Capitolo II - Cultura
2.1 Il concetto di cultura
Cos’è la cultura?
La cultura è: “L’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la
lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo
diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a
sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.”
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Ci sono molte definizioni di cultura. Kroeber e Kluckhohn ne hanno raccolte più di 300.
Cultura deriva dal latino (colere, attivo di coltivazione) e significa l’insieme delle pratiche e
dei frutti inerenti alla coltivazione dei frutti. Questa definizione richiama il processo di
umanizzazione dell’uomo e lo sviluppo graduale di facoltà elevate avvenuto grazie
all’educazione, la filosofia e le arti (Olivetta, 2012).
Una delle definizioni più note, è quella di E.B. Tylor (1871) : “Insieme complesso che
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include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra
capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società.”
Secondo Kluckhohn (1952), la cultura è il sistema di modi di vivere espliciti ed impliciti
creatisi nella storia e che tende ad essere condiviso da tutti i membri di un gruppo.
La cultura è: “un modello di significati trasmesso storicamente, significati incarnati in
simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo di cui
gli uomini comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti
verso la vita. Questi simboli non sono pertanto semplici espressioni, strumentalità o
corrispettivi della nostra esistenza biologica, psicologica o sociale: ne sono i prerequisiti.
Senza uomini certamente non c’è cultura: allo stesso modo, e cosa più importante, senza
cultura non ci sarebbero uomini” (Geertz, 1973).
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Treccani, Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti
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Tylor, E.B.. (1871). Primitive Culture. New York: Harper
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Geertz, Clifford. (1973). The interpretation of cultures. New York: Basic Books (trad. it. 1998)
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A cosa serve la cultura?
L’essere umano è un animale simbolico, produttore di cultura perché capace di attribuire
significati alla realtà e di esprimerli in vario modo. La parte istintuale è meno rilevante di
quella culturale: pensiero astratto, metaforico, autoriflessivo, orientato nel tempo e nello
spazio, non solo legato a situazione contingente e a mero rapporto tra stimolo e risposta:
l’uomo prega, ride, congiunge passato a futuro, costruisce i mezzi di produzione in vista
di un fine (Sciolla, 2012).
La cultura come strumento di sopravvivenza
L’uomo è un essere incompleto. Gli altri animali sono specializzati, hanno fin dalla nascita
tutto ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere: i pesci nascono dotati di branchie,
squame e pinne; gli uccelli nascono con le ali; gli orsi polari sono dotati di una pelliccia
che permette loro di sopravvivere a temperature molto basse. Noi esseri umani, di base
non riusciamo a sopravvivere, non funzioniamo. Qualunque cucciolo di animale nel giro di
poche settimane impara tutto ciò di cui ha bisogno per sopravvivere, mentre a noi esseri
umani servono anni. Perciò siamo esseri incompleti.
Tuttavia, il non essere specializzati può essere considerato, oltre ad una debolezza, un
punto di forza. Questo perché essere specializzati è un limite: un orso polare non potrà
mai spostarsi in una zona calda perché morirebbe, come un dromedario non potrà mai
vivere in ambienti freddi. Gli esseri umani, assieme alle zanzare, sono l’unica specie che è
in grado di vivere in quasi tutti gli ambienti possibili. Questo perché il “vuoto” che
abbiamo, ovvero la parte incompleta, la possiamo riempire con la cultura.
Tutto ciò che la natura non ci ha dato noi la integriamo con la cultura. Non avendo la
pelliccia, abbiamo imparato a costruirci dei vestiti. Non avendo artigli, abbiamo imparato
a costruire delle armi… e così via.
Quindi la cultura è da considerarsi una seconda natura dell’uomo. Senza cultura, infatti,
l’essere umano si sarebbe istinto. (Aime, 2013)
Secondo l’opera “De hominis dignitate” di Pico della Mirandola (1496), la dignità
dell’uomo è la libertà. L’uomo è da considerarsi la creatura privilegiata poiché è l’opera
creatrice di Dio ed occupa una posizione centrale nell’universo. Dio ha creato tutti gli
esseri dotandoli di una natura specifica, tranne l’uomo a cui ha dato la libertà: la capacità
di autodeterminarsi. “L’uomo è libero di scegliere cosa diventare”.
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Pico della Mirandola. (1496). Discorso sulla dignità dell’uomo
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Una o più culture?
Di cultura non ce n’è solo una. Ce ne sono tante e tendono a variare in base alla
collettività di cui sono espressione (Olivetta, 2012).
Ogni cultura è un tentativo umano di dare ordine alla natura, nonostante la natura sia
indipendente dalla nostra presenza. Tuttavia ogni società umana ha sempre cercato di
classificare la natura (Aime, 2013).
Le culture si sono sempre influenzate tra loro e sono in continuo mutamento. La cultura
italiana attuale, ad esempio, non è la stessa di duecento anni fa. Da sempre l’uomo è
stato migrante, ci siamo sempre spostati fin dall’antichità. Ed è proprio questo che ha
permesso che nascessero diverse culture. Il mercante, che per motivi commerciali si
spostava in altre aree geografiche, osservava e prendeva spunto dalla cultura locale
tornando a casa con nuove idee che spesso venivano “copiate” in altri contesti,
modificando così la cultura d’origine.
Ogni cultura, quindi, utilizza elementi di altre culture. Perciò non ha senso pensare che le
culture vadano preservate evitando il “contagio” da parte di altre, come spesso sentiamo
parlare da personaggi politici.
Circa trent’anni fa, si è iniziato a parlare di globalizzazione. Iniziata a diffondersi
quest’idea di globalizzazione, molti iniziarono a pensare che questo processo avrebbe
portato ad un appiattimento totale, ovvero ad una scomparsa di tutte le differenze
culturali. Oggi sappiamo che la globalizzazione ha portato dei cambiamenti ma di certo
molte culture sono rimaste invariate. Basti pensare a come gli stessi oggetti vengono
interpretati diversamente in parti del mondo differenti: la stessa cosa può essere
ripensata, rivista e classificata in modo diverso. Si può elaborare in modo diverso le
stesse cose. Ed è proprio per questo motivo che la globalizzazione non ha appiattito
tutto.
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Caratteristiche della cultura
1. La cultura è appresa. Essa viene appresa da tutti gli individui che fanno parte della
società.
2. La cultura è condizionata. Essa viene condizionata da elementi esterni che possono
essere biologici o ambientali. Questi elementi vengono a loro volta influenzati dalla
cultura stessa.
3. La cultura è strutturata. Ogni cultura è un insieme complesso e strutturato, composto
da parti ordinate e interrelate.
4. La cultura è suddivisa. All’interno di ogni cultura troviamo diversi aspetti: quelli
materiali (come ad esempio la tecnologia, gli strumenti…) e altri aspetti non materiali
(come i valori, le leggi…).
5. La cultura è dinamica. Viene sottoposta a varie influenze da parte dei membri della
società che provocano alla cultura dei mutamenti nel corso del tempo.
6. La cultura è variabile. Permette di avere diverse soluzioni per i problemi.
7. La cultura è dotata di regolarità. Presenta delle ripetizioni regolari che permettono di
studiarla in modo sistematico.
8. La cultura è uno strumento di adattamento. Permette all’individuo, membro di una
determinata società, di adattarsi all’ambiente circostante e consente di esprimersi
creativamente (Olivetta, 2019).
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Olivetta, Eraldo. (2019). Lezione corso di Sociologia dell’informazione e della comunicazione.
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Corso di laurea in Management dell’informazione e della comunicazione aziendale, SAA,
Università di Torino, a.a. 2019/2020
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2.2 Le dimensioni culturali
Molti studiosi, nel corso degli anni, hanno cercato di evidenziare tutte le differenze
culturali esaltandone le caratteristiche. Queste caratteristiche hanno dato origine alle
dimensioni culturali.
Le dimensioni culturali sono parametri utilissimi per confrontare diverse culture,
soprattutto quando esse devono interagire tra loro (Olivetta, 2012).
Le dimensioni culturali, definite da House (2004), sono nove.
1. Distanza dal potere
2. Orientamento alla performance
3. Orientamento al futuro
4. Egualitarismo di genere
5. Assertività
6. Collettivismo
7. Collettivismo In-group
8. Orientamento umanitario
9. Avversione all’incertezza
Distanza dal potere
La distanza dal potere è una dimensione culturale che indica quanto una collettività
accetta e approva l’autorità, le differenze di potere e i privilegi associati a determinati
status (Olivetta, 2012).
Secondo Mulder questa dimensione si può misurare basandosi su un confronto tra due
individui appartenenti allo stesso sistema sociale ma, uno con meno potere rispetto
all’altro, esaminandone il grado di disuguaglianza (Mulder, 1977).
Secondo Hofstede, “la distanza dal potere indica il punto fino a cui i membri meno potenti
di organizzazioni e istituzioni accettano e si aspettano che il potere sia distribuito
inegualmente”. La distanza dal potere non misura il grado di distribuzione del potere in
una data cultura, ma analizza il modo in cui le persone reagiscono. Un basso indice di
distanza dal potere significa che una cultura si aspetta e accetta che le relazioni di potere
siano democratiche e che i membri siano visti in modo uguale. Alta distanza dal potere
significa che i membri della società con meno potere accettano la loro condizione e
tollerano l’esistenza di posizioni gerarchiche formali (Hofstede, 1989).
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