solito pensa alla nota
bevanda. Alcuni possono anche associare a Coca Cola nomi come Sprite e Fanta -
due brand piuttosto conosciuti - ma pochissimi sanno che “The Coca Cola
Company” ha in assortimento molti altri prodotti (e relativi brand). E la stessa
azienda si guarda bene dal sostituire il suo brand più importante, quello appunto della
Coca Cola, con il brand Mello Yello, o magari Yang Guang Juicy T, per citare solo
due degli altri 390 brand della stessa.
Nel product branding, un’azienda assegna ad ogni suo prodotto un brand
personalizzato. Adottando una tale strategia, il nome della “casa madre” può
rimanere totalmente o virtualmente assente. In questo modo, è possibile caricare il
brand con specifici valori adatti al prodotto al fine di trasmettere una precisa
personalità e una chiara identità. Facendo così, ogni prodotto che l’azienda lancia sul
mercato avrà un suo brand e potrà essere posizionato all’interno di uno specifico
segmento di mercato. Il product branding richiede un investimento maggiore
all’azienda, poiché i costi pubblicitari non possono essere condivisi, ma esso
comprende alcuni importanti vantaggi: il product branding permette all’azienda di
valutare in modo più accurato l’andamento del prodotto. Inoltre, in caso di un
incidente o di uno scandalo, sarà più difficile intaccare la reputazione della casa
madre o degli altri suoi prodotti presenti sul mercato.
Il corporate brand, ossia il brand aziendale, invece, rappresenta il nome
dell’azienda. Perciò, ogni prodotto può approfittare dei valori intrinsechi presenti nel
brand. Il corporate branding è appropriato soprattutto per quelle aziende i cui prodotti
sono servizi, quindi beni intangibili e perciò più difficilmente da concettualizzare. In
questo modo, il “prodotto invisibile” può appoggiarsi sui valori trasmessi
dall’azienda, come qualità, autenticità, garanzia.
Si vede dunque che il corporate brand, ossia il brand aziendale, è più di un
semplice nome o un logo. Il brand è il segno visivo che comunica l’identità
dell’azienda, la sua attività, la provenienza, i valori a cui è legata e in quale direzione
si sta dirigendo. Esso non è un prodotto materiale in senso proprio, ma rappresenta
piuttosto un valore intangibile, che trova nella sua immagine coordinata e composta
da logo, quotes, slogan, frasi e citazioni il codice attraverso cui manifestarsi e
proporsi sul mercato globale. Per questo, il brand di un’azienda è spesso considerato
il suo bene o valore più importante e gestito come perno su cui gira e da cui dipende
il successo aziendale.
Il brand rappresenta la “Gestalt” dell’azienda, il suo “essere”,
differenziandola così da altre imprese che offrono prodotti atti a soddisfare le
necessità o i desideri uguali o simili dei consumatori. Così, il brand McDonald’s
evidenzia non solo le caratteristiche particolari dei suoi prodotti, ma anche quelle
della sua stessa organizzazione ed è in questo modo che si distingue dalle altre catene
simili come ad esempio Burger King. Il brand, quindi, è lo specchio dell’azienda che
a sua volta si riflette nel suo brand.
2.4.1 Valori aziendali e brand
[…]
2.5 Codice di condotta
Nella nota novella intitolata L’abito fa il Monaco
5
, G. Keller affronta il complesso
rapporto fra apparire ed essere sotto l'aspetto della critica sociale, raccontando la
storia di un povero sarto che, vestitosi bene, parte per un viaggio e si trova a salire
su un’elegante carrozza. Arrivato nella cittadina di Goldach, a motivo del suo fine
abbigliamento, viene scambiato per un conte polacco. Egli, che di solito prepara abiti
per altre persone e di umili origini, grazie ad un capo d’abbigliamento elegante,
riceve un'altra identità. Senza chiarire l’equivoco, si gode il premuroso trattamento
che gli riserva l’alta borghesia. Ma l’inganno viene presto smascherato e il povero
sarto fugge con vergogna dalla città.
È pur vero che l’immagine esteriore di un’azienda è quella che viene
percepita al primo impatto con l’esterno, così come l’abito di una persona.
5
Gottfried Keller, Kleider Machen Leute, 1874 - Stuttgart, Reclam, 1969
Ma è altresì vero che la sola apparenza non basta. Un’azienda non comunica
soltanto attraverso il suo aspetto esteriore ma anche attraverso la qualità dei suoi
prodotti, dei suoi servizi e, oggi più che mai, attraverso il suo comportamento.
Ne sa qualcosa Nestlè, la più grande società di prodotti alimentari al mondo,
che, pur vantando un brand tra i primi cinquanta più famosi nel mondo, è accusata di
comportamenti non etici e subisce, sin dal 1977, un boicottaggio da parte del mondo
dei consumatori per la sua vendita di prodotti alimentari per l’infanzia ritenuti
dannosi. Il meccanismo di boicottaggio, da arma politica (basta ricordare il rifiuto di
molti consumatori di acquistare prodotti provenienti dal Sud Africa per la situazione
politica del Paese), si è rivelata un’arma pericolosa anche per il mondo delle aziende
private. L’invito al boicottaggio ha colpito anche Shell, la nota compagnia
petrolifera, accusata di una lunga lista di misfatti che vanno dall’inquinamento
ambientale, alla violazione dei diritti umani, all’acquisto di armi per la polizia
nigeriana necessario alla difesa dei propri impianti petroliferi, all’omicidio (indiretto)
di centinaia di persone che hanno osato protestare contro la multinazionale. E, di
volta in volta, boicottaggio anche per McDonald’s, Nike, Mitsubishi, Microsoft, Walt
Disney…
2.5.1 La forza dei consumatori
[…]
2.5.2 I contenuti di un codice di condotta
[…]