V
Infine, esaminando nello specifico un esempio di letteratura portoricana femminile negli
Stati Uniti, ho trattato la concezione della donna latina nel suo contesto sociale e la
funzione di riscatto che la letteratura femminile esercita nei confronti del sessismo delle
comunit ispaniche, approfondendo in particolare la questione dell ibridismo culturale e
linguistico nell area letteraria statunitense. Nello specifico, la ricerca Ł stata condotta
consultando la letteratura in proposito, elencando le opinioni degli studiosi e dei ricercatori
sull alternanza e la mescolanza di codici, e infine analizzando da un punto di vista
linguistico approfondito il brano Blow-Up (1998) della portoricana Giannina Braschi tratto
dall antologia di SoldÆn e Fuguet (2000) Se habla espaæol. Voces latinas en USA, che a
mio avviso mostra in maniera esemplare cosa significa appartenere a due culture ed
esprimersi in due lingue al contempo. Come afferma lo scrittore chicano Guillermo
G mez-Peæa in un articolo di Prieto Osorno (2005):
El spanglish es nuestra œnica patria. Muchos mexicanos que hemos vivido varios aæos en
Estados Unidos y volvemos a nuestra tierra de origen nos sentimos y somos ajenos. MØxico nos
dice que no somos mexicanos y Estados Unidos nos repite a diario que no somos anglosajones.
S lo el spanglish y su cultura h brida me han otorg ado la plena ciudadan a que ambos pa ses me
negaban. (G mez-Peæa, in Prieto Osorno 2005: web)
1
I. LO SPAGNOLO IN AMERICA1: UNA MINORANZA IN
ESPANSIONE
I.1 Stati Uniti d’America: melting pot, salad bowl, e quilt a confronto
Gli Stati Uniti sono notoriamente un crogiolo multietnico e multilingue. ¨ sufficiente
ascoltare un notiziario o sfogliare un quotidiano americano, anche on-line, per rendersi
conto che la vita nelle metropoli d’oltreoceano Ł permeata da una straordinaria eterogeneit
culturale e razziale. Un vero e proprio melting pot, espressione coniata nel 1908 dallo
scrittore inglese Israel Zangwill con l’omonima opera The Melting Pot (1908) in cui,
attraverso le parole del protagonista, egli definisce l’America come un crogiolo nel quale le
razze europee si mescolano e si fondono in un unica popolazione.
Understand that America is God’s Crucible, the great Melting-Pot where all the races of Europe
are melting and reforming! (Zangwill 1908: web)
L’idea di varie etnie che si fondono fu, per , introdotta per la prima volta da J. Hector
St. John De CrŁvec ur nel l782 nell’opera Letters from an American Farmer. Egli era un
aristocratico francese che, emigrato nel Nuovo Mondo, era diventato un contadino, e in
quella che si pu definire la prima opera letterari a americana, cerc di indagare sui
caratteri generali del popolo americano e sulla sua identit . Nella Letter III intitolata What
is an American? il protagonista ammira il lavoro dei suoi connazionali che, con la loro
industriosit , hanno reso l’America un territorio fertile e produttivo, vi hanno portato la
civilt e hanno fondato una societ moderna, miglio re di quella europea poichØ non afflitta
dalla contrapposizione aristocratici/nullatenenti.
Questa nuova societ , infatti, Ł composta da un popolo di coltivatori della terra senza
differenze sociali, da un governo poco intrusivo ed Ł caratterizzata da una generale
omogeneit
1
Ove non specificato diversamente, con America si intendono gli Stati Uniti d’America [N.d.A.].
2
omogeneit tra le persone, che vivono libere in un territorio immenso. New laws, a new
mode of living, a new social system. Here they are become men. (CrŁvec ur 1997: 42).
Poi continua elencando la provenienza dei primi coloni: inglesi, scozzesi, irlandesi,
francesi, olandesi, tedeschi e svedesi, e finalmente risponde alla domanda Cos’Ł un
Americano? :
What then is the American, this new man? He is neither an European, nor the descendent of an
European: hence that strange mixture of blood, which you will find in no other country. [...] He is
an American, who, leaving behind him all his antient prejudices and manners, receives new ones
from the new mode of life he has embraced, the new government he obeys, and the new rank he
holds. [...] Here individuals of all nations are melted into a new race of men, whose labours and
posterity will one day cause great changes in the world. (CrŁvec ur 1997: 43, 44)
Dunque gli americani delle origini, secondo l’autore, sono una nuova razza di uomini liberi
che ubbidiscono a nuove leggi, hanno un nuovo modo di affrontare la vita e sono portatori
di nuovi princip : l’industriosit , l’uguaglianza, la libert e l’individualismo. Il politologo
Samuel P. Huntington propone la propria definizione di americani nel libro Who Are We?
The Challenges to America’s National Identity (2005). Egli innanzitutto distingue coloni e
immigrati, affermando che i primi abbandonano la patria per creare una nuova societ dal
nulla, generalmente altrove, sottoscrivendo un patto, talvolta implicito, che ne pone le basi;
i secondi, invece, lasciano la propria comunit per entrare a far parte di un’altra societ , di
cui dovranno conoscere la cultura, solitamente differente dalla propria, e cercare di
assimilarvisi. La prima, inoltre, Ł un’esperienza di gruppo, mentre la seconda riguarda
perlopiø singoli individui o famiglie. Detto ci , s ostiene che anzichØ essere i padri
fondatori (coloro che proclamarono l’indipendenza a seguito della rivoluzione del 1776),
gli americani originari furono i coloni fondatori , ossia coloro che appunto colonizzarono
il territorio nordamericano nel XVII secolo (Huntington 2005: 53, 54).
Il credo americano fondamentale perci si basa sull a cultura dei primi coloni, e
comprende libert , uguaglianza, individualismo, ra ppresentativit del governo e difesa
della
3
della propriet privata (Huntington 2005: 55); in questa definizione Huntington concorda
quindi con le parole di CrŁvec ur. Tale credo Ł rim asto sostanzialmente invariato nel
tempo, e le molte generazioni di immigranti fino alla prima met del Novecento l’hanno
accettato e hanno dovuto farlo proprio. Prerogativa necessaria all’accettazione della cultura
americana wasp (white anglosaxon protestant, cioŁ dei bianchi anglosassoni protestanti)
era innanzitutto l’assimilazione linguistica, ossia non solo l’apprendimento della lingua
inglese, ma anche la sua adozione come lingua madre, tant’Ł che all’inizio del XX secolo
nacquero dei movimenti sociali per promuovere l’americanizzazione degli immigrati e
nelle scuole venivano messi a disposizione corsi di inglese e di insegnamento dei valori
protestanti angloamericani. Come scrive Huntington:
Era una «crociata sociale» e un elemento chiave della fase progressista della politica americana.
Gli operatori delle case di accoglienza, gli educatori, i riformatori, gli uomini d’affari e i leader
politici, inclusi Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, promossero o parteciparono attivamente a
questa crociata. (Huntington 2005: 158)
Col passare del tempo, per , rispetto ai precedenti tentativi dei nuovi arrivati di
assimilarsi alla cultura americana, si avvert un’inversione di tendenza che promuoveva in
primo luogo la difesa della propria identit etnica (Booth 1998: web). Perci le popolazioni
che abitano in territorio statunitense da mezzo secolo a questa parte tendono a rimanere
distinte le une dalle altre piø che a fondersi, e tendono a mantenere orgogliosamente i
propri valori e le proprie tradizioni piø che ad accettare in toto la cultura wasp: ed ecco che
la definizione di melting pot non Ł piø appropriata. Negli anni Settanta gli studiosi sono
quindi passati ad un’altra espressione, quella di salad bowl2, ossia si riferivano all’America
come ad un insalatiera contenente diversi ingredi enti che si mescolavano pur rimanendo
riconoscibili, mantenendo quindi la propria fisionomia e le proprie caratteristiche
organolettiche.
2
Carl N. Degler (in Antonelli, Scacchi, Scannavini 2005: 64), o teoria del pluralismo etnico di Kall en (in
Huntington 2005: 156).
4
All’assimilazionismo si contrappone il multiculturalismo, al melting pot la salad pot: tra le
funzioni della democrazia liberale si inscrive anche quella di tutelare le diversit dall’azione
omogeneizzante dello stato e del mercato, i diritti umani fondamentali comprendono anche il diritto
a conservare la propria identit etnica (parlare la propria lingua, portare il velo...) altrimenti
minacciata da un lealismo costituzionale comunque fondato sulla prevalenza di una identit sulle
altre. (Gozzini 2005: 136)
Anche questa versione fu poi superata e ora appare piø appropriato parlare di quilt,
come suggerisce la studiosa Anna Scacchi (in Scacchi, 2005: 65), ossia di un mosaico o di
una coperta composta da tante differenti pezze, ognuna con i propri colori (la propria
cultura), che formano un disegno d’insieme unito da un filo comune, quale pu essere la
cittadinanza, il rispetto delle stesse leggi, il riconoscimento negli stessi diritti fondamentali
e nella democrazia.
Il processo di non-assimilazione inizi a partire dalla seconda met del Novecento, da
quando cioŁ crebbe notevolmente il numero degli immigranti non europei, ossia soprattutto
asiatici e latino-americani che in percentuale, s econdo le stime degli studi demografici,
hanno superato tutte le altre minoranze nel 1996 mentre la maggioranza wasp si sta
lentamente ridimensionando le stime dell U.S. Census Bureau prevedono una riduzione
del 20% intorno alla met del XXI secolo rispetto a gli anni ’90. In particolare, ci fu
dovuto alla legge sull’immigrazione del 1965, che permise il trasferimento di intere
famiglie, il che port ad un flusso di circa un mil ione di nuovi arrivati all’anno.
Per superare la contrapposizione tra assimilazionismo e multiculturalismo, secondo lo
storico Giovanni Gozzini, pu essere utile prendere a modello la condizione del migrante
transnazionale, ossia di colui che si divide tra terra natia e paese ospitante. Egli, infatti,
potrebbe giovarsi di tale situazione superando ide ntit gelose ed esclusiviste, nazionalismi
e atavismi esasperati, fondamentalismi aggressivi di religione e cultura (Gozzini 2005:
139). Tuttavia tra teoria e pratica c’Ł sempre un abisso, e nella realt dei fatti le cose non
sono cos semplici.
5
La coesistenza non sempre Ł pacifica, e purtroppo anche le istituzioni faticano ad accettare
la nuova conformazione della societ ; prevalgono qu indi la segregazione e l’intolleranza in
alcuni casi, o la discriminazione in altri. Booth (1998) scrive:
There are television sitcoms, talk shows and movies that are considered black or white, Latino
or Asian. At a place like the law school of the University of California at Los Angeles, which has
about 1,000 students, there are separate student associations for blacks, Latinos and Asians with
their own law review journals. (Booth 1998: web)
Conformemente alle nuove generazioni di immigrati, anche i Latinos3 spesso hanno
rifiutato l’assimilazione alla cultura americana, ma essi hanno optato per un nuovo tipo di
integrazione, quella economica, che ha permesso loro di mantenere la propria identit
etnica. Il giornalista messicano Ramos Avalos spiega che:
La famosa y estereotipada idea del melting pot es un mito. Los inmigrantes europeos - italianos,
alemanes, polacos... - que precedieron a los latinos se asimilaron rÆpidamente a la cultura
estadounidense. Pero los latinos han logrado la hazaæa de integrarse econ micamente a Estados
Unidos sin perder su cultura. Nunca antes hab a ocurrido un fen meno as . (Ramos Avalos 2002:
web)
Se ci valesse per tutte le altre minoranze present i in nord America, si potrebbe
supporre che in un giorno non molto lontano gli Stati Uniti si trasformerebbero in un paese
che ospita diversi gruppi etnici, ognuno con i propri princip e la propria cultura, senza che
essi abbiano nulla in comune. Siccome per non Ł cos , il timore piø fondato Ł quello che
l’America si trasformi in un paese biculturale e bilingue, vista la vertiginosa crescita di
immigranti ispanici e l’aumento della latinizzazione del sud degli Stati Uniti (Florida,
California, Texas, Arizona, Nuovo Messico e Louisiana) (Huntington 2005: 32).
3
Secondo Stavans (1999) le enciclopedie definiscono Hispanic Americans gli immigrati ispanici che vivono
in territorio statunitense, mentre Latin Americans coloro che vivono al sud della frontiera col Messico. Perci
non c Ł una denominazione univoca per gli immigranti ispanici: i conservatori preferiscono il termine
hispÆnico e i liberali preferiscono latino (Stavans, 1999: 40, 41). Secondo Maffi (1997), poi, Hispanics Ł il
termine usato dalle istituzioni e Latinos quello con cui loro stessi si definiscono (Maffi, 1997: 8), perci
adotteremo prevalentemente quest ultimo [N.d.A.].
6
I.2 La situazione dello spagnolo negli Stati Uniti
Secondo le statistiche dell U.S. Census Bureau del luglio 2007, su poco piø di 300
milioni di cittadini americani, circa l’80% sono bianchi, il 12,8% sono afroamericani, e
circa il 15% sono ispanici o di origine latino-americana, e quest’ultimo dato Ł in continua
evoluzione4. Le statistiche della Camera di Commercio della Georgia, infatti, mostrano che
nell’anno 2006 la minoranza ispanica ha raggiunto i 44,3 milioni di persone, crescendo del
3,4% in un anno, e si prevede che entro il 2010 raggiunga i 49,4 milioni. Le isole Hawaii
(75%), seguite dal Distretto della Columbia (68%), da Nuovo Messico e California (57%),
e dal Texas (52%) sono i primi stati a maggioranza di minoranza , e tra di essi, le
popolazioni di California e Texas sono a maggioranza ispanica, con rispettivamente 13,1 e
8,4 milioni di Latinos (U.S. Census Bureau, 2006).
Inoltre, l’U.S. Census Bureau fornisce la percentuale di lingue diverse dall’inglese
parlate in ambito domestico da persone di et super iore ai 5 anni, che nell’anno 2000 ha
raggiunto il 17,9%. Nel medesimo sondaggio che analizza la situazione delle citt
americane piø popolose riferito all’anno 2004, emerge che le percentuali piø alte di
cittadini di madrelingua spagnola che non parlano l’inglese fluentemente si concentrano a
New York City (New York), Los Angeles (California), Houston (Texas), Chicago (Illinois)
e Dallas (Texas) in ordine decrescente: esse sono quindi divenute vere e proprie capitali
latine. Non meno importanti le statistiche che mostrano l’evoluzione sviluppatasi dal 2000
al 2005 negli stati del sud, a conferma della loro latinizzazione: in Texas, California,
Florida, Arizona, Louisiana, Nuovo Messico e anch e nello stato di New York, nonostante
la distanza geografica la percentuale di cittadin i bianchi Ł generalmente scesa, o salita di
pochi punti, mentre Ł aumentata notevolmente quella di abitanti ispanici o di origine latino-
americana, ed Ł aumentata anche la percentuale di coloro che in ambito domestico non
parlano inglese, se si escludono Louisiana e Nuovo Messico (U.S. Census Bureau, 2005).
¨ un dato di fatto che il plurilinguismo negli Stat i Uniti sia molto diffuso, in particolare da
quando le istituzioni negli anni Settanta si sono arrese alla necessit di introdurre il
bilinguismo
4
Fino a solo un anno fa (2007), la percentuale degli ispanici era stimata intorno al 14,4% sul totale della
popolazione statunitense (U.S. Census Bureau, 2005: web).
7
bilinguismo nelle scuole anche se in realt in al cuni stati5 Ł gi stato eliminato -, nel
sistema giudiziario, nella sanit , nella pubblica s icurezza in modo che gli americani non
anglofoni possano usufruire dei loro diritti di cittadinanza (Scacchi 2005: 18). Ma questi
dati dimostrano che i cittadini americani ispanofoni sono in continua crescita e che non
sempre abbandonano la loro lingua madre per adottare l’inglese. A causa di ci movimenti
come English-Only, che richiede l’ufficializzazione dell’inglese attraverso un emendamento
costituzionale (l’ELA, English Language Amendment), temono che il monolinguismo
anglosassone sia in procinto di disgregarsi. Questo potrebbe accadere soltanto se il
monolinguismo esistesse realmente: la variet lingu istica statunitense, infatti, non solo Ł
molto ricca, ma Ł anche molto antica, poichØ risale ai tempi dei coloni fondatori, i quali
portarono con sØ il proprio variegato patrimonio linguistico che and ad aggiungersi agli
idiomi degli indiani nativi (Scacchi 2005: 29). Inoltre il tasso di assimilazionismo
linguistico Ł attualmente piuttosto elevato e i mass media diffondono un messaggio
allarmistico distorto dagli interessi delle lobbies economiche raggruppate nel suddetto
movimento (Scacchi 2005: 19).
Il fatto che secondo i dati dell’ U.S. Census i Latinos siano la minoranza che pone piø
resistenza nell’apprendimento dell’inglese fornisce argomentazioni sufficienti al
movimento English-Only per sostenere che ad essi non interessa integrarsi nel mainstream,
ma semplicemente trarre vantaggio dall’economia statunitense senza rinunciare alla propria
identit culturale. Per questa ragione alcuni stati 6 hanno recentemente adottato leggi anti-
bilinguismo - e altri ne stanno discutendo - anche se, a mio avviso, la padronanza di una o
piø lingue diverse dalla propria oggigiorno rappresenta un valore aggiunto, piø che un
elemento da sradicare.
Dall’altro lato vi sono i movimenti anti-ELA, i quali sono convinti che il fronte opposto,
attraverso la promozione dell’inglese come unica lingua ufficiale, voglia in realt bloccare
l’immigrazione (Scacchi 2005: 21). Essi quindi appoggiano il programma English-Plus
adottato da alcuni stati con il quale Ł possibile utilizzare in ambito pubblico sia l’inglese
che una seconda lingua (Scacchi 2005: 46, 47).
5
Per esempio in California, per sollecito del movimento conservatore English Only (Oliver Rotger in Gras
Balaguer, 2002: 272).
6
California (1998), Arizona (2000) e Massachussets (2002) (Scacchi, 2005: 57).
8
In realt , la comunit ispanica non Ł contraria all ’apprendimento dell’inglese; tuttavia Ł
estremamente orgogliosa del proprio idioma, attraverso cui mantiene altrettanto
orgogliosamente un forte legame con la propria cultura, le proprie radici, la propria
famiglia e talvolta con la madrepatria presso cui fa costantemente ritorno.
Anche perchØ, a dire il vero, negli stati del sud che vennero annessi agli Stati Uniti a met
Ottocento con il trattato di Guadalupe-Hidalgo originariamente la lingua ufficiale era lo
spagnolo. Questo tratto ne distingue gli abitanti dagli immigrati provenienti dal Centro e
dal Sud America, che talora sono piø propensi a perdere parte del proprio bagaglio
culturale (in questo caso la lingua madre) pur di integrarsi ed inserirsi attivamente nel
mainstream americano e venire accettati, eliminando il piø possibile le differenze (Scacchi
2005: 31). Scacchi, infatti, chiarisce che:
Il messaggio destinato agli immigrati Ł: «Se non volete parlare inglese, tornatevene da dove
siete venuti». Gli immigrati lo decodificano come un piø generale «invito» a liberarsi non solo
della lingua ma anche di ogni specificit culturale , in cambio del diritto di cittadinanza. (Scacchi
2005: 32)
Perci molti newcomers decidono di imparare la lingua nazionale anche per meglio
integrarsi nel nuovo paese, nella sua societ e nel mondo del lavoro statunitense. Infatti Ł
opinione condivisa tra i Latinos di prima generazione che l’inglese sia la chiave di accesso
ad uno stile di vita piø proficuo sia per loro che per i loro figli, e che sia sinonimo di
possibile ascesa sociale, ragion per cui molti di essi si opposero alle proposte di educazione
bilingue fatte negli anni Settanta e Ottanta. Essi preferivano che i loro figli imparassero
l’inglese di modo che avessero maggiori possibilit di successo e affinchØ non fossero
tagliati fuori dagli studi e dalle professioni piø qualificanti. Huntington riporta l esempio
della proposta 227 contro il bilinguismo adottata in California:
Nel 1998, in California, diversi leader ispanici e numerosi elettori ispanici appoggiarono la
proposta 227, che intendeva porre fine all’istruzione bilingue. [...] Come osserv la reverenda Alice
9
Kallangan, ministro della chiesa episcopale e direttrice di un centro di assistenza per la comunit
ispanica, «i genitori non vogliono che i figli vadano a lavorare in qualche sottoscala o che finiscano
a pulire gli uffici del centro. Vogliono che vadano a studiare a Harvard e a Stanford, e ci non potr
accadere se non conoscono perfettamente l’inglese». (Huntington 2005: 203, 205)
Questa posizione Ł difesa anche dai movimenti anti-bilinguismo e dai movimenti a favore
dell’inglese come lingua ufficiale, che si sono serviti di tali argomentazioni ossia
principalmente che la lingua nazionale sia sinonimo di upward mobility per screditare gli
oppositori, per portare avanti le loro cause, come abolire il bilinguismo in molti stati, e per
guadagnare consensi tra l’opinione pubblica. Tuttavia, secondo le ricerche del professor
James Crawford (2003), specializzato in politiche linguistiche e nell’educazione bilingue,
la proposta 227 ha fallito. Infatti le statistiche del Dipartimento dell’Istruzione della
California dimostrano che, a cinque anni dall’entrata in vigore della proposta nel 1998, la
percentuale di bambini limitatamente competenti in inglese che la legge avrebbe dovuto
aiutare Ł aumentata anzichØ diminuire. Solo il 42% del totale degli studenti Ł, infatti,
diventato competente e fluente in inglese (Crawford 2003: web).
Inoltre Ł statisticamente dimostrato che l’approccio precedente il bilinguismo, il
cosiddetto sink or swim (letteralmente affonda o nuota ) o di full immersion, in vigore
fino alla fine degli anni ’60, era ugualmente inefficace (Scacchi 2005: 56); quindi ci che a
mio parere probabilmente fornisce un effettivo sostegno agli studenti non anglofoni Ł
proprio l’inserimento del bilinguismo nei programmi scolastici statali, nonostante questa
sia spesso una strategia per rendere meno traumati ca la transizione verso l’inglese e non
un obiettivo (Scacchi 2005: 56). Si deve tenere in considerazione, infatti, che imparare
una seconda lingua non Ł un processo semplice nØ immediato, nemmeno se si Ł esposti alla
lingua continuamente come nel caso della full immersion . Infatti, durante
l’apprendimento, si tende frequentemente a mescolare le strutture della seconda lingua con
quelle della lingua madre, fare confusione e utilizzare un’interlingua che si compone di
elementi di entrambe, essendo questa per definizione un codice di transizione. Secondo la
linguistica
10
linguistica moderna, la lingua madre influisce sull’apprendimento di una seconda lingua,
sia per quanto riguarda la fonologia e gli elementi paralinguistici, sia per quanto riguarda il
lessico e la sintassi, in ogni stadio del processo di acquisizione. (Pallotti 2000: 71) ¨
inoltre dimostrato che l’et Ł uno dei principali fattori che modificano i tempi e la modalit
di apprendimento della seconda lingua: la fonologia Ł la piø sensibile all’et , seguita da
morfologia e sintassi, mentre il lessico Ł facilmente acquisibile ad ogni et (Pallotti 2000:
199, 200). Perci le prime generazioni di immigrati incontrano molte piø difficolt
nell’apprendere l’inglese rispetto ai loro figli che, generalmente, crescono in un ambiente
bilingue inglese a scuola e spagnolo in casa e si pensa che le terze e le quarte
generazioni saranno costituite addirittura da monolingui inglesi. Questo, per , porterebbe
alla perdita della conoscenza dello spagnolo, a mio avviso negativa in quanto
precluderebbe alle nuove generazioni l accesso alla loro cultura di appartenenza da un
punto di vista interno ed interiore, e il mantenimento delle tradizioni culturali da cui
provengono, che si potrebbe equiparare in qualche misura ad una perdita di memoria
storica del passato Latino. Perci credo che l educazione bilingue debba esse re uno
strumento di insegnamento non solo delle materie di studio proprie di ciascun indirizzo
scolastico, ma anche della storia e delle specificit culturali delle popolazioni che le
parlano.
La tesi di ricerca di April Linton7 (2003), una studentessa della Princeton University che
ha analizzato il mantenimento del bilinguismo spagnolo-inglese presso gli americani
etnici8, prende spunto dalla teoria della selective acculturation proposta dai sociologi
Portes e Rumbaut nel loro saggio Immigrant American: A Portrait (Los Angeles, 1996).
Secondo questa teoria gli immigrati, anzichØ assimilarsi totalmente alla cultura ospitante
in questo caso i Latinos in quella statunitense opererebbero una selezion e degli elementi
salienti della propria cultura e li preserverebbero inserendoli cos nel loro nuovo bagaglio
culturale (Network on Transitions to Adulthood 2006: web). L’analisi della studentessa
avvalora anche un’altra tesi dei suddetti sociologi: il grado di assimilazione degli immigrati
e dei loro figli dipende dal contesto di accoglienza, modificato da diverse variabili, quali la
7
In Center for Comparative Immigration Studies, University of California, San Diego.
8
Ossia i cittadini americani immigrati o figli di immigrati, come li definisce Anna Scacchi (2005: 63).
11
politica dei governi, l’eventuale pre-esistenza e il livello di radicamento della comunit
etnica, il livello di accoglienza o di ostilit del la societ dominante in quella determinata
area. I dati raccolti dimostrano che i portoricani e i cubani sono i gruppi la cui maggioranza
di membri risulta bilingue, vista anche la vicinanza geografica di entrambi i paesi con gli
Stati Uniti; nel primo caso per il forte legame che riporta gli immigrati nella terra d’origine
con una certa frequenza, nel secondo caso a causa delle suddette variabili: la
concentrazione geografica e una consolidata tradizione della comunit cubana negli Stati
Uniti, unita a risorse favorevoli (come ad esempio l’istruzione bilingue) fanno s che essi
non abbandonino lo spagnolo. Inoltre Linton aggiunge:
In the states9 included here, bilingualism among the native-born and 1.5 generation10 is much
more prevalent in places where the Latino population is growing, where bilinguals status relative
to English monolinguals is high, and where Hispanics are well-represented in government. (Linton
2003: 23)
Perci anche la rappresentanza politica dei Latinos Ł un elemento che influisce
notevolmente sul bilinguismo, ossia, nel senso in cui lo intende Linton, sul mantenimento
dello spagnolo da parte degli immigrati ispanofoni. Con questo Linton vuole dimostrare
che il bilinguismo Ł un tratto permanente proprio dell’identit degli ispanici-americani e
non una transizione verso il monolinguismo, come le istituzioni vorrebbero (Linton 2003:
web).
Per tali ragioni, a mio parere, pu essere utile ad ottare programmi bilingui nelle scuole
affinchØ la transizione verso la lingua d’arrivo risulti s facilitata, ma anche affinchØ le
lingue delle minoranze vengano custodite e tramandate come parte del patrimonio culturale
delle diverse etnie presenti negli Stati Uniti. Il bilinguismo non dovrebbe, quindi, essere
uno strumento assoggettato al progresso economico degli immigrati e della nazione
americana, bens un mezzo per favorire l’integrazione sociale e il dialogo tra i popoli e le
loro culture.
9
Arizona, California, Colorado, Florida, Illinois, Nevada, New Jersey, New Mexico, New York, e Texas
[N.d.A.].
10
Come spiega l’autrice, la generazione 1.5 raggruppa i bambini immigrati all’et di 10 anni o anche piø
piccoli (Linton 2003: 10).