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INTRODUZIONE
J: “Che ne pensa dei saggi e delle tesi che gli vengono dedicati?”
Gli confesso che molto spesso non capisco granché
di quelle analisi che mi appaiono una vivisezione inutile.
Fa un gesto nel vuoto con la mano, come per scacciare un importuno.
B: “La demenza universitaria…”
(Juliet in un incontro con Beckett, 2001: 26)
Perché un‟analisi linguistica di un testo di Beckett? Forse potrà sembrare un po‟
azzardata la scelta di analizzare proprio un‟opera di questo autore che in primis non
voleva esprimersi sui propri lavori e spesso inorridiva davanti ai commenti della critica.
Ciononostante, il linguaggio di Beckett rappresenta un materiale di analisi molto
stimolante dal punto di vista linguistico, per la sua difficoltà di comprensione e per il
particolare utilizzo che ne fa l‟autore, che sembra alla ricerca di modalità d‟espressione
sempre nuove. Per questo motivo si è scelto di analizzare Company, una short novel
pubblicata nel 1979, dieci anni prima della scomparsa dell‟autore, non molto conosciuta
dal grande pubblico, ma strettamente incentrata sul linguaggio e sulle modalità di
narrazione, cosa che vedremo scaturire dallo studio linguistico.
Company è stato preso in esame da differenti critici letterari, che lo hanno
approfondito in maniera eterogenea. Tra le varie definizioni e le caratteristiche che la
critica ha sottolineato a seguito dello studio di questo testo troviamo le seguenti: è
caratterizzato dal tema del doppio e dello specchio (Levy, 1982); è strettamente
collegato a importanti opere dell‟autore e al tema della memoria (Brater, 1983); è
contraddistinto da un livello della percezione e un piano della descrizione (Frasca,
1988), fa riferimento alla frammentazione dell‟“io” (Locatelli, 1984); è monologico e
autobiografico (Anzieu, 2001). Di fronte alle diverse reazioni della critica a questo testo
si è deciso di intraprendere un‟analisi linguistica e stilistica di Company, per cercare di
far luce sugli aspetti che emergono come più problematici, fino ad arrivare ad
un‟interpretazione il più possibile completa ed esaustiva. Conforme a quanto dichiarato
da alcuni dei più importanti studiosi di stilistica del nostro secolo, riteniamo che la
critica letteraria sia fondamentale per giungere all‟interpretazione di un testo, ma debba
essere supportata da un‟accurata analisi linguistica del testo. Questo perché, proprio
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nell‟utilizzo del linguaggio da parte dell‟autore si possono ricercare gli strumenti
espressivi che sono stati utilizzati e che ci forniscono la prova che le intuizioni critiche
siano fondate.
L‟approccio che si intende seguire all‟interno dell‟elaborato è descritto in modo
semplice e intuitivo in Short:
There is some considerable overlap between stylistic analysis and the more
detailed forms of practical criticism
1
. The difference is, in part, one of degree
rather than kind. Practical critics use evidence from the text and therefore
sometimes the language of the text to support what they say. […] Stylistics is
the logical extension of practical criticism. […]
Stilisticians try to discover not just what a text means, but also how it comes
to mean what it does. And in order to investigate the how it is usually best to
start with established, agreed interpretations for a text. (Short 1996: 6, enfasi
dell‟autore)
Inoltre, il metodo adottato in questa sede è riassunto in maniera essenziale dalla
seguente affermazione:
[…] the analyst is present in stylistics: he or she chooses a text for study, has
intuitions about the meanings of this text and selects language models which
are thought appropriate to the task in hand. (Simpson, 1993: 3)
Lo scopo di questa analisi sarà quello di mettere in luce gli elementi distintivi
dell‟opera, cercando di colmare eventuali lacune presenti nelle interpretazioni critiche,
grazie ad un accurato studio linguistico del testo, e fornendo al suo termine una sua
visione completa ed esaustiva in base ai risultati ottenuti dall‟analisi.
La caratteristica principale di Company è la presenza di un continuo alternarsi di
due narratori. Il narratore in terza persona è il primo che compare descrivendo una
scena ben precisa: una voce giunge a qualcuno disteso nel buio. Questa voce gli parla di
un passato, di un presente, e talvolta di un futuro. Questo personaggio disteso nel buio
non parla, probabilmente perché non riesce, o almeno questo è quello che il narratore ci
fa sapere. I frammenti caratterizzati dal narratore in seconda persona, invece, riportano
il contenuto dei racconti della voce che ci è stata presentata dal narratore in terza
persona. La voce, già personaggio all‟interno della storia, diventa in questa sezione il
narratore degli episodi che vengono raccontati all‟ascoltatore.
1
Consideriamo, in questo contesto, il termine “practical criticism” come sinonimo del più generico
“literary criticism”. Non ci soffermiamo sulla distinzione più specifica che vede il “practical criticism”
come una particolare forma di critica, teorizzata dapprima da Richards (1929), in quanto riteniamo sia
ininfluente nei riguardi del nostro lavoro di analisi.
3
Si è scelto di dedicare il primo capitolo di questo elaborato alla presentazione
delle teorie e metodologie che si utilizzeranno per analizzare il testo di Company.
Considerate le particolarità del testo, la presenza di due narratori e la difficoltà a seguire
la narrazione causate dall‟alternarsi di diversi pronomi, gli strumenti di analisi
linguistica ci permetteranno di esplorare il linguaggio di Beckett in quest‟opera, nella
strada verso la sua interpretazione. Nello specifico, abbiamo scelto di concentrare il
nostro studio sull‟analisi del punto di vista e sulle tecniche di foregrounding presenti nel
testo.
In primo luogo, l‟analisi del punto di vista verrà effettuata seguendo le teorie
elaborate da Roger Fowler (1986), Paul Simpson (1993, 2004), e Mick Short (1996),
che saranno introdotte in questo primo capitolo. Queste teorie sostengono l‟importanza
della prospettiva da cui vengono descritti i fatti nell‟opera letteraria, oltre a ciò che
viene narrato. In particolare, si introdurranno i concetti di modality e interpersonal
function, sottolineando la possibilità che ha il narratore di un‟opera di fornire commenti
e giudizi più o meno espliciti nei riguardi di ciò che narra. Successivamente, verrà
fornita una panoramica esaustiva sulle tecniche di speech and thought presentation,
seguendo lo schema proposto da Leech e Short (1981/2007), preso come riferimento da
Simpson (2004). Nell‟analisi di un testo letterario in riferimento al punto di vista è
fondamentale, infatti, osservare anche come vengono riportati i discorsi e i pensieri dei
personaggi. Grazie a questa analisi si possono comprendere ulteriori informazioni sul
narratore e sulla sua maggiore o minore conoscenza dei personaggi e dei loro pensieri.
Infine, per concludere la panoramica sul concetto di point of view, sarà presentato il
framework creato da Simpson (1993), che comprende la distinzione tra i narratori in
prima e terza persona (categorie A e B) e la divisione tra narratorial e reflector mode.
In particolare, quest‟ultima distinzione risulta interessante perché permette di constatare
se un narratore utilizza il proprio punto di vista (narratorial mode), oppure possiede un
accesso privilegiato alla coscienza dei personaggi ed è in grado di narrare i fatti dalla
loro visuale (reflector mode).
In secondo luogo verranno illustrati alcuni dei principali contributi alla teoria del
foregrounding, seguendo l‟excursus temporale che ci offre Douthwaite (2000) sulla
storia del termine. Il concetto di foregrounding è stato approfondito negli anni da
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numerosi studiosi in materia, i quali hanno presentato diverse definizioni del termine e
sottolineato le eterogenee tecniche testuali e stilistiche, utili a ottenere un effetto di
rilievo nel testo. In questo elaborato abbiamo scelto di seguire, principalmente, le teorie
sviluppate da Simpson (2004) e Hasan (1985/89), le quali differiscono in alcuni punti
rispetto a ciò che deve essere considerato foregrounded in un testo. Così, come
suggerisce Simpson, ci soffermeremo sulle istanze di foregrounding che emergono
come deviazione rispetto alla norma o come parallelism (concetto che condivide con
Hasan) all‟interno dell‟opera, analizzandola nei differenti piani testuali. Seguendo, poi,
il contributo teorico di Hasan, ci concentreremo maggiormente sulle istanze di contrasto
interne al testo, osservando i diversi patternings of patterns che si ripetono in momenti
significativi del testo e che vertono verso lo stesso significato semantico ultimo: il
theme.
In conclusione, verrà offerto un breve cenno alle teorie di corpus linguistics che
sono state utilizzate per l‟analisi del testo. In particolare, il testo è stato convertito in
formato elettronico e tale corpus è stato studiato tramite l‟utilizzo di un software di
analisi chiamato AntConc 3.2.1.
Dopo questo primo capitolo introduttivo e prettamente teorico, nel secondo
capitolo si passerà all‟analisi vera e propria, che prenderà in esame uno degli aspetti che
nel testo risulta maggiormente confuso e problematico: il punto di vista. Constatata la
presenza nel testo di due narratori, in questo capitolo saranno presi in considerazione
solamente i frammenti narrati in terza persona, tralasciando il narratore che adopera la
seconda persona, che verrà approfondito nel terzo capitolo. Utilizzando le categorie
definite da Upensky (1973) e poi Fowler (1986), considereremo gli aspetti legati al
punto di vista sui piani temporale, spaziale e psicologico, nonché le modalità di speech
and thought presentation. Si metterà in luce come in Company le tradizionali figure del
narratore e del personaggio vengano delineate in una maniera completamente
rivoluzionaria e, ad una prima impressione, disordinata. Sottolineando la presenza
all‟interno del testo di riferimenti diretti (meta-narrativi e meta-linguistici) alla struttura
narrativa, alla voce narrante e all‟ascoltatore della voce (the hearer nel testo), verrà
proposto un primo schema riassuntivo della situazione narrativa (individuando tre
distinti livelli) dove troveranno posto tutte le figure (partecipanti grammaticali e
effettive) riscontrate all‟interno dell‟opera: Deviser, Creator, Hearer, Creature, Voice,
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the one, the other, etc… Saranno messe in discussione le categorie di “narratore” e
“personaggio” nella presa di coscienza di un processo beckettiano di totale
allontanamento e alienamento rispetto ai canoni narrativi considerati “standard”. Il
punto di vista del narratore in terza persona verrà, allora, inserito all‟interno del
framework proposto da Simpson, sottolineandone le particolarità e i tratti distintivi.
Il terzo capitolo avrà, invece, come protagonista il punto di vista del narratore in
seconda persona. Questa forma di narrazione, come vedremo, non è comunemente usata
e anche per questo motivo è fortemente foregrounded in Company. All‟interno
dell‟opera la seconda persona singolare you è utilizzata dalla voce che, come si
vedremo, fa riferimento al personaggio steso nel buio al quale racconta episodi relativi
al suo passato. In questi frammenti, come verrà sottolineato dall‟analisi del temporal
point of view, si alterna l‟utilizzo del tempo passato e quello del tempo presente; la voce
fa riferimento sia ai ricordi del personaggio, sia alla sua situazione temporale della
storia, mentre è disteso nel buio. Analizzando il linguaggio utilizzato in questi
frammenti e il punto di vista di questo narratore, verrà osservato come la voce si rivolga
all‟ascoltatore apparentemente con l‟intento di risvegliare la sua memoria, di fargli
esclamare “yes I remember”. Successivamente, nonostante l‟opzione di un narratore che
si esprime in seconda persona non sia prevista all‟interno del framework di Simpson sul
point of view, si cercherà di ritrovare le caratteristiche principali di questa voce e di
stabilire a quale tipologia di punto di vista si avvicini maggiormente.
Infine, dopo l‟analisi delle tecniche di speech and thought presentation, verrà
offerto un paragrafo dedicato interamente all‟ultimo frammento di Company,
considerato fondamentale per l‟interpretazione del testo. Sarà messo in primo piano il
collegamento che emerge dal testo tra le figure del deviser e dell‟ascoltatore, entrambi
intenti a immaginare. In conclusione, sarà messo in evidenza il legame tra il pronome di
seconda persona, you, e quello di prima persona, assente nel testo. In questo modo verrà
ipotizzato un terzo livello narrativo legato alla figura dell‟ascoltatore.
Il quarto capitolo prenderà in esame la forma frammentaria del testo, partendo
dai due livelli narrativi, evidenziati nei precedenti capitoli, e che verranno a quel punto
definiti livello della storia e livello del ricordo. Questa prima distinzione condurrà
verso un‟analisi profonda dei due livelli del testo, portando in superficie differenze e
similitudini da un punto di vista strutturale, stilistico e tematico. Attraverso l‟ausilio
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degli strumenti analitici offerti dalla corpus analysis, verranno evidenziati all‟interno
del testo i passaggi più significativi, che saranno analizzati linguisticamente
sottolineando le tecniche che posizionano gli elementi in primo piano (rendendoli
foregrounded. Così si sveleranno gli esempi di foregrounding motivati e consistenti, atti
a mettere in rilievo le tematiche principali. Anche tramite la creazione di una word list e
l‟analisi delle concordances si potrà notare come alcuni termini ricorrano
significativamente all‟interno del testo e come questo tipo di analisi possa aiutare a
dimostrare l‟importanza dei temi centrali. Infine, i risultati ottenuti dall‟analisi dei due
livelli saranno messi a confronto sottolineando differenze e similitudini. Si concluderà il
capitolo con uno schema riassuntivo della struttura narrativa di Company, che vedrà
emergere un nuovo livello: il livello dell’immaginazione.
Successivamente, il quinto capitolo riprenderà i risultati ottenuti da questa
analisi linguistica, convogliandoli verso la ricerca del theme. Ci si soffermerà
sull‟importanza del pronome personale singolare che non viene utilizzato per la
narrazione in “Company”: la prima persona I. Questo mancato utilizzo di un narratore
in prima persona singolare viene percepito all‟interno del testo come deviante
2
, e risulta
continuamente esorcizzato dal narratore che richiama esplicitamente, e allo stesso
tempo rifiuta, la sua presenza. Ne deriva che, nonostante la sua dichiarata assenza, il
pronome I ottiene una posizione di primo piano all‟interno del testo, importanza che
acquisisce anche, e soprattutto, nella parte finale dell‟opera. Seguendo la teoria di Hasan
riguardo al tema di un‟opera, verranno prese in considerazione le istanze di
foregrounding che presentano una “stability of semantic direction” e una “stability of
textual location”; ovvero, si darà maggiore importanza agli aspetti che confluiscono
verso lo stesso significato ultimo e che si presentano nel testo in maniera testualmente
significativa. Dopo un attento esame delle tematiche che emergono in primo piano nel
testo, verrà proposta un‟ipotesi di theme che, come afferma la stessa Hasan (1985/1989:
97) dovrà essere il livello di significato più profondo in un testo e deve scaturire in un
“hypothesis about some aspect of the life of social men”.
Il racconto è interamente dedicato all‟alternarsi di voci, immaginate e create da
uno o più creatori con il solo scopo di farsi compagnia. Questa moltitudine di soggetti
2
Utilizzo questo termine per indicare la presenza di Foregrounding as deviation from a norm. Questo
verrà spiegato in modo dettagliato all‟interno del primo capitolo.
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creanti e „oggetti‟ immaginati ha risoluzione però nella solitudine della prima persona
singolare, così temuta all‟interno del testo. La parola finale, alone, distaccata dal resto
del testo tramite una spaziatura e messa così in risalto, si prospetta come la chiave
interpretativa dell‟intera opera. L‟io solitario e rinnegato, esorcizzato più volte e
oscurato dalle voci immaginate, è l‟unico però che sopravvive alla fine, eliminando ogni
possibilità di compagnia. Come farsi compagnia quando si è da soli al buio? Un buio sia
interiore che esteriore, che non lascia più spazio all‟inventiva, che ha esaurito tutte le
possibilità comunicative e di divertimento. La finzione letteraria è stata forse una
„scusa‟ per farsi compagnia ma ora anche quella è finita e rimane solo la solitudine.
In conclusione, dopo la dettagliata analisi linguistica e tematica del testo, il sesto
capitolo si occuperà di applicare il concetto di contest of creation, come teorizzato da
Hasan (1985/89), all‟interpretazione dell‟opera. Verrà approfondito il contesto in cui si
inserisce Samuel Beckett con Company, in riferimento al linguaggio da lui utilizzato,
alle convenzioni artistiche prese come riferimento e alla visione del mondo dell‟epoca e
dell‟autore. Non bisogna, infatti, dimenticare che ogni testo è prodotto dell‟ambiente
storico-culturale in cui viene creato: non è mai completamente autonomo rispetto al suo
contesto. Queste ultime riflessioni porteranno, allora, ad una riformulazione del theme
che terrà in considerazione il contesto di creazione dell‟opera, i richiami con la cultura e
la letteratura di fine „900, e le interpretazioni che ha fornito la critica letteraria.
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CAPITOLO 1
Teorie e metodologie di riferimento
Prima di iniziare quella che sarà la vera e propria analisi del testo di Company,
riteniamo sia necessario soffermarci sulle teorie e metodologie che verranno utilizzate e
prese a riferimento durante tutto l‟elaborato. Considerata la natura del testo preso in
esame, che può apparire caotico anche in seguito ad una lettura approfondita, si è
ritenuto necessario utilizzare diversi strumenti forniti dalla linguistica e dalla stilistica
con lo scopo di spianare la strada verso un‟interpretazione finale del testo. Riteniamo,
infatti, che la mancanza, da parte della critica letteraria, di un‟analisi del testo basata
principalmente sul linguaggio, abbia portato ad un proliferare di definizioni e
interpretazioni che hanno contribuito ad alimentare la confusione nei riguardi di
Company. Vediamo, allora, di approfondire gli aspetti teorici relativi all‟analisi nel
punto di vista, alle tecniche di foregrounding e di corpus analysis.
1. L’analisi del punto di vista
Data la presenza di due narratori in questa controversa opera di Beckett è
importante, a nostro avviso, cominciare l‟analisi soffermandosi sulla categoria del
punto di vista all‟interno della narrazione. Il punto di vista fa riferimento alla
prospettiva dalla quale sono raccontati i fatti, un narratore può pertanto raccontare le
vicende utilizzando il suo punto di vista, oppure farsi carico delle sensazioni e
percezioni di uno o più personaggi e descrivere gli avvenimenti con una visione più
interna alla storia. L‟analisi del punto di vista è stata presa in considerazione da molti
studiosi in materia, i quali hanno cercato di proporre un framework di riferimento, il più
possibile esaustivo, per riuscire a catalogare tutte le differenti sfumature che possono
presentarsi in un testo. Vediamo di seguito alcune di queste teorie, soffermandoci sui
tratti a nostro parere più salienti.
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1.1 Teorie di point of view
Seguendo il modello sviluppato da Uspenskij (1973) e Fowler (1986), e ripreso
poi da Simpson (1993 e 2004), l‟analisi del point of view in un testo può essere
effettuata sotto quattro aspetti diversi:
1. Point of view in the ideological plane;
2. Point of view in the temporal plane;
3. Point of view in the spatial plane;
4. Point of view in the psychological plane.
Vediamo di specificare cosa si intende nello specifico con l‟utilizzo di queste
espressioni. Il punto di vista sul piano ideologico (1) fa riferimento alla presenza nel
testo di valori ideologici specifici attribuibili ai personaggi, al narratore o allo stesso
autore. Un testo, pertanto, si presenta in una determinata forma perché vuole essere
veicolo di una particolare ideologia che può coincidere con quella dell‟autore, o può
essere in contrasto con essa ed essere supportata ad esempio dal comportamento di un
determinato personaggio. Come giustamente fa notare Simpson (2004: 78), il concetto
di ideologia è tuttavia molto vasto e forse troppo generico per essere analizzato in un
testo ed avere potere esplicativo al riguardo, per questo motivo non ci occuperemo di
questo all‟interno dell‟analisi di Company concentrandoci principalmente sulle
successive categorie.
Si comincerà pertanto dall‟analisi del point of view in the temporal plane (2),
che fa riferimento all‟impressione che il lettore ha della temporalità degli eventi narrati
in un testo, siano questi raccontati in rapida successione, suggerendo un andamento di
velocità, oppure frammentati dalla presenza di flashback o flashforward.
Temporal point of view basically covers any kind of manipulation of time
sequence in narrative, explaining how certain events might be relayed as
remote or distant, others as immediate or imminent. (Simpson, 2004: 79)
In particolare questo testo, considerata la divisione tra i due diversi narratori, si presta
ad un‟attenta analisi temporale che sottolinei le differenze presenti tra le due voci.
Infine le ultime due categorie, point of view in the spatial and psychological
plane (3 e 4), sono per Simpson la vera anima dell‟analisi del punto di vista nella
narrazione. Se nel suo trattato “Language, Ideology e Point of View” (1993) Simpson
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manteneva la divisione tra le due categorie proposta dal modello di Uspenksij/Fowler,
quando riprende il concetto di point of view nel 2004 sottolinea l‟importanza di questi
due concetti e li considera parallelamente, sviluppando infine in un nuovo modello di
riferimento completo e dettagliato.
Nello specifico, il punto di vista nel piano spaziale fa riferimento alla posizione
del narratore all‟interno della storia, a come il suo punto di vista riesca a trasparire dalle
indicazioni fornite nel testo, dall‟utilizzo di determinati verbi di movimento e
dall‟eventuale presenza di deissi ed espressioni locative. Oltre agli elementi utili per
localizzare il punto di vista all‟interno dello spazio è importante inoltre sottolineare la
presenza (o assenza) nel testo di riferimenti ai pensieri, alle sensazioni e percezioni di
uno o più personaggi. In questo caso si passa al piano psicologico del punto di vista,
chiamato anche perceptual point of view da Fowler per sottolinearne il legame con la
percezione.
This concerns the question of who is presented as the observer of the events
of a narrative, whether the author or a participating character; and the
various kinds of discourse associated with different relationships between
author and character. (Fowler, 1986: 134, enfasi mia)
Si fa in questo caso riferimento alla distinzione tra chi racconta i fatti e la prospettiva
dalla quale vengono raccontati, sia essa quella del narratore o di un personaggio interno
alla storia. Fowler distinguerà poi il punto di vista tra interno ed esterno, seguendo
Uspenskij, mentre Simpson ne riprenderà il concetto sviluppando il suo modello
3
sulla
base di due categorie distinte: la categoria A per i narratori in prima persona e la
categoria B per quelli in terza persona.
Si può notare inoltre come la categoria del punto di vista sia stata presa in esame
da diversi linguisti e considerata un punto fondamentale nell‟interpretazione di un testo.
Come sintetizza in maniera efficace Short,
It will be helpful to make a basic distinction between what is described and
from what perspective it is described. […] The equivalent in the novel of this
distinction is the fictional world and how it is portrayed: from what
perspective. (Short, 1996: 256, enfasi dell‟autore)
La prospettiva dalla quale sono descritti i fatti che accadono in un‟opera narrativa è
altrettanto importante quanto gli avvenimenti stessi; analizzando il punto di vista
riusciamo inoltre a scoprire molto sul narratore e sui personaggi, e ad indagare sul
3
Cfr. 1.3 per lo schema proposto da Simpson (1993).
12
perché di alcune scelte stilistiche effettuate dall‟autore. È importante però ricordare a
questo punto che nelle opere di finzione la realtà che viene raccontata non ha un
corrispettivo nel mondo reale al di fuori del racconto, ma funziona solo all‟interno del
mondo della finzione. In questo modo non possiamo essere in grado di verificare la loro
veridicità:
In fiction, the events and conditions of the fictional world are always
construed by the reader from the description itself and cannot be
independently verified. Nonetheless, the basic distinction between what
happens and how it is described is useful if we are to understand how
viewpoint in the novel works. (Short, 1996: 256)
Il punto di vista a cui fa riferimento Short (1996) all‟interno del capitolo
“Fictional Prose and Point of View” è in accordo con quello che Simpson ha riunito
sotto la dicitura point of view on the spatial and pshychological plane. Simpson
aggiungerà inoltre, riprendendo la distinzione delle tre meta-funzioni del linguaggio
proposta da Halliday (cit. in Thompson 2004: 30), l‟importanza della funzione
interpersonale nell‟analisi di un testo, sottolineando la centralità del sistema di modality.
Questi concetti teorici saranno perciò approfonditi all‟interno di questo capitolo nei
successivi paragrafi.
1.2 Il sistema di modality
Con il termine interpersonal function si fa riferimento, all‟interno della
grammatica funzionale (Halliday, 1985/1994), all‟utilizzo del linguaggio per interagire
con le persone e mantenere delle relazioni con quest‟ultime, influenzare il loro
comportamento, esprimere il proprio punto di vista ed eventualmente influire su quello
degli altri. Uno strumento grammaticale che permette questa funzione del linguaggio è
il sistema di modality. Thompson (2004: 66) ci offre una prima definizione di modality,
sottolineandone il contrasto con le proposizioni categoriche, ed affermando: “it is the
space between „yes‟ and „no‟”. Simpson concorda sull‟importanza della modality e ne
riassume in questo modo le caratteristiche, relativamente alla funzione interpersonale:
The interpersonal function, as the term itself suggests, is about how we
orientate, shape and measure our utterances as discourse. This function is
expressed principally by the grammatical system of modality which is that
part of language which allows us to attach expressions of belief, attitude and
obligation to what we say and write. Modality is therefore the grammar of
explicit comment, and it includes signals of the varying degrees of certainty
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we have about the propositions we express, and of the sorts of commitment
or obligation that we attach to our utterances. (2004: 123, enfasi dell‟autore)
La lingua inglese presenta diverse tipologie di operatori modali, il cui utilizzo
permette a chi parla o scrive di esprimere il proprio giudizio, commento o responsabilità
nei riguardi di ciò che viene detto. Vediamo qui di seguito un breve schema riassuntivo
delle principali modal expressions, seguendo le indicazioni fornite da Fowler (1986:
131-132).
Modal auxiliaries: may, might, must, will, shall, should, needs to, ought to, e
pochi altri. Questi ausiliari indicano vari gradi di confidenza in ciò che viene
detto. Ad esempio: “something might happen”, “something will happen”,
“something must happen”. È importante ricordare, inoltre, che i modali più forti,
come “must”, presentano anche il significato di necessità o obbligo.
Modal adverbs: certainly, probably, surely, perhaps, etc, oltre alla versione
aggettivata nei costrutti tipo “it is certain that”.
Evaluative adjectives and adverbs: lucky, luckily, fortunate, regrettably, etc.
Verbs of knowledge, prediction, and evaluation: seem, believe, guess, foresee,
approve, dislike, etc.
All‟interno del testo qui proposto, tramite l‟analisi degli elementi relativi alla
modality, si potrà osservare ad esempio come il narratore in terza persona introduca
delle incertezze e dei commenti relativamente a quello che racconta e si potranno
analizzare in parallelo i due differenti narratori presenti.
Proseguiamo, seguendo il resoconto offerto da Simpson (1993: 47-54), con la
descrizione dei quattro sistemi di modality che troviamo all‟interno della lingua inglese:
1. Deontic system
2. Boulomatic system
3. Epistemic system
4. Perception system
Il deontic system (1) fa riferimento all‟uso degli operatori modali (soprattutto i
cosiddetti modal verbs: “may, can, might…”, ma anche espressioni quali “you are
permitted to…” e “is is necessary that you…”) per trasmettere interazione sociale,
persuasione e galateo.
Deontic modality, first of all, is the modal system of „duty‟, as it is concerned
with a speaker‟s attitude to the degree of obligation attaching to the
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performance of certain actions. […] The deontic modal auxiliaries realize a
continuum of commitment from permission through obligation to
requirement. (Simpson, 1993: 47, enfasi dell‟autore)
Il secondo sistema, boulomatic (2), collegato strettamente al primo, fa invece specifico
riferimento all‟espressione del desiderio, come ad esempio in “I hope that you will
leave”.
L‟epistemic system (3) è invece quello più significativo relativamente all‟analisi
del punto di vista. Si riferisce al grado di confidenza del parlante (o del narratore nella
situazione letteraria) in riferimento alla veridicità di ciò che pronuncia. Il grado
massimo di confidenza è rappresentato dalle categorical assertions, frasi prive di
modality. Possiamo constatare banalmente come in una frase del tipo “you are late” non
possa essere messa in dubbio la veridicità di ciò che viene espresso dal parlante, mentre
in “you might be late” è chiaro che il parlante non sa esattamente se la situazione si
presenterà oppure no e ci offre il suo commento al riguardo. L‟importanza del sistema
epistemico sul piano narrativo è dettata dal fatto che l‟eventuale presenza di operatori
modali fa percepire un‟incertezza del narratore e ne dimostra una mancata onniscienza.
Infine, l‟ultimo sistema, perception modality (4), viene considerato da Simpson come
una sub categoria del sistema epistemico. In questo caso l‟attendibilità di una
proposizione fa perno sui riferimenti alla percezione umana, soprattutto visiva.
Una volta specificata la presenza di questi quattro differenti sistemi è importante
anche evidenziare le tre possibili polarità che può assumere un testo a seconda della
presenza di alcune caratteristiche specifiche legate alla modality. In questo senso un
testo può possedere tre tipi di polarità, presentando un positive, negative, o neutral
shading. Vediamo le caratteristiche di ciascuna tipologia, secondo le descrizioni fornite
da Simpson (2004: 126-127).
Il positive shading è caratterizzato dalla presenza in primo piano di desideri,
obblighi e doveri del narratore (foregrounded nel testo). Il sistema di deontic modality è
prevalente e il testo è ricco di frasi generiche e dei cosiddetti verba sentiendi, che fanno
trasparire le emozioni, i pensieri e le percezioni del narratore o di uno o più personaggi.
Questo orientamento è forse il più comune nella narrativa, e caratterizza molti narratori
sia in prima che in terza persona. Diverso è invece il caso del negative shading dove un
narratore (o un personaggio) apparentemente confuso si basa sui segnali esterni e sulle
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apparenze per portare avanti la sua descrizione. In questo caso è posto in primo piano
l‟epistemic system e il testo è ricco di “words of estrangement”:
Externality in relation to the characters emerges when the narrator‟s modal
activity includes what Uspenskij calls „words of estrangement‟: words such
as „apparently‟, „perhaps‟, „as if‟, „it seemed‟, etc. as well as metaphors and
comparisons. These expressions pretend that the author – or often, one
character observing another – does not have access to the feeling or thoughts
of the characters. (Fowler, 1986: 142)
Il narratore è incerto rispetto agli eventi e ai personaggi e spesso si esprime basandosi
sulle percezioni umane. Infine c‟è il caso del neutral shading dove si è di fronte ad una
completa assenza di modality da parte del narratore e ad un largo uso delle categorical
assertions. Tuttavia è molto difficile che si presenti il caso di un testo interamente
caratterizzato da questo orientamento, che può invece ritrovarsi in alcune sezioni
specifiche.
Constatata la presenza di questi tre orientamenti è importante sottolineare che un
narratore può utilizzare tipi diversi di modality e passare da uno all‟altro all‟interno del
testo. Tuttavia, è fondamentale analizzare questo aspetto in un‟opera per proporre una
completa analisi del punto di vista. Vedremo, infatti, come il frame work di Simpson si
basi in maniera accurata su questa differenza, partendo inoltre dalla differenza tra
narratore in prima persona e narratore in terza persona, interno o esterno alle vicende.
1.3 Speech and thought presentation
Un altro aspetto molto importante in riferimento all‟analisi del punto di vista in
un‟opera letteraria riguarda l‟utilizzo delle tecniche di speech and thought presentation.
Queste fanno riferimento alle modalità in cui vengono riportati i discorsi o i pensieri dei
personaggi, se direttamente o indirettamente, in maniera più o meno libera. In molti si
sono occupati dell‟argomento, alla ricerca di un modello generale di definizioni
applicabile in tutti i campi. Simpson (1993, 2004) riprende il modello descritto in Leech
e Short (1981/2007: 255-281) e Short (1996: 288-325) considerandolo il più esaustivo e
autorevole. Partiamo allora in primo luogo dalle differenti tipologie di speech
presentation.
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A. Speech presentation
1. Direct Speech (DS): questa è la modalità di base considerata standard, dove
la reported clause (ciò che è stato detto) è racchiusa all‟interno di virgolette
e introdotta o seguita da una reporting clause (che ci informa su chi ha
pronunciato le parole). Esempio: He said, „I‟ll come back here to see you
again tomorrow‟. All‟interno di un testo narrativo, tramite questa modalità
vengono riportate le esatte parole del personaggio, senza che ci sia un
intervento da parte del narratore.
2. Indirect Speech (IS): in questo caso non si utilizzano le virgolette ma la
reported clause dipende dalla reporting clause e le due sono collegate
tramite l‟utilizzo della preposizione that. Ciò che è stato detto non viene
riportato tale e quale ma subisce vari cambiamenti: i pronomi di prima e
seconda persona diventano in terza persona, il tempo verbale e gli avverbi di
tempo passano al passato (would, the following day), la deissi prossimale
diventa distale (there), i verbi di movimento cambiano direzione (go,
return). Esempio: He said that he would return there to see her the following
day. In questo caso si ha l‟impressione che il narratore sia intervenuto
nell‟interpretazione di ciò che è stato detto; non vengono, infatti, riportate le
parole esatte, ma il narratore ne presenta il contenuto.
Scegliendo una di queste due modalità l‟autore decide se far intervenire o meno il
narratore nel merito di ciò che viene detto dal personaggio.
If he reports in direct speech he is claiming to report faithfully (a) what was
stated and (b) the exact form of words which were used to utter that
statement. If he uses indirect speech he only commits himself to (a). A
consequence of this difference is that some of the words of the indirect form
can be altered without altering its truth claim at all […]. (Leech, Short
1981/2007: 257)
Oltre a queste prime modalità troviamo le varianti cosiddette “libere”, vediamo
di seguito le caratteristiche che le contraddistinguono.
3. Free Direct Speech (FDS): tramite questa tecnica, ciò che è stato detto
viene riportato direttamente e liberamente, questo significa che può essere
abolito l‟utilizzo delle virgolette e/o la presenza della reporting clause. In
questo modo viene annullata la presenza del narratore e il lettore percepisce
in maniera più immediata ciò che viene detto dal personaggio. Esempi: (1)