2
nuove dinamiche sociali ed economiche soprattutto in seguito alla
diffusione di Internet.
La ragnatela mondiale che avvolge quasi tutti, indipendentemente dal
tempo e dallo spazio, ha portato alla nascita di un nuovo modo di fare
business: il commercio elettronico.
È necessario che ogni azienda sia in grado di portare sul canale
virtuale le proprie attività ma è altrettanto indispensabile capire che
essere presenti in Internet non è semplicemente un ulteriore modo per
vendere il proprio prodotto bensì un’opportunità imperdibile di
riuscire ad istaurare con il cliente una relazione personalizzata,
definita «one to one», così da diffondere il valore del proprio marchio.
Sono nati in questo senso i concetti di customer satisfaction, customer
service, personalizzazione di massa ecc., tutti volti a dimostrare che
nell’ambito dell’e-commerce è necessario creare un rapporto unico
con ogni cliente. Il soggetto è più informato e la sua decisione
d’acquisto avviene in maniera molto rapida, è necessario evitare che
con un click di «mouse» passi alla concorrenza.
Nel primo capitolo si analizzano i paradigmi psicologici e sociologici
che hanno portato alla nascita del «consumer behavior» ovvero
l’analisi del comportamento d’acquisto nell’ambito del marketing.
Il contributo della psicologia e della sociologia ha portato ad una
nuova concezione del marketing: la centralità del consumatore in
quanto portatore di bisogni differenti e soprattutto influenzato da
ambienti sociali e culture diverse.
L’attenzione per il consumatore viene ulteriormente amplificata con
l’avvento delle tecnologie informatiche.
Nel secondo capitolo vengono analizzati gli aspetti centrali del
commercio elettronico e sono stati presi a riferimento due siti Web
3
ritenuti dall’Italian Web Awards eccellenti: il sito delle Ferrovie dello
Stato (www.trenitalia.it) e il sito del cantautore Luciano Ligabue
(www.ligabue.com).
Sono stati messi a confronto i diversi modelli di business
evidenziandone gli aspetti più peculiari, mettendo in rilievo lo
sviluppo di nuovi modi di fare marketing basati sugli aspetti
emozionali e relazionali; inoltre viene posto l’accento sull’importanza
delle community Web al fine di creare un senso di condivisione
dell’identità del marchio o brand veicolati tramite Internet.
Una delle comunità virtuali più importanti è rappresentata dagli
appassionati della Ducati. Il successo dell’azienda motociclistica di
Borgo Panigale (Bologna) è stato determinato in maniera rilevante dal
canale virtuale e dalla community creata intorno a questo.
Nel terzo capitolo si analizza il successo commerciale sviluppatosi
intorno alla Ducati.com e testimoniato dal fatto che nel 2000 la
MH900e diventa la prima motocicletta ad essere venduta
esclusivamente sul Web. A poche settimane dall'alba del nuovo
millennio, duemila appassionati avevano già prenotato la nuova moto,
progettata da Pierre Terblanche in omaggio a Mike Hailwood.
Internet può avere un’importanza decisamente rilevante per lo sviluppo
di un’attività economica ma è necessario gestire il Web marketing con
attenzione e professionalità specifiche altrimenti si rischia di fallire.
Dietro ad ogni sito ci deve essere un chiaro modello di business e la
capacità di costruire un rapporto basato sulla fiducia.
L’intento è quello di dimostrare che l’e-commerce ha permesso la
nascita di un nuovo modo di fare marketing che mette al centro gli
aspetti emozionali e relazionali, che porta non solo alla condivisione di
valori intorno ad un prodotto ma soprattutto di esperienze e che dietro
4
ad un negozio virtuale ci sono persone che lavorano per migliorare e far
crescere l’economia del paese.
Non tutti i progetti di commercio digitale sono un successo come quello
della Ducati perché non tutti hanno capito che è necessario mettere al
centro delle proprie strategie il consumatore prima del profitto
economico.
5
CAPITOLO 1
L’ANALISI DEL CONSUMATORE E I PARADIGMI DI
RICERCA
1.1 Il comportamento d’acquisto: un terreno di confronto
L’analisi del comportamento del consumatore rappresenta un campo
d’indagine pluridisciplinare che coinvolge l’economia, la psicologia, la
sociologia e il marketing. L’approccio di queste discipline è alquanto
differente e pur mettendo in primo piano gli aspetti che riguardano il
marketing è necessario ripercorrere la strada che ha portato
all’affermazione del «consumer behavior
1
».
Alla fine dell’Ottocento la teoria economica classica afferma la totale
razionalità dell’individuo nelle sue decisioni d’acquisto. Il consumatore
compie una continua analisi dei panieri alternativi di beni per
determinare il più vantaggioso. Il comportamento risolutorio non è altro
che il risultato del rapporto costi/benefici (homo ŏeconŏmĭcus). Ben
presto tale concezione viene superata, sia in ambito psicologico che in
quello sociologico.
È Herbert Simon
2
che alla fine degli anni Quaranta capovolge gli
assunti dell’economia classica secondo la quale l’uomo è un soggetto
perfettamente razionale. Per Simon, infatti, l’uomo non agisce per
ottenere risultati ottimali in quanto possiede una razionalità limitata.
1
Teoria affermatasi negli USA intorno agli anni 60 che mette al centro della propria
riflessione la psicologia del consumo e che si è sviluppata in Italia solo intorno agli
anni 80. Cfr. Siri G., La psiche del consumo, consumatori, desiderio e identità,
Milano, FrancoAngeli, 2001.
2
Simon H. (1947), Il comportamento amministrativo (trad. it.), Bologna, Il Mulino,
1958.
6
«Gli uomini non tendono, nemmeno idealmente, a adottare le soluzioni
ottimali prescritte dai modelli normativi. Ciò comporterebbe tempi per
l’analisi delle informazioni, di gran lunga superiori a quelle realmente
possedute dagli uomini
3
».
È impossibile per il soggetto conoscere tutta la realtà circostante e per
questo fare una previsione nel medio o lungo termine dei suoi consumi,
quindi andrà alla ricerca di una soluzione soddisfacente e non ottimale.
Seguendo, infatti, l’interpretazione dell’economia classica l’acquisto di
un’automobile, ad esempio, sarebbe giustificato solo dall’esigenza di
spostarsi da un punto ad un altro. Le valutazioni del prodotto
avverrebbero solo in relazione agli attributi tangibili.
In realtà, i consumatori sono molto più preoccupati dagli aspetti estetici
ed emozionali e non possiedono una conoscenza approfondita di tutte le
alternative esistenti, per cui sceglieranno quella che più soddisfa le
proprie esigenze ma non necessariamente la migliore in assoluto.
Non bisogna poi trascurare il fatto che l’acquisto avviene all’interno di
un determinato ambiente sociale, quindi fondamentali sono le
influenze provenienti dagli altri, l’immagine che si vuol dare di se
stessi e il valore che determinati prodotti possono avere.
Il valore di un prodotto non è determinato solo dal suo costo monetario,
ma dai benefici che da esso ci si attende, dalle aspettative di cui lo si
investe e dagli effetti sociali che ne derivano. In sostanza per gli
individui centrale è ciò che essi percepiscono come utile e non ciò che
oggettivamente è utile.
3
Tedeschi M., Il processo decisionale del consumatore, effetti di contesto e
implicazioni di marketing, Milano, FrancoAngeli, 2000, pag. 14.
7
In ambito psicologico fondamentali sono gli apporti derivanti dal
comportamentismo, dal cognitivismo, dal costruttivismo e dai paradigmi
più recenti come la prospettiva esperienziale, esistenziale, sociale ecc.
Il comportamentismo
4
si afferma nel 1913 con la pubblicazione
dell’articolo «Psychology as the behaviorist views it» di John B.
Watson che mette alla base della propria indagine appunto il
comportamento dell’individuo in relazione all’ambiente circostante. La
mente umana è considerata una «black box», per questo non indagabile.
La condotta del soggetto non è altro che la risposta ad uno stimolo. Da
qui la concezione secondo la quale l’atto d’acquisto non è altro che la
risposta ad una stimolazione. Ciò ha spinto molti a ritenere che fosse il
marketing a creare una stimolazione superiore rispetto ai reali bisogni
dell’individuo.
Un primo segno di rottura all’interno del comportamentismo si ha con
Burrhus F. Skinner che nel 1953 scrive «Science and human behavior».
Per Skinner le basi del comportamentismo erano troppo riduttive. Egli,
infatti, introduce rispetto al modello di Watson i processi mentali.
Centrale diviene il concetto di apprendimento: la condotta del soggetto
non è una semplice conseguenza degli stimoli ambientali ma dipende
dagli esiti a questi associati
5
.
Questa teoria si riflette nel marketing nella concezione che il
consumatore decide di compiere l’atto d’acquisto non solo in seguito ad
4
Teoria psicologica egemone in campo sperimentale negli Stati Uniti dagli anni
Venti fino agli anni Cinquanta – Sessanta. Tra i principali esponenti ricordiamo B.
Watson, E. L. Thorndike e B. F. Skinner. Il comportamentismo nasce ufficialmente
nel 1913 con la pubblicazione del saggio di Watson: Psychology as the behaviorist
views it. Cfr. Mecacci L., Storia della psicologia del novecento, Bari, Editori
Laterza, 1992.
5
Il modello proposto da Skinner viene definito condizionamento operante o
strumentale in quanto una risposta da parte di chi apprende è strumentale nel
produrre uno stimolo di rinforzo.
8
un messaggio pubblicitario ma anche dalla desiderabilità e
soddisfazione che quel prodotto determina.
Al fine di aumentare la probabilità di attivazione del comportamento
occorre quello che Skinner definisce come rinforzo, ad esempio
l’utilizzo di un testimonial di prestigio con cui identificarsi o uno sconto
sul prezzo. In ultima analisi la teoria stimolo-risposta postula la
possibilità di condizionare e modificare la condotta dei soggetti. In
questo senso le campagne pubblicitarie servono a stabilire nella mente
del consumatore una connessione tra il prodotto o la marca e i suoi
atteggiamenti o bisogni.
Questa implicita possibilità di manipolazione del consumatore ha
portato ad una grande enfasi delle teorie comportamentiste nell’ambito
del marketing. Si sono così prodotte molte indagini sull’efficacia degli
stimoli commerciali come la confezione, la marca, gli spot pubblicitari
e sul tempo di esposizione a tali stimoli.
Insomma in quest’ottica l’azione del marketing è tesa a studiare
l’impatto visivo che può derivare da un tipo di package o dalla
posizione e illuminazione sullo scaffale, alla memorizzazione di uno
spot, all’identificazione con un personaggio e con i valori da questo
trasmessi.
La concezione secondo la quale il comportamento d’acquisto e di
consumo prescinde dall’intenzionalità del soggetto è stata
ridimensionata per mettere in rilievo l’esistenza di variabili
«intervenienti» in grado d’influenzare le azioni dei soggetti. Per questo
non basta la presenza di una marca forte sul mercato perché di
conseguenza si produca come risposta l’acquisto ma è necessario che a
questa siano associate delle situazioni positive.
9
Ne consegue che se il consumatore riceverà una risposta positiva al suo
acquisto (soddisfazione) questa fungerà da rinforzo per il riacquisto.
Dunque la soddisfazione induce a comportamenti stabili e ripetitivi che
si traducono in fedeltà del cliente alla marca.
Questo tipo d’interpretazione può valere per gli acquisti routinari in cui
non c’è un elevato grado di coinvolgimento ma non per i beni speciali.
Con l’avvento del cognitivismo
6
, sorto intorno agli anni Sessanta e
Settanta, con l’articolo di Ulrich Neisser «Cognitive psychology»,
cambia anche la prospettiva d’indagine dell’atto d’acquisto poiché tale
paradigma mette al centro della propria riflessione i meccanismi e le
strutture mentali che guidano il comportamento, attraverso una
rappresentazione interna del mondo esterno.
Riveste una particolare rilevanza l’elaborazione delle informazioni da
parte del soggetto dato che l’acquisto si realizza quando si hanno le
informazioni sufficienti per sentirsi sicuri.
Si possono, infatti, individuare alcune fasi che l’individuo percorre:
- ricognizione del problema;
- ricerca d’alternative;
- valutazione delle alternative;
- consumo;
- soddisfazione o insoddisfazione.
Attraversare queste fasi conduce il soggetto a compiere l’acquisto in
maniera sicura, riducendo al minimo il rischio d’insoddisfazione.
6
Corrente della psicologia contemporanea che, in opposizione al
comportamentismo, concepisce la mente non come un recettore passivo delle
informazioni che giungono dagli stimoli ambientali, ma come un elaboratore attivo
che di continuo verifica le congruenze tra il proprio progetto comportamentale e le
condizioni oggettive esistenti, filtrando le informazioni e autocorreggendosi come
accade con i servomeccanismi di tipo cinetico. Cfr. Galimberti U., Dizionario di
psicologia, Torino, UTET, 1992.
10
Quindi l’iter decisionale del consumatore è influenzato in maniera
prevalente dalle informazioni di natura commerciale che riguardano un
prodotto.
Anche qui occorre fare una distinzione tra prodotti di acquisto ripetuto
che non necessitano di una ricerca attiva e approfondita d’informazioni,
perché queste provengono dall’utilizzo stesso del prodotto e beni di
lusso per i quali la ricerca delle informazioni e la valutazione delle
alternative rappresentano delle fasi di estrema importanza.
Spesso il consumatore di fronte a prodotti ad elevato valore unitario o
con complessità tecnologiche avanzate, tende a semplificare il processo
decisionale enfatizzando l’importanza della marca o il livello del
prezzo. Questo tipo di comportamento viene messo in atto anche per
l’acquisto di nuovi prodotti per i quali non si hanno conoscenze
concrete circa le performance.
Rimanendo focalizzati sui percorsi cognitivi che l’individuo compie per
i beni che hanno una valenza più importante c’è da dire che spesso il
dilemma che lo investe deriva dalla necessità di mantenere una
coerenza interna, ovvero, che ci sia congruenza tra il suo pensiero
maturato a seguito di un’attiva ricerca di informazioni e ciò che decide
di acquistare. Ad esempio si può ritenere che il fumo sia dannoso per la
salute, essere informati di questo e decidere di fumare lo stesso.
In questo caso, secondo la «Teoria della dissonanza cognitiva» di
Festinger, l’individuo si adopererà per smentire le informazioni che
reputano il fumo dannoso per la salute o di minimizzarle, pur di
mantenere una coerenza interna.
Questo dimostra come, per il paradigma cognitivo, si sia più propensi a
cercare di rendere coerenti le informazioni e gli atteggiamenti piuttosto
che modificare la propria concezione della realtà.
11
Un evoluzione ulteriore del modello cognitivo è rappresentata dalla
teoria cognitivo-comportamentale secondo la quale un processo di
natura cognitiva fa da intermediario tra gli stimoli e le risposte.
In questo senso un contributo importante è quello della «Teoria
dell’apprendimento sociale» formulata negli anni Sessanta da Albert
Bandura
7
, secondo la quale l’apprendimento può essere definito come
un’acquisizione stabile di rappresentazioni mentali, che possono essere
tradotte o meno in comportamenti a seconda delle motivazioni personali
e delle condizioni ambientali presenti.
Si parla di apprendimento sociale perché questa teoria cerca di spiegare
come gli individui osservano le azioni degli altri e finiscono per fare
propri i modelli di azione osservati come modalità di risposta ai
problemi, alle condizioni o agli eventi della propria vita personale.
Bandura sostiene che l’individuo determina in parte il proprio
comportamento contribuendo, mediante un’elaborazione personale
delle informazioni, alla generazione delle proprie esperienze e dall’altro
osservando e imitando i comportamenti degli altri.
Le abitudini tendono a diventare relativamente stabili o ricorrenti
quando vengono in qualche modo rinforzate. Di solito, il rinforzo della
relazione tra stimolo e risposta si realizza quando l’adozione di un
modello di azione adeguato da parte dell’individuo dà origine a qualche
gratificazione.
Questo è ancor più vero per quel che concerne l’influenza prodotta dai
7
Albert Bandura è uno dei padri del movimento cognitivista. I suoi lavori più noti
sono: Social Learning Theory and Personality Development (1963), Principles of
behavior Modification (1969), Aggression: a Social Learning Analysis (1973)
Social Learning Theory (1977), Social Foundation of Thought and Action: a Social
Cognitive Theory (1986), e Self-Efficacy: The Exercise of control (1997). Cfr.
Galimberti U., Dizionario di psicologia, Torino, UTET, 1992.
12
mass media sui comportamenti degli individui. Da questa concezione
deriva la «Teoria del modellamento»: il soggetto osserva nel contenuto
mediale un modello, una persona, che esplica un certo tipo di azione,
questo lo spinge ad identificarsi con il modello, che ritiene quindi
degno di imitazione.
L’osservatore riconosce che il comportamento osservato, se imitato in
una certa situazione, produce effetti desiderabili, per questo ricorda e
riproduce il comportamento del modello quando si trova in circostanze
pertinenti: così l’individuo trae delle gratificazioni.
I modelli pubblicitari funzionano solo se sono fonti credibili e attraenti,
quindi non sono utili solo a vendere prodotti ma potenzialmente anche a
rafforzare valori e ad insegnare stili di vita.