11
CAPITOLO I
LA CRIMINALITA’ D’IMPRESA:
DISCIPLINE A CONFRONTO
1.1 L’esperienza nei Paesi di common law
La rinnovata consapevolezza della gravità e della dilagante estensione dei
fenomeni delittuosi che possono annidarsi presso un‘impresa porta a dover
considerare criticamente il principio societas delinquere non potest e a
ridefinire con assoluta coerenza sia i criteri di attribuzione della
responsabilità sia le tipologia delle eventuali sanzioni da prefigurare a
carico della persona giuridica.
L‘analisi delle più importanti risposte normative di diritto comparato al
problema della criminalità d‘impresa ci permetterà di valutare meglio le
indicazioni provenienti dal legislatore italiano; non si può, infatti, misurare
12
la reale portata innovativa del D. Lgs. n. 231 del 2001 senza esaminare
quali siano gli esempi cui far riferimento nel disciplinare questa materia.
Il tema della responsabilità penale delle persone giuridiche ci dimostra
come sia in atto un processo di reciproco avvicinamento fra i sistemi di
common law, sempre fedeli a soluzioni di stampo pragmatico, e di civil
law, caratterizzati ed influenzati, invece, da una rigorosa elaborazione
dogmatica.
Nel sistema inglese
1
assistiamo ad un graduale ripensamento dei
tradizionali criteri di attribuzione della responsabilità che nascono già nel
corso del XIX secolo.
Le prime pronunce giurisprudenziali propendono per il riconoscimento di
due tecniche di controllo della criminalità delle corporations: il principio
della c.d. vicarious liability e l‘identification theory.
Nella prima la responsabilità che ne deriva è di natura indiretta ed ha come
presupposto il meccanismo della delegazione
2
: si basa sull‘imputazione
all‘ente del reato commesso da uno qualunque dei suoi agenti, consistente
1
DE MAGLIE, L’etica e il mercato, cit., p. 145 ss.
2
TIEDEMANN, La responsabilità penale delle persone giuridiche nel diritto comparato, in
Riv. it. dir. proc. pen., 1995, p. 623.
13
nella violazione di un dovere a lui delegato il cui adempimento è posto
dallo statuto a carico dell‘ente stesso
3
.
Essa riguarda soltanto casi di strict liability, cioè situazioni non coperte da
mens rea, e corrisponde alla responsabilità oggettiva del nostro
ordinamento.
Terreno elettivo esclusivo di tale meccanismo sono le c.d. regulatory
offences, disposizioni a tutela del consumatore, norme relative alla corretta
gestione degli affari, disposizioni in materia di commercio, sicurezza
pubblica, ambiente; si tratta di aree neutre dal punto di vista morale, nelle
quali si hanno come obiettivi la prevenzione del danno derivante
dall‘esercizio dell‘attività e lo sviluppo del benessere pubblico.
Tale responsabilità vicaria, però, lungi dal sostituire quella dell‘autore
materiale del reato, quasi sempre si aggiunge ad essa e trova giustificazione
nella particolare efficacia deterrente tradizionalmente riconosciuta alla
minaccia sanzionatoria nei confronti del vertice dell‘impresa
4
.
E‘ sufficiente provare il semplice nesso di appartenenza dell‘autore
all‘impresa ed il rapporto di autorità che lega i soggetti coinvolti, non
consentendo, di regola, la defense della due diligence da parte dell‘ente.
3
Tale dottrina si sviluppa con particolare riferimento al settore delle attività delegate dal titolare
di licenza o autorizzazione amministrativa (licensee cases); si pensi, ad esempio, ai reati
connessi alle licenze per la vendita di alcolici o per la gestione di pubblici spacci di bevande.
4
VINCIGUERRA, Diritto penale inglese comparato: i principi, Padova, 2002, p. 211.
14
Pertanto, le uniche ipotesi di esclusione della responsabilità si hanno nel
caso in cui manchi tale nesso o perché il dipendente agisce a proprio
esclusivo profitto o perché realizza un fatto assolutamente estraneo alle
mansioni affidategli oppure nel caso in cui venga meno alle istruzioni
specifiche impartite dal datore di lavoro.
L‘identification theory
5
, invece, comincia a delinearsi soltanto dagli anni
‘40; si fonda sull‘idea che la corporation si identifica nel comportamento
dei suoi dirigenti e si applica quindi alle fattispecie strutturate con elemento
psicologico.
Secondo tale criterio, anche detto principio dell’alter ego, una volta
individuati i soggetti posti al vertice e che svolgono funzioni di
management e provata l‘esistenza del reato, quest‘ultimo viene
automaticamente imputato all‘organizzazione
6
.
5
Si tratta di una dottrina elaborata dalla teoria civilistica, come evidenziato da
VINCIGUERRA, Diritto penale inglese comparato, cit., p. 226. L‘Autore afferma che ―il
trasferimento di questa dottrina nel diritto penale ha fondato la responsabilità penale degli enti
su basi diverse da quelle su cui poggiava la vicarious liability (…) la doctrine of identification
rende possibile che l‘ente risponda penalmente di reati per i quali occorre la colpevolezza. Essa
deve sussistere in capo ai dirigenti di grado superiore e, mediante una fictio iuris, viene
identificata con la mens rea dell‘ente‖.
6
Il leading case della dottrina dell‘identificazione è Lennard’s Carrying Co. v. Asiatic
Petroleum Co., 1915, A.C. 705, citato da VINCIGUERRA, op. cit., p. 225, nel quale si discute
di un caso tipicamente riconducibile alla carenza strutturale della corporation dalla quale si è
originato un incendio a bordo di una nave; viene esclusa la responsabilità individuale del
direttore della società per affermare quella dell‘ente.
15
Si presume, infatti, che si tratti di persone fisiche che ―sono o hanno la
mente direttrice della compagnia, la sua volontà, il suo ego e il suo
cervello‖
7
.
Entrambe le soluzioni avanzate, però, denotano una ―miopia‖ verso le
procedure di controllo interno e le scelte di politica aziendale proprie di
ogni singola organization; infatti il risultato cui pervengono è l‘incapacità
di includere fenomeni che sono lontani dagli schemi tipici della
responsabilità penale degli individui.
Infatti, il criterio della vicarious liability appare troppo esteso perché si
applica nei confronti di tutti gli impiegati di una società, senza distinzioni
di ruolo e di responsabilità, né tiene conto dei limiti della delega e
dell‘autoregolamentazione dell‘azienda; l‘identification theory non
considera le differenti dimensioni che può avere una società, con una
divisione e ripartizione dei compiti all‘interno della stessa.
7
Tesco Supermarkets Ltd vs Nattrass, sentenza analizzata in DE MAGLIE, L’etica, cit., p. 152.
I soggetti apicali che esprimono la volontà dell‘ente sono individuati nei componenti del
consiglio di amministrazione, nell‘amministratore delegato, nei dirigenti che svolgono funzioni
gestionali e in coloro ai quali il consiglio abbia delegato parte delle sue funzioni con la
possibilità di agire autonomamente, a prescindere dalle istruzioni ricevute. Il criterio della
directing mind and will della società che le corti inglesi utilizzano viene definito dalla dottrina
anche principio del controlling officer. Cfr. LOTTINI, La responsabilità penale delle persone
guiridiche nel diritto inglese, Milano, 2005, p. 85, il quale con tale termine, individua ―colui
che, in virtù della posizione che occupa all‘interno dell‘organizzazione della persona giuridica,
ha il potere di gestione e di controllo della stessa‖.
16
Soltanto con il caso Meridian
8
del 1995 ci si sposta verso un approccio più
realistico e legato ai meccanismi della gestione d‘impresa dai quali
scaturiscono i comportamenti offensivi dei beni giuridici.
Le corti inglesi si distaccano dal principio secondo il quale l‘ente si
identifica sempre e solo negli atti dei suoi dirigenti per adottare un criterio
più flessibile e rispettoso dell‘effettiva distribuzione del potere decisionale
nelle organizzazioni complesse.
Nel caso giurisprudenziale appena menzionato due capi dell‘ufficio della
Compagnia agendo per conto della società ma all‘insaputa del gruppo dei
dirigenti della stessa, violano una disposizione del Securities Amendment
Act del 1988 che ―impone sia resa manifesta l‘identità dei soggetti che
divengono titolari effettivi nell‘emissione di titoli pubblici‖.
In tal modo viene strutturato un criterio d‘imputazione che non ha come
riferimento esclusivo la posizione ricoperta dall‘individuo all‘interno
dell‘organizzazione; viene avallato, invece, il concetto di ―management
failure‖, che viene confermato l‘anno successivo con il Law Commission
Report n. 237 in relazione al nuovo reato di omicidio d‘impresa.
8
Meridian Global Funds Management Asia Ltd v. Securities Commission, in W.L.R., 11 august
1995, p. 413 ss., pronuncia esaminata in DE MAGLIE, L’etica, cit., p. 158 s.
17
Tale intervento, reso improcrastinabile dalla diffusione dei white collar
crimes
9
, introduce un‘innovativa figura di manslaughter destinata in via
esclusiva alla corporation, il corporate killing.
Entra così in crisi l‘approccio tradizionale della dottrina che ipotizza una
criminalità attuata da singoli soggetti e si lascia spazio, di conseguenza,
all‘illecito d‘impresa, inteso come un fenomeno patologico che si insidia e
nasce proprio nella struttura dell‘organizzazione.
Tale nuova teorizzazione prende il nome di ―corporate crime‖ e abbraccia
una visione strutturale della criminalità, che vede il suo punto sorgente nei
processi organizzativi e decisionali dell‘impresa stessa.
Siamo ad una svolta epocale nel Regno Unito che segna una rottura con il
passato e l‘emersione di una concezione moderna della responsabilità
penale delle persone giuridiche, ancorata alla sussistenza o meno di
determinati standards organizzativi all‘interno di una corporation.
Anche l‘ordinamento federale australiano si contraddistingue per una
riforma coraggiosa, elaborando soluzioni diverse rispetto all‘iniziale
dipendenza rispetto alle scelte dell‘esperienza inglese
10
.
9
La scoperta della criminologia dei colletti bianchi è da attribuire a EDWIN H.
SUTHERLAND, Il crimine dei colletti bianchi: la versione integrale, a cura di FORTI, Milano,
1987, p. 8. L‘Autore parla di quel ―reato commesso da una persona rispettabile e appartenente
alle più alte classi sociali nel corso della sua occupazione‖. Si tratta, quindi, di persone
insospettabili, di elevata condizione sociale, superando in tal modo l‘immagine stereotipata del
malvivente inteso solo come soggetto di bassa estrazione sociale.
10
DE MAGLIE, L’etica, cit., p. 164.
18
Il Criminal Code Act del 1995 nella part. 2.5 prevede meccanismi di
iscrizione della responsabilità degli enti, individuando in primis l‘actus
reus di un reato (s. 12.2) e, successivamente, l‘autonoma colpevolezza
della persona giuridica (s. 12.3).
La s. 12.2 si riferisce <<ad un soggetto – sia egli un dipendente, un
mandatario o un dirigente – che agisce nell‘ambito reale o apparente
dell‘attività oggetto del rapporto che lo lega all‘ente>>
11
.
La s. 12.3 prevede che l‘elemento soggettivo <<[…] deve essere attribuito
al body corporate che abbia espressamente o implicitamente autorizzato o
permesso la commissione del reato>>.
Con tali disposizioni si sottolinea che la commissione di un reato deriva dal
fallimento della corporation nel creare una cultura d‘impresa improntata al
rispetto della legalità.
Per i reati che richiedono, invece, la negligence, la s. 12.4 definisce
negligente quella condotta che si allontana notevolmente da quella che ci si
sarebbe attesi da una reasonable person.
11
Cfr. WOOLF, The criminal code Act 1995 (Cth) – Towards a Realist Vision of Corporate
Criminal Liability, in Crim.LJ, 1997, p. 259 ss.
19
In particolar modo il Criminal Code Act del 1995 stigmatizza la mancanza
di adeguati sistemi di gestione, controllo e supervisione della condotta dei
dipendenti della persona giuridica.
1.2 La responsabilità degli enti nei sistemi di civil law
Lo stesso approccio pragmatico
12
, evidenziato nella prassi dagli
ordinamenti anglosassoni, si ritrova nel sistema olandese che sin dal 1976
accoglie un meccanismo molto semplificato sul punto: ―La negligenza o
l‘intenzione della persona giuridica si presumono essere l‘aggregazione ed
il cumulo della negligenza e dell‘intenzione dei singoli individui.
In questo contesto, non vi sono problemi se un organo ufficiale
dell‘organizzazione ha deciso di porre in essere il reato.
Ma anche quando gli autori materiali-persone fisiche sono ai gradini
inferiori o addirittura operano fuori dall‘organizzazione, è possibile
trasferire l‘elemento soggettivo da questi all‘impresa se vi sono
12
Cfr. in tal senso VERVAELE, La responsabilità penale della persona giuridica nei Paesi
Bassi. Storia e sviluppi recenti, in AA. VV., Societas puniri potest. La responsabilità da reato
degli enti collettivi, a cura di Palazzo, Padova, 2003, p. 135 ss. L‘Autore evidenzia che i Paesi
Bassi hanno definitivamente abbandonato la teoria della finzione giuridica, riconoscendo,
invece, la posizione assolutamente fondamentale che le persone giuridiche occupano nel sistema
economico attuale.
20
argomentazioni riconducibili al contesto sociale che consentano di operare
in tal modo‖
13
.
Questa totale parificazione tra persone fisiche e persone giuridiche riguardo
l‘elemento psicologico ha il pregio di svincolarsi dai problemi dogmatici,
ma si lega ad un concetto troppo labile quale quello del social context
dell‘organizzazione che non include tutte le fattispecie in cui il corporate
crime si manifesta; anzi tende ad ammettere la responsabilità dell‘ente
anche quando il reato è riconducibile alla mera iniziativa del singolo.
Con l‘evoluzione della prassi giurisprudenziale, però, si delineano criteri
più restrittivi in relazione all‘imputazione dell‘elemento materiale e
psicologico: in caso di dolo, è necessario valutare se la persona giuridica
diriga direttamente l‘―illegal corporate culture‖; quando si tratta di colpa,
si accerta se ricorre una circostanza nel corso della quale, nonostante vi
siano le condizioni per intervenire ovvero comunque vi sia la conoscenza di
una determinata condotta illecita, il soggetto collettivo, senza attivarsi,
accetta di fatto la situazione esistente.
13
DE DOELDER, Criminal liability of Corporations – Netherlands in De Doelder-Tiedemann
(a cura di), La Criminalisation du Comportement collectif-Criminal Liability of Corporation,
1996.
21
L‘ordinamento francese, invece, ha per lungo tempo negato che un ente
potesse essere chiamato a rispondere in prima persona in sede penale di un
fatto di reato.
Le pregiudiziali ideologiche in tema di societas delinquere non potest sono
essenzialmente tre: l‘ente collettivo è considerato una finzione, ―svuotato di
ogni volontà propria, mentre il diritto penale non può che fondarsi sulla
colpevolezza‖
14
; il c.d. principio di specialità di stampo civilistico, secondo
il quale l‘attribuzione all‘ente della personalità giuridica trova la propria
ragion d‘essere solo nel perseguimento dei fini sociali che per loro natura
non possono consistere nella realizzazione di fatti antigiuridici; le sanzioni
applicabili sono rivolte esclusivamente alle persone fisiche
15
.
Soltanto con l‘emanazione del nuovo Codice penale francese del 1994, che
sostituisce il Codice penale Napoleonico del 1810, si superano tali visioni
aprioristiche e viene così introdotto l‘art. 121-2, il cui primo comma recita
testualmente: <<Le persone giuridiche, ad eccezione dello Stato, sono
penalmente responsabili, in base alle distinzioni previste dagli artt. 121-4 e
14
PRADEL, La responsabilità des personnes morales en France, a cura di Palazzo, Societas
puniri potest, La responsabilità da reato degli enti collettivi, cit., 2003.
15
DE MAGLIE, L’etica, cit., p. 193.
22
121-7 e nei casi previsti dalla legge o dal regolamento, dei reati commessi,
per loro conto, da propri organi o rappresentanti>>
16
.
Riguardo gli enti pubblici territoriali e i loro groupements, ovvero consorzi,
si limita la responsabilità alle <<infrazioni commesse nell‘esercizio di
attività suscettibili di formare oggetto di convenzioni di delega di servizio
pubblico>> (art. 121-2, comma 2)
17
.
A differenza del sistema italiano, quello francese non è dotato di un micro-
sistema di norme ad hoc per la responsabilità penale degli enti e soprattutto
non prevede una codificazione del concetto di colpa del soggetto collettivo.
Il meccanismo di imputazione è molto semplice: il reato commesso dagli
organi o dai rappresentanti si riflette sulla persona giuridica
18
.
Si parla infatti, di responsabilità per rappresentazione, par reflex o par
ricochet; la dottrina
19
afferma che ―dietro lo schermo della persona
giuridica ci sono sempre le persone fisiche‖.
16
FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie: confisca e sanzioni pecuniarie
nel diritto penale moderno, Padova, 1997, p. 313 ss.; PRADEL, Il nuovo codice penale
francese. Alcune note sulla parte generale, in L’Indice penale, 1994, p. 13 ss.
17
Cfr. DE SIMONE, Il nuovo codice penale francese e la responsabilità penale delle personnes
morales, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, p. 223 ss.
18
Nell‘ordinamento francese non esiste una previsione normativa corrispondente all‘art. 27,
comma 1, della Costituzione italiana; tale circostanza conduce parte della dottrina ad optare per
una soluzione di tipo pragmatico della questione relativa alla responsabilità penale delle società.
Cfr. in tal senso TRAVERSI, Aspetti comparatistici, in Società, (Rubrica Opinioni – Francia:
“Personnes morales”), 1993, p. 699.
19
DUCOULOUX-FAVARD, Demain les personnes morales responsables penalment, in P.A.,
1993, n. 42, p. 9, testo richiamato in De Maglie, L’etica, cit., p. 207.
23
I primi anni di applicazione dell‘art. 121-2 c.p. si distinguono per una
ritrosia nell‘affrontare i fondamenti teorici della materia e una tendenza
all‘imputazione automatica della responsabilità
20
.
Tale soluzione emerge per la mancata tipizzazione legislativa di altri criteri
di ascrizione, quali ad esempio una difettosa organizzazione aziendale o la
mancata adozione di un organismo di controllo interno, che, invece,
fungerebbero da punti di riferimento per l‘organo giudicante in modo da
evitare il sorgere di responsabilità oggettiva o ―da posizione‖
21
.
Quest‘effetto distorsivo viene ad essere acuito ancora di più dalla
emanazione della legge 204/2004, cd. Loi Perben II, entrata in vigore il 31
settembre 2005, con la quale il legislatore ha abolito la clausola di
specialità, optando per una piena comparazione tra persone fisiche e
persone giuridiche.
Il reato commesso ―pour le compte” della persona giuridica, inoltre, non
esclude l‘applicazione dell‘art. 121-2 c.p. quando l‘organizzazione è
20
Non di rado il requisito ―pur compte‖ viene presunto per far scattare la responsabilità a carico
della società in base alla considerazione che ―la struttura carente dell‘impresa ha consentito il
reato‖ ovvero che ―i fatti realizzati non potevano aver luogo all‘insaputa degli organi di
controllo‖. Ciò fa propendere per una forma di responsabilità di carattere oggettivo che è
incompatibile con il principio di colpevolezza affermato, invece, dal nostro ordinamento.
21
Cass. crim. 19 novembre 1998, in Dr. pen., 1999: in tale decisione i guidici ricorrono ad
indebiti meccanismi probatori di natura essenzialmente presuntiva, fino ad asserire che il
dirigente ―est responsabile de plein droit en raion de sa qualité‖.
24
utilizzata per soddisfare interessi esclusivamente personali o comunque
estranei all‘attività dell‘ente.
Situazioni che ai sensi del secondo comma dell‘art. 5 sono opportunamente
escluse dall‘ambito di applicazione del D. Lgs. n. 231 del 2001.
Interessante è notare come la Cassazione francese ad un‘iniziale chiusura
verso la necessità di accertare un fatto autonomo in capo alla persona
giuridica
22
, abbia aperto qualche spiraglio nel principio della responsabilità
par ricochet, ammettendo la condanna esclusiva dell‘ente per i reati colposi
―senza autore‖.
Possiamo evidenziare, quindi, che la teoria par reflex si dimostra
insoddisfacente se applicata ai reati che provengono da una decisione
collegiale o ai reati colposi d‘impresa, caratterizzati da anonimia del danno
e della responsabilità.
Nella maggioranza dei casi la condotta della persona giuridica trascende
quella dei suoi componenti, comprimendo i contenuti tradizionali del
principio di responsabilità e rendendo di fatto difficilmente rintracciabile la
singola condotta e volontà colpevole.
E‘ auspicabile che per contrastare rischi qualificati si adottino meccanismi
che prescindano dall‘individuazione del reo e dalla prova della sua
22
Cass. crim. 18.1.2000, in Dr. pen., 2000, p. 11.
25
colpevolezza a favore dell‘accertamento di un difetto di sorveglianza o di
organizzazione direttamente in capo all‘ente.
In questa direzione sembra muoversi una sentenza del Tribunale di
Versailles
23
in materia di subappalto di manodopera, nella quale si rileva
come il reato commesso sia il risultato << di una politica deliberata
dell‘impresa […], di una strategia adottata allo scopo di evitare di perdere
fasce di mercato>>.
Ciò dimostra come la giurisprudenza francese preferisca ormai non
attestarsi sul dato testuale della norma e si impegni nella ricerca di criteri
ascrittivi ulteriori, che consentano di rinvenire un collegamento più
pregnante tra il reato e la voluntas societatis.
Il codice penale svizzero, invece, attribuisce al concetto della ―carente
organizzazione interna‖ il ruolo di elemento costitutivo della responsabilità
dell‘ente collettivo
24
.
L‘art. 100 quater evidenzia la vocazione spiccatamente preventiva della
colpevolezza degli enti in quanto garantisce sempre e comunque un
soggetto responsabile per reati commessi nell‘impresa o dall‘impresa
25
.
23
Trib. gr. inst. Versailles, 18 dicembre 1995, in Droit penal, mars 1996, n. 71, p. 74.
24
BERNASCONI, Introdotta anche in Svizzera la responsabilità penale dell’impresa, in Cass.
pen., 2003, pp. 4043-4054; ID., La criminalità economica nel nuovo codice penale svizzero, in
Riv. trim. dir. pen. ec., 2007, p. 1 ss.
25
Art. 100 quater – 1. <<Se un’impresa, nell’esercizio di attività commerciali conformi allo
scopo imprenditoriale, è commesso un crimine o un delitto che, per carente organizzazione