Il consumo e i processi d’acquisto, nelle loro varie forme (tradizionali, mediati dalle
nuove tecnologie) sono, infatti, una presenza costante nella nostra vita, dagli acquisti di
prima necessità a quelli sempre più superflui, con un incremento esponenziale dei
prodotti legati alla cura della persona.
Il consumo nell’epoca postmoderna ha cambiato le nostre vite, le nostre abitudini, il
nostro modo di relazionarci con gli altri; così come ha mutato il nostro modo di
lavorare, di divertirsi, di amare.
Nuovi significati, nuove percezioni, nuove modalità relazionali giungono
prepotentemente alla ribalta.
Si delinea un nuovo tipo di consumatore che si distingue per la sua imprevedibilità e
imprendibilità.
E’ opportuno quindi domandarsi il perché di questo cambiamento e quali siano i fattori
sociali che hanno influito su tale trasformazione.
Partendo dall’analisi della società postmoderna e individuando i megatrend che la
caratterizzano, l’elaborato si concentrerà sull’analisi comparata del nuovo consumatore
e del nuovo elettore, individuandoli, caratterizzandoli ed analizzando le possibili
similarità nei comportamenti di acquisto e di voto.
Nella nuova società postmoderna complessità e turbolenza rappresentano due
dimensioni di fondo. Non è che, sia ben chiaro, nella fase della modernità queste
dimensioni non esistano, ma venivano considerate alla stregua di fattori di disturbo.
Nella postmodernità divengono fattori costitutivi, condizioni normali dell' esistenza.
Bisogna sottolineare che la postmodernità non è solo presa di distanza dai grandi miti
della modernità: l'ordine razionale; l'efficienza tecnologica; il primato della produzione
industriale; la macchina; la fabbrica; il consumatore di massa; l'equivalenza fra prezzo e
5
qualità (come ulteriore testimonianza della razionalità del consumatore moderno). La
modernità si esprimeva anche come cesura col passato e non, come adesso, con il
recupero eclettico di questo.
È d’uopo premettere che non esiste una teoria generale della postmodernità,
considerando che tale termine non è stato considerato da tutti nel medesimo modo, c’è
chi l’ha valutato con un accezione negativa e chi invece la considera positivamente.
Quello che sostanzialmente caratterizza questa nuova epoca è rappresentato dalla
profonda rivoluzione tecnologica in atto - il diffondersi delle tecnologie digitali,
l’avvento di una società dell’informazione e dei nuovi media.
Una nuova società dunque che dilata a dismisura il concetto di società dell'in-
formazione, in cui i teorici del post-industriale (Bell, Touraine, ecc.) avevano visto il
superamento dei tradizionali modi di produzione. È una società della "simulazione”, per
dirla come Baudrillard, dove la differenza tra il reale e l'immaginario, tra realtà fisica e
realtà virtuale, tra vero e falso tende a svanire. Simulazione intesa non come esatta
replica di un artefatto, e la sua infinita riproducibilità, che caratterizza la modernità, ma
come l'ingresso in un'area in cui i modelli di simulazione di fatto si fondo-
no/sostituiscono al mondo.
La realtà come costante simulazione - che ha avuto in Baudrillard lo studioso e il critico
più attento - trova, nel mondo del consumo, continue e pregnanti evidenze.
"In effetti - nota Ritzer
1
- se dovessi scegliere un solo termine che colga l'essenza dei
nuovi strumenti di consumo e la loro capacità di trovare spettacoli che incantano, questo
sarebbe proprio simulazione". Nell'epoca della postmodernità tra virtuale e reale ormai
esiste una continua promiscuità e divengono fungibili; gran parte delle nostre esperienze
1
Ritzer G., La religione dei consumi, Il Mulino 2000
6
hanno poco a che fare - alla luce dei vecchi paradigmi - con la realtà; il reale va
svanendo in una valanga di simulazioni.
In gran parte dei nuovi luoghi del consumo è da ravvisare una combinazione di reale e
di immaginario, di immaginario che diviene un modello per il reale.
Per cui il Disney World - forse il più emblematico dei mondi della fantasia - è divenuto
un paradigma architettonico per la costruzione di molte nuove città americane. Nel
mondo del consumo la simulazione è una costante: del resto già un tempo si diceva che
"l'abito fa il monaco" ed i mezzi di comunicazione di massa -la radio prima, il cinema e
la televisione poi - avevano portato un importante contributo al diffondersi di una
cultura della simulazione.
È la "società della computerizzazione", come tiene a definirla uno dei più autorevoli
teorici della società postmoderna
2
, dove ogni generalizzazione diviene illusoria, il
tempo si frammenta in una serie infinita di presenti in cui si perde il senso della storia,
dove lo spazio - con lo sviluppo della tecnologia satellitare, delle fibre ottiche e della
cablatura sotterranea - si contrae e l'ubiquità e la simultaneità non appaiono categorie
del metafisico ma realtà, espressioni della nuova condizione umana. È la società
dell'informazione, della conoscenza scientifica, della tecnologia avanzata e dei rapidi
cambiamenti dovuti ai nuovi orizzonti della scienza e della tecnologia. Dove la "galassia
elettronica" (Koles) ricostituisce il modello del nuovo villaggio globale e dove i rapporti
avvengono secondo la logica del reticolo in una nebulosa policentrica. È la società -
quella postmoderna - del network.
Dove la postmodernità si esprime con "l'abbattimento delle frontiere tra arte e vita di
ogni giorno; il collasso della distinzione gerarchica tra cultura alta e cultura popolare;
2
Lyotard J.F., La condizione postmoderna, Feltrinelli
7
una promiscuità stilistica che favorisce l'eclettismo e il miraggio dei codici; la parodia,
il pastiche, l'ironia, il gioco e la celebrazione di una superficie della cultura senza
profondità"
3
.
Prende vigore la fluidità, l’ambiguità, il camaleontismo, il pragmatismo, la flessibilità, il
localismo, la fusività, multidimensionalità, l’olismo, interesse per la vita "banale" di
tutti i giorni.
Nella postmodernità l'interesse per l'apparenza rappresenta un'aria significativa, dove
per apparenza si deve intendere la superficie, l'esterno. Che non esclude - e non è
oppositivo - con l'interno, il contenuto, l'essere, la verità. Non vi è niente cioè di
assimilabile alla contrapposizione di Fromm
4
tra avere ed essere. L'apparenza,
considerata nell'epoca della modernità se non un disvalore comunque una visione non
autentica e di cui diffidare, vede in questi anni un costante incremento di consensi e di
interesse.
Cambiamenti importanti sono avventi anche al livello socio-politico dove assistiamo a
due fenomeni di importanza rilevante: da una parte il declino della tradizionale
ripartizione politica destra-sinistra, dovuta principalmente dal "riposizionamento al
centro" dei programmi dei partiti politici. L'accumularsi delle delusioni e delle
disillusioni provocato dal crollo di ideologie fino a poco prima egemoni, che ha toccato
il suo apice con l'implosione del sistema sovietico nel 1989, ha fatto perdere ogni
credibilità a modelli storico-sociali di tipo rivoluzionario o restaurazionista.
Dall’altra si assiste a una diminuita partecipazione elettorale con il diffondersi di fedeltà
leggere rispetto al passato.
3
Ibidem
4
Fromm E., Avere o essere? Mondadori 1977
8
Se infatti la Prima Repubblica
5
si caratterizzava da tre elementi specifici: vi era una
sorta di fedeltà di voto «pesante», frutto di solide appartenenze, in cui la competizione
elettorale si inseriva come un confronto tra identità (o identificazioni sociali e politiche)
ben definite; la partecipazione al voto rappresentava poi, agli occhi degli elettori, un
comportamento quasi obbligatorio, come il momento (per alcuni quasi «solenne») di
ratifica della propria appartenenza; infine, alle elezioni - anche di diverso tipo - ci si
accostava in maniera pressoché identica, senza sostanziali differenziazioni nel rapporto
con il partito preferito: fossero esse di primo rango (le politiche) o di quarto rango (le
comunali), la scelta dell'elettore rimaneva quasi sempre identica.
Il nostro presente, la cosiddetta Seconda Repubblica, ha vissuto un ribaltamento
generale di questi elementi, una rapida trasformazione nel rapporto tra politica e
cittadini con la conseguenza più evidente è stata una profonda e crescente disaffezione
dell' elettorato nei confronti del mondo della politica in generale e di quello partitico
nello specifico.
Inoltre, l’introduzione da una parte delle nuove tecnologie e dei nuovi media - si pensi
ad internet e a quanto questo ha modificato il modo di comunicare, e dall’altra
all’ingresso del marketing nella sfera politica che ha reso l’elettore sempre più simile al
consumatore - hanno apportato notevoli modifiche all’ambito politico.
Siamo in presenza di una politica nuova, trasformata nelle sue storiche funzioni
d’integrazione, formazione e rappresentanza, mutata nelle logiche e nelle forme,
impegnata in un dialogo sempre più serrato con i mass media, schiacciata sui tempi corti
dell’informazione e che ha posto al centro della propria azione la ricerca spasmodica
della visibilità.
5
Natale P., La fedeltà leggera alla prova, 2006
9
L’immagine, in modo particolare l’immagine del leader
6
mediata dalla televisione,
diventa un mezzo di riduzione della complessità per il cittadino in cerca di una bussola
con cui orientarsi nella politica.
Le finalità di questo elaborato sono state principalmente due: da un lato evidenziare
come il vasto fenomeno della postmodernità abbia coinvolto tutte le sfere della vita,
ridisegnato le strutture economiche e politiche, con la conseguente nascita di un nuovo
consumatore e di un nuovo elettore; dall’altro, partendo da questa premessa, analizzare
il processo decisionale dell’attore sociale consumatore-elettore.
Per cui nel primo capitolo avremo l’analisi della postmodernità e dei trends che la
caratterizzano, quali la femminilizzazione della società, il primato della leggerezza ed il
narcisismo. Per poi effettuare una panoramica dello scenario socio-politico
introducendo il concetto di società dei consumi e di quello socio-politico.
Il secondo capitolo si occuperà del nuovo consumatore in una prospettiva postmoderna,
il quale non si caratterizza soltanto per dare più spazio alle emozioni, alla sensorialità;
per impiegare il consumo come segno e comunicazione della propria identità; per
esprimere una maggiore autonomia dal mondo della produzione; ad interessarsi
all'inedito ed al diverso; al ricorrere, anche negli acquisti, alla creatività ed
all'immaginazione. La stessa esploratività dello shopping non si risolve - il più delle
volte - nella ricerca delle soluzioni più convenienti ma si svolge per il nuovo
consumatore flaneur (bighellone) all'insegna del gioco e del piacere. Sovente orientata
al ludico, si esaurisce proprio nel window shopping inteso come intrigante attività di
tempo libero - cioè nel consumare un'esperienza - fine a se stessa, senza alcuna finalità
di acquisto.
6
Barisione M., L’immagine del leader, Il Mulino 2006
10
Discontinuità, pluralità, disordine, ambiguità, paradosso, molteplicità delle verità,
fluidità, libertà definiscono la condizione postmoderna in cui opera il consumatore di
oggi. L'apparire diviene sempre più importante così come lo divengono i contenuti
simbolici dei beni.
Si introduce il concetto di consumo, inteso come il gesto che traduce il senso astratto in
azione concreta, atto sociale e comunicativo. A questo punto vedremo come il brand,
grazie ad una grande disponibilità di esposizione mediatica, cerca di cavalcare in modo
vantaggioso il mutamento, producendo una vera e propria invasione pubblicitaria,
colonizzando i nuovi spazi postmoderni con gli apparati preposti al consumo,
promuovendo la già consolidata deriva individualistica ed una serie di valori legati
all’edonismo ed al consumismo, cercando, in definitiva, di ridurre il consumo a
consumismo; è in atto un tentativo di incanalare le pratiche comunicative ed identitarie
implicite nel consumo esteso in un corridoio, il transito attraverso il quale presuppone
l’acquisto. Indagheremo gli effetti di questa politica del brand sui consumatori; uno
degli effetti possibili è quello dell’incentivazione, nei consumatori, di comportamenti,
sentimenti ed ideologie funzionali al sistema consumistico, specialmente col ricorso a
tecniche di marketing indirizzate a giovani e giovanissimi, i consumatori di domani (e
sempre più, già di oggi).
Si è poi valutato da una parte un approccio all’acquisto razionale, che attraverso il
problem solving, permette di approfondire le variabili individuali sottese alle scelte di
acquisto e che ne costituiscono gli antecedenti fondamentali (nozioni di bisogno,
motivazione, coinvolgimento, percezione, apprendimento, atteggiamento),
sottolineando come ognuna di esse, consapevolmente o meno, ci orienti verso una
determinata direzione.
11
D’altra parte si è analizzato un approccio non razionale, dal momento che l’acquirente
non entra nel negozio prefiggendosi, a priori, l’obiettivo di massimizzare l’utilità
ritraibile dagli acquisti, ottimizzando il rapporto prezzo-qualità. Naturalmente egli
procede a valutazioni cognitive di natura economica, nondimeno però subentra, in corso
di decisione, una miriade di altri aspetti legati, ad esempio, ai suoi gusti e preferenze, ad
eventuali pressioni esercitate da altri soggetti e gruppi di essi, ecc. In questa ottica, non
potevamo non rendere conto dei contributi offerti dalle diverse discipline - economia,
psicologia, sociologia - al fine di rendere conto delle evoluzioni in atto nella società,
generando, di volta in volta, nuovi paradigmi via via più raffinati a testimonianza della
natura sempre più complessa dell’uomo consumatore. In questo percorso, l’ultima tappa
è stata quella di individuare, cercando di analizzarle a fondo, le determinanti di un
nuovo approccio postmoderno, che sembra compenetrare i due precedenti (cognitivo e
comportamentale) dotandoli però di nuovi elementi di complicazione a seguito di quella
tendenza alla frammentarietà che connota la realtà odierna.
Si è passati poi nel terzo capitolo, tenendo fermo lo schema di riferimento utilizzato per
l’analisi del consumatore, con l’obiettivo di comprendere il nuovo elettore e i
comportamenti di voto di questo.
Se in senso lato l’espressione “comportamento elettorale” fa riferimento a tutte le
attività che vengono svolte in occasione di un’elezione, comprendendo i comportamenti
di diversi tipi di attori sociali, l’ambito di indagine su cui ci si è soffermati è quello
riguardante gli atteggiamenti e le scelte dell’elettore, ossia “il processo di formazione e
di espressione delle preferenze individuali in ordine alle alternative politiche sottoposte
al vaglio del voto”.
12
La letteratura in proposito è molto vasta: comprende approcci differenti che nel corso
del tempo sono stati superati o riformulati, alla luce di nuove prospettive teoriche e di
nuovi strumenti di raccolta e analisi dei dati. La diversità degli studi condotti in
differenti Paesi, con riferimento sia alle premesse teoriche che alle scelte metodologiche
legate alla ricerca empirica, riflette inoltre la difficoltà di elaborare modelli che siano
adatti a contesti istituzionali e culturali tra loro non omogenei. Gli studi sul
comportamento elettorale si sono moltiplicati in tutti i contesti democratici nel corso del
XX secolo, in particolare a partire dal secondo dopoguerra, nel tentativo di approfondire
il momento del voto, elemento fondamentale della vita democratica. Le ricerche
empiriche hanno però fin dal principio posto in dubbio una delle premesse fondamentali
della teoria democratica: la razionalità del cittadino. Se consideriamo razionale
l’individuo che, raccogliendo e possedendo tutte le informazioni necessarie, le elabora
per arrivare alla formazione della sua decisione, il cittadino elettore appare per lo più
irrazionale. L’elettore risulta nella maggior parte dei casi “una persona che vota
relativamente di frequente, ma sulla base di poche informazioni, con un interesse
minimo e con un coinvolgimento emotivo nell’intero processo molto limitato”.
L’interesse degli studiosi si è quindi concentrato sulle “decisional shortcuts” attraverso
cui l’elettore raggiunge la sua decisione, ovvero quelle scorciatoie che il cittadino medio
utilizza per ridurre la complessità delle informazioni politiche, spesso eccessive e
difficilmente decodificabili per chi si sente lontano dal mondo politico e poco motivato
a parteciparvi attivamente.
La prima decisione che l’elettore deve prendere è quella di votare. La partecipazione
elettorale può essere determinata da fattori normativi, strumentali ed espressivi.
L’astensionismo individuale può essere, a seconda dei casi, espressione di un
13
disinteresse politico, oppure di un’alienazione del cittadino non solo dalla politica ma
dalla società come un tutto; una decisione legata alle caratteristiche della specifica
consultazione, oppure la conseguenza dell’agire sull’individuo di “cross pressures”,
stimoli molto intensi che indirizzano l’elettore verso scelte opposte, portandolo talvolta
a rifugiarsi nell’astensione.
Con il quarto ed ultimo capitolo si è arrivati al fulcro dell’indagine si è effettuata
un’analisi comparata tra consumatore ed elettore, andando ad individuare i punti di
unione e i punti di diversità ed analizzando in maniera precisa i due diversi processi
decisionali e le variabili esterne che li influenzano.
Come avremo modi di vedere innanzi, infatti, entrambe le realtà prese in esame –quella
commerciale e quella politica- hanno con tempistiche diverse adottato al loro interno
componenti essenziali di espressione e contatto con gli attori sociali, che delle
medesime realtà ne costituiscono la linfa vitale, facendo emergere una possibile
analogia nell’approccio agli attori sociali: su tutti, si consideri l’apertura del mondo
politico alle Tecniche della Manipolazione ed all’utilizzo di strumenti e linguaggi un
tempo ad uso esclusivo del mondo commerciale: la pubblicità.
A questo punto è doveroso domandarsi:
→ è possibile che due mondi così apparentemente diversi, quello politico e quello
del consumo, siano in realtà meno distanti di quanto non appaia, avvalendosi dei
medesimi mezzi per influenzare i comportamenti dell’attore sociale?
→ Ed è parimenti possibile che questi, nella sua duplice veste di consumatore ed
elettore, utilizzi il medesimo percorso decisionale tanto nell’acquisto quanto nel
voto?
14
CAPITOLO UNO
UN NUOVO SCENARIO, UN NUOVO PARADIGMA
1.1 MODERNITA’ E POSTMODERNITA’
“La postmodernità è la modernità senza le speranze e i
sogni che resero tollerabile la modernità”
DICK HEBDIGE, La lambretta e il videoclip
Partendo dall’assunto che la società nasce dal cambiamento e dai grandi fatti storici (es.:
rivoluzione industriale, nascita delle nuove tecnologie) che caratterizzano le diverse
epoche, è agevole notare come il cambiamento abbia subito una costante accelerazione
per effetto delle nuove tecnologie, unite a quelle tradizionali.
Per comprendere meglio i cambiamenti avvenuti, è bene fare un passo indietro,
analizzando le distinte fasi e partendo da quella che potrebbe essere definita come
premodernità, per passare in seguito alla modernità e giungere infine alla
configurazione della postmodernità.
La premodernità si caratterizza per la predominanza al suo interno dell’economia
agricola, nettamente non tecnologica, nonché per i ritmi di vita legati agli elementi e
agli eventi naturali (sole, cambio delle stagioni) e per un alto tasso di natalità e di
mortalità.
L’attore sociale premoderno ha come prospettiva quella di vivere per sempre nel luogo
di nascita, saldamente ancorato alla posizione sociale ereditata dalla famiglia d’origine.
15
Dal punto di vista politico, non esistono sistemi democratici, con conseguente mancanza
di tutela delle libertà civili, rigidità dei ruoli sociali e forte presenza nei sistemi culturali
di elementi come religiosità e superstizione.
Con la rivoluzione industriale si ha un netto cambiamento a livello economico-sociale e
si creano le basi per quella che sarà definita “epoca moderna”.
La modernità è caratterizzata da un’economia industriale, con la produzione di prodotti
di massa e con il commercio in grande espansione e tendente al libero scambio.
La massificazione non si manifesta solo nel consumo ma anche sul lavoro, organizzato
secondo le logiche del taylorismo e del fordismo.
Sono inoltre massificati i diritti politici e sociali: la democrazia tutela le libertà
fondamentali dei cittadini, garantisce l’universalità della partecipazione politica,
disconosce ogni tipo di discriminazione politica ed istaura un imponente sistema di
garanzie sociali, il welfare state.
L’epoca moderna si caratterizza inoltre per il suo modo di spiegare il mondo attraverso
principi unitari
7
: si pensi a tal proposito a movimenti quali l’illuminismo, l’idealismo e
il marxismo, e alla loro pretesa di racchiudere il senso dell’intera realtà entro un
principio unitario: la ragione per il primo, il movimento totalizzante dello spirito per il
secondo, le leggi materialiste della realtà per il terzo.
La fine di questa pretesa ha comportato il manifestarsi di discontinuità, sancita dalla
nascita di un nuovo paradigma presente tanto nell’economia, con il fenomeno della
globalizzazione (ovvero lo sviluppo del commercio tra i vari Paesi e il continuo flusso
finanziario che corre da una parte all’altra del globo), quanto nella sfera politica, con la
7
J.F.Lyotard, La condizione postmoderna
16
fine della guerra fredda e il crollo di uno dei due blocchi (quello comunista): la
postmodernità.
Prima di analizzare in prospettiva sociologica la nuova fase, pare tuttavia opportuno
soffermarsi brevemente su alcuni aspetti linguistici.
Il termine postmoderno, che in sé spiega il passaggio da una fase di modernità ad una
fase successiva e delinea un’epoca nuova alla quale segue dunque lo svilupparsi di una
società con caratteristiche ben diverse da quelle della modernità, nasce e si distingue in
campi differenti: architettura, filosofia, sociologia, ecc… Esso è utilizzato per
descrivere lo stile di un artista, così come l’arredamento d’interni, una nuova moda, il
pensiero di un filosofo o determinati aspetti della società contemporanea.
Postmoderno, come hanno sempre osservato anche i suoi teorici, non è considerato un
buon termine, perché non offre indicazioni specifiche di una nuova fase storica (com’è
stato invece per la modernità, l’illuminismo, il romanticismo, ecc.), ma pone l’accento
soltanto sul superamento della fase precedente, quella appunto della modernità.
Il termine è già da tempo oggetto di un vivace dibattito: alcuni studiosi considerano il
postmoderno appartenente esclusivamente alla sfera artistica e culturale e non come
termine che descrive la società; altrettanto per Lyotard
8
il postmoderno descrive la
“condizione del sapere” nella società postindustriale, ma non la società stessa.
Per altri studiosi, invece, il termine postmoderno descrive non solo una particolare
condizione del sapere, ma un modello di società (e/o la condizione dell’individuo in
questa società), nella quale la cultura non è una sovrastruttura, ma “parte integrante
dell’economia” (Jameson
9
, Lasch), o addirittura la sua stessa essenza (Bell e i teorici
8
Lyotard, La condizione postmoderna
9
A. Jameson, Il post-moderno e la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti,
1989.
17
della società dell’informazione
10
), ed i caratteri della cultura contemporanea sono
esattamente i medesimi della società nel suo complesso. E’ nella sua stessa nominazione
poi che il postmoderno indica la sua natura contraddittoria: nel definirsi come
successivo a ciò che ancora è, rivela di non poter fare a meno del moderno, indicandosi
come lontananza o distacco o rifiuto rispetto a un paradigma che circola ancora e che
ancora, inevitabilmente, lo riguarda.
La questione tuttavia non è solo terminologica: parlare di società postmoderna piuttosto
che di cultura postmoderna come aspetto della seconda modernità o modernità
radicale
11
, sottende una diversa interpretazione della continuità/discontinuità storica
della società contemporanea con la modernità e i suoi caratteri.
Il nuovo paradigma culturale nasce allora come presa d’atto di una perdita: ad una certo
punto del Novecento (diversamente identificato in differenti catastrofi: l’Olocausto
nucleare di Hiroshima, le trasformazioni degli anni Cinquanta, le nuove innovazioni
tecnologiche o le crisi politiche degli anni Ottanta…), la cultura occidentale scopre che i
vecchi capisaldi del suo progetto umano (la razionalità, l’efficienza, la funzionalità) non
riescono più né a rappresentare né a comprendere il mondo.
Alla razionalità la postmodernità contrappone il paradosso, l'incertezza, la mutabilità.
A tal proposito possiamo rifarci al pensiero di Brown
12
secondo il quale il postmoderno
opta per l’ambiguità, la complessità, il disordine, il bicchiere mezzo vuoto, il dubbio
sistematico contrapposti alle certezze, alla ricerca di semplificazione e di ordine, al
bicchiere mezzo pieno, alle grandi ideologie della modernità. E, ancora, postmodernità
significa individualismo contrapposto a universalità, pluralità versus consenso, dissenso
versus conformismo, eterogeneità versus omogeneità, differenza versus somiglianza.
10
Manuel Castells, Galassia Internet, Feltrinelli, 2002.
11
David Harvey, La crisi della modernità, il Saggiatore, 1995
12
Brown, S., Doherty, A.M., Clark, B., Romancing the Market, London, Routledge, 1991
18