Sommario
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SOMMARIO
Gli ecosistemi acquatici sono da tempo utilizzati come ricettori di acque reflue civili e
industriali. I metodi tradizionali che in passato prevedevano il rilascio degli effluenti
direttamente sulla superfice libera dell’acqua, al giorno d’oggi, sono stati sostituiti da
sofisticati sistemi di installazione di scarichi sommersi che migliorano in modo significativo
la miscelazione iniziale dei liquidi sversati. Questo cambiamento riflette l'importanza di
proteggere le aree ecologicamente sensibili nelle zone costiere, dove gli scarichi di sostanze
inquinanti possono causare gravi impatti ambientali. Per tale ragione, una buona conoscenza
dell’interazione tra questi ultimi e l’ambiente, è necessaria al fine di promuovere le migliori
pratiche di gestione ambientale.
Riconosciuta la necessità e l’importanza di uno studio teso alla comprensione della dinamica
dei getti turbolenti, finalizzata alla minimizzazione degli impatti causati dalla dispersione di
inquinanti in ambiente marino, una serie di studi è stata condotta presso il laboratorio di
Ingegneria delle Coste del Politecnico di Bari (LIC), realizzando un sofisticato modello fisico
per la produzione di getti. Il getto di densità negativo è stato realizzato usando una soluzione
salina immessa verticalmente in un flusso trasversale. Sono state effettuate misurazioni della
velocità del flusso e della concentrazione utilizzando, rispettivamente, una sonda del tipo
Acoustic Doppler Velocimeter (ADV) e una Sonda di Conducibilità (MSCTI). Le analisi
riguardanti la diffusione del getto nel fluido ambiente, la sua penetrazione, il suo
comportamento turbolento e numerose altre proprietà sono state, infine, confrontate con
alcuni risultati sperimentali presenti in letteratura.
PAROLE CHIAVE: Getto di Densità, Studio Sperimentale, Distribuzione della Velocità,
Penetrazione del Getto, Diffusione del Getto, Impatto Ambientale.
Introduzione
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INTRODUZIONE
La conoscenza approfondita della circolazione oceanica e costiera è fondamentale per la
comprensione di una serie di processi ad essa strettamente correlati, tra cui quelli di diffusione
e avvezione degli inquinanti. La diffusione di inquinanti in mare, infatti, non è legata
solamente alle acque reflue da civili abitazioni, ma anche, per esempio, alle acque utilizzate
negli scambiatori di calore e successivamente riversate in mare a temperatura maggiore di
quella del corpo idrico recettore, o a quelle derivanti dai processi di dissalazione dell’acqua
marina che vengono sversate con una salinità molto elevata, tossica per le popolazioni
acquatiche.
I getti di densità turbolenti costituiscono un ottimo sistema per raggiungere una maggiore
diluizione iniziale e minimizzare l’effetto dello scarico sull’ambiente, poiché essi introducono
un elevato volume di fluido ambiente e lo mescolano al fluido riversato.
Un ulteriore fattore che favorisce la diluizione è, inoltre, la turbolenza stessa del corpo idrico
recettore che, interagendo con quella del getto, costituisce, assieme alle correnti, alla
stratificazione della densità e al moto ondoso, uno dei numerosi fattori ambientali che
partecipano ad influenzare il comportamento di un getto. È comunque necessario relazionare
questi parametri con i parametri caratteristici del getto (la distribuzione della velocità iniziale,
il livello di turbolenza, il flusso di massa e il flusso di quantità di moto) e i fattori geometrici
(la forma del getto, la sua orientazione, i confini o la sua traiettoria etc.), poiché tutti questi
fattori spesso convergono in un unico problema ed identificare l’influenza di ognuno di essi è
un compito complesso non ancora pienamente esaurito.
Nel seguente studio si è cercato, in particolare, di comprendere come la turbolenza generata
da un campo di moto, influenza le caratteristiche del getto, la sua altezza di penetrazione, la
sua diffusione, la capacità di mescolamento e le strutture vorticose. Per fare ciò, sono state
effettuate delle misurazioni della velocità e della salinità, a differenti livelli verticali, in modo
da ottenere la struttura spaziale dei profili di velocità e di salinità del getto.
Come risultato, si è ottenuta una buona visione della sua distribuzione nell’ambiente,
dipendente dalle diverse configurazioni analizzate e dalla presenza della turbolenza
circostante.
Introduzione
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Il primo capitolo è interamente dedicato all’analisi del fenomeno della turbolenza e della sua
interazione con il campo di moto. I principali argomenti trattati riguardano le caratteristiche
principali dei flussi turbolenti, l’evoluzione delle strutture vorticose che si generano al loro
interno, le equazioni di governo e gli approcci al giorno d’oggi utilizzati per la loro
risoluzione.
Il secondo capitolo tratta, invece, lo studio dei getti turbolenti e comprende, nello specifico, la
loro classificazione e una descrizione generale delle principali grandezze caratteristiche. Si
sono inoltre analizzate le proprietà generali del moto dei getti turbolenti, il loro
comportamento all’interno di una corrente trasversale e le strutture vorticose, dedicando
particolare attenzione ai getti di densità e all’analisi dimensionale.
Il terzo capitolo fornisce una descrizione del modello fisico realizzato presso il laboratorio di
Ingegneria delle Coste del Politecnico di Bari (LIC), per lo svolgimento delle analisi
sperimentali. Vengono descritti, nel dettaglio, l’impianto sperimentale e i principi di
funzionamento delle diverse strumentazioni adoperate, nonché le modalità di raccolta dei dati
e i software utilizzati per la loro successiva elaborazione e rappresentazione.
Il quarto capitolo è dedicato alle analisi sperimentali e mostra nel dettaglio tutte le
sperimentazioni condotte per studiare l’effetto della turbolenza sul comportamento dei getti.
Sono state condotte analisi relative alla concentrazione e alla velocità, confrontando i risultati
ottenuti, con precedenti studi teorici presenti nella letteratura tecnica tradizionale.
Il quinto capitolo, riporta, infine, le considerazioni conclusive sull’analisi sperimentale svolta.
Capitolo 1 – Turbolenza
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Capitolo 1
TURBOLENZA
1.1 Generalità
La maggior parte dei processi di moto presenti in natura è di tipo turbolento e l’osservazione
di flussi turbolenti è un’esperienza molto frequente nella vita di tutti i giorni. Il fumo di una
sigaretta, il mescolamento di caffè e latte in una tazza o la scia irregolare di un fiume a valle
della pila di un ponte sono solo alcuni fra gli innumerevoli, possibili esempi di moto
turbolento, che viene così identificato in maniera intuitiva come un moto non stazionario,
irregolare ed apparentemente caotico, caratterizzato dalla presenza di vortici, di diverse
dimensioni e velocità, in continua modifica.
Il primo a documentare il fenomeno turbolento fu Leonardo da Vinci, vissuto com’è noto, a
cavallo fra la seconda metà del ‘400 e l’inizio del ‘500. Egli si può considerare l’iniziatore
dello studio sperimentale sulla turbolenza, poiché nei suoi codici si ritrovano note e disegni
relativi ad osservazioni da lui fatte sui corsi d’acqua ed in cui le strutture vorticose vengono
riprodotte fedelmente e descritte qualitativamente (Fig. 1.1).
Fig. 1.1 – Disegno di Leonardo da Vinci sui vortici turbolenti (Gualtieri C., 2006)
In altre parole, Leonardo può essere considerato il primo ricercatore ad aver impiegato la
tecnica della visualizzazione nello studio sperimentale della turbolenza, pur non avendo
chiaramente e consapevolmente distinto il regime di moto turbolento dagli altri regimi di
movimento.
Capitolo 1 – Turbolenza
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1.2 Esperienza di Reynolds
In epoca moderna, fu l’esperienza di Reynolds a mettere chiaramente in evidenza il sorgere
del fenomeno turbolento nel movimento di un fluido e, di conseguenza, la fondamentale
differenza fra il moto laminare e il moto turbolento. Egli prese un recipiente contenente un
liquido in quiete con pelo libero costante, collegato tramite un imbocco ben arrotondato ad un
tubo di vetro, dotato di rubinetto per la regolazione della portata defluente. In corrispondenza
di tale imbocco era posto un tubo di piccolo diametro, anch’esso munito di rubinetto,
attraverso il quale veniva immessa alla stessa velocità della portata principale, acqua colorata
(Fig. 1.2.1).
Fig. 1.2.1 – Esperienza di Reynolds (Gualtieri C., 2006)
Reynolds osservò che la tipologia del moto del filetto fluido di acqua colorata all’interno della
condotta era legato al valore che assumeva un parametro adimensionale, caratteristico del
moto, che in seguito fu chiamato numero di Reynolds (Re).
Tale parametro poteva essere ottenuto combinando la velocità media del fluido, la sua
viscosità cinematica ed infine una lunghezza caratteristica del moto che, nella sua esperienza,
era il diametro del condotto e permetteva di descrivere la dinamica del flusso in tre categorie
differenti.
Per Re < 2100 il flusso si manteneva stazionario e si comportava come se delle lamine
rettilinee (da cui il termine flusso laminare) scorressero le une sulle altre interagendo solo
attraverso degli sforzi tangenziali. L’acqua colorata, si disponeva in un filetto che si estendeva
per tutta la tubazione mantenendosi nettamente e stabilmente distinto dalla rimanente massa
fluida.
Capitolo 1 – Turbolenza
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Il moto nel tubo avveniva ordinatamente per filetti paralleli, senza scambi di massa fra di loro
e non esistevano componenti della velocità normali ai filetti.
Per 2100 > Re > 4000 la linea di acqua colorata perdeva la sua stazionarietà e si propagava
lungo una traiettoria ondulata con caratteristiche dipendenti dal tempo. In questo regime
transizionale, tuttavia, la traccia di colorante preservava la sua coerenza spaziale, rimanendo
confinata in una linea sottile.
Diversamente, per Re > 4000, dopo un tratto iniziale con oscillazioni di ampiezza crescente,
l’acqua colorata si diffondeva vigorosamente in tutta la sezione trasversale del tubo fino a
distribuirsi omogeneamente in tutto il flusso.
Ciò era causato dallo sviluppo di vortici di diversa forma e dimensione, legati ad irregolari
fluttuazioni della velocità delle singole particelle, i quali determinavano un continuo scambio
di massa fra le zone del campo di moto e quindi, dopo un certo tempo, la completa
miscelazione del colorante.
Quest’ultimo regime, detto turbolento, è quindi caratterizzato da un moto disordinato,
completamente tridimensionale e non stazionario e da fluttuazioni di velocità con
caratteristiche non deterministiche (Fig. 1.2.2).
Fig. 1.2.2 – Disegno schematico dell’esperimento di Reynolds (Verzicco R., 2006)