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internazionale principalmente nel campo degli studi sociologici e della
scienza politica, tenendo conto dei maggiori contributi in merito agli ambiti
teorici e concettuali coerenti con il percorso e l’argomento del presente
lavoro.
L’impianto di questa disamina è stato reso possibile grazie all’assistenza
tecnica, al sostegno e alla collaborazione: della Giunta regionale Abruzzo (e
propri Enti di appartenenza, nella gestione dell’Ambiente); della Provincia di
Chieti; dell’Università “G.d’annunzio” di Ch/Pe; del Management didattico
(in special modo nella figura della Dott.ssa Elvira Squarceri) e alla
supervisione della Prof.ssa Donatella Furia.
Attraverso un approccio interdisciplinare ho potuto osservare adeguatamente
il complesso mondo organizzativo e relazionale delle organizzazioni di lavoro
e del loro rapportarsi con il pubblico di riferimento (cittadino-utente/cliente).
La stesura della ricerca, in segno di sobrietà, non ha quasi nessuna nota a piè
di pagina, ma più che manifestazione di pigrizia è stato lo sforzo di dare allo
scritto una forma il più possibile colloquiale. Grazie, inoltre, al taglio
essenziale e squisitamente specialistico che qualche insegnante è riuscito a
dare alle materie di propria pertinenza; a tutte le testimonianze e ai casi
concreti, portati in aula (che a livello di valore formativo, possiamo parlare di
vero e proprio esempio di “costruzione di saperi”); a tutti i professori e
assistenti che, attraverso i loro corsi, hanno contribuito a illuminare il
cammino della presente disamina.
In questa Tesi, le variabili osservate si propongono di prendere in esame
quelle realtà amministrative (empiricamente indagate) che, in questi ultimi
anni, hanno maggiormente operato in una logica di innovazione strategica,
organizzativa e gestionale. Sulla base di questi assunti, ho quindi proceduto
all’individuazione di tipologie di Amministrazioni, che rispondessero ad
alcuni criteri strutturali (anche sul modello del Reinventing government)
abbastanza significativi ed esplicativi per questo tipo di ricerca; come la
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necessità, sempre più percepita, di cominciare a considerare un “Bilancio
sociale” che finalizzi le scelte politiche, i processi amministrativi e il
“benessere organizzativo” nella gestione della P.A.; in un “Governo”
orientato al cittadino/utente.
Spesso un’indagine, a mio modesto parere, non è facilmente inquadrata da
ben definite e specifiche metodologie, ma può utilizzare, in vario grado,
diversi metodi. La presente ricerca utilizza prevalentemente metodologie
Descrittive. La ricerca sul campo, per esempio, può riguardare un solo
individuo ma anche gruppi. L’elettronica e l’informatica rende possibile la
registrazione delle attività di un gran numero di persone e di dati.
L’osservazione sistemica, invece, presenta il vantaggio di concentrare
l’attenzione dell’osservatore sull’essenziale, evitando di perdersi in dettagli
collaterali o aneddotici.
Il primo capitolo, traccia un quadro a grandi linee dell’evoluzione normativa
dell’informazione ambientale.
Il secondo capitolo, tratta più propriamente i processi comunicativi e
relazionali, nei contesti di interesse in cui si sviluppa l’approccio alla
formazione di una cultura dell’ambiente, correlata alle dinamiche di sviluppo
sostenibile.
Nel terzo capitolo, si analizza i contesti di interazione tra i vari sistemi,
valutando ipotesi di eco-sostenibilità.
Nel quarto capitolo, si affronta la gestione dell’ambiente, passando attraverso
le componenti: Professionalità, Economia e Geologia ambientale (nuova
chiave di lettura, nuovo Programma di ricerca e nuovo Paradigma, per
problemi di sviluppo che voglia contemplare una sostenibilità ambientale).
Nel quinto ed ultimo capitolo, si inquadra il contesto della regione Abruzzo, si
rileva lo stato dei lavori, si analizzano i punti di forza e di debolezza, traendo
considerazioni e pareri che ritengo utili per la causa dei Beni ambientali
(oggetto della presente disamina).
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L’approccio ai temi trattati, Infine, è centrato su una visione globale e
multidimensionale delle varie organizzazioni che contraddistinguono l’assetto
governativo regionale
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I
EVOLUZIONE NORMATIVA
1. Accesso all’informazione ambientale
Nel 1972, con l’adozione della Dichiarazione di Stoccolma, per la prima volta
la comunità internazionale afferma l’importanza dell’educazione e
dell’informazione ambientale quali strumenti essenziali per la tutela e la
valorizzazione dell' ambiente umano, tuttavia solo nell’ultimo decennio ne
comprende l’importanza per una reale e concreta politica di tutela e
salvaguardia dell’ambiente. Così nel 1990 veniva firmata la Carta Europea di
Parigi con cui la comunità internazionale si impegnava a promuovere la
consapevolezza e l’educazione dell’opinione pubblica in merito all’ambiente,
la pubblica informazione dell’impatto ambientale delle politiche, dei progetti
e dei programmi. Sempre nello stesso anno si tenne il Forum di Siena sul
diritto internazionale dell’ambiente in occasione del quale venne indicata la
necessità non solo, di favorire il miglioramento della raccolta,
dell’elaborazione, e della divulgazione dei dati in materia ambientale, ma
anche di sviluppare una politica di istruzione ambientale per consentire la
partecipazione effettiva e l’assolvimento delle responsabilità individuali
riguardo all’ambiente. Nel 1995 la Commissione economica delle Nazioni
Unite per l’Europa al fine di fornire agli Stati un aiuto concreto nella
formulazione delle normative nazionali in materia ambientale adotta le “Linee
guida sull’accesso all’informazione ambientale e la partecipazione pubblica ai
processi decisionali in materia ambientale”; tale documento, pur non
costituendo una normativa giuridicamente vincolante, dispone che qualsiasi
persona fisica e giuridica dovrebbe aver accesso alle informazioni,
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indipendentemente dalla cittadinanza, nazionalità o domicilio e senza dover
dimostrare un interesse giuridico al fine del rilascio dei dati, ed indica cosa di
debba intendere per informazione: ogni dato, in qualsiasi forma esso si
presenti, relativo a risorse naturali, attività dannose per l’ambiente e le
politiche dirette a proteggerlo. Il documento adottato prende anche in
considerazione il diritto del pubblico di partecipare ai processi decisionali in
materia ambientale sollecitando gli Stati a rendere effettiva la partecipazione
fin dall’inizio dei processi decisionali, a riconoscere il diritto dei cittadini di
essere sentiti durante lo svolgimento della procedura, e il diritto di disporre di
un tempo ragionevole per esporre osservazioni e commenti.
Al termine della Conferenza di Rio vengono adottate la Dichiarazione di Rio
e l’Agenda XXI: il primo documento precisa che il miglior modo di trattare
le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i
cittadini a diversi livelli interessati, e per raggiungere tale obbiettivo auspica
che ciascun cittadino abbia un adeguato accesso alle informazioni relative
all’ambiente, comprese le informazioni concernenti le sostanze e le attività
pericolose, che si trovino in possesso delle autorità pubbliche, nonché la
possibilità di partecipare ai processi decisionali; l’Agenda XXI sottolinea
l’importanza dell’istruzione, della sensibilizzazione e della formazione
del pubblico in materia ambientale e la sua partecipazione ai processi
decisionali; promuove, inoltre, l’istituzione di procedure giudiziarie e
amministrative volte a permettere il ricorso e il risarcimento del danno
causato da azioni concernenti l’ambiente che si dimostrino illecite o lesive dei
diritti riconosciuti dagli ordinamenti. Anche a livello comunitario la
problematica relativa alla tutela dell’ambiente e dell’accesso all’informazione
ambientale hanno assunto rilievo solo in un periodo relativamente recente; in
effetti nei Trattati istitutivi delle Comunità Europee la tutela dell’ambiente
non era ricompresa tra le materie espressamente disciplinate. Nel Trattato
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CECA si parla di protezione dell’ambiente con riferimento all’ambiente di
lavoro prevedendo il sovvenzionamento di attività di ricerca relative
all’ambiente di lavoro ed i lavoratori in un’ottica di miglioramento della
qualità della vita del settore architettonico ed urbanistico senza, tuttavia,
prevedere in capo agli Stati poteri di controllo dell’inquinamento. Nel Trattato
Euratom il terzo capitolo è dedicato interamente alla protezione dalla
contaminazione radioattiva e attribuisce ampi poteri alla Commissione
europea. È, però, negli anni ‘80 che la problematica relativa al diritto
all’informazione ambientale viene ad acquisire sempre maggior rilievo, in
coincidenza con l’introduzione, nell’Atto Unico Europeo, dell’art. 130 R il
quale affermò che l’azione della Comunità in materia ambientale si fonda sui
principi dell’azione preventiva e della correzione, innanzitutto alla fonte, dei
danni causati all’ambiente nonché sul principio di chi “inquina paga”.
Successivamente con il Trattato di Maastricht l’art. 130 R dichiarò che la
politica comunitaria in campo ambientale mira ad un elevato livello di tutela
che ha il suo fondamento sui principi della precauzione, della prevenzione,
della correzione (nonché e non solo sul principio di chi inquina paga); il
diritto all’informazione ambientale veniva, dunque, inquadrato nell’ambito
del principio dell’azione preventiva. Il decennio 1980-90 si caratterizza sia
per l’emanazione di una serie di direttive, che sebbene non abbiano ad oggetto
il diritto all’informazione ambientale, dettano principi che hanno ripercussioni
in questo settore, sia per la presenza di una serie di documenti di tipo
programmatico in tema di diritto all’informazione ambientale e più
precisamente la direttiva del Consiglio 90/313/CEE concernente la libertà di
accesso all’informazione in materia ambientale ed il regolamento del
Consiglio 1210/90 relativo all’istituzione dell’Agenzia europea dell’ambiente
e della rete europea di informazioni e di osservazione in materia ambientale.
Nel 1990 il Consiglio adottò il regolamento 1210/90 con cui veniva istituita