6
contributo fondamentale alle mie ricerche è stato offerto dai database della San Jose
State, tramite i quali ho avuto l’accesso ad innumerevoli pubblicazioni universitarie e
ad articoli dei più svariati quotidiani americani.
Nei primi due capitoli la mia analisi si concentra esclusivamente sugli Stati
Uniti. Il primo capitolo illustra lo stato attuale del giornalismo americano,
modificatosi radicalmente negli ultimi 30 anni a causa soprattutto dello sviluppo
delle nuove tecnologie nella società di massa. Questa trasformazione ha influito
molto anche sul giornalismo sportivo d’oltreoceano, di cui mi ha sempre incuriosito
la presenza, sia sulle pagine dei giornali sia in televisione, di elementi estranei allo
sport in senso stretto e più legati, per esempio, al mondo del business o della cultura
popolare. Il momento che ha segnato maggiormente la “rivoluzione”
dell’informazione sportiva negli Stati Uniti è stato la nascita del network televisivo
ESPN e del suo notiziario SportsCenter, ormai diventati parte integrante della cultura
americana non solo a livello sportivo.
Nel secondo capitolo, partendo dall’impatto abbastanza assurdo che, da
europea, ho avvertito assistendo dal vivo per la prima volta ad una partita NBA, ho
analizzato il mondo del basket professionistico americano in relazione alla cultura ed
alla società di quel paese. L’NBA, infatti, si è trasformata in un vero e proprio brand
circondato da innumerevoli operazioni di marketing e di intrattenimento strettamente
connesse con gli sponsor e con gli stessi media. Operazioni che hanno influenzato la
cultura stessa degli americani e il loro modo di concepire lo sport e i valori che esso
trasmette, molto diversi da quelli che abbiamo noi europei.
Nel terzo e nel quarto capitolo, invece, ho rapportato la mia analisi sul
giornalismo e sulla cultura sportiva americana con un fenomeno abbastanza recente e
riassumibile nell’affermazione «L’Oceano si sta stringendo» fatta da “The Voice”,
Flavio Tranquillo che, insieme all’inseparabile partner di telecronache, “l’avvocato”
Federico Buffa, ha dato un contributo fondamentale alla popolarità del basket
americano nel nostro paese. Con quell’affermazione Tranquillo ha voluto evidenziare
il crescente numero e peso dei giocatori internazionali nell’NBA negli ultimi 15 anni,
fenomeno connesso con l’esplosione del brand NBA, dei suoi sponsor e delle sue
icone a livello internazionale.
7
Il terzo capitolo, infatti, analizza le cause e le tappe più significative che
hanno portato l’NBA a diventare un prodotto globale e la reazione degli stessi
americani di fronte a questo fenomeno soprattutto all’interno delle competizioni
internazionali, come mondiali ed olimpiadi. L’ultimo paragrafo di questo capitolo si
concentra su come l’NBA è arrivata e si è diffusa in Italia, con un’attenzione
particolare al mezzo televisivo, alla recentissima presenza di tre nostri connazionali
tra i pro americani e allo stile coinvolgente e originale delle telecronache di
Tranquillo e Buffa, che ho poi confrontato con quello dei loro colleghi italiani ed
americani.
Il quarto capitolo si propone di dimostrare i risultati delle analisi elaborate nei
precedenti attraverso un confronto tra il principale quotidiano sportivo del nostro
paese, La Gazzetta dello Sport, con l’unico quotidiano a carattere veramente
nazionale degli States, USA Today, il quale, pur essendo a carattere generalista,
possiede un’ampia sezione dedicata allo sport e al basket americano. L’argomento
del confronto è il diverso modo con cui i due giornali hanno raccontato l’aumento e
l’influenza sempre più forte dei giocatori internazionali nell’NBA. Mi sono
concentrata sulla copertura di quattro giocatori che hanno un significato particolare
per l’Italia: l’argentino ex Virtus Bologna e Viola Reggio Calabria Emanuel (Manu)
Ginobili e i tre italiani (Andrea Bargnani, Marco Belinelli e Danilo Gallinari),
raccontando la loro carriera NBA attraverso le pagine dei due quotidiani. In
mancanza di riferimenti esaustivi da parte di USA Today a proposito di alcune tappe
della carriera dei nostri connazionali, ho preso in considerazione anche qualche
articolo proveniente dal web e della stampa locale; in particolare, per quanto riguarda
Belinelli, ho scelto un giornale con cui negli Stati Uniti avevo una certa familiarità, il
San Francisco Chronicle.
8
1. L’evoluzione del giornalismo americano: da information
ad infotainment
1.1 Caratteri generali: lo sviluppo tecnologico e l’intrattenimento
come notizia
Nel corso del XX secolo con l’affermarsi della società di massa e l’evoluzione della
tecnologia, soprattutto dopo l’ingresso della radio negli anni ’20 e della televisione
30 anni più tardi, il panorama mediatico americano e mondiale ha subito numerose e
importanti trasformazioni. Questo sviluppo aveva dato luogo ad industrie ben
separate ognuna con specifiche funzioni e attività di competenza: i giornali
dovevano informare, i film dovevano intrattenere, la pubblicità doveva persuadere.
A causa delle trasformazioni avvenute oltreoceano negli ultimi 25 anni questo
concetto di giornalismo come pura informazione sembra abbastanza lontano. Il
docente e giornalista Fabrizio Tonello, autore di un interessante libro intitolato Il
giornalismo americano, sostiene che negli ultimi venticinque anni un’ondata di
cambiamenti tecnologici e di trasformazioni proprietarie hanno inserito il
giornalismo americano in una grande macchina globale: “l’infotainment”, cioè
l’informazione-intrattenimento, un giornalismo molto popolare, ma che ruota attorno
alle personalità più che ai problemi.
1
Un esempio abbastanza palese di questo concetto si è potuto riscontrare
durante l’ultima campagna per le elezioni presidenziali che lo scorso 4 novembre
hanno permesso a Barack Obama di diventare il primo presidente afro-americano
della storia degli Stati Uniti. Esaminando la copertura mediatica nel corso della
campagna si può notare la forte attenzione riservata alle vicende personali della
candidata repubblicana alla Vice Presidenza, Sarah Palin. Sin dal suo ingresso nella
Convention Repubblicana la governatrice dell’Alaska ha suscitato un forte clamore
mediatico non tanto a causa delle sue abilità professionali (semmai se n’è spesso
evidenziata l’inesperienza), ma a causa della sua storia personale di donna molto
1
F. TONELLO, Il giornalismo americano, Carocci, Roma 2005, p. 91
9
legata alla Chiesa Evangelica, madre di 5 figli di cui l’ultimo affetto da sindrome di
down e la maggiore diciassettenne in dolce attesa.
Sarah Palin è riuscita a conquistare ben il 28% degli articoli legati all’intera
campagna elettorale contro il 9% del suo rivale democratico Joe Biden. Questa
esplosione politica e mediatica dimostra che gran parte del pubblico americano
chiamato al voto è maggiormente interessato a questo tipo di pettegolezzi e vicende
personali (entertainment, appunto) piuttosto che alle news, ai problemi veri e propri,
quelle che hanno dominato i titoli dei giornali fino a 25 anni fa e che ora riescono a
dominare i mezzi di informazione solo quando colpiscono direttamente l’interesse
dell’americano medio (quando il collasso della Lehman’s Borthers ha dato il via a
una crisi che è andata a toccare immediatamente il portafoglio degli americani le
storie relative alla vita privata della Palin sono drasticamente diminuite all’interno
dei media).
Questa trasformazione nel panorama dell’informazione politica (ma, come
dimostrerò nei prossimi paragrafi, anche sportiva) ha alla base diversi fattori che,
come afferma Tonello, hanno inserito ciò che veniva tradizionalmente definito
“giornalismo” ad adeguarsi alla formula più “redditizia” dell’infotainment. Grazie
alle nuove tecnologie, le attività di creazione, riproduzione e distribuzione dei
contenuti di questa “macchina globale” negli Stati Uniti si sono progressivamente
razionalizzate, concentrate nelle mani di un certo numero di grandi gruppi che
racchiudono al loro interno media diversi. Così gli studi cinematografici hanno
trovato importanti partner nella carta stampata o nella TV da usare per promuovere i
loro film: è il caso, per esempio, della Warner Brothers, diventata Time-Warner dopo
aver inglobato il settimanale Time e che comprende, tra gli altri, la televisione all
news CNN e il provider internet America Online. Allo stesso modo la Walt Disney si
è impadronita della televisione ABC che già possedeva l’80% di ESPN, il network
televisivo che ha rivoluzionato il giornalismo sportivo americano.
Tonello afferma che «la corsa ai profitti e l’evoluzione tecnologica hanno
trasformato le imprese che operavano nella comunicazione» inglobando il
giornalismo all’interno di organi che spesso ne hanno sacrificato la «vocazione
civica» di gatekeeping a favore della produzione di notizie come «impresa
10
puramente commerciale».
2
Soft news, notizie leggere appunto; ed è in questo quadro
che le campagne elettorali diventano una forma di spettacolo in cui i racconti sulle
vicende della famiglia Palin o i tanti articoli legati alla razza del cane che le figlie di
Obama avrebbero adottato si inseriscono perfettamente accanto alle analisi delle cifre
allarmanti provenienti da Wall Street.
Se è pur vero che delitti e scandali occupavano già le pagine dei penny press
americani dell’ottocento è anche vero che a partire dagli anni Novanta, come afferma
Tonello, «le nuove corporation mediatiche avide di superprofitti hanno imposto delle
priorità informative che seppellivano ogni notizia scomoda sotto tonnellate di soft
news».
3
Tendenza a cui, a causa dell’ascesa, tra gli altri, dell’informazione online,
dei canali televisivi all news, dei tabloid da supermercato e dei talk-show serali,
anche il giornalismo più professionale e autorevole del New York Times o del
Washington Post si è dovuto adeguare.
In una pubblicazione precedente, La nuova macchina dell’informazione,
Tonello afferma che questa tendenza a favorire gli effetti commerciali nella
produzione delle notizie aveva portato negli anni Settanta alcuni imprenditori all’idea
di «standardizzare il prodotto giornalistico»,
4
sfornandone quantità maggiori in grado
di offrire una maggiore velocità di consumo a discapito, ovviamente, della qualità
delle notizie. Tonello definisce questo fenomeno «macdonaldizzazione» del settore,
offrendo un interessante parallelo tra il successo della catena di fast food
McDonald’s e il quotidiano USA Today, un giornale «che può essere letto all’incirca
nel tempo di cui una persona ha bisogno per consumare un pasto in un fast food».
5
Secondo Tonello «il giornalismo fast food parte da un’idea di prodotto finito
(il giornale-hamburger), e si scelgono le materie prime (notizie) dal sapore previsto».
Esattamente il contrario del giornalismo tradizionale che partiva dalla ricerca di
notizie «buone». Caratteri fondamentali di USA Today sono la cultura delle celebrità
e l’idea di un giornalismo “positivo” che consiste nel trovare il lato buono di ogni
avvenimento. Un giornalismo in cui le notizie leggere nascondono le notizie
2
Ibi p. 59
3
Ibi p. 66-67
4
F. TONELLO, La nuova macchina dell’informazione, Feltrinelli, Milano 1999, p. 62-63
5
Ibidem
11
importanti, in cui i consulenti di marketing «danno al lettore ciò che vuole» ma
eliminano le informazioni che un cittadino dovrebbe possedere per esercitare i suoi
diritti democratici incoraggiando «l’atrofizzazione della società politica americana».
6
A questo proposito è interessante la dichiarazione di uno dei principali
artefici ed interpreti di questo cambiamento, il magnate australiano Rupert Murdoch,
il cui impero mediatico comprende, tra gli altri, la 20th Century Fox, le televisioni
Fox, Fox News e anche la nostra TV satellitare Sky. Nella sua biografia l’autore
William Shawcross riprende un’intervista del 1983 in cui Murdoch dichiarava : «Lo
scopo di tutti I quotidiani è guadagnare. Punto. Non pubblico nulla per guadagnarmi
del rispetto. Il momento in cui lo faro spero che qualcuno arriverà e mi licenzi –
perchè I giornali non sono fatti per questo».
7
Anche gli stessi professionisti americani dell’informazione hanno iniziato a
rendersi conto del fenomeno sin dai primi anni ‘90. Nel 1992 Carl Sessions Stepp del
Chicago Tribune aveva intuito che gli standard dell’informazione con funzione di
intrattenimento sono molto più bassi di quelli delle notizie vere e proprie (la
domanda per determinarne la rilevanza, infatti, è passata da «è importante?» ad «è
interessante?»), e quasi tutto trova il modo di accedere ai media mentre i tradizionali
criteri di notiziabilità non hanno più alcun peso. Session Stepp lancia un appello ai
professionisti dell’informazione scrivendo che per circa 150 anni i mezzi di
informazione sono stati fedeli al loro scopo principale, ovvero quello di diffondere
l’informazione. Oggi i giornalisti non possono più essere semplici «venditori» di
informazioni, devono ritornare a controllarla attentamente secondo standard di
rilevanza che la forma dell’infotainment non possiede valutando «quali notizie sono
vitali (come un richiamo dei pacemaker cardiaci), quali importanti (ad esempio un
nuovo taglio delle tasse), quali marginali (dettagli di un omicidio), e quali sono just
for fun (l’odio del Presidente Bush per i broccoli)».
8
Un anno dopo Michael
6
Ibi pp. 68-69
7
In questo caso, per la sua incisività ed eloquenza, si riporta anche la versione originale della
dichiarazione di Murdoch trascritta da Shawcross: «All newspapers are run to make profits. Full stop.
I don't run anything for respectability. The moment I do, I hope someone will come and fire me and
get me out of the place -- because that's not what newspapers are meant to be about».
In W. SHAWCROSS, Murdoch: the making of a media empire, Simon & Schuster, New York 1997
8
C. SESSIONS STEPP, Information as entertainment, in “The Chicago Tribune”, 26 marzo 1992, p. 29
12
Grunwald del Boston Globe scriveva che l’America sotto l’influenza dei media
moderni e soprattutto della televisione era ormai diventata una «“nazione psicotica”,
incapace di distinguere la finzione dalla realtà, la vita dall’arte e le notizie
dall’intrattenimento».
9
Un ultimo aspetto che è stato alla base di questa trasformazione del
giornalismo americano che sarà fondamentale nell’analisi di quello più
specificamente sportivo è che grazie alle nuove tecnologie come Internet o la TV via
cavo «la percentuale degli incassi di un giornale che viene spesa per la raccolta delle
notizie è scesa dal 20 al 7%».
10
A cosa serve un corrispondente dalla Corte Suprema
quando il testo di ogni sentenza è disponibile online in pochi minuti? A cosa serve un
corrispondente dall’estero quando le notizie sono trasmesse immediatamente dalla
CNN e acquistabili da agenzie o giornalisti free-lance? A cosa serve mandare un
inviato da New York allo Staples Center quando Internet fornisce immediatamente il
risultato della partita e la cronaca minuto per minuto? Potrebbe essere che, come si
chiede Tonello, «scomparsi i tipografi oggi diventano quasi superflui anche i
giornalisti»,
11
oppure hanno semplicemente trovato una nuova identità?
1.2 Sport e media dalla Golden Age alla convergenza
All’ inizio del secolo scorso la società americana si è modificata drasticamente. In
seguito all’urbanizzazione, all’industrializzazione, ai cambiamenti culturali e allo
sviluppo tecnologico che hanno dato inizio alla moderna società di massa, gli
individui hanno sentito sempre di più il bisogno di coesione sociale e di
intrattenimento; bisogno in cui lo sport e la comunicazione si integravano
perfettamente.
9
M. GRUNWALD, Virtually reality In our postmodern infotainment age, America has lost its ability to
distinguish between fact and fiction, in “The Boston Globe”, 31 ottobre 1993, p. 81
10
F. TONELLO, La nuova macchina dell’informazione, p. 68
11
Ibidem
13
Tre studiosi della Indiana University hanno pubblicato il manuale Strategic
Sport Communication
12
che in uno dei suoi capitoli elenca le tappe dello sviluppo
della comunicazione sportiva negli Stati Uniti lungo tutto il corso del Novecento. Il
manuale definisce il decennio 1920-1930 come la golden age, l’età d’oro del
giornalismo sportivo. Golden age in cui i giornalisti della carta stampata
riconoscevano e cercavano di soddisfare l’ossessione dei fan per lo sport raccontando
le imprese eccezionali di atleti e squadre. Questi cronisti, con una prosa vivida dai
tratti spettacolari, riuscivano a trasportare i lettori direttamente all’interno degli stadi,
dei palazzetti e dei circuiti descrivendo i fatti, gli atleti e l’atmosfera con precisione
meticolosa. Altre caratteristiche fondamentali di questo periodo erano le prime
pagine lasciate agli eventi più rilevanti, i soprannomi e le figure retoriche come
metafore e analogie con riferimenti guerreschi e mitologici (che spesso portavano
alla trasformazione degli atleti in veri e propri eroi), i lead più drammatici e
descrittivi che informativi e le rubriche propense ad analizzare maggiormente le
implicazioni razziali o politiche dello sport piuttosto che l’evento sportivo in se. A
quel tempo erano i giornalisti stessi, non gli addetti stampa o le leghe, a dettare il
programma degli eventi e degli argomenti di cui scrivere.
13
La radio e più tardi la televisione hanno dato la possibilità ai fan di conoscere
sempre più da vicino ed in tempo reale l’andamento di una partita; ma questo non
cancella l’eredità che gli anni ’20 hanno lasciato al giornalismo sportivo negli USA:
le citazioni e l’impatto dei giornalisti di quest’età hanno inserito lo sport tra gli
elementi fondamentali della pop culture americana ben prima che arrivassero le
telecronache, le immagini in tempo reale e gli highlight.
La radio, che fino alla fine degli anni ’40 era il principale medium, e, ancora
di più, la televisione, aggiungendo suono e immagini ai racconti delle partite come se
lo spettatore fosse davvero all’interno dell’arena, hanno rivoluzionato
tremendamente il modo di fare informazione sportiva. A partire dagli anni ‘50 i
network televisivi, oltre a permettere ad un numero sempre maggiore di tifosi in tutto
12
P.M. PEDERSEN, K.S MILOCH, P.C LAUCELLA, Strategic sport communication, Human Kinetics,
Champaign IL 2007, p.50
13
Ibi p. 53-56
14
il Paese di seguire gli eventi sportivi in tempo reale, hanno fatto emergere il rapporto
sempre più stretto tra lo sport, gli indici d’ascolto e la pubblicità.
L’ultimo paragrafo del capitolo del manuale menzionato in precedenza
analizza la comunicazione sportiva ai giorni nostri. Il capitolo si apre con il termine
MediaSport coniato da Lawrence Wenner che vuole significare la «mediazione dello
sport all’interno della cultura e della più generale sfera pubblica».
14
Una convergenza
tra lo sport e la cultura sportiva in quanto tali con una serie di interessi commerciali,
una macchina mediatica al centro della quale si trova la TV e il suo sistema di valori:
«il profitto, la ricerca (seeking), le sponsorizzazioni, i mercati sempre più estesi, la
mercificazione (commodification) e la competizione».
15
Lo sviluppo tecnologico è stato determinante per raggiungere questo risultato.
La TV via cavo e in modo particolare il network interamente sportivo ESPN (di cui
parlerò in modo specifico nel prossimo paragrafo) ha aumentato in modo
esponenziale il raggio di utenti dell’informazione sportiva e l’influenza dello sport
stesso su di essi. Con le nuove tecnologie e in particolare con la crescita di Internet e
dei blog gli operatori dei media sono sempre più convinti che sia loro compito
raggiungere i fan a casa, in ufficio, in macchina e ovunque si trovino. La statistica
non li smentisce; infatti il tifoso medio in America passa 9 ore e 13 minuti al giorno
di fronte ad un qualche mezzo di comunicazione.
16
Se nella golden age i giornalisti si concentravano sulle partite e sulle
prodezze degli atleti, oggi accennano brevemente a ciò che accade in campo per poi
focalizzarsi sui risvolti legali, politici, economici e culturali dello sport, degli atleti,
degli allenatori, dei proprietari e dei manager. Lo stile dei migliori giornalisti della
carta stampata come della TV si muove sia dentro che fuori dal campo, mentre
analisi approfondite, interviste e opinioni si staccano dal tono prettamente
celebrativo tipico della golden age. Rick Snider del Washington Times e Jeff Zilgitt
di USA Today durante uno show televisivo nell’università del Maryland
17
hanno
14
L. A.WENNER, MediaSport, Routledge, London 1998, p. xiii
15
Ibi p. 17
16
P.M. PEDERSEN, K.S MILOCH, P.C LAUCELLA, Strategic sport communication p. 64
17
Il video completo del programma Front & Center in cui i due giornalisti nel luglio 2004 cercano di
rispondere alla domanda “What is Sport Journalism” è disponibile al link
http://www.researchchannel.org/prog/displayevent.aspx?rID=3011&fID=345