hanno bisogno di rapportarsi all’ambiente esterno con nuove prospettive e con
nuovi strumenti che possano far centrare gli obiettivi prefissati intermini di
pianificazione strategica.
Pianificazione strategica, che è l’elemento principale e imprescindibile di
corretto orientamento al mercato da parte di un’impresa nell’ottica dei dettami
fatti dal marketing e dagli strumenti da esso controllabili. Badate bene, ho scritto
controllabili e non controllati (termine che sarebbe stato più corretto) perché la
PMI
3
non sempre utilizza questi, oppure se li utilizza, non è detto che vengano
sfruttati nella corretta maniera.
Il difficile rapporto fra imprese di piccola e media dimensione e marketing,
nonostante la sua indiscussa importanza, non è stato studiato in maniera
approfondita. I motivi di questa grave lacuna restano tuttavia oscuri, anche
perché, le PMI, soprattutto quelle appartenenti ai distretti industriali,
costituiscono l’ossatura del tessuto imprenditoriale italiano.
Con questo non si intende affermare che la letteratura economica abbia
dimenticato le PMI, anzi, su di esse è stato scritto tanto, su temi di economia
industriale, di finanza, di organizzazione, si può dire che quasi ogni aspetto di
questo tipo di imprese sia stato analizzato e accuratamente studiato dalla ricerca
economica.
Esaminando i temi trattati dagli studi più recenti ci si accorge, però, che il
rapporto marketing-PMI ed i suoi molteplici aspetti occupa l’ultimo posto, a
livello quantitativo, tra gli argomenti analizzati. Anche le poche ricerche
effettuate su questa complessa tematica si limitano a ribadire concetti ormai
scontati quali:
• la grande importanza di un orientamento al mercato per le PMI,
condizione necessaria per la loro stessa sopravvivenza e per il loro
sviluppo;
3
Acronimo di Piccole e Medie Imprese italiane.
• l’orientamento al mercato visto come un punto debole delle PMI, poiché
poco diffuso e attuate in maniera errata;
• la scarsa diffusione di tale orientamento causata dalle dimensioni delle
PMI e dallo stile gestionale dell’imprenditore-proprietario;
• la limitata disponibilità di fonti di conoscenza adatte all’ambiente delle
PMI e la scarsa coerenza degli approcci di marketing proposti dalla ricerca
per questo tipo di imprese.
Soprattutto l’ultimo punto merita attenzione.
Nella maggior parte dei libri di testo sulla gestione della PMI non viene mai
tralasciato un capitolo riguardo ai principi generali del marketing, in modo tale
che l’imprenditore di una piccola azienda possa tradurli e applicarli alla sua
realtà. In Italia negli anni ’80, si assistette ad una vera e propria “moda”: tutti
facevano o sapevano qualcosa di marketing, corsi di studio e libri di testo
sull’argomento proliferavano, ma oggetto di questi studi erano, giustamente,
modelli di orientamento al marketing che ben si adattavano alle grandi aziende,
alle multinazionali; la mancanza di ricerche mirate, portò ad una mera estensione
di quei principi, studiati per le multinazionali, alla realtà delle PMI, che
difficilmente potevano applicarli in modo corretto e con risultati soddisfacenti.
Sperare che i principi che regolano l’orientamento al mercato di una
multinazionale, come può essere la Procter&Gamble per citare un nome noto,
possano essere applicati all’impresa di un distretto industriale o del centro-Sud
dell’Italia è l’errore più grande che si possa commettere. Purtroppo parte
dell’odierna letteratura persevera in questa direzione.
Comunque, molti studi recenti rilevano mancanza di una teoria specifica per
la realtà delle piccola impresa, carenza basata sulla scarsità di indagini empiriche
effettuate.
Alcune ricerche
4
rivelano che su 725 articoli pubblicati tra il 1986 e il 1992
da un gruppo di riviste specializzate sulla piccola impresa, solo il 6% riguardava
il marketing in generale e solo il 2% lo trattava in maniera più approfondita.
La situazione delineata da queste ricerche è sicuramente paradossale: accanto
alla indiscussa rilevanza delle PMI nei sistemi economici si situa la scarsa
produzione scientifica del loro rapporto con il marketing e, più ancora,
l’inesistenza di una teoria che fornisca dei principi ad hoc per questo tipo di
imprese.
Una possibile spiegazione a questo paradosso proviene dalla ricerca stessa;
la diffusione dei modelli di crescita delle PMI si scontra con l’ipotesi che la
piccola o la media impresa sia una specie ben distinta dalla grande e non uno
stadio dimensionale di queste.
Con questo si vuole dire che il «destino della PMI non è quello di aumentare
la sua dimensione per diventare una grande azienda, ma quello di evolversi nei
limiti fisiologici della sua “specie”, attuando processi di sviluppo qualitativo
(come un appropriato orientamento al mercato) che le consentano di fronteggiare
le minacce e di cogliere le opportunità ambientali» (G. Zollo).
Tale evoluzione, se ben equilibrata, consente all’imprenditore di
abbandonare la prassi scorretta, ma molto diffusa in chi governa imprese di
piccola e media dimensione, di attuare strategie in maniera “inconsapevole”,
senza aver fissato chiari obiettivi, cercando invece di adeguarsi alle variazioni
ambientali grazie alla elevata flessibilità operativa di queste imprese.
Questo fatto comporta tra distinte problematiche per lo studio, e non solo
dunque per l’applicazione, di una teoria di marketing per le PMI:
a) l’orientamento al mercato risulta essere spesse volte estraneo allo stile
direzionale dei suddetti imprenditori;
4
C.Romano, J.Ratnatunga, “The Role of Marketing –Its Impact on Small Enterpise Research”, European Journal
of Marketing, 1999.
b) anche quando gli imprenditori si rendono conto di tale limite, tentano,
correttamente, di conciliare le flessibilità operativa con un approccio
strutturato al marketing, ma questo porta ad un’inevitabile
“contaminazione culturale” tanto più marcata quanto maggiore è la
tendenza a miniaturizzare i modelli di marketing management delle grandi
imprese per applicarli alle imprese minori;
c) per evitare tale errore occorre partire dalle tecnologie, dai prodotti
e dai molteplici rapporti che le PMI instaurano nei diversi mercati nei
quali sono coinvolte.
Ancora una volta viene quindi sottolineata l’importanza di un modello di
marketing appropriato per le PMI.
Il marketing, però, interessa diversi ambiti e, semplificando al massimo,
potremmo affermare che le cosiddette 4 P del marketing-mix
5
sono le macro
variabili interessate dall’analisi, dalla strategia e dalla pianificazione del
marketing stesso. Precisamente, le 4 P si estrinsecano in: Prodotto, Prezzo,
Pubblicità e Punto vendita. Questi quattro concetti sono piuttosto chiari, però è
facilmente riscontrabile nella realtà che alcune azioni di marketing possano
intrecciare due o più variabili. Anzi una buona politica prevede appunto il
verificarsi di scelte che tengano conto di tutte queste caratteristiche, al fine di
sviluppare sinergie e risultati coerenti e possibilmente profittevoli dal punto di
vista del business.
La mia tesi non è stata pensata però come piano mktg, ma come piano di
comunicazione. La comunicazione risponde alla P che fa riferimento alla
Pubblicità. Si parla di comunicazione e non di pubblicità perché alla prima si
associa una visione molto più ampia, mentre pensando alla seconda si pensa che
sia solamente la pure espressione pubblicitaria (annuncio stampa, tv, radio, ecc.):
5
P.Kotler, W.G.Scott, “Marketing Management”, Isedi.
questa però è solamente una convenzione e se ne potrebbe discutere a lungo sulle
loro differenza, ma non è l’obiettivo di chi sta scrivendo.
Intendo specializzare i miei discorsi sulla comunicazione perché in un
ambiente fortemente competitivo e soggetto a repentini cambiamenti di tendenze
come il mercato dell’Information Technology italiano, il concetto di visibilità e
percezione dell’impresa da parte dei clienti, ma anche dei fornitori, diventa
assolutamente fondamentale e decisivo per poter sviluppare un livello d’affari di
una certa dimensione.
Il mercato dell’ICT, come tutti i mercati, è formato da aziende di dimensione
assai diverse tra esse: troviamo infatti le grandi multinazionali, le grandi imprese
e una miriade di piccole e medie imprese che in quanto a livello numerico, sono
la maggior parte. I trend però vengono generalmente dettati dalle imprese più
grandi a cui poi si susseguono quelle di dimensioni minori. Anche le tendenze
del settore della comunicazione di questo mercato, segue grosso modo questo
processo di evoluzione. E’ logico che poi esistano anche delle differenze che
fanno sì di vedere delle società non molto grandi che riescono ad ottenere
risultati di visibilità e di crescita di fatturato piuttosto sensibili.
La stragrande maggioranza delle PMI del settore dell’Information
Technology però, non si è ancora dotata, o lo ha fatto da pochissimo di una
struttura marketing che abbia imposto un approccio strutturato alla
comunicazione market-oriented
6
. Spesso queste imprese hanno effettuato azioni
estemporanee dettate da alcune opportunità, oppure dettate dalla necessità di
“farsi vedere” in particolari occasioni come nelle fiere, nei forum o nei convegni.
Di certo però, è difficile calcolare i risultati di queste campagne perché i feed-
back
7
possibili potrebbero essere stati alterati dalle particolarità di quei precisi
momenti.
6
Comunicazione fatta in funzione delle richieste che provengono dal mercato.
7
Sono i ritorni, i risultati della campagna.
La Confor Informatica rientra in questa categoria delle aziende che non
hanno mai affrontato sistematicamente il discorso della comunicazione.
Nella prima parte di questa introduzione ho parlato volutamente di approccio
al marketing in senso lato perché un piano di comunicazione deve partire da
questo tipo di visione delle cose e ne condivide i punti essenziali, logicamente
adattati e messi a punto sugli aspetti tipici dell’argomento specifico.
Un piano di comunicazione, come un piano di marketing, ha quattro asset
8
fondamentali: analisi, strategia, pianificazione e controllo. Quindi la tesi
rispecchierà in pieno questa struttura al fine di poter rappresentare una pietra su
cui poter far partire un progetto di promozione del brand e dei suoi prodotti.
La parte relativa all’analisi si estrinsecherà in di un due macro aree: l’analisi
quantitativa, intesa come analisi del mercato dell’ICT in generale (volumi, trend,
ecc.), come analisi della concorrenza intermini di comunicazione e di
segmentazione della clientela della Confor Informatica e, analisi qualitativa. Con
questo concetto faccio riferimento allo studio della comunicazione fatta dalla
Confor negli ultimi anni.
La seconda area tematica fa riferimento alla strategia. Questo asset però,
deve per forza avere una sua direttiva su cui dover puntare e da dover rispettare:
sono gli obiettivi. E’ fondamentale definire in termini quantitativi e/o qualitativi
che cosa si vuole ottenere con il piano. Se prendessimo come esempio un
teorema geometrico, potremmo assimilare gli obiettivi all’ipotesi e la
strategia/pianificazione alla tesi. Gli obiettivi che devono essere definiti in chiave
anche di fattibilità, perché risultati impossibili da ottenere potrebbero portare
fuori direzione la strategia e la successiva pianificazione; è intuitivo, ma non
troppo stupido, affermare che gli obiettivi fissati devono discernere dall’analisi
precedentemente effettuata.
8
Variabile di un determinato insieme di cose.
Dai dettami strategici si deve passare alla terza fase, quella della
pianificazione. Anche questo asset è un grande contenitore in cui sono presenti
dei sottoinsiemi che interfacciati tra loro vanno a definire il piano d’azione vero
e proprio. Anche in questa parte si trovano delle grandezze quantitative e
qualitative. Per le seconde si fa riferimento al tipo di comunicazione da effettuare
(benefit
9
, reason why
10
, tone of voice
11
, ecc.), mentre per le prime si fa
riferimento ai canali scelti, al piano media da utilizzare, alla pressione
pubblicitaria da effettuare e per ultimo, ma non perché sia meno importante, al
budget necessario all’intero piano.
La quarta parte riguarda il controllo. Cioè lo studio dei risultati ottenuti in
base alle scelte fatte in sede di pianificazione strategica e ancor prima, in sede di
analisi e di definizione degli obiettivi. Spesso si tende a trascurare questa ultime
fase, ma è un errore grossolano e fondamentale. Se non si guardano i risultati
ottenuti sarà impossibile, o quantomeno aleatorio e difficoltoso, studiare e ideare
i piani di comunicazione successivi che potrebbero dover ovviare alle deficienze
di quelli precedenti o rispettare le nuove esigenze emerse dal cambiamento
ambientale che nel frattempo è sopraggiunto.
Una comunicazione pianificata e ben strutturata può portare enormi benefici
all’impresa. Questi vantaggi possono riflettersi subito nel breve periodo, se ad
esempio sono state fatte scelte che possono portare a dei riscontri immediati,
oppure possono portare vantaggi nel medio/lungo periodo. E’ proprio in questa
ottica che un piano di comunicazione deve essere rivolto. Se il tutto viene
pensato come acceleratore del business in un tempo piuttosto breve, non è detto
che poi questa situazione favorevole si protragga nel tempo, anzi le ricerche in
questo campo affermano che i risultati ottenuti nel breve tempo tendono poi a
scomparire nel prosieguo delle attività. I risultati a lungo respiro, invece, fanno sì
9
L’elemento su cui si punta tutta la campagna.
10
Motivazione che deve spingere alla scelta di quel dato prodotto.
11
Il tono della comunicazione.
che si faccia breccia nello schema percettivo delle aziende clienti e che
determino una percezione
12
completamente diversa dell’impresa che ha fatto
questa scelta strategica di azione. E’ assolutamente decisivo il “ricordo”, inteso
come concetto di rievocazione percettiva di alcune caratteristiche positive che
vengono associate al brand e ai suoi prodotti.
L’ultima parte della tesi riguarderà logicamente le conclusioni che trarrò
dall’intero studio fatto su questo caso aziendale su tutti gli aspetti considerati in
sede di trattazione.
Prima di affrontare un discorso piuttosto articolato e complesso come un
piano di comunicazione, e la sua parte di macro analisi, è fondamentale
analizzare chi è e cosa fa la Confor Informatica S.p.A. Questo per individuare le
sue caratteristiche di base e quelle distintive su cui imperniare l’intero piano
stesso.
12
A.R.Pratkanis E.Aronson, “Psicologia delle comunicazioni di massa”, Il Mulino
Capitolo Primo
CHI E’, E COSA FA CONFOR
La Confor nasce nel 1982 come azienda di
consulenza e formazione manageriale, ma nel 1984
entra nel mercato dell’Information Technology che
rappresenta tuttora il core business aziendale.
Le dimensioni dell’azienda identificano una tipica PMI che nel corso degli
anni si è sviluppata e si è adattata agli obiettivi imprenditoriali che via via si è
posta in modo tale da poterli soddisfare: dalla sua nascita, ha visto pian piano
crescere il numero dei suoi addetti e delle sue sedi nel territorio. In questo
momento conta circa 250 persone al suo interno, dislocate nei quattro siti che
coprono piuttosto bene tutta l’Italia. La sede principale è rimasta Roma dove
risiede la maggior parte delle risorse e del management aziendale, a cui sono
state affiancate Torino e Milano che presidiano una zona strategica come il Nord
per il business italiano e Rende, in provincia di Cosenza, in cui ci sono allocate
la maggior parte delle strutture tecniche: si potrebbe quasi affermare che lì c’è
una sorta di fabbrica del software della Confor Informatica.
Logicamente tra le 250 persone che lavorano all’interno dell’azienda, si
trovano varie figure professionali che vanno dal top management ai tecnici, ma
l’elemento distintivo è una età media abbastanza giovane che si attesta intorno ai
35 anni e un tasso di laureati intorno al 40%. Questo fa capire l’ottimo livello di
valore del capitale intellettuale, che rappresenta la base più importante per
qualunque impresa.
Una tappa fondamentale che segna la storia dell’azienda è la collaborazione
con la Oracle, che dal 1986 è partner tecnologico delle soluzioni software di
Confor. La Confor Technology Alliances, società certificata ISO 9001, è ormai
un gruppo ben consolidato a cui fanno capo tre società distinte: Confor Srl che è
la capostipite e si occupa di consulenza e formazione, Confor Informatica che si
occupa di progettazione, implementazione e gestione di soluzioni e sistemi
software e Confor Age che si occupa delle soluzioni e-business facenti
riferimento alla tecnologia Oracle.
Confor si è dotata di una struttura articolata e divisa per Business Unit
13
. In
totale le SBU sono cinque e fanno capo a diverse attività, ciascuna di esse ha una
propria struttura commerciale ed una propria struttura tecnica. I vantaggi di
questa soluzione sono che le singole strutture risultano essere snelle e possono
seguire facilmente i propri obiettivi, evitando inutili sovrapposizioni con le altre
unità di business.
13
P.Kotler W.G.Scott, “Marketing Management”, Isedi