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Riflessioni:
Appunti sull’arte
di Roberto D’Onorio
N
ella sua rappresentazione attuale, l’espressione artistica, si trasforma in un canovaccio di
scena volto a decretare nuovi valori nell’arte contemporanea, che vede l’opera priva di uno
stoicismo, nel suo significato ideale, mentre si rende forte attraverso il linguaggio esistente.
Apparentemente positivo, se non fosse che, disgiungere i due linguaggi fa sì che il reale
diventi il solo referente, portatore di un dialogo univoco, che a sua volta confluisce in una
conversazione polemica con un presente che ragiona per assoluto.
La tendenza all’istaurarsi di una visione a senso unico prevede che l’opera e l’operato
prendano forma sistemica, finendo per incappare in un doppio rischio: quello di sottrarre
l’opera del suo senso olistico, oppure quella di dettare nuovi valori ideali superficiali.
Questa chiave di lettura, a mio avviso, porta il futuro artista ad allontanarsi da una ricerca
di significati e significanti, oltre ad avvicinarlo in una visione di insieme influenzata da
canoni dettati da critici privi di volubilità e radicati entro uno scenario metodologico,
incapaci dunque di avere una visione strabica, cioè rivolta a situazioni e opere diverse
tra loro per linguaggio e attitudine morale. In termini freudiani, in questo caso, la figura
Paterna costituita dall’autorità morale dell’opera, nasce in funzione del critico che se ne
appropria influenzando in modo significativo le manifestazioni artistiche contemporanee
che soccombono di fronte al destino, dettato dal critico. Questo, dunque, spinge le
tendenze dell’arte contemporanea in un interesse univoco per il reale che scioglie i legami
con l’immaginario e il simbolico, determinando la valenza nel ridurre l’opera ad un puro
meta discorso teorico intorno all’arte (come accade per la linea analitico – concettuale)
oppure squartare traumaticamente di ogni criterio estetistico l’opera (come accade per la
più recente ideologia dell’informe). Questa disgregazione di nebbia porta Mario Perniola
a definire tali tendenze dell’arte contemporanea come contrassegnate da un “realismo
psicotico” , ovvero, per tradurre questa tesi in termini freudiani, da un’assenza di “velatura”
simbolica dell’inconscio, da un’invasione abusiva del reale senza alcuna mediazione
significante, che a sua volta porta ad una psicoanalisi, sciatta e inutile, incentrata sull’artista
piuttosto che sull’opera nel suo operato sociale.
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Paradosso, questo, sull’arte che si sa non è un territorio accertato da un significato che ne
blocchi i confini, infatti non esiste verità né per l’arte né per la critica, fortunatamente, ma
solo un campo di intenti possibili per la cultura nel suo insieme, designato dall’intensità
dell’opera e dalla tensione della critica, mediante una forza stoica tesa ad affrontare il
conflitto con l’opera d’arte e il suo nodo insolubile, riconoscendo la necessità e la bellezza
del Problema perché non esiste Soluzione.
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Introduzione
En plein
C
i sono molte cose sulla memoria che abbiamo dimenticato; fra queste il ruolo essenziale
che essa ha giocato per millenni nell’esperienza degli uomini e il fatto che le tecniche per
svilupparla, le riflessioni teoriche che le hanno accompagnate e nutrite, hanno costituito
anche una grande sperimentazione sul potere delle rappresentazioni sui modi in cui le
parole si sono tradotte in immagini e le immagini in parole. Oggi, infatti, siamo abituati
a delegare ai libri, ai computer , a internet, a strumenti tecnologici sempre più sofisticati il
compito di conservare parole, immagini, suoni e conoscenze. Nel panorama di un’epoca
che vive attraverso un post/modernismo cronico, quindi, anche la memoria è soggetta ad
un cambiamento di senso radicale. Questa nuova condizione e l’interesse per il controverso
dibattito sulla condizione del mezzo fotografico nello scenario artistico, converge lo
scopo della ricerca alle origini filologiche dei primi testi greci e latini, atti a ripercorrere le
tappe fondamentali dei luoghi e delle immagini appartenenti alle pratiche oratorie della
mnemotecnica di Simonide di Ceo.
Struttura della tesi è un percorso in itinere sulla ricerca estetico/scientifico del concetto
primario di reminescenza.
L’elaborato vive attraverso un blow up post/mnemotecnico, le tappe fondamentali volte
a costituire repertori di racconto, di frammenti di storie e d’immagini attraverso opere di
artisti che si avvalgono dello strumento fotografico come: Lucila Quito, Moira Ricci, Cindy
Scherman e Luigi Ontani.
Scopo della ricerca è quello di far coesistere nell’idea collettiva una dimensione nuova
di memoria, in cui i loci si tramutano in pellicola e le imagines in impressione. Con
un’attenzione alla teoria e alle tecniche fotografiche dell’autoscatto al rimando della propria
immagine mentale, in linea con il pensiero dello psicologo dell’arte Kosslyn, il quale vede
un punto di riferimento fondamentale nei suoi esperimenti mnemonici.
_________________________________________
Il lavoro si conclude con la presentazione di opere installative, scultoree e performative del
candidato aventi nella loro rappresentazione solo e unicamente un corrispettivo fotografico dove
____ CommoncePlace artifici di memoria nell’arte contemporanea __________________________________________________________________________________________Introduzione____
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interviene personalmente e che rappresentano la versione palpabile e irriproducibile del suo
operato.
L’intero elaborato sarà in fine pubblicato sul web attraverso una piattaforma Wiki open source,
per coerenza e continuità del tema.
Buona lettura
____ CommoncePlace artifici di memoria nell’arte contemporanea __________________________________________________________________________________________Introduzione____
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Può essere che il tempo non esista
come assicurano i filosofi ma
esistono certamente i recipienti
che lo contengono.
Italo Svevo
[…] A volte mi capitava di parlare
di quello stupore, ma siccome
nessuno sembrava condividerlo,
e neppure comprenderlo (la vita
è fatta di piccole solitudini), lo
dimenticai […]
Roland Barthes
Tecnica per i greci non significa
né arte, né mestiere, ma: far
apparire qualcosa tra le cose
presenti.
Martin Heidegger
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Capitolo Primo
In ricordo della memoria
. Preliminari di memoria
“Egli dedusse che persone desiderose di addestrare questa facoltà (la
memoria) devono scegliere alcuni luoghi e formarsi immagini mentali
delle cose che desiderano ricordare, e collocare quelle immagini in
quei luoghi, in modo che l’ordine dei luoghi garantisca l’ordine delle
cose, le immagini delle cose denotino le cose stesse, e noi possiamo
utilizzare i luoghi e le immagini rispettivamente come la tavoletta
cerata e le lettere scritte su essa.”
1
N
on potendo impegnarci qui sulle origini
antecedenti il mondo classico riguardo
l’arte mnemonica
2
, ci basti sapere che questa
nasce nel formarsi di una società spinta da
un bisogno più alto di organizzazione sociale,
nella quale:
“i poeti debbono avere una loro posizione economica definita”
3
.
Un’età di transizione volta a nuove forme di cultura
dove la tecnica mnemonica, praticata nei
tempi dell’arte oratoria, prima della scrittura,
viene decodificata in regole.
Questo nuovo panorama, che nel volgere di
molti anni, vede nascere l’esigenza di archiviare
nuclei di racconto, di storie e di figure, permette
ora di ordinare con regole e precetti imprescindibili
suddivisi in luoghi (loci) e immagini
1
Questo vivace racconto del modo in cui
Simonide ideò l’arte della memoria è
raccontato da Cicerone nel De Oratore, dove
tratta della memoria come di una delle cinque
parti della retorica: il racconto introduce una
breve descrizione della mnemonica per
“luoghi” e “immagini” , quale era praticata dai
retori romani. De oratore II LXXXVI, 351-54
2
alcuni pensano che sia di derivazione
pitagorica; altri hanno accennato a influssi
egiziani. Possiamo supporre che qualche
forma di quest’arte possa essere stata
una tecnica antichissima usata dai bardi e
cantastorie.
3
Cfr Francesca Ayes, L’arte della memoria
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____ In ricordo della memoria______________________________________________________________________________________________________________ Preliminari di memoria____
(imagines) il ricordo. Ecco dunque che memoria per
i luoghi e memoria per le immagini divengono i
termini tecnici per quella che verrà definita dal
greco Simonide di Ceo mnemotecnica.
Spetterà a Cicerone nel 55 a.C, mettere ben in
rilievo nel De Oratore come l’ideazione del poeta di
miele
4
, sul fare della memoria, poggiasse non
solo sulla scoperta dell’importanza dell’ordine per
la fissazione del ricordo ma anche sulla scoperta
che di tutti i sensi quello della vista è il più forte
5
,
designando la memoria come tecnica intima
dipendente da impressioni visive di intensità quasi
incredibile.
La storia di Simonide,
6
con la sua macabra
evocazione dei volti di coloro che erano seduti al
loro posto nel banchetto un attimo prima della
terribile fine, può suggerire che le immagini
di esseri umani furono parte essenziale
dell’applicazione di mnemotecnica.
Secondo la ricerca filologica dei testi antichi
trasmessi a Roma, si erano conservate in fonti
greche molte versioni del racconto
7
, le quali si
trovano in opere di Quintiliano e dello stesso
Cicerone, dove si può forse congetturare che
l’esperienza del poeta formasse l’introduzione
usuale alla parte dedicata alla memoria nei
manuali di retorica.
Nei tempi moderni sembra apparentemente un
ramo piuttosto secondario, ma come vedremo sia
nelle età precedenti l’invenzione della stampa, sia
in un presente storico il concetto di memoria
è di importanza vitale nell’assicurare la
sopravvivenza e l’identità della comunità come
del singolo individuo.
Soffermiamoci per ora su quelle che sono le
norme generali che regolano il contratto per
un’ode ben ordinato.
4
Simonide di Ceo (556-468 a.C.) appartiene
all’età presocratica. Nella sua giovinezza,
forse viveva, ancora a Pitagora. Era uno dei
più ammirati critici greci ed era detto “lingua
di miele” : egli eccelse soprattutto nell’uso
delle belle immagini.
5
“E’ stato acutamente osservato da Simonide
o scoperto da qualcun altro che le figure più
complete si formano nella nostra mente dalle
cose che sono avviate ad essa e impresse
in essa dai sensi e che il più acuto di tutti i
nostri sensi e il senso della vista; e che di
conseguenza percezioni ricevute attraverso
gli orecchi o formate attraverso la riflessione
possono essere ritenute più agevolmente, se
vengono avviate alla nostra mente per mezzo
degli occhi” . Cfr . De oratore II,LXXXVII, 357
6
Nel corso di un banchetto da un nobile di
T essaglia di nome Scopa, il poeta Simonide di
Ceo cantò un poema in onore del suo ospite,
che includeva un passo in lode di Castore
e Polluce. Scopa, meschinamente, disse al
poeta che gli avrebbe pagato solo la metà
della somma concordata per il panegirico: egli
avrebbe dovuto farsi integrare il compenso
dagli dei gemelli, ai quali aveva dedicato metà
del poema. Poco dopo, Simonide fu avvisato
che fuori lo attendevano due giovani. Si alzò
dal banchetto, uscì, ma non trovò nessuno.
Durante la sua assenza il tetto della sala del
banchetto crollò, schiacciando sotto le rovine
Scopa e tutti i suoi ospiti; i loro corpi erano
maciullati al punto che i congiunti, accorsi a
raccoglierli per la sepoltura, non furono in
grado di identificarli. Ma Simonide ricordava
i posti a cui essi erano seduti a tavola e poté
quindi indicare ai parenti quali fossero i corpi
dei loro congiunti. Gli invisibili Giovani alla cui
chiamata Simonide aveva risposto, Castore e
Polluce, avevano pagato generosamente al
loro parte del penegerico, facendolo uscire
dalla sala del banchetto proprio prima del
crollo.
7
Quintiliano (Instituzio oratoria XI, II, 14-16) dice
che c’è disaccordo tra le fonti greche sul punto
se il banchetto sia stato tenuto “a Farsalo, come
Simonide stesso sembra indicare in un passo,
e come tramandano Apollodoro, Eratostene,
Euforione e Euripilo di Larissa, o a Crannone, come
affermò Apollas Callimaco, seguito da Cicerone… ”
____ In ricordo della memoria______________________________________________________________________________________________________________ Preliminari di memoria____
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Il primo passo consisteva nell’imprimere
nella memoria una serie di loci.
Il più comune, benché non il solo tipo di sistema
mnemonico,fu di tipo architettonico come ci
testimonia la descrizione del processo di spazio
mentale Quintiliano
8
.
Per formare una serie di luoghi nella memoria, egli
dice che si deve ricordare un edificio, il più
spazioso e vario possibile, con atrio, soggiorno,
camere da letto, senza dimenticare statue ed altri
ornamenti che abbelliscono le stanze, mentre
le immagini che devono richiamare il discorso sono
poste con l’immaginazione nei luoghi
dell’edificio già fissati nella memoria. Dopo questo,
non appena la memoria dei fatti chiede di
essere rivissuta, vengono visitati di volta in volta
tutti questi luoghi e i vari depositi vengono
richiesti indietro ai loro custodi. Una vera e propria
narrazione interiore fatta di visioni e suoni senza
però avvalersi di quelli che sono i tradizionali
mezzi artistici sostituiti da quella pigmentazione
di specie non manuale bensì “introcettiva” , un
fare della memoria.
Dunque questa ideologia di diario ci si
presenta come un vero e proprio “attrezzo” al
quale affidare impressioni attraverso
un procedimento tecnico interiore.
. I loci della memoria
N
ell’Arte della Memoria Francesca A. Yates cita
un ignoto maestro di retorica in Roma che
intorno agli anni 86-82 a.C. in Grecia fu autore
di un utile manuale destinato ai suoi studenti
con il solo titolo Ad Herennium
9
, testo che divenne
famoso nel Medioevo perché ritenuto fosse
opera di Cicerone.
8
Institutio oratoria XI, II, 17-22
9
Quest’opera attinge a fonti greche
sull’educazione della memoria, probabilmente
a trattati greci sulla retorica, che sono andati
tutti perduti. Sulla paternità e altri problemi
dell’Ad Herennium, si veda l’introduzione di H.
Caplan all’edizioneLoeb (1954).
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____ In ricordo della memoria_________________________________________________________________________________________________________________I loci della memoria____
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Cfr Francesca Ayes p.6 capitolo I le
tre fonti latine per l’arte della memoria nel
mondo classico
11
Ci si riferisce qui al Rinascimento in
particolare a Giordano Bruno, De umbris
idearum
1
Ad Herennium, tr , F . Ayes, l’arte della
memoria, c.I le tre fonti latine per l’arte della
memoria nel mondo classico p.8
Nel prezioso manoscritto vengono trattate le
cinque parti della retorica (inventio, dispositio,
elocutio, memoria, pronuntiatio).
Quando l’inedito autore, giunge a parlare
della memoria come parte essenziale
dell’attrezzatura di un oratore, la figura come
un’ “arca” (thesaurus), avente la valenza di
un ventre gravido. Il riferimento dell’anonimo
alla fecondità non è un caso poiché nel mito la
memoria è una dea, Mnemosine, ed è la madre
delle Muse, la quale aggiunge l’autore, porta con
se il gemino della memoria dividendola in:
memoria naturale e memoria artificiale.
“Mentre la memoria naturale è innestata nelle nostre menti, nata
insieme con il pensiero, la memoria artificiale è memoria potenziata o
consolidata dall’educazione. Una buona memoria naturale può essere
migliorata da questa disciplina e persone meno dotate possono avere
la loro debole memoria rafforzata dall’arte.”
10
La natura quindi può essere migliorata dall’arte,
ma quali sono gli strumenti adatti all’artigianalità
della memoria? Inducendoci alla
tentazione di capire, nello specifico, cosa il
maestro intendesse per memoria artificiale,
potremmo dedurre che essa si basa su “luoghi”
e “immagini” definizione alla quale si attingerà
nelle epoche successive.
11
L’idea di locus dunque, stabilisce la scelta di
un territorio facilmente registrabile dalla memoria,
come una casa, un angolo ecc. mentre, le immagini
rappresentano tutti i contenuti che vogliamo
ricordare.
“Poiché i luoghi sono molto simili a tavolette cerate o papiro, le
immagini a lettere, la collocazione e la disposizione delle immagini alla
scrittura, e il pronunciare il discorso alla lettera.”
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