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INTRODUZIONE
Il vecchio adagio che inquadrava la confezione del prodotto come “nel
prodotto, tutto quanto non è il prodotto stesso”
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, risulta essere oramai non
più consono a spiegare ciò che oggi in chiave moderna viene definito
packaging.
Il presente lavoro analizza quanto ad oggi il valore di questa leva di
marketing sia sempre più decisiva nelle scelte di posizionamento da parte
delle imprese, in particolar modo facendo un riferimento al ruolo esercitato
nel settore vitivinicolo.
Oggi il packaging assurge sempre più al ruolo di attore massmediale, mezzo
per comunicare e trasferire informazioni; ovvero come attraverso le
diverse forme di rappresentazione dei propri caratteri favorisca
l’emersione del prodotto in differenti contesti.
Il packaging viene immaginato come Giano Bifronte, che volge lo sguardo al
prodotto – cerca di proteggerlo, ma anche di esaltarne le caratteristiche e
di mostrarlo nella sua luce migliore – dedicando però gran parte della sua
attenzione al dialogo col consumatore, comunica con lui nel lasso di tempo di
un colpo d’occhio allo scaffale, induce l’acquirente a soffermarsi su di lui e
ad orientare la propria scelta d’acquisto.
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Nella prima parte si è cercato di introdurre la tematica del packaging,
analizzandone il percorso storico e tracciando una serie di parallelismi con la
scienza semantica, comprendendone al meglio le valenze comunicative
sottese alla dimensione del messaggio intrinseco, per poi concentrarsi sulle
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1
tratto
dal testo “Le pack”, BSN Emballage (1987).
2
FERRARESI M. ,”Il packaging. Oggetto e comunicazione”, Franco Angeli, Milano, 1999.
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funzioni tipiche del package, mettendo in risalto il ruolo del colore come
primario elemento di impatto nelle scelte di consumo.
In seguito l’analisi si focalizza sulle peculiarità del comparto vitivinicolo,
settore quest’ultimo che, posto dinnanzi ad una continua spinta
concorrenziale ha fortemente indotto le imprese a rivalutare la dimensione
del packaging come leva di comunicazione estremamente rilevante per il
mantenimento del proprio vantaggio competitivo.
Successivamente, per rafforzare il legame concreto che sussiste in
relazione a tale mutamento, si è scelto di approfondire una realtà
territoriale dell’Est veronese, l’azienda agricola Trabucchi, che ha saputo
cogliere l’occasione di rivalutare la propria politica comunicativa partendo
proprio dalla valorizzazione del ruolo del packaging.
Nell’ultima parte, infine, si è cercato di contestualizzare nel panorama
odierno dell’economia la capacità di saper vedere il pack come una parte
integrabile nel moderno concetto di ambient marketing, per poi puntare
l’attenzione sulle nuove tendenze circa la dimensione strutturale e
comunicativa dello stesso, volendo mettere in risalto le difficoltà incontrate
dalle imprese in termini di mantenimento di un necessario equilibrio
economico-finanziario tra la valorizzazione del prodotto a sé stante ed il
miglioramento continuo dell’imballaggio.
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1. IL PACKAGING COME QUINTA P DEL
MARKETING MIX
1.1 Storia E valore del Packaging
Nonostante si ritenga scontata la presenza del packaging
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nel sempre più
acceso scambio di merci a livello mondiale, negli ultimi due secoli si è
verificato un grande sviluppo e oggi, soprattutto in risposta alla domanda
commerciale, il packaging è infinitamente più sofisticato e sviluppato che in
qualsiasi altro periodo della sua storia.
La confezione di un prodotto, può diventare uno strumento d’informazione,
un media pubblicitario portatile e quindi parte del prodotto stesso rendendo
sempre più labile il confine tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori con
l’obiettivo quasi di incarnare in un unico corpo queste due componenti.
Il pack non è solo l’involucro, ma è esso stesso prodotto, pensato, realizzato
e quando occorre anche modificato riprendendo così la teoria
comunicazionale che sta alla base del packaging management fondata sul
pensiero di Marshall McLhuan
secondo cui il mezzo tecnologico che
determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti
pervasivi sull'immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti
dell'informazione di volta in volta veicolati. Di qui, la sua celebre tesi
secondo cui "il mezzo è il messaggio".
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Il termine “packaging” deriva dall’inglese “to pack” vale a dire “imballare” e rappresenta
l’insieme degli elementi e materiali usati per confezionare il prodotto (struttura, etichetta
e imballaggio), al fine di renderlo più attraente, più riconoscibile, o per facilitarne il
trasporto e l'utilizzazione. (FRANCAVILLA C., Progettazione grafica, Hoelpy, Milano 2007)
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Le origini del moderno packaging si possono far risalire alla fine del
diciottesimo secolo quando la Rivoluzione Industriale introdusse massicci
cambiamenti nell’industria manifatturiera. Mentre prima di questo evento
storico la maggior parte dei processi di produzione era basata quasi
esclusivamente sul lavoro manuale e sulla produzione limitata di merci,
l’introduzione della meccanizzazione su larga scala consentì la produzione di
quantità sempre più notevoli di articoli.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si chiede alla confezione
di proteggere il contenuto durante il trasporto e di presentarlo all’ipotetico
acquirente con un vestito elegante, che ne esalti la forma e soddisfi il
desiderio visivo.
A tal proposito, attraverso le esposizioni universali, per esempio quella di
Parigi del 1867, “il valore d’uso dell’oggetto scompare quasi completamente
mentre il valore di scambio diventa più importante e dominante. Nelle
esposizioni gli oggetti vengono esibiti per essere goduti guardandoli, non
usandoli.”
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La bellezza è una prerogativa assolutamente necessaria che, non ancora
propriamente considerato come entità comunicativa, viene sentito come un
oggetto totalmente indipendente dal contenuto: l’uno da consumare, l’altro
da collezionare.
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Si assiste ad un primo vero mutamento solo intorno agli anni Trenta, quando
gli Stati Uniti, avendo già sviluppato un mercato e un consumo di massa,
cominciano a guardare con maggior interesse il settore produttivo e
pertanto anche il packaging riceve un’attenzione prima sconosciuta da parte
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4
LEONINI L. “L’identità smarrita”, Il Mulino, 1988.
5
articolo a cura di BERTANI STEFANIA, studiosa di comunicazione e di rapporto con il
cibo presso l’Università degli Studi di Parma.
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di alcuni designer, come Raymond Loewy
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che operano direttamente in
questo settore. Il contenitore inizia a essere riconosciuto, è in grado di
rispondere alle logiche di consumo ed è quindi chiamato a dare risposte a
quella necessità di “scissione del prodotto in un corpo del prodotto e in un
involucro preparato
indipendentemente da quello per attirare il compratore
verso il fascino dell’apparenza e per stimolare l’acquisto delle merci”.
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È un cambiamento sottile, ma importante, perché la confezione viene
considerata per la prima volta nella sua apparenza, ossia in quell’aspetto
appositamente progettato per vendere meglio un prodotto, senza
nessun’altra finalità.
Nella realtà commerciale è entrato un nuovo venditore, un silent seller, un
soggetto non dotato di parola, ma pronto a lanciare messaggi nel circuito
linguistico e abile a farsi capire. La vera trasformazione che investe il
mondo del packaging, mutandone le funzioni in maniera abbastanza radicale,
risale al dopoguerra e in particolare agli anni Cinquanta, momento in cui
anche l’Europa conosce il consumo massificato e soprattutto i sistemi
moderni di distribuzione, tra i quali è senza dubbio la vendita self-service a
modificare la vendita dei prodotti, che hanno il dovere e il diritto di
possedere una confezione per essere facilmente commercializzabili.
A partire da questo periodo si va via via diffondendo il carattere di
dispositivo legato al packaging, vale a dire uno strumento in grado di
decidere che cosa dovrà essere un oggetto, che contribuisce ad organizzare
l’universo delle cose grazie ad una raggiunta aderenza con le merci.
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6
Raymond Loewy (5 novembre 1893 – 14 luglio 1986) è stato un designer francese, attivo
soprattutto negli Stati Uniti che, con un gusto artistico europeo ed un'intraprendenza
all'americana, ha trasformato il disegno industriale da arte a disciplina di grande interesse
economico.
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BONSIEPE G., “Teoria e pratica del disegno industriale”, Milano, Feltrinelli, 1975.
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Merce, acquirente, luogo di vendita e produttore sono i soggetti del
mercato, tra i quali si vanno ora ad instaurare nuovi e differenti rapporti: al
centro del sistema c’è il pack che, da una parte cerca il dialogo diretto con il
consumatore, bisognoso di rassicurazione perché ha perduto ogni contatto
diretto con il luogo e i soggetti di produzione, dall’altra risponde alle
esigenze distributive, ai problemi d’immagazzinamento e disposizione dei
prodotti nel punto vendita.
Inoltre se le merci aumentano in termini quantitativi necessitano di un
tratto distintivo, funzionale o estetico o di entrambi, per essere
riconoscibili tra la folla di prodotti che animano gli scaffali dei
supermercati, dove accanto alle caratteristiche tradizionali ed oggettive è
richiesto un doveroso supplemento di personalità.
È a questo punto che l’imballaggio comincia ad esercitare funzioni
differenti: secondo Philip Kotler
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protezione ed economia - strettamente
legate alla realtà produttivo-distributiva dell’azienda - non scindibili da
comodità e promozione - più vicine alla sfera d’interesse del consumatore –
tendono ad acquistare un ruolo sempre più pregnante attirando su di sè
l’attenzione attraverso soluzioni innovative ed efficienti.
La necessità di proteggere il prodotto è la motivazione originaria che ha
provocato la nascita di un imballaggio, trasformatosi poi in uno strumento
distributivo quando la produzione di massa ha reso accessibili consumi una
volta esclusivi; una funzione ormai nascosta nella realtà consumistica che
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Philip
Kotler è stato indicato come il quarto "guru del management" di tutti i tempi dal
Financial Times (dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker) e acclamato come "il
maggior esperto al mondo nelle strategie di marketing" dal Management Centre Europe. La
sua opera principale è Marketing Management (prima edizione nel 1967), che viene
generalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli testi sul marketing.
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considera acquisita la circolazione d’ogni tipo di merce. Il packaging, cui
possono essere conferite forti connotazioni di praticità, è certamente uno
degli strumenti principali attraverso il quale è possibile assecondare
l’esigenza di un consumatore che ha scelto la comodità come prerequisito
per l’accesso a più elevati livelli di benessere.
Tanto più l’acquirente pone in primo piano il valore dell’usabilità di prodotto,
tanto più le aziende devono muoversi in maniera proattiva in questa
direzione, riuscendo ad “intercettare” in maniera efficiente ed efficace le
mutevoli esigenze dei consumatori.
Il processo di innovazione e miglioramento del pack dà luogo a un vero e
proprio circolo virtuoso: la creatività, la qualità e l’emozione suscitate
agiscono direttamente sul posizionamento del prodotto e quindi sulla sua
competitività, il che a sua volta comporta un ritorno in termini di redditività
che andrà di seguito a supportare nuovamente la ricerca innovativa.
Il packaging management non è un settore che presenta un altissimo
rapporto tra investimenti e aumenti di vendita, ma la sua importanza per il
business è fondamentale: il continuo rinnovamento rappresenta un’esigenza
vitale per confermare e rafforzare la propria posizione nella valutazione del
consumatore. In questi ultimi dieci anni considerare come nei primi anni del
Novecento l’involucro parte a sè stante rispetto al contenuto non è più
immaginabile, come non è neppure più possibile definire la confezione
elemento indipendente dal processo di comunicazione aziendale.
La parola d’ordine è coerenza tra il messaggio pubblicitario vero e proprio, il
packaging e gli altri media promozionali, dando vita ad una continua
autoreferenzialità dei valori che l’azienda intende comunicare. L’aspetto
della comunicazione è essenziale per comprendere l’avvicendarsi delle scelte