Introduzione
7
Introduzione
Il termine inglese Compliance traduce il concetto italiano di “conformità alle norme”.
Nell’ambiente bancario ogni possibile rischio è vagliato e ad esso si fa riferimento sia in sede
di pianificazione delle attività che in sede di controlli. Anche il rischio di non conformità alle
norme rientra tra quelli presi in considerazione e in modo ben specifico. Secondo Banca
d’Italia il rischio di non conformità alle norme è “il rischio di incorrere in sanzioni
giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in
conseguenza di violazioni di norme imperative (di legge o di regolamenti) ovvero di
autoregolamentazione (es. statuti, codici di condotta, codici di autodisciplina) ”.
1
Questa definizione riporta la natura di tale rischio a due principali dimensioni ossia quelle del:
1. rischio legale
2. rischio reputazionale
Per quanto riguarda il rischio legale secondo le istruzioni del Comitato di Basilea,
organizzazione internazionale istituita dai governatori delle Banche centrali dei dieci paesi piø
industrializzati (G10) alla fine del 1974, che opera sotto il patrocinio della Banca per i
Regolamenti Internazionali (Bank for International Settlements: BIS), esso si può inserire
all’interno della piø ampia definizione di rischio operativo ossia quel rischio di perdite
derivanti da disfunzioni a livello di procedure, personale e sistemi interni o eventi esogeni.
Le fattispecie di rischio operativo che possono portare a perdite sostanziali sono sintetizzabili
in:
frode interna
frode esterna
rapporto di impiego e sicurezza sul posto di lavoro
pratiche connesse con la clientela
danni a beni materiali
disfunzioni e avarie di natura tecnica
conformità esecutiva e procedurale
Come si può vedere dall’elencazione delle fattispecie rischiose esiste una sorta di area
comune tra il rischio operativo e quello di compliance che passa attraverso il menzionato
rischio legale. Un ulteriore elemento che condiziona potenzialmente la visibilità dei
comportamenti degli intermediari bancari è il valore attribuito, per via normativa e sociale, al
risparmio.
1
BANCA D’ITALIA, Disposizioni di vigilanza: La funzione di conformità, 2007, p. 2.
Introduzione
8
L’articolo 47 della Costituzione recita infatti che: “La Repubblica incoraggia e tutela il
risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”
2
.
L’istituto bancario infatti si pone quale intermediario tra coloro che offrono capitali e coloro
che li richiedono, tale funzione risponde ad un’importante richiesta di contenuto economico-
sociale. Il risparmio ha rilevanza costituzionale e come tale anche le relative verifiche sugli
istituti a ciò preposti hanno fondamento costituzionale. Un’attività come quella bancaria è
nettamente impregnata della fiducia che corre tra intermediario e cliente, una rottura di questo
patto di fiducia tra gli attori ha una portata molto ampia in un mercato in cui la credibilità del
produttore è un fattore decisivo sia per il successo della propria offerta sia per quella
dell’intero sistema, a causa del possibile contagio reciproco. La peculiarità del rischio di
compliance è infatti strettamente legata anche alla sua natura di rischio reputazionale e di
immagine.
E’ così che il rischio di compliance ricomprende al suo interno due rischi: il rischio di perdita
della fiducia e il rischio reputazionale. Il primo è un rischio a livello di sistema, il secondo
invece specifico dell’istituzione bancaria in questione.
a) Il rischio di perdita della fiducia
“Crollata la fiducia, con mercati interbancari paralizzati dal timore di insolvenze, l’inaridirsi
del credito ha fatto cadere il commercio internazionale, gli investimenti e i consumi”
3
. Così
Mario Draghi ha aperto un suo intervento avvenuto ad aprile c.a. a Torino sulla crisi scoppiata
nel 2008 e che ha coinvolto tutte le maggiori nazioni. Dalle prime parole dell’intervento si
può capire come il crollo della fiducia sia una delle basi della crisi e in poche parole ha
spiegato il circolo vizioso che essa crea.
In un recente studio di Luigi Guiso
4
viene messa in evidenza l’importanza della fiducia in
tutte quelle transazioni che nascono all’interno dell’ambiente finanziario e bancario, i sistemi
finanziari infatti si sono sempre contraddistinti per la loro natura fiduciaria e per il loro ruolo
di sostegno alla stabilità dei mercati. La ricerca del professore universitario ed economista,
per molti anni al Servizio Studi della Banca d’Italia, mira ad investigare le cause della recente
crisi che ha colpito i mercati finanziari mondiali. Fra queste egli elenca: l’aumento del deficit
pubblico, la deregulation finanziaria, l’aumento dei prezzi delle case e il fatto che molti
investitori si siano assunti un rischio piø alto di quello che potevano sopportare; tutti questi
aspetti hanno portato nel tempo ad un collasso della fiducia che gli investitori hanno nel
2
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, art.47.
3
DRAGHI, Globalizzazione e politiche economiche: lezioni da una crisi, Torino, 13/04/2011, p.4.
4
GUISO, A trust-driven financial crisis. Implication for the future of financial market, 2010.
Introduzione
9
mercato finanziario. L’aspetto della fiducia solitamente è ignorato nei modelli economici
standard e per questo quando essa è venuta a mancare i danni sono stati di grossa portata.
Nella citata ricerca Guiso porta l’esempio della piø grande truffa finanziaria commessa da una
sola persona nella storia di Wall Street, ossia il caso di Madoff
5
, autore di una colossale truffa
basata sullo 'schema Ponzi'
6
, il cui valore si aggirerebbe tra i 50 e i 65 miliardi di dollari.
I migliori clienti erano quelli che pensavano di arricchirsi senza rischiare nulla e secondo la
legge della truffa ideale per cui “tutti vogliono qualcosa in cambio di niente, e tu gli darai
niente in cambio di qualcosa”
7
! Tale esempio mostra come la crisi non sia dovuta solo a
decisioni e azioni sbagliate nell’ambiente finanziario, ma anche al crollo della fiducia tra
investitori e attori finanziari. Questo caso infatti ha, nella sua enormità, scosso la fiducia
dell’intera industria finanziaria. I clienti di Madoff erano per lo piø grandi istituti finanziari e
investitori istituzionali, sui quali sono ricadute le conseguenze della truffa.
Diverse banche in tutto il mondo hanno dichiarato di essere esposte verso il fondo di Madoff
sia direttamente, sia attraverso fondi da loro gestiti. Tra le italiane truffate si segnala Medio
Banca, Unicredit esposta per 75 milioni e il Banco Popolare esposto per 8 milioni di euro.
Furono piø gravi invece le ricadute per gli istituti europei come la Royal Bank of Scotland
esposta per circa 445 milioni di euro. L’importo piø consistente ad oggi sembra essere quello
del gruppo britannico HSBC esposto per circa un miliardo di dollari e della società di gestione
Fairfield Greenwich Group che ha investito nel fondo di Madoff oltre metà del suo patrimonio
per una cifra di 7,5 miliardi di dollari. Questa vicenda rappresenta inoltre l'ennesimo caso in
cui le autorità di controllo hanno completamente fallito nella loro funzione.
5
BERNARD MADOFF è un imprenditore statunitense, accusato di una delle piø grandi frodi finanziarie di tutti i
tempi. Madoff è stato anche presidente del NASDAQ, il listino dei titoli tecnologici statunitensi. Egli ha iniziato
la sua attività come broker negli anni sessanta reinvestendo gli utili della sua attività di bagnino a Long Island.
Man mano che la sua impresa, la Bernard Madoff Investment Securities, cresceva di dimensioni, ha portato a
lavorare con sØ molti dei suoi familiari, a partire dal fratello Peter e dai figli Mark e Andrew. La sua reputazione
personale, specialmente tra la comunità ebraica, era così forte da essere stato soprannominato Jewish Bond
(Obbligazione ebraica) per la sua sicurezza e stabilità. L’undici dicembre 2008 Madoff è stato arrestato dagli
agenti federali che lo hanno accusato di aver truffato i suoi clienti causando un ammanco pari a circa 50 miliardi
di dollari. La truffa consisteva nel fatto che Madoff versava l’ammontare degli interessi pagandoli con il capitale
dei nuovi clienti. Il sistema è saltato nel momento in cui i rimborsi richiesti superarono i nuovi investimenti. La
dimensione della truffa messa in piedi da Madoff è almeno tre volte piø grande dell’ammanco causato dal crac
Parmalat.
6
La tecnica prende il nome dall’italiano Charles Ponzi, che emigrato negli Stati Uniti divenne noto per avere
applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la
nazione.
7
REPORT, Madoff, la grande truffa, puntata del 29.11.2009.
Introduzione
10
Ulteriore responsabilità è da cercare nelle banche che hanno distribuito gli strumenti
truffaldini e che si sono poste come terze parti tra Madoff e le sue vittime. Molti clienti infatti
non hanno investito direttamente con Madoff, i loro risparmi vennero invece collocati tramite
fondi di terzi, tra questi il fondo Herald. Molti istituti vennero citati in giudizio dal liquidatore
come corresponsabili della truffa: le banche non potevano non sapere, quando accettavano
denaro dai feeders
8
, che raccoglievano soldi per conto di Madoff.
E’ notizia del 9 aprile c.a. che le sezioni unite della Cassazione si sono pronunciate circa la
competenza anche del tribunale di Milano nella valutazione dei danni causati dalla truffa.
Questo perchØ nel caso di danni patrimoniali legati ad una cattiva gestione dei fondi, ai fini
del riconoscimento della competenza del giudice fa fede il luogo fisico dell’avvenuta offerta e
non conta la nazionalità delle società coinvolte o il luogo di redazione del prospetto
incriminato
9
.
La SEC
10
inoltre nel corso degli anni ha effettuato diverse verifiche, presso la Bernard Madoff
Investement Securities senza rilevare gravi violazioni. Nel dicembre del 2008 era stato
segnalato che nonostante Madoff gestisse circa 17 miliardi di dollari per conto dei suoi clienti
solamente 1 miliardo era investito in azioni, anche i concorrenti e gli altri analisti avevano nel
tempo espresso dubbi sulle incredibili performances di Madoff. Fra questi Harry Markopolos
che nel 1999 e nel 2005 dopo essere arrivato alla conclusione che i risultati di Madoff erano
tecnicamente molto sospetti se non impossibili denunciò la cosa alle autorità di controllo,
queste però non aprirono un’indagine adeguata. Solo piø tardi Madoff è stato condannato
dalla corte del distretto federale di Manhattan a 150 anni di carcere. Il giudice distrettuale
Denny Chin ha letto la sentenza e ha definito la frode "stupefacente". Il collegio della difesa
aveva chiesto 12 anni, mentre l’accusa ne pretendeva 150, ossia il massimo della pena. Chin
ha poi osservato che il "danno alla fiducia è stato massiccio"
11
. Madoff sarà libero secondo la
sentenza il 14 novembre del 2139
12
. Unica nota positiva in questa vicenda risale al dicembre
del 2008 quando la moglie di Picower, uno dei principali investitori nelle attività di Madoff,
in seguito alla morte del marito, ha accettato di consegnare al liquidatore degli assets della
truffa una somma pari a 7,2 miliardi di dollari. La signora Barbara in questo modo ha reso
disponibili fondi per ripagare circa la metà delle richieste di risarcimento
13
.
8
FEEDERS: in italiano “alimentatori” cioè coloro che fornivano denaro da investire.
9
NEGRI, Caso Madoff ai giudici italiani, in Il Sole 24 Ore del 07.04.2011.
10
SEC: Security and Exchange Commision, analogo statuniteste dell’italiana Consob.
11
http://www.corriere.it/economia/09_giugno_29/madoff_colpe_7bb950ec-64c1-11de-91da-00144f02aabc.shtml
12
www.bop.gov
13
VALSANIA, Il liquidatore di Madoff incassa altri 7,2 miliardi, in Il Sole 24 Ore del 18.12.2010.
Introduzione
11
Per misurare la fiducia degli investitori viene usata nella ricerca di Guiso un’indagine
telefonica su un campione rappresentativo di 1000 casalinghe americane e con questi dati si
giunge ad avere il Financial Trust Index Survey (FTIS)
14
. Tale indagine ha portato alla luce
alcuni aspetti particolari, tra questi il fatto che la fiducia nei bancari è molto piø bassa rispetto
a quella nelle banche, che la crisi è stata universale e la perdita di confidenza si è diffusa in
tutte le nazioni coinvolte. La perdita di fiducia ha congelato non solo gli scambi finanziari ma
anche tutti gli altri tipi di scambi in cui la fiducia è necessaria. E’ emersa inoltre una credenza
diffusa che gli intermediari finanziari agiscano in modo opportunistico e per questo ingannino
i clienti, su questo aspetto la funzione compliance potrebbe risolvere molti problemi.
Per quanto riguarda la perdita di fiducia degli investitori ovviamente questa è fortemente
correlata con il numero di volte in cui gli stessi sono stati vittime dirette di frodi. L’effetto di
una frode finanziaria non influisce solo sulle vittime dirette ma, per effetto del contagio,
amplifica i suoi effetti facendo diminuire la fiducia nell’intera industria, nelle banche, nei
brokers
15
, nei fondi e nel mercato azionario. E’ così che gli investitori mettono in atto
comportamenti dati dalla loro bassa propensione al rischio: acquistano strumenti piø sicuri e
semplici, emessi da emittenti nazionali e riducono così la diversificazione del rischio
aumentando la rischiosità del portafoglio. Per quanto riguarda il rapporto banche–investitori,
la perdita di fiducia porta gli stessi a delegare meno agli intermediari.
Guiso infatti trova evidenza del fatto che investitori con piø fiducia tendono a delegare di piø
e così i loro portafogli si rivelano piø efficienti e meglio diversificati. La ricerca continua poi
cercando di capire in che modo si possa ricostruire la fiducia nella finanza e per questo indica
due possibili approcci:
1. Il primo è un approccio di tipo normativo ed è il solo approccio che finora è stato
seguito dalla maggior parte dei paesi colpiti dalla crisi, è proprio all’interno di questo
approccio che si inserisce anche tutta la normativa italiana ed europea dedicata alla
compliance e ai controlli interni in banca.
14
Questo indice è stato creato come mezzo per studiare i cambiamenti della fiducia nel settore finanziario e il
suo impatto sulle decisioni degli investitori. Le informazioni sui temi centrali dello studio (per esempio la
fiducia) sono raccolte su base trimestrale e in quartieri diversi; queste informazioni vengono poi integrate con i
dati su argomenti aggiuntivi (ad esempio sugli investimenti immobiliari, o con l’opinione su fatti recenti). Il
Financial Trust Index è stato sviluppato ed è guidato da Paola Sapienza, professoressa di finanza presso la
Kellogg School of Management della Northwestern University, Luigi Zingales e Robert C. McCormack docente
di imprenditorialità e delle Finanze presso l’Università di Chicago Booth School of Business.
15
BROKER è il professionista che ricerca e acquista, per conto del cliente, nel mercato di riferimento, il prodotto
che offre il miglior rapporto qualità-prezzo. In Italia è entrata in uso l'accezione di broker come intermediario del
mercato finanziario.
Introduzione
12
2. Il secondo approccio invece fonda le basi su piø aspetti, in specifico tre che sono:
• un indice di equità bancaria,
• un regime di concorrenza basato sulla lealtà,
• la promozione di un’educazione finanziaria negli investitori.
Per quanto riguarda l’indice di equità finanziaria si tratta di un indice in grado di riassumere
attraverso una scala di valori da 0 a 10 l’affidabilità dell’intermediario, dove alti valori
indicano alta affidabilità. Tale indice è calcolato da apposite agenzie di rating
16
che devono
essere indipendenti e non corrotte. Altro aspetto importante è il regime di compensazione dei
managers che deve essere basato sulla fiducia che gli investitori hanno nei loro managers, in
questo modo i managers avrebbero grossi incentivi a comportarsi in modo corretto e così
anche la disponibilità ad investire dei clienti aumenterebbe.
Il terzo aspetto è quello di promuovere un’educazione finanziaria anche a partire dalla scuola
e questo perchØ è stato dimostrato come investitori con alto livello di educazione siano meno
soggetti a frodi e piø capaci di leggere i risultati finanziari. Per quanto riguarda questo aspetto
in Italia vi sono rilevanti passi avanti compiuti dal consorzio PattiChiari
17
.
L’attività del Consorzio si rivolge anche al mondo scolastico con programmi mirati che sono:
-“Our Community”, per gli studenti delle scuole elementari un programma che illustra le
dinamiche economiche di base e i comportamenti responsabili che caratterizzano il buon
funzionamento di una comunità;
-“Io e l’economia”, attivo dal 2004 per avvicinare gli studenti delle scuole medie
all’economia personale;
-“PattiChiari con l’economia”, programma avviato nell’anno scolastico 2007-2008 e rivolto ai
ragazzi delle scuole superiori con l’obiettivo di offrire loro una preparazione adeguata per
partecipare attivamente alla realtà sociale, professionale ed economica che li circonda;
-L’evento annuale “Sviluppa la tua idea imprenditoriale” che premia il miglior progetto
d’impresa sviluppato dalle classi aderenti al programma “PattiChiari con l’economia”;
16
RATING è un metodo utilizzato per classificare sia i titoli obbligazionari che le imprese in base alla loro
rischiosità. Le agenzie di rating sono agenzie specializzate che pubblicano periodicamente tali indici.
17
Costituito nel 2003 PattiChiari è il sistema di autoregolamentazione dell’industria bancaria che promuove la
qualità e l’efficienza del mercato e l’educazione finanziaria nel nostro Paese. Il Consorzio riunisce 98 banche ed
è caratterizzato da una gestione aperta ai rappresentanti delle Associazioni dei Consumatori e del mondo
accademico.
Introduzione
13
-“EconomiAscuola”, avviato ad ottobre 2009, il primo sito internet
18
sull’educazione
finanziaria dedicato agli insegnanti, con contenuti divulgativi e didattici, per far acquisire una
metodologia utile all’applicazione dei contenuti in classe.
19
Anche Banca d’Italia ha messo in campo alcuni strumenti che mirano a diffondere
l’educazione finanziaria all’interno del mondo scolastico. A fine 2007 il Ministero della
Pubblica Istruzione e la Banca d’Italia hanno siglato un memorandum d’intesa per l’avvio di
un progetto sperimentale di formazione in materia economica e finanziaria in alcune scuole.
L’iniziativa vuole introdurre la materia direttamente nei programmi scolastici. I lavori sono
coordinati da un comitato composto da rappresentanti delle due istituzioni che si avvalgono
dell’apporto specialistico ed operativo di un comitato tecnico, formato da dirigenti e docenti
delle scuole italiane e da rappresentanti della Banca d'Italia.
Il progetto propone lo sviluppo di un programma formativo biennale rivolto alle classi
intermedie di ciascun ciclo scolastico. Le materie trattate sono: per il primo anno “la moneta e
gli strumenti di pagamento alternativi al contante” e, per il secondo anno, “la stabilità dei
prezzi”. Nella fase pilota, che si è svolta nell’anno scolastico 2008-2009, sono stati coinvolti
circa 650 studenti di 32 classi di scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Nella
seconda edizione (anno scolastico 2009-2010) il campione ha compreso oltre 200 istituti per
458 classi distribuiti su tutto il territorio nazionale. Attualmente è in corso la terza edizione
che prevede un ulteriore ampliamento del numero di studenti coinvolti
20
.
L’attività di compliance si inserisce a cavallo fra queste due approcci, essa infatti parte dalla
normativa ma mira a diffondersi all’interno dell’intermediario bancario come una sorta di
cultura, spesso infatti si parla proprio di “cultura della compliance”. L’attività di compliance
deve quindi essere concepita come un’opportunità che le banche devono sfruttare per
consolidare rispettivamente il proprio ruolo e la propria posizione di mercato, la compliance
“conviene” proprio perchØ permette di accrescere la fiducia del cliente. E’ possibile infatti
individuare almeno quattro campi in cui si ha come conseguenza la creazione di valore
aziendale grazie alla presenza della funzione di conformità alle norme.
Il primo si riferisce al fatto che con questa nuova funzione accresce nell’intermediario la
consapevolezza dei rischi della gestione aziendale e questo permette un controllo piø attento
di eventuali perdite monetarie derivanti da multe, sanzioni, contrazioni di ricavi o volumi di
vendita dovuti alla perdita di fiducia della clientela; il secondo riguarda l’incidenza positiva
sui processi di valutazione delle società di rating che permette anche la diminuzione del costo
18
www.economiascuola.it
19
SABATINI, Educazione finanziaria, in Audizioni ABI, 2009, pp.5-6.
20
http://www.bancaditalia.it/servizi_pubbl/conoscere/edufin-scuola/progetto-miur-bi/informazioni
Introduzione
14
del funding
21
; il terzo è che per i clienti l’attività di compliance rappresenta un fattore che
aumenta la qualità del rapporto fiduciario con l’intermediario; il quarto e ultimo campo
riguarda invece la credibilità dei sistemi di mercato: in un’ottica di tutela della disciplina di
mercato infatti la funzione di conformità alle norme è un elemento che interferisce in maniera
positiva sulla credibilità dell’intero sistema dei mercati.
b) Il rischio di reputazione
Il caso Madoff ci fa capire come una truffa di queste dimensioni abbia effetto non solo nella
fiducia che gli investitori ripongono nel mercato e negli intermediari, ma anche nella
reputazione e nell’immagine di quelle banche cha hanno collocato presso il pubblico
strumenti truffaldini e di quei controllori che avrebbero dovuto controllare ma non l’hanno
fatto. Il rischio di reputazione è definito come “il rischio attuale o prospettico di flessione
degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della banca da
parte dei clienti, controparti, azionisti della banca, investitori o autorità di vigilanza”
22
.
Il riflesso di un danno di tale tipo sull’immagine di un’impresa dipende dall’intensità delle
relazioni esterne che la stessa ha con altri mercati e con eventuali funzioni di natura pubblica.
Nel caso dell’attività finanziaria infatti, le relazioni sono di vario tipo: in primo luogo vi sono
quelle esistenti nell’ambito del sistema dei pagamenti fra i diversi attori del mercato che
possono generare il contagio fra banche illiquide e il conseguente rischio sistemico, in
secondo luogo invece vi è la relazione tra banca e clienti che se incrinata può portare a sua
volta ad una perdita di fiducia che in casi gravi ha come finale il “bank run
”23
.
Come sostiene anche il vice direttore della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola
24
in un suo
recente intervento: “La stretta interconnessione tra gli intermediari, venuta alla luce con
forza durante la crisi, ha mostrato inoltre quanto possano essere marcate le ripercussioni sul
sistema finanziario derivanti dal fallimento di singoli operatori, spesso cross-border e in
alcuni casi di dimensioni molto elevate.
21
FUNDING: in italiano riassume il concetto di finanziamento, ossia il tasso che le banche devono pagare per
reperire fondi nel mercato interbancario.
22
BANCA D’ITALIA, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, 2006 in TITOLO III- Capitolo 1
allegato A.
23
BANK RUN: “corsa agli sportelli”, avviene quando un grande numero di clienti di una banca si presenta agli
sportelli per prelevare i fondi in essa depositati per paura che la banca diventi insolvente. Tale avvenimento è il
preludio di un’imminente fallimento della stessa banca.
24
TARANTOLA, Verso una nuova regolamentazione finanziaria, in Convegno inaugurale del master in finanza
avanzata, Napoli, 21 gennaio 2011, p.5.
Introduzione
15
Le autorità hanno dovuto offrire sostegno a numerose istituzioni finanziarie per evitare il
contagio che un loro fallimento avrebbe provocato, rendendo particolarmente evidente il
tema del moral hazard
25
.”
Il processo di gestione del rischio reputazionale diventa quindi centrale per la banca e può
essere distinto in due momenti essenziali:
1. quello delle azioni volte a ridurre la probabilità di accadimento degli eventi che
peggiorano la reputazione aziendale (minimizzazione delle cause di rischio
reputazionale);
2. quello delle azioni da intraprendere nel caso in cui i danni reputazionali si siano già
manifestati (minimizzazione dei danni reputazionali).
Anche in questo caso la compliance è di grosso aiuto all’istituzione bancaria e al sistema nel
suo complesso, soprattutto nella fase di minimizzazione delle cause di rischio reputazionale,
in quanto permette di mitigare questo rischio “attraverso il rafforzamento e la preservazione
del buon nome della banca e della fiducia nel pubblico nella sua correttezza operativa e
gestionale”
26
. Come sostiene infatti il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi:
“E’ molto cresciuta, da parte delle stesse banche, la consapevolezza di quanto sia necessario
essere percepiti come un operatore corretto, un partner leale. L’opinione pubblica, i clienti,
le associazioni dei consumatori si aspettano standard sempre piø elevati di comportamento.
Negli ultimi anni legislatori, governi, autorità sono intervenuti quando il sistema non riusciva
a trovare da sØ soluzioni adeguate.”
27
La prima parte della tesi mira ad analizzare e descrivere la normativa di riferimento, in
ambiente nazionale ed europeo, che regola la funzione di compliance e a cercare quelle
motivazioni che possano portare gli intermediari a considerare la nuova funzione non solo
come una legge da applicare passivamente per non incorrere in sanzioni, ma come una cultura
che porta valore aggiunto all’impresa bancaria migliorando sia l’immagine che la reputazione
della banca stessa. Il rischio di reputazione sarà poi da valutare in considerazione del peso che
il sistema stesso dà a questo valore, peso che in Italia risulta ancora molto ridotto.
Nella seconda parte del lavoro invece sarà preso in considerazione il modello di governance
adottato dai vigilati e le possibili conseguenze che questo ha a livello organizzativo sulla
funzione di compliance cercando similitudini e differenze all’interno delle varie banche in
base al modello organizzativo da esse adottato.
25
Si fa qui riferimento alla consapevolezza di alcuni grossi istituti di essere “Too big to fail” che li porta ad agire
non tenendo in considerazione il rischio del fallimento.
26
BANCA D’ITALIA, Disposizioni di vigilanza: La funzione di conformità, 2007, p.1.
27
DRAGHI, Considerazioni finali, Assemblea Ordinaria dei Partecipanti, Roma, 31 Maggio 2008, p.18.
Capitolo 1. La compliance in banca e l’impianto normativo di riferimento
17
Parte 1. Inquadramento regolamentare
Capitolo 1. La compliance in banca e l’impianto normativo di riferimento
1.1 Le indicazioni del Comitato di Basilea
La prima fonte normativa che analizzeremo è il documento intitolato “Compliance and the
compliance function in banks”
28
redatto dal Basel Committee on banking supervision ossia
dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria nel 2005. Tale comitato nasce nel 1974
dall’incontro dei 10 governatori delle banche centrali afferenti ai paesi del G-10, ossia i 10
paesi piø industrializzati. Ad oggi le nazioni che vi fanno parte, oltre all’Italia sono: il Belgio,
il Canada, la Francia, la Germania, il Giappone, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Spagna, la
Svezia, la Svizzera, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Il comitato, che coordina la ripartizione
delle responsabilità di vigilanza fra le autorità nazionali, mira ad attuare la supervisione delle
attività bancarie a livello mondiale. Esso ha sede a Basilea e si riunisce quattro volte l’anno.
Il Comitato di Basilea opera sotto il patrocinio della Bank for international settlements
29
,
l’organizzazione internazionale il cui scopo è quello di garantire la stabilità monetaria e
finanziaria, sostenendo la collaborazione tra le banche centrali. Il documento in questione
detta tutta una serie di principi ai quali le banche devono attenersi al fine di prevenire il
cosiddetto compliance risk che è quel rischio di sanzioni, significative perdite finanziarie o
perdita di reputazione in cui le banche potrebbero incorrere come conseguenza del mancato
rispetto di leggi, regolamenti, regole di comportamento, standards di comportamento e codici
di condotta applicabili alle attività bancarie
30
. Fra i principi statuiti dal documento troviamo
come il Consiglio di Amministrazione della banca sia l’organo responsabile della
supervisione del rischio di compliance, inoltre deve approvare la politica di compliance
dell’istituzione che tra le altre cose prevede anche la redazione di un documento formale che
istituisca la funzione in modo permanente ed efficace.
Il documento prosegue poi indicando quali sono i doveri e le responsabilità del senior
management della banca, responsabile della gestione del rischio di non conformità alle norme
e che, investito di tale compito, deve nominare una funzione di compliance all’interno della
banca la quale deve essere indipendente e dotata di risorse sufficienti a lavorare secondo
canoni di efficacia.
28
BASEL COMMITTEE ON BANKING SUPERVISION, Compliance and the compliance function in banks, 2005.
29
In italiano: Banca dei regolamenti internazionali.
30
ABI, Libro bianco sulla funzione compliance, Bancaria editrice, 2007, p.22.
Capitolo 1. La compliance in banca e l’impianto normativo di riferimento
18
Per quanto riguarda invece gli obblighi della funzione di compliance troviamo come essa deve
assistere il senior management in tutti i campi in cui il rischio di non conformità è presente.
Le attività della funzione di compliance inoltre devono essere soggette ad una revisione
periodica a cura della funzione di Internal Audit.
La disciplina inoltre rende possibile l’esternalizzazione di alcuni compiti della funzione di
conformità alle norme, a patto che questi rimangano comunque sotto la supervisione del capo
della compliance.
Già nel documento del Comitato di Basilea spicca il concetto che la compliance deve essere
parte della cultura dell’organizzazione e non solo una responsabilità limitata alla funzione
omonima. Al punto 10
31
il comitato tiene a precisare come tutti i principi che sono esposti nel
paper devono essere applicati nei diversi paesi tenendo conto della legislazione tipica degli
stati membri e degli assetti organizzativi che le banche sono solite adottare. E’ proprio alla
stregua di questo principio che si innescano poi tutte le fonti che ora analizzeremo, sia a
livello europeo che nazionale.
1.2 La direttiva 2004/39/CE (MiFID).
La funzione di conformità trova una sua disciplina anche nelle fonti comunitarie ed in
particolare nella direttiva numero 39 del 2004 del Parlamento e del Consiglio europeo. La
direttiva 2004/39 detta anche MiFID (Market in Financial Instruments Directive) costituisce
un passo importante verso la costruzione di un mercato finanziario integrato, efficace e
competitivo all’interno dell’Unione Europea (UE) e si inquadra nel piø ampio Piano di
Azione per i Servizi Finanziari (FSAP). Tale piano varato nel 1999 si è successivamente
concretizzato in ben 42 direttive. In particolare la direttiva MiFID stabilisce l’obbligo in capo
alle imprese di investimento, tra le quali rientrano anche le banche che prestano servizi di
investimento, di applicare politiche e procedure sufficienti a garantire che l’impresa e tutti gli
attori che vi lavorano all’interno, adempiano agli obblighi che incombono su di loro proprio
in virtø della stessa direttiva
32
.
A tale direttiva ne è seguita un’altra, la 2006/73/CE, attuativa della MiFID. Entrambe sono
state recepite in Italia nel 2007 con il Decreto legislativo numero 164. La MiFID è strutturata
31
BASEL COMMITTEE ON BANKING SUPERVISION, Compliance and the compliance function in banks, 2005, p.8:
“The principles in this paper assume a governance structure composed of a board of directors and senior
management. The legislative and regulatory frameworks differ across countries and types of entities as regards
the functions of the board of directors and senior management. Therefore, the principles set out in this paper
should be applied in accordance with the corporate governance structure of each country and type of entity”.
32
ABI, Libro bianco sulla compliance, Bancaria editrice, 2007, p. 24.
Capitolo 1. La compliance in banca e l’impianto normativo di riferimento
19
in quattro livelli, secondo il metodo Lamfalussy
33
, ed è applicata dai Paesi della Comunità
europea dal 1° novembre 2007.
Il metodo Lamfalussy, approvato con il Consiglio europeo di Stoccolma del 2001, prevede
quattro livelli regolamentari ed ha lo scopo di creare tra le istituzioni europee un sistema
efficace di elaborazione, adozione e messa in opera della legislazione relativa all’integrazione
dei mercati finanziari. Il primo livello di tale metodo è proprio la direttiva 2004/39/CE che
stabilisce i principi base e in cui vengono adottati i valori essenziali che riguardano la nuova
disposizione legislativa: a livello 1 il Parlamento e il Consiglio dell’Unione Europa adottano
una legislazione contenente i principi generali della disciplina.
Il livello 2, costituito qui dalla Direttiva 2006/73/CE e dal Regolamento 1287/2006/CE, ha
invece lo scopo di realizzare le misure di esecuzione per rendere operativo negli Stati Europei
il primo livello, esso definisce infatti le modalità di messa in opera di quanto deciso al livello
1 e lo fa attraverso la costituzione di comitati creati per tale scopo, in generale a livello 2 vi
sono commissioni specifiche di settore che stabiliscono attraverso direttive e regolamenti i
contenuti specifici della disciplina definita nella direttiva-quadro.
Il livello 3 si sviluppa con l’adozione di linee guida non obbligatorie per facilitare
l’applicazione coerente e uniforme della legislazione europea da parte degli Stati membri
della Comunità europea, intervengono qui i regolatori nazionali che collaborano nella
definizione di un quadro regolamentare implementativo della normativa comunitaria che sia
omogeneo nei diversi paesi.
Il livello 4 consisterà nel monitoraggio dell’effettiva e corretta esecuzione della Direttiva
nell’ambito della legislazione interna di ogni Stato europeo da parte della Commissione
europea, la quale, in caso di non conformità, potrà avviare un procedimento che potrà
terminare davanti alla Corte di Giustizia europea.
In questo paragrafo tratteremo quindi della regolamentazione di primo e secondo livello,
spostandoci poi a vedere in dettaglio la normativa nazionale nei paragrafi successivi.
33
BARON ALEXANDRE LAMFALUSSY è un economista europeo e un banchiere centrale. Lamfalussy ha studiato
all’Università cattolica di Leuven e all’Università di Nuffield, Oxford, dove ha ricevuto il dottorato in economia.
Successivamente ha insegnato all’Università Catholique de Louvain e a Yale. Tra il 2000 e il 2001 ha presieduto
il Comitato degli uomini saggi, nel 2000 il Consiglio d’Europa infatti ha creato il comitato degli uomini saggi
per la regolazione dei mercati europei al fine di sviluppare le proposte e rendere il processo regolatore
dell’Unione Europea piø flessibile, efficace e trasparente. Il comitato è stato presieduto proprio dal barone
Alexandre Lamfalussy che ha sorvegliato la creazione del Processo di Lamfalussy, un metodo sullo sviluppo
della regolazione finanziaria.
Capitolo 1. La compliance in banca e l’impianto normativo di riferimento
20
Per quanto riguarda la funzione di compliance all’interno della direttiva MiFID essa trova le
radici nell’articolo 13 dedicato ai requisiti di organizzazione, dove il paragrafo due della
stessa recita: “Le imprese di investimento applicano politiche e procedure sufficienti a
garantire che l'impresa, ivi compresi i suoi dirigenti, i suoi dipendenti e gli agenti collegati
adempiano agli obblighi che incombono loro in virtø delle disposizioni della presente
direttiva nonchØ alle opportune regole per le operazioni personali di tali persone”
34
.
E’ sulla scorta di questo e altri principi che si innesta la normativa di secondo livello ossia la
direttiva 2006/73/CE in cui sono descritti i punti salienti che devono essere presi in
considerazione dalla normativa nazionale. All’articolo 6 della direttiva di recepimento
troviamo infatti le indicazioni per gli stati membri riguardo le caratteristiche piø importanti
che la funzione di conformità deve avere al fine di poter esercitare la funzione di controllo
della conformità in modo corretto ed indipendente che sono:
“a) la funzione di controllo della conformità deve disporre dell’autorità, delle risorse e delle
competenze necessarie e avere adeguato accesso alle informazioni pertinenti;
b) deve essere nominato un responsabile per la funzione di controllo della conformità, al
quale spetta presentare le relazioni in materia di conformità;
c) i soggetti rilevanti che partecipano alla funzione di controllo della conformità non devono
partecipare alla prestazione dei servizi e all’esercizio delle attività che essi sono chiamati a
controllare;
d) il metodo per la determinazione della remunerazione dei soggetti rilevanti che partecipano
alla funzione di controllo della conformità non deve comprometterne l’obiettività e non deve
essere tale per cui sia probabile che ne comprometta l’obiettività.”
35
Essa prosegue poi chiarendo come un‘impresa di investimento possa essere esentata dagli
obblighi elencati dalle lettere dalla a) a d) se: “tenuto conto della natura, delle dimensioni e
della complessità della sua attività e della natura e della gamma dei servizi e delle attività di
investimento che essa presta o esercita, l’obbligo di cui alla lettera in questione non è
proporzionato e che la sua funzione di controllo della conformità continua ad essere
efficace.”
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La direttiva prende poi in considerazione i compiti e le responsabilità dell’alta
dirigenza che in campo di compliance si esplicano in una prescrizione da parte degli stati
membri alle imprese di investimento che prevede “nell’attribuzione interna delle funzioni, che
la responsabilità di garantire che l’impresa si conformi agli obblighi che le incombono in
virtø della direttiva 2004/39/CE sia attribuita all’alta dirigenza e, se opportuno, alla funzione
34
Direttiva della Commissione Europea 39/2004/CE del 21 aprile 2004, art.13 comma 2.
35
Direttiva della Commissione Europea 73/2006/CE del 10 agosto 2006, art.6 comma 3.
36
Direttiva della Commissione Europea 73/2006/CE del 10 agosto 2006, art.6 comma 3.
Capitolo 1. La compliance in banca e l’impianto normativo di riferimento
21
di vigilanza.”
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L’alta dirigenza inoltre deve ricevere “in maniera frequente, almeno una volta
all’anno, relazioni scritte sulle materie di cui agli articoli 6, 7 e 8, in cui sia in particolare
indicato se siano state adottate misure appropriate per rimediare a eventuali carenze.”
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L’articolo 14 della direttiva di recepimento esplica quelle che sono le condizioni affinchØ si
possa esternalizzare una funzione operativa considerata dalla normativa essenziale o
importante così si ha che: “Gli Stati membri assicurano che le imprese di investimento che
esternalizzano funzioni operative essenziali o importanti, o qualsiasi servizio o attività di
investimento, restino pienamente responsabili del rispetto di tutti gli obblighi imposti loro
dalla direttiva 2004/39/CE e osservino in particolare le condizioni seguenti:
a) l’esternalizzazione non deve determinare la delega della responsabilità da parte dell’alta
dirigenza;
b) non devono essere alterati il rapporto e gli obblighi dell’impresa di investimento nei
confronti della sua clientela ai sensi della direttiva 2004/39/CE;
c) non deve essere messo a repentaglio il rispetto delle condizioni che l’impresa di
investimento deve soddisfare per poter essere autorizzata e per conservare tale
autorizzazione ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2004/39/CE;
d) non deve essere soppressa o modificata nessuna delle altre condizioni alle quali è stata
subordinata l’autorizzazione dell’impresa.”
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Anche la compliance rientra in quelle funzioni essenziali e importanti, spetterà quindi al
legislatore nazionale far in modo che queste indicazioni e prescrizioni siano rispettate
all’interno degli intermediari italiani anche per la funzione compliance. La forma della
direttiva è necessaria proprio per consentire che le norme di esecuzione di tali principi siano
adeguate sia alla specificità del mercato nazionale, sia all’ordinamento giuridico di ciascun
stato membro.
Riassumendo quindi, la direttiva di secondo livello prevede che le imprese di investimento
debbano istituire e mantenere una funzione di conformità permanente, efficace ed
indipendente con responsabilità circa:
1. l’adeguatezza e l’efficacia delle procedure messe in atto e delle misure adottate per
rimediare a eventuali carenze nell’adempimento degli obblighi da parte dell’impresa,
2. la consulenza e l’assistenza ai soggetti rilevanti incaricati dei servizi d’investimento e
delle attività di investimento ai fini dell’adempimento degli obblighi in carico
all’impresa in virtø della direttiva MiFID.
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Direttiva della Commissione Europea 73/2006/CE del 10 agosto 2006, art.9 comma 1.
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Direttiva della Commissione Europea 73/2006/CE del 10 agosto 2006, art.9 comma 2.
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Direttiva della Commissione Europea 73/2006/CE del 10 agosto 2006, art.14 comma 1.