5
Introduzione
La tesi si occupa di analizzare la disciplina relativa alla determinazione del reddito
d’impresa nel diritto tributario, concentrandosi sui componenti negativi e sulla loro
deducibilità. Nel primo capitolo si tratterà approfonditamente della nozione giuridica di
reddito d’impresa e della sua derivazione dal risultato civilistico di bilancio attraverso
l’applicazione delle variazioni fiscali, passando brevemente in rassegna la disciplina del
bilancio come prevista dal codice civile. Nel secondo capitolo, dopo un breve excursus sui
principi generali relativi alla determinazione del reddito d’impresa e alla deducibilità dei
componenti negativi, necessario per coerenza sistematica, si procederà a un’analisi
dettagliata di tutti i singoli componenti del reddito d’impresa, accompagnata dall’esame
dalla dottrina più recente, ponendo l’accento sulla possibilità di un utilizzo in chiave di
“leva fiscale” dei componenti negativi finalizzato a contrastare l’attuale periodo di crisi
economica. Seguirà un terzo capitolo che ha per oggetto lo studio dei Principi generali
sulla deducibilità dei componenti negativi, ove ci si soffermerà in particolare sulla
dialettica tra Fisco e contribuente nell’attribuzione del requisito dell’inerenza ai beni
d’impresa, sulla deducibilità dei c.d. “costi neri” e sul fenomeno della “dipendenza
rovesciata”. Infine nel quarto capitolo si analizzeranno taluni profili specifici della
disciplina sul reddito d’impresa con riguardo alle imprese bancarie e assicurative, alle
imprese di navigazione e alle imprese edili.
6
Capitolo primo
La nozione e la determinazione del reddito d’impresa
Parte prima. La nozione di reddito d’impresa.
1. Il quadro normativo in materia di reddito d’impresa.
La normativa sul reddito d’impresa è scomponibile in due gruppi. Un primo gruppo di
norme relativo all’individuazione delle fonti del reddito d’impresa, è contenuto negli art.
55 ss. del Tuir, d.p.r. 917 del 1986 come riformato. Il secondo gruppo di norme relative al
calcolo del reddito d’impresa è contenuto principalmente nella disciplina relativa all’Ires,
più precisamente nel secondo capo ed è integrato per talune categorie di soggetti passivi
(imprenditori individuali e società di persone) da alcune disposizioni speciali contenute
nel Titolo 1 (capo 6) del t.u. relativo all’Irpef. Nel disciplinare la determinazione del
reddito d’impresa presso le persone fisiche e le società di persone, il t.u. Irpef si avvale
dunque della tecnica della normazione mediante rinvio, all’uopo sfruttando il complesso
di precetti elaborato con riferimento alle società di capitali e agli enti commerciali. Per le
sociètà di persone commerciali (S.N.C. e S.A.S) il rinvio è inoltre espressamente esteso a
quelle disposizioni, facenti parte di detto complesso, che riguardano in modo specifico le
società di capitali e gli enti commerciali
1
. Nel corso del primo capitolo ci preoccuperemo
prima di analizzare le disposizioni relative alle fonti del reddito d’impresa per poi
procedere all’individuazione dei soggetti produttori e quindi delle norme relative alla
determinazione del reddito d’impresa.
1
Art. 56 comma 1 Tuir.
7
2. Le fonti del reddito d'impresa. Esegesi dell’art. 55 Tuir.
Le attività fonte di reddito d’impresa sono individuate dall’art. 55 del Tuir
2
. La definizione
fiscale d’impresa contenuta nell’art. 55 del Testo Unico è costruita richiamando la
definizione civilistica di attività commerciale, infatti, il comma 1 recita che “Per esercizio
d’imprese commerciali s’intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle
attività indicate nell'articolo 2195 del codice civile”, quindi tout court è reddito d’impresa
innanzitutto il reddito prodotto dall’esercizio di un’attività commerciale
3
. Sono attività
commerciali secondo l’art 2195 del codice civile:
- L’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
- L’'attività intermediaria nella circolazione dei beni;
- L'attività di trasporto per terra, o per acqua o per aria;
- L'attività bancaria o assicurativa;
- Le altre attività ausiliarie delle precedenti (1754);
In secondo luogo producono reddito d’impresa alcune attività connesse all’agricoltura,
ossia “le attività indicate alle lettere b) e c) dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti”.
Quindi producono reddito d’impresa l’attività di allevamento, di manipolazione,
trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici che superano determinati
limiti dimensionali. Sono fiscalmente attività d’impresa e quindi produttive di reddito
d’impresa anche quelle indicate dal comma 2 lettera d), quindi quelle di sfruttamento di
miniere, cave, torbiere, saline, stagni e altre acque interne, e infine le attività di
2
Articolo 55
Redditi di impresa. Sono redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali. Per
esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva,
delle attività indicate nell'articolo 2195 del codice civile e delle attività indicate alle lettere b) e c) del
comma 2 dell'articolo 29 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa.
2). Sono inoltre considerati redditi di impresa:
a) i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di
servizi che non rientrano nell'articolo 2195 del codice civile;
b) i redditi derivanti dallo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 29, pur se
nei limiti ivi stabiliti, ove spettino ai soggetti indicati nelle lettere a) e b), del comma 1 dell'articolo 87
nonché alle società in nome collettivo e in accomandita semplice.
3). Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si
applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo.
3
Non può non notarsi immediatamente che l’art. 55 non richiede ai fini fiscali che affinchè sussista attività
di impresa vi sia il requisito dell’organizzazione , in ciò distaccandosi dalla definizione di impresa di cui
all’art. 2082 c.c.
8
prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c., ma che presentano il requisito
dell’organizzazione in forma d’impresa. Esaminiamo con attenzione le componenti che
devono sussistere ai sensi dell’art. 55 Tuir affinchè sia prodotto reddito d’impresa.
2.1. La nozione fiscale d’impresa commerciale.
Non può ignorarsi la diffidenza dimostrata dal legislatore tributario nella disciplina
dell’individuazione del reddito d’impresa rispetto alla disciplina civilistica dell’art. 2082. Il
rinvio puro e semplice all’art 2082 del codice civile avrebbe comportato l’inclusione nella
fattispecie tributaria di una serie di situazioni soggettive di controversa interpretazione,
contrastante con la finalità della precisa individuazione delle fattispecie imponibili
4
.In
sostanza , nell’individuazione delle attività produttive di reddito d’impresa fiscalmente
rilevante, si è optato per una soluzione di pura tecnica fiscale, finalizzata da un lato ad
ampliare il novero delle attività fiscalmente rilevanti, dall’altro a evitare di riservare
trattamenti fiscali diversi a situazioni esprimenti la medesima capacità contributiva
5
.
Nella precisazione del concetto d’impresa commerciale ai fini fiscali quindi, l’interprete
non può più far riferimento alla nozione civilistica d’impresa, limitato com’è dalla
definizione dell’attività d’impresa fornita dall’art 55, che per un verso esclude dai
caratteri dell’oggettiva commercialità dell’attività il requisito dell’organizzazione, per altro
annovera tra le attività commerciali quelle di cui al comma 2 lett. B che non sono invece
richiamate dall’art 2195 cc.: abbiamo quindi una vera e propria definizione d’impresa
commerciale ai fini fiscali
6
.
4
Si veda ad es. Zizzo, in Falsitta, Manuale di diritto tributario,Padova, 2008, pag. 194 s.s., dove si cita il
dibattito all’interno della dottrina commercialistica in merito all’ampiezza della nozione di impresa
commerciale del 2195 c.c. L’autore si sofferma in particolare sugli sforzi della dottrina di far rientrare per la
finestra il requisito dell’organizzazione che il legislatore ha cacciato dalla porta. Secondo Zizzo il rilievo
attribuito all’elemento dell’organizzazione , sminuito dall’art. 55 comma 1 altro non è che il retaggio delle
problematiche interpretative relative all’ Ilor. Così anche Micheli, in Tinelli, Il Reddito d’impresa nel diritto
tributario, Milano, 1991, pag. 59 s.s.
5
Falsitta in Tinelli, op. cit.,pag. 59 s.s.
6
Sostiene infatti Zizzo in Falsitta op. cit, pag. 197 s.s. che è fuorviante pensare che il legislatore tributario
non faccia menzione del requisito dell’ organizzazione in forma di impresa perché essa sia oggetto di
9
2.2. L’esercizio per professione abituale. Requisiti temporali per la sussistenza
dell’abitualità.
L’individuazione del significato giuridico del concetto di professione abituale ha formato
oggetto di discussioni in dottrina. Vi è innanzitutto chi come il Fantozzi sostiene che il
legislatore tributario abbia impropriamente richiamato sia la professionalità che
l’abitualità , essendo i due termini sinonimici o comunque essendo il secondo
necessariamente predicato dal primo
7
. Altra dottrina tra cui il Napolitano sostiene invece,
che mentre la professionalità sarebbe una caratteristica soggettiva imputabile
all’imprenditore, l’abitualità si riferirebbe all’attività oggettivamente intesa. Inoltre la
professionalità sarebbe espressamente richiesta, in quanto requisito necessario per
l’obbligo di tenuta delle scritture contabili
8
. Dottrina maggioritaria
9
, sostiene che è
improbabile che il legislatore tributario si sia richiamato a elaborazioni civilistiche di tali
concetti, essendosi preoccupato piuttosto di dar loro una rilevanza propriamente
tributaria. E infatti la portata della componente dell’abitualità si evince mettendo in
combinato disposto l’art. 55 con l’art 67 Tuir, che ci permette di intendere che solo il
reddito prodotto da un’attività commerciale esercitata abitualmente è reddito d’impresa,
rientrando altrimenti tra i redditi diversi. Orbene è attratto a tassazione quale reddito
diverso in base all’art. 67, tutto ciò che è già nell’art. 55 purché non caratterizzato
dall’abitualità che è quindi il criterio distintivo tra le due forme di tassazione delle attività
commerciali. Sorge spontaneo a questo punto domandarsi cosa in concreto richieda l’art.
55 affinchè sussista l’abitualità e quindi il problema si sposta sull’individuazione dello
spazio temporale necessario per considerare abituale l’esercizio di una data attività, una
volta che si sia individuata la reiterazione di operazioni omogenee, ed anche in questo
caso il cammino non è privo di ostacoli. Si potrebbe intuitivamente ritenere sufficiente la
presunzione assoluta o relativa: il legislatore tributario non richiedendola non esime infatti
l’amministrazione finanziaria dall’accertamento della’organizzazione quando richiesta ai sensi del comma 2
lett. a). Diversamente, M. Ingrosso, Reddito d’impresa, organizzazione in forma d’impresa e piccola impresa,
in Riv. dir. trib., 1993, p. 79 s.s.
7
Fantozzi, in Tinelli op cit., pag. 77 s.s.
8
Napolitano in Tinelli op. cit., pag. 77 s.s.
9
G .Tinelli, Il Reddito d’impresa nel diritto tributario, Milano, 1991, pag. 59 s.s.
10
reiterazione di attività per un periodo d’imposta, ponendo quest’ultimo come limite
massimo dell’occasionalità ma è ben noto che un’attività pur protaendosi per più periodi
d’imposta non di meno può presentarsi meramente occasionale, come non possiamo
prescindere dall’asserto in base al quale il periodo d’imposta è uno spazio temporale
delimitato ai fini del sorgere dell’obbligazione tributaria, e non uno spartiacque tra
occasionalità e abitualità
10
. Ne risulta quindi che l’individuazione dell’abitualità non potrà
che essere effettuata empiricamente nel caso concreto, sulla base della comune
esperienza. Infine circa l’utilizzo del termine professionalità, il Tinelli svaluta ogni
controversia dottrinale, sostenendo il suo utilizzo puramente stilistico da parte del
legislatore, un’ulteriore precisazione del concetto di attività d’impresa esercitato
abitualmente.
2.3. L’irrilevanza dell’esclusività e dello scopo di lucro.
Il legislatore tributario ha puntualizzato innanzitutto che è irrilevante il requisito
dell’esclusività nell’esercizio dell’attività. Non rileva quindi il fatto che l’attività
commerciale si accompagni all’esercizio di ulteriori attività da parte del contribuente e
neanche che questa si presenti del tutto marginale rispetto al complesso delle attività
svolte dal contribuente. Chi esercita un’attività commerciale che presenti i requisiti
dell’art. 55 Tuir produce reddito d’impresa a prescindere dal numero delle attività e dalla
loro rilevanza. Ulteriormente irrilevante è la sussistenza o meno dello scopo di lucro come
pure ininfluente appare la particolare destinazione dell’utile.
10
Polano in Tinelli op. cit., pag. 77 s.s.
11
2.4 Il requisito dell’organizzazione in forma d’impresa delle attività di cui
all’art. 55 comma 2 lett. a). Il problema dell’inquadramento delle professioni
intellettuali tra le attività di prestazione di servizi produttivi di reddito
d’impresa.
Abbiamo detto che il requisito dell’organizzazione in forma d’impresa non è richiesto
dall’art. 55 comma 1 affinchè sussista un’attività commerciale produttiva di reddito
d’impresa. Tuttavia l’organizzazione ritorna a essere una componente necessaria nell’art.
55 comma 2 lett. a) per quelle attività di prestazione di servizi che non rientrano nell’art.
2195 c.c.
11
. Ne deriva che:
a) La produzione di servizi genera reddito d’impresa anche se non organizzata in
forma d’impresa;
b) La prestazione di servizi, non compresi nell’art. 2195 c.c., genera redditi
d’impresa solo se organizzata in forma d’impresa;
c) La prestazione di servizi non compresi nell’art. 2195 c.c. e non organizzata in
forma d’impresa, è attività di lavoro autonomo;
Poiché quindi il discrimine per l’inquadrabilità tra i redditi di lavoro autonomo o tra i
redditi d’impresa delle attività di prestazione di servizi di cui all’art. 55 comma 2 lett. a) è
dato dalla presenza o meno di un’organizzazione in forma d’impresa, sembra opportuno
prestare attenzione al concetto di organizzazione e dei livelli minimi richiesti affinchè essa
sussista. Una prima lettura in senso svalutativo della caratteristica dell’organizzazione è
data dal Fantozzi secondo il quale l’art 55 comma 2 lett. a) “non vuole far riferimento a un
indefettibile requisito rilevabile obiettivamente dal modo di esercizio dell’attività”, per cui
l’organizzazione in forma d’impresa deve ritenersi indicativa di un’“organizzazione a
impresa”, presupponente cioè l’esistenza di un imprenditore
12
. Secondo la tesi più
attendibile invece, con il concetto di organizzazione in forma d’impresa si è voluto
attribuire rilevanza normativa al modo in cui è svolta un’attività, considerando
11
i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di servizi
che non rientrano nell'articolo 2195 del codice civile;
12
Fantozzi in Tinelli op. cit., pag. 67 s.s.
12
l’esteriorizzazione della struttura organizzativa dell’attività un sintomo valido ai fini
dell’attribuzione della categoria dei redditi d’impresa
13
. Tale organizzazione secondo il
Tinelli, va rilevata sia facendo riferimento a parametri giuridici (iscrizione nel registro delle
imprese, utilizzo della ditta) che a parametri tecnici (collaboratori, strutture organizzative
del lavoro) ed è inoltre necessario che sussista a dei livelli minimi affinchè possa parlarsi
di attività commerciale piuttosto che di lavoro autonomo. Tale minimum va riscontrato
nella riferibilità della prestazione a un’organizzazione che travalichi quantitativamente e
qualitativamente sotto l’aspetto fattuale il contributo attribuibile alla persona fisica pur
titolare del reddito. In altri termini, la prestazione di servizi non oggettivamente
commerciale deve formare oggetto di un’attività nel cui contesto tale prestazione appaia
quale risultato dell’organizzazione dell’attività piuttosto che del soggetto che la esercita:
la componente capitalistica deve assumere un maggior rilievo rispetto a quella del lavoro.
Superato il problema dell’accezione del concetto di organizzazione, dobbiamo affrontarne
un altro che è quello relativo all’inquadrabilità o meno tra i redditi d’impresa, dei redditi
prodotti dall’esercizio di attività artistiche e intellettuali. In dottrina è stata avvertita
l’incongruenza logica, prima che giuridica, di una trasformazione del reddito derivante da
professione intellettuale in reddito d’impresa in conseguenza di una particolare struttura
organizzativa dell’attività professionale. Pertanto vi è chi ha cercato di leggere il secondo
comma dell’art. 55 in un’ottica che consentisse comunque di evitare l’inclusione nell’art.
55 comma 2 lett. a) del reddito del professionista che abbia organizzato, mediante
disposizione di capitali o di mezzi, la propria attività intellettuale
14
. Secondo altri autori
invece il reddito derivante dall’esercizio di professioni intellettuali non potrebbe in alcun
caso dar luogo a una classificazione come reddito d’impresa, in quanto l’obbligo
dell’iscrizione in determinati albi, collega indissolubilmente al lavoro autonomo tale
reddito
15
. Conveniamo con Tinelli che tali interpretazioni restrittive dell’art. 55 non siano
condivisibili in quanto eccessivamente mosse dalla preconcetta intenzione di salvare ad
13
De Angelis in Tinelli, op. cit., pag. 67 s.s.
14
Fantozzi in Tinelli, op. cit., pag. 67 s.s. per il quale l’art. 55 comma 2 lett. a), è una norma integrativa
dell’art 2195.cc, e pertanto poiché tale norma richiama solo l’attività di produzione di servizi, potrebbero
rientrarvi solo quelle attività di prestazione di servizi a carattere non intellettuale , che siano organizzate in
forma di impresa.
15
Napolitano in Tinelli, op. cit., pag. 67 s.s.
13
ogni costo le professioni intellettuali da un’equiparazione, seppur ai fini fiscali, ad attività
commerciali. La risposta va cercata nella prevalenza o meno del fattore capitale su quello
del lavoro. Quando l’organizzazione non è di per se in grado di realizzare la prestazione in
mancanza dell’apporto lavorativo del soggetto, saremo sicuro in presenza di un’attività di
lavoro autonomo. Quando al contrario, l’apporto organizzativo si porrà in una posizione di
prevalenza su quello lavorativo “ colorando di commercialità l’attività svolta”, allora ci
troveremo di fronte ad un’attività commerciale produttiva di reddito d’impresa
16
. Nella
stessa direzione infine va Zizzo, per il quale l’attività artistica o intellettuale diviene
attività commerciale “ se vi è un livello organizzativo più elevato, cioè se l’artista o il
professionista, si trasforma almeno in prevalenza, da prestatore di servizi in combinatore
dei fattori della produzione”.
17
.
3. I Soggetti produttori di reddito d’impresa.
3.1. Le società commerciali.
Vi è innanzitutto una prima categoria di soggetti definibili “imprenditori istituzionali”,
ossia la cui intera attività è per definizione attività d’impresa e il cui reddito viene quindi
interamente determinato in base alle regole sul reddito d’impresa
18
. Si tratta dei soggetti
menzionati dall’art. 6 comma 3 Tuir, cioè le sociètà in nome collettivo, quelle in
accomandita semplice e quelle di armamento, i cui redditi “ da qualsiasi fonte
provengono e quale che sia l’oggetto sociale sono considerati redditi d’impresa”, e dei
soggetti richiamati dall’art. 73 lett. a), ossia le società per azioni, le società in accomandita
per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e quelle di mutua
assicurazione. Fanno eccezione:
16
Tinelli, Il Reddito d’impresa nel diritto tributario, Milano, 1991, pag. 67 s.s.
Chiaro l’ esempio proposto da Tinelli: Si pensi alle prestazioni mediche rese direttamente da un medico,
che deve utilizzare una struttura tecnicamente organizzata, e alle stesse prestazioni rese però da una clinica
nel cui ambito è inserito il medico.
17
Zizzo in Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, 2008, pag. 190 s.s.
18
Diversamente si veda V.Ficari, Reddito d’impresa e programma imprenditoriale, Padova 2004, p. 28 s.s.