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Introduzione
“L’uguaglianza di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma è anche la
base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile”
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I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile presenti nell’Agenda 2030 delle Nazioni
Unite mirano a mobilitare gli sforzi per porre fine a tutte le forme di povertà,
combattere le disuguaglianze e fronteggiare i cambiamenti climatici, assicurando
che nessuno resti indietro. Il quinto obiettivo è dedicato all’uguaglianza di
genere: “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare le donne” e funge
da colonna portante del presente contributo.
Nonostante i grandi progressi in alcuni ambiti della vita delle donne, la
disuguaglianza di genere persiste in tutte le aree e in tutti i paesi del mondo.
L’esistenza di differenziali (gap) nelle condizioni di vita, di salute, di lavoro, di
partecipazione alla vita sociale e politica tra donne e uomini è ormai nota e
ampiamente dimostrata da studi e ricerche, nonché da indici che consentono di
rendere evidente le disuguaglianze di genere che ancora persistono a livello
locale, nazionale, europeo e mondiale (Alessandrini e Mallen, 2020).
Da diversi anni anche nel contesto aziendale si è acquisita una sensibilità e una
voglia di condivisione dell’obiettivo della parità di genere, ritenuto come un
elemento essenziale per il benessere generale e la crescita economica. È stato
ampiamente dimostrato, infatti, che una scarsa sostenibilità nelle politiche di
sviluppo e di una sostanziale ineguaglianza di genere sono strettamente
correlate, poiché entrambe derivano da modelli di crescita principalmente
finalizzati alla massimizzazione dei risultati economici nell’immediato,
attraverso l’eccessivo sfruttamento sia delle risorse naturali sia delle risorse
umane, a scapito degli impatti socio-ambientali del proprio agire (Wichterich,
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OCSE, 2017
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2012). Tali sentieri di crescita si basano su una sostanziale disparità di genere che
si traduce in un minore costo del lavoro femminile rispetto a quello maschile e in
minori costi sociali legati a una più ridotta tutela delle lavoratrici madri.
Viceversa, l’attenzione per la crescita nel lungo periodo e per l’uso consapevole
delle risorse in base alle legittime aspettative di una variegata molteplicità di
soggetti enfatizza le relazioni reciproche fra lo sviluppo economico e le
problematiche afferenti alla salvaguardia dell’ambiente ed il ruolo degli attori
sociali nel processo di crescita e nella promozione dei diritti umani (Gennari,
2015).
A maggior ragione, in un momento come questo in cui la pandemia di
Coronavirus ha prodotto effetti molto severi sull’economia mondiale, colpendo
ancora più duramente il lavoro femminile, è importante che le strategie aziendali
siano improntate nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, che porti valori
contemporaneamente alle tre grandi dimensioni: quella economica, sociale e
ambientale, e che coinvolga tutti gli attori pubblici e privati nel proseguimento
di condizioni di equità. Tale concetto pone l’attenzione sulla Corporate Social
Responsibility, che nonostante dipenda da una scelta volontaria da parte delle
aziende, è riconosciuta essere un comportamento socialmente responsabile, una
“leva strategica” per la competitività, il successo duraturo e per ridurre gli
impatti (Casalegno e Civera, 2016).
In questo contesto, una buona comunicazione da parte dell’impresa è
fondamentale per creare awareness verso le iniziative volte a promuovere la parità
di genere, rappresentando una vera e propria scelta strategica per garantire il
successo dell'impresa nel medio lungo termine in particolare per le società
quotate in Borsa. Il dialogo continuo con gli stakeholder e con i media, unito alla
pubblicazione dei risultati ottenuti rappresenta, infatti, il momento culminante
di un lungo processo di elaborazione dei dati e valutazione delle performance,
attraverso il quale gli stakeholder interni ed esterni vengono a conoscenza degli
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impegni assunti dall'impresa in tema di CSR e dei risultati effettivamente ottenuti
(De Girolamo e D’Anselmi, 2017).
L’obiettivo del presente contributo è quello di capire in che modo e con quali
strumenti online venga comunicata la responsabilità sociale d’impresa in ottica
di raggiungimento della parità di genere, analizzando tre casi studio del settore
bancario italiano proposti in questo lavoro, ovvero Intesa Sanpaolo, UniCredit e
FinecoBank.
La scelta di analizzare questo settore deriva da più motivazioni: l’intenzione
di voler apportare al presente contributo un esempio di buone pratiche, infatti le
società analizzate sono rientrate nella classifica 2021 del Gender Equality Index di
Bloomberg, ma anche quella di voler analizzare dei player che avessero una forte
influenza su società e cultura di riferimento in termini di creazione del valore
condiviso. Inoltre, il settore bancario è strettamente collegato a una delle
maggiori crisi di fiducia da parte dei consumatori, investitori e stakeholder a
seguito della crisi economico finanziaria del 2008. Anche per questo motivo è
interessante indagare sulle scelte comunicative di questo settore, il quale vede il
bisogno di mettere in atto strategie di CSR integrata al fine di migliorarne la
gestione interna e il proprio impatto sulla società, ma soprattutto di comunicarle
con l’obiettivo di recuperare la fiducia dei pubblici e di acquisirne di nuovi
(Casalegno e Civera, 2016).
L’elaborato è suddiviso in tre capitoli ed è strutturato così come segue.
Nel primo capitolo si offrirà un rapporto sulla situazione attuale a livello
pubblico e privato. Verranno analizzati i dati a livello nazionale e internazionale
sul divario di genere nelle condizioni di vita, di salute, di lavoro, di
partecipazione alla vita sociale e politica, con una riflessione su come la
pandemia abbia contribuito ad aggravare le disparità nel contesto lavorativo.
Dopo un breve resoconto del contesto attuale, verrà proposta un’analisi su come
i governi e l’Unione Europea si stiano muovendo per colmare il divario e con
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quale tipo di approccio, approfondendo il contesto normativo italiano. In
particolare, verrà visto come la legge 120/2011, conosciuta come legge Golfo-
Mosca, e Dlgs. 254/2016 abbiano accelerato l’impegno delle aziende nei confronti
della gender board diversity. All’interno del capitolo si toccherà l’importanza
dell’approccio del diversity management nel contesto aziendale come strumento
che pone l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro in cui le diversità siano
apprezzate e stimolate, creando così un valore aggiunto per l’azienda.
Il secondo capitolo focalizzerà l’attenzione sul concetto di comunicazione
come funzione strategica per la Responsabilità Sociale d’Impresa. Attraverso una
panoramica sulla letteratura in materia, verrà offerta una ricognizione storico-
critica sull’evoluzione della CSR al fine di comprenderne al meglio il ruolo
odierno. Grazie all’analisi dei contributi di Carroll, Visser, Porter e Kramer,
Elkington, Hart e i recenti contributi di Casalegno, Civera, Venturi e De Palma
sarà possibile ricostruire un framework sulla CSR al fine di comprendere in che
modo sia più saggio comunicarla per non cadere nelle trappole di over
communication, under communication e purplewashing. Verranno, inoltre, definiti gli
strumenti e i documenti attraverso i quali le aziende comunicano il proprio
impegno per colmare il divario di genere, dalle Dichiarazioni Non Finanziarie, al
codice etico e il bilancio di genere.
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi dei casi studio selezionati, ovvero Intesa
Sanpaolo, UniCredit e FinecoBank al fine di verificare quale approccio venga
adottato dai tre istituti bancari premiati nel Gender Equality Index 2021 di
Bloomberg. Per lo svolgimento dell’analisi, verrà condotta un’indagine
qualitativa limitata alla comunicazione volontaria online da parte delle tre
società. In particolare, verrà esaminata la comunicazione sui siti web, rapporti e
bilanci di sostenibilità, dichiarazioni di carattere non finanziario e campagne per
la promozione delle pari opportunità all’interno dell’ambiente lavorativo e a
favore della società. Contestualmente, verrà analizzata la comunicazione
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dell’impegno per la parità di genere anche sui social network dei tre istituti
bancari. Verrà infine proposta un’analisi critica dei risultati e la verifica di
eventuali attività di purplewashing sulla base del recente studio condotto da
Martinez-Fierro e Garza-Veloz (2022).
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CAPITOLO PRIMO
Il gender mainstreaming per uno sviluppo sostenibile
Con la Conferenza ONU di Pechino del 1995, ovvero la quarta conferenza
mondiale sulle donne organizzata dalle Nazioni Unite, si ebbe un primo concreto
cambio di paradigma sull’approccio alle politiche di genere. La Dichiarazione di
Pechino e la Piattaforma d'Azione, adottate all'unanimità da 189 paesi alla
Conferenza del 1995 sono considerate il quadro politico globale più completo per
i diritti delle donne. Ne riconoscono i diritti come diritti umani e definiscono una
tabella di marcia globale per raggiungere la parità tra donne e uomini, con misure
e risultati misurabili su una serie di questioni che riguardano donne e
ragazze. Questi risultati sono suddivisi in 12 aree interconnesse in cui è stata
individuata la necessità di un'azione urgente: povertà, istruzione e formazione,
assistenza sanitaria, violenza contro donne e ragazze, conflitti armati,
emancipazione economica, potere e processo decisionale, meccanismi per la
promozione delle donne, diritti umani delle donne, media, ambiente e diritti
delle bambine (Sabbati, Prpic e Shreeves, 2020). In quell’occasione si introdussero
i principi come “i diritti delle donne sono diritti umani” e il gender mainstreaming,
ovvero la considerazione del punto di vista e delle priorità delle persone di
genere femminile in tutte le politiche, in tutte le azioni, a tutti i livelli compresi
quelli decisionali (Alessandrini e Mallen, 2020). L'impegno dell'Unione Europea
apportò un insieme ampio ed articolato di direttive che introdussero il divieto di
qualunque discriminazione nella sfera professionale e in tutti gli ambiti,
sviluppando una serie di indicatori qualitativi e quantitativi per monitorare i
progressi. I dati degli Stati membri dell'UE per questi indicatori sono conservati
in un unico luogo dall' Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE).
Dunque, per rendere effettivo il principio di equità di genere, è necessario
adottare un “duplice approccio” attraverso cui si verificano congiuntamente: la
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realizzazione di azioni specificatamente dedicate (azioni positive) e
l’integrazione del profilo del genere trasversalmente in tutte le politiche, le
attività e programmi (gender mainstreaming). Motivo per cui anche “per il
raggiungimento dei 17 obiettivi (goals)
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di sviluppo sostenibile, vale a dire per
ottenere uno sviluppo sociale ed economico teso alla salvaguardia e alla
conservazione dell’ecosistema nel quale oggi si vive (e nel quale dovranno vivere
le future generazioni), è necessario partire da una dimensione inclusiva, quindi
etica, dell’organizzazione sociale” (Alessandrini e Mallen, 2020).
Risulta quindi necessario un cambiamento anche nella cultura aziendale, in
modo tale che siano previste strategie aziendali improntate nell’ottica di uno
sviluppo sostenibile e che portino valore contemporaneamente alle tre grandi
dimensioni: quella economica, sociale e ambientale, e che coinvolgano tutti gli
attori pubblici e privati nel proseguimento di condizioni di equità. Si tratta di
creare le condizioni affinché tutte le persone possano vivere una vita libera e
dignitosa, in cui a tutti e tutte vengano riservati i medesimi diritti e le stesse
opportunità di crescita e di miglioramento della qualità della loro vita. In questo
processo è importante la promozione di una sostenibilità aziendale che non si
limiti soltanto agli aspetti connessi ai processi attuati e ai prodotti offerti, ma si
estenda ad ogni fase del processo, dalla produzione al consumo passando per la
governance. Questo ampliamento del concetto di sostenibilità è in parte stato reso
possibile grazie alla Responsabilità Sociale di Impresa, che nonostante dipenda
da una scelta volontaria da parte delle aziende, è riconosciuta essere un
comportamento socialmente responsabile, una “leva strategica” per la
competitività, per il successo duraturo e per ridurre gli impatti, oltre ad essere
allineata all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
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Agenda 2030, https://unric.org/it/agenda-2030/
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1.1 L’Agenda 2030
Il 25 settembre 2015, i 193 Paesi membri dell’ONU hanno approvato l’Agenda
2030 per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo
sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs), articolati in 169 Target da
raggiungere entro il 2030.
Figura 1 - Sustainable development goals, Agenda 2030
Fonte: ONU
L’Agenda 2030 è una tappa fondamentale del cammino verso uno sviluppo
sostenibile. Dal 2016 funge da quadro globale per affrontare a livello nazionale e
internazionale le grandi sfide del pianeta, quali l’estrema povertà, i cambiamenti
climatici, il degrado dell’ambiente e le crisi sanitarie. Vale per tutti i Paesi e pone
una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2030. Intende contribuire allo
sviluppo economico, promuovere il benessere dell’umanità e proteggere
l’ambiente. Dedica inoltre un’attenzione particolare ad aspetti quali la pace, lo
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Stato di diritto e il buongoverno, di primaria importanza per uno sviluppo
sostenibile.
“La nuova agenda è una promessa dei governatori a tutte le persone,
ovunque siano nel mondo. È un’agenda per le persone, per mettere fine
alla povertà in tutte le sue forme. Un’agenda per il nostro pianeta, la
nostra casa comune”.
Queste sono le parole che, il 25 settembre 2015, l’allora Segretario Generale
delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, pronunciò per dare il benvenuto all’ Agenda
2030 e agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che la compongono. La caratteristica
rivoluzionaria dell’Agenda, che ci aiuta a comprenderne la portata, risiede
proprio nel nuovo modo di concepire la sostenibilità. Si supera la concezione che
la sostenibilità sia solo una questione ambientale e si afferma una visione
integrata delle diverse dimensioni per lo sviluppo: tutela dell’ambiente, crescita
economica e sviluppo sociale. Il giudizio di insostenibilità sull’attuale modello di
sviluppo non è da considerarsi relativo solo alla sfera ambientale, ma anche alla
sfera economica e quella sociale. Se gli obiettivi del precedente quindicennio
avevano posto l’accento sul ruolo attivo del cittadino, questa volta viene
rimarcata l’esigenza di un fortissimo coinvolgimento della società, in tutte le sue
forme: dal settore privato a quello pubblico, dalla società civile alle istituzioni
filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazioni
e della cultura. I Sustainable Development Goals sono stati costruiti in modo da
stimolare l’azione nei prossimi quindici anni in aree di importanza critica per
l’umanità e il pianeta: persone, pianeta, prosperità, pace e associazione.
La prima area, che appare nella Dichiarazione dei 193 Paesi appartenenti alle
Nazioni Unite, è intitolata “Persone”. Le persone intese come fine, come
destinatari, a cui garantire condizioni dignitose e di uguaglianza per vivere e
realizzare il proprio potenziale. L’attuazione dell’Agenda non può che passare
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da una gestione sostenibile delle risorse naturali di cui il nostro “Pianeta”
dispone e da provvedimenti urgenti da prendere sui cambiamenti climatici, per
non danneggiare le generazioni future. “Prosperità” intesa come garanzia che
tutti gli esseri umani possano godere di vite soddisfacenti e che il progresso
economico, sociale e tecnologico non si arresti e che avvenga nel rispetto della
natura. Promuovere la “Pace” attraverso società pacifiche e inclusive, in cui non
vi è spazio per la violenza, perché costruire questo tipo di società è una
condizione necessaria per uno Sviluppo Sostenibile. L’ultima area,
“Associazione” pone l’accento sull’importanza dello spirito di solidarietà
globale. È necessario stringere rapporti di partnership tra diversi stakeholders e
agire in sinergia, per attuare l’Agenda.
Tra i diciassette propositi dell’Agenda 2030, infatti, vi è il quinto goal: “Gender
Equality”, il quale mira al raggiungimento dell’uguaglianza di genere e
all’emancipazione di tutte le donne e le ragazze nel mondo. In concreto, per la
costruzione di un progresso sostenibile, si tratta di riconoscere e valorizzare la
cura e il lavoro domestico non retribuito, attraverso la messa a disposizione di
un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la
promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie,
conformemente agli standard nazionali; garantire la piena ed effettiva
partecipazione delle donne e pari opportunità di leadership a tutti i livelli
decisionali nella vita politica, economica e pubblica; adottare e rafforzare
politiche specifiche e la legislazione applicabile a tutti i livelli per promuovere
l'uguaglianza di genere e l'emancipazione di tutte le donne e le bambine.
Nel dettaglio, per il raggiungimento del goal numero 5 sono stati fissati dei
sotto obiettivi, denominati target:
5.1 Porre fine a ogni forma di discriminazione nei confronti di tutte le donne, bambine
e ragazze in ogni parte del mondo.