Introduzione
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Nel linguaggio tecnico finanziario, infatti, un commodity trader è un
soggetto che opera anche nel mercato delle valute straniere e dei derivati.
Inoltre, in ambito accademico si è proposto di considerare la varietà del
patrimonio genetico delle specie viventi (biodiversity) al pari di una
commodity.
1
Può, quindi, concludersi che, anche se nel linguaggio comune e
commerciale per commodity si intende ogni merce o materiale tangibile ed
essenziale nel processo produttivo, nel linguaggio tecnico-finanziario la
definizione di commodity si applica ad un bene quando ricorrono due
condizioni: il possesso di un suo valore economico intrinseco e di scambio e la
negoziazione in una Borsa o in un mercato organizzato.
La classificazione più usata, corrispondente ad un retaggio storico più
che ad un’effettiva condivisione di caratteristiche fisiche, individua tre
categorie chiuse ed una aperta:
1. softs
2. metalli
3. energia
Nella prima rientrano i prodotti agricoli (in senso lato): dai cosiddetti
“coloniali” (caffè, zucchero, cacao, tè e spezie) alla gomma, dal succo
d’arancia ai semi di soia, dai prodotti tessili (cotone, lana, seta e pelli) ai
1
G. Heal (1999): Biodiversity as a Commodity, Working Paper Series, in Money, Economics
and Finance, Columbia Business School, Columbia University
Introduzione
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cereali (riso, grano, avena e mais), dai prodotti forestali (legname e
compensato) al bestiame (carne, suini e bovini vivi, pancetta di maiale).
I metalli sono definiti in base alla formazione geologica e alla struttura
chimica. L’unica sottocategoria è quella dei metalli preziosi (oro, argento,
platino, iridio, palladio, rodio e rutenio) che si distinguono da quelli ad uso
prevalentemente industriale (rame, stagno, piombo, zinco, alluminio e nickel).
I principali beni del settore energetico sono il gas, il petrolio ed i derivati
di questi (corrispondenti a livelli diversi di raffinazione della materia prima).
Al di fuori dei mercati regolamentati vengono trattate anche altre forme di
energia: eolica, idroelettrica e geotermica, la cui quantificazione è, tuttavia,
indiretta (in termini di corrente elettrica prodotta).
Da queste tre categorie rimane escluso un elevato numero di commodity
per le quali esistono quasi unicamente mercati futures: dalle assicurazioni
contro le catastrofi ai fosfati, dai chip per computer all’ammoniaca. Altre
commodity sono le pietre preziose, le monete antiche, i materiali da
costruzione, la proprietà intellettuale e i software. In teoria, qualunque bene
oggettivamente identificabile che fosse negoziato e per il quale esistesse una
quotazione potrebbe essere considerato una commodity.
Introduzione
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2. L’investimento in commodity e i Managed Futures
Un’attività in cui sia possibile investire costituisce una “classe” ed apporta
benefici se inserita in un portafoglio diversificato quando essa presenta
caratteristiche uniche di rischio e rendimento, difficilmente ottenibili con altri
investimenti.
2
Secondo questa definizione, le commodity rappresentano senza
dubbio una classe di attività. Argomenti a favore dell’investimento in
commodity provengono ormai da anni sia dagli ambienti accademici, sia da
quelli professionali, ma solo di recente esse hanno suscitato l’interesse degli
investitori operanti al di fuori dei confini statunitensi.
3
Investire in commodity consente, infatti, di:
• proteggere un portafoglio diversificato di attività da eventi
economici come l’inflazione inattesa, la quale favorisce i prezzi delle
commodity, ma deprime i corsi azionari ed obbligazionari;
• beneficiare, almeno nel lungo periodo, di una fonte naturale di
crescita del valore del patrimonio investito;
2
T. Schneeweis e R. Spurgin (1998): Commodity Investing and Diversification Benefits to
Institutional Investors, www.thenyfe.com
3
In proposito, è significativo l’annuncio effettuato in maggio dai gestori del Pggm (il secondo
fondo pensione olandese per importanza) di voler dedicare alle commodity una quota compresa tra il 3
ed il 5% del proprio portafoglio, corrispondenti a 1,51-2,52 miliardi di euro. La composizione della
quota investita in commodity replicherà l’indice Goldman Sachs (la cui struttura sarà illustrata nel
Capitolo 5). Cfr. “Commodity nel mirino dei fondi pensione in Olanda”, Il Sole-24 Ore, 3 maggio
2000, p. 40.
Introduzione
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• sfruttare opportunisticamente, attraverso forme di gestione attiva,
le inefficienze di prezzo che si verificano nei mercati spot e derivati;
4
• migliorare il rapporto rendimento/rischio di un portafoglio
diversificato, data l’assenza di correlazione con i rendimenti di azioni e
obbligazioni.
Fino a pochi anni fa, gli investitori istituzionali hanno escluso o limitato
l’esposizione dei propri portafogli al mercato delle commodity, data anche la
mancanza di strumenti finanziari adeguati. Per commodity investment si è,
piuttosto, inteso tradizionalmente l’acquisto di azioni e obbligazioni di
imprese specializzate nella produzione di prodotti di base o nell’estrazione e
lavorazione delle materie prime. Questo investimento di tipo indiretto,
tuttavia, generalmente non fornisce un’adeguata esposizione ai movimenti dei
prezzi delle materie prime. Infatti, poiché molte imprese ricorrono a strumenti
di copertura delle oscillazioni dei prezzi, il valore del capitale proprio e di
debito non risulta significativamente influenzato dai movimenti dei prezzi
delle commodity.
Oggi, l’investitore che desideri entrare in questo mercato dispone di
numerosi prodotti il cui valore è strettamente legato a quello di una o più
merci.
4
In particolare, mediante arbitraggi di tipo spaziale. Secondo quanto riportato da G. Mattarelli
(“All’Lme acquisti di copertura alimentano la ripresa del rame”, Il Sole-24 Ore, 9 maggio 2000, p.40),
nel mercato del rame “un sostegno ai prezzi sta ancora venendo dalle operazioni di arbitraggio di quei
commercianti che acquistano sull’LME per vendere sulla Borsa di Shangai, dove la quotazione è
superiore di circa 400 dollari”.
Introduzione
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Molte banche d’investimento e centri di ricerca costruiscono, ad
esempio, indici e sottoindici di settore: sul valore di questi è possibile
acquistare contratti futures e opzioni (soprattutto su quegli indici che sono
difficilmente replicabili a causa della complessità del calcolo della loro
composizione). L’analisi delle serie storiche di questi indici è, poi, di
fondamentale importanza nello sviluppo delle strategie di asset allocation.
In quanto strumento d’investimento, l’indice corrisponde ad un
approccio buy and hold, il cui obiettivo è sfruttare l’andamento crescente di
lungo periodo dei prezzi. Tuttavia, l’investitore che, pur non avendo
competenze specifiche nel settore delle commodity, preferisca una gestione di
tipo attivo, confidando nella possibilità di ottenere performance superiori al
benchmark di mercato, può ricorrere ai cosiddetti Managed Futures. Con
questo termine si indicano tre tipologie d’investimento:
• Managed Futures Account;
• Private Commodity Pool;
• Public Commodity Fund.
In tutti e tre i casi, il “gestore” è un operatore che prende il nome di
Commodity Trading Advisor (CTA). Con questo termine si indicano singoli
trader o società di trading la cui specializzazione è l’investimento in strumenti
finanziari derivati (prevalentemente su commodity, ma anche su valute, tassi
d’interesse e indici azionari).
Introduzione
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Formalmente i CTA sono “consulenti”: infatti, a meno che non svolgano
anche attività di brokeraggio e siano, pertanto, membri di una Borsa, essi non
sono autorizzati a ricevere dai clienti i capitali, i quali devono essere, invece,
depositati presso un Futures Commission Merchant (broker specializzato nelle
transazioni di prodotti derivati). In pratica, però, la maggior parte dei CTA
riceve dai clienti un mandato ad effettuare in completa autonomia le scelte di
investimento.
Un Managed Futures Account è un portafoglio gestito da un CTA per
conto di un investitore privato (generalmente, dotato di ampie disponibilità
finanziarie, data l’elevata soglia di investimento minimo).
Più spesso, però, i CTA operano per conto di società di investimento
collettivo del risparmio (investment trust). Queste ultime assumono, in genere,
la veste giuridica di limited partnership, che corrisponde alla società in
accomandita di diritto italiano. Esse possono istituire due tipi di fondi:
(Private) Commodity Pool e (Public) Commodity Fund. Nel primo caso il
socio accomandatario (general partner), detto Commodity Pool Operator
(CPO), organizza il fondo d’investimento, raccogliendo le sottoscrizioni e
selezionando il CTA che si occuperà della gestione del fondo stesso (quasi
sempre, però, il fondo è affidato a più CTA, in modo da ridurne la rischiosità).
Introduzione
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I Pool sono anche detti “fondi privati”, in quanto il numero di soci
accomandanti (limited partners) e le loro caratteristiche sono soggetti ad
alcuni limiti: non possono partecipare al Pool più di 499 investitori, dei quali
al massimo 35 possono essere “non accreditati” (un investitore è detto
“accreditato” quando possiede alcune caratteristiche prestabilite di reddito o
patrimonio).
5
Se questi limiti vengono superati o se, analogamente, le quote
vengono offerte mediante sollecitazione all’investimento, il fondo è
considerato “pubblico” e, in genere, prende il nome di Commodity Fund.
6
La nascita di questi fondi e dei relativi gestori coincide con il boom della
speculazione finanziaria agli inizi degli anni ’80, quando investitori poco
familiari con la sofisticazione degli strumenti derivati, ma attratti dall’effetto
leva da questi offerto, trovarono conveniente affidare i propri investimenti ad
operatori professionali. Da allora il settore dei Managed Futures ha conosciuto
una crescita pressoché ininterrotta della raccolta, pur avendo dovuto lottare
contro una diffusa diffidenza nei loro confronti dovuta alla percezione di una
loro elevata rischiosità. In effetti, non pochi fondi di questo tipo hanno
attraversato periodi di perdite rilevanti, a fronte, tuttavia, di performance di
tutto rispetto ottenute dal settore nel suo complesso.
5
Cfr. F. R. Edwards e J. Liew (1999), “Managed Commodity Fund”, The Journal of Futures
Markets, 19, 4: 377-411.
6
Per l’approfondimento degli aspetti legali e strutturali delle varie tipologie di investimento in
Managed Futures, si rinvia alla lettura del Capitolo 6.
Introduzione
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Rispetto ai Commodity Pool ed ai Commodity Fund, i Managed Futures
Account presentano, oltre a una soglia di investimento minimo più alta, una
rischiosità più elevata e un livello di costi di gestione inferiore.
I Commodity Pool ed i Commodity Fund, infatti, delegando
l’investimento ad uno o, come di solito accade, più CTA, beneficiano di una
doppia diversificazione: nella scelta dei CTA e nelle strategie d’investimento
di ciascuno di questi ultimi. I Commodity Fund, inoltre, raccogliendo i propri
fondi presso il pubblico ed avendo, pertanto, un portafoglio gestito di più
ampie dimensioni, hanno maggiori opportunità di diversificazione rispetto ai
Pool. Questi benefici, in termini di minor volatilità dei rendimenti, sono però
compensati, e a volte più che compensati, dall’incidenza delle commissioni sui
risultati lordi di gestione. Un duplice livello d’intermediazione, infatti, non
può che tradursi in elevati costi di gestione; questi, a loro volta, riducendo
sensibilmente il rendimento netto, hanno reso talvolta poco conveniente, in
termini di rendimento assoluto, l’investimento in questi fondi.
Ciò non toglie, e la ricerca accademica lo ha dimostrato, che
l’inserimento di quote di questi fondi all’interno di portafogli azionari ed
obbligazionari giova alla diversificazione e, quindi, al rapporto
rendimento/rischio. Ciò è particolarmente vero nell’attuale contesto
economico.
Introduzione
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I timori di un aumento dell’inflazione, l’elevata volatilità del mercato
azionario e l’esiguo rendimento dei titoli obbligazionari spingono, in un’ottica
di diversificazione, verso la ricerca di forme alternative di investimento. Le
prospettive di una ripresa economica, inoltre, soprattutto in Europa, lasciano
presupporre per i prossimi anni un comportamento più che positivo dei prezzi
delle commodity.
Capitolo 1. I singoli mercati
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Capitolo 1. I singoli mercati
In questa sezione si esaminano, per le commodity che hanno un peso
determinante nell’economia mondiale, i fattori che, in modo più o meno
diretto, possono influenzare domanda e offerta e, quindi, il prezzo.
La conoscenza di queste variabili e delle relazioni con cui esse sono legate al
prezzo, congiuntamente alle aspettative sul loro valore futuro, sono alla base
dell’analisi fondamentale per la formulazione delle previsioni di prezzo.
1.1. Condizioni per la nascita di un mercato futures
Per ciascuno dei beni di seguito elencati esistono da decenni mercati a
termine. Vi sono, tuttavia, altre commodity, per le quali è consentita solo la
negoziazione a pronti.
Affinché siano possibili la creazione e la sopravvivenza di un mercato futures,
infatti, è necessario che il sottostante possegga almeno quattro caratteristiche.
Capitolo 1. I singoli mercati
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1. Anche se raramente avviene la consegna del sottostante,
7
è necessario che
il bene possa essere conservato per un periodo sufficientemente lungo,
almeno un anno. I prodotti agricoli facilmente deperibili giungono sul
mercato poco dopo il raccolto e sono venduti e consumati in tempi
relativamente brevi: in questi casi non esistono spazi per operazioni
speculative e di copertura.
2. La commodity deve possedere alcune caratteristiche standard
oggettivamente individuabili in modo che non vi siano incertezze sulla
qualità del bene al momento dell’eventuale consegna alla scadenza.
Altrettanto importante, per la stessa ragione, è la possibilità di definire il
contenuto in termini quantitativi dei singoli lotti sui quali è scritto il
contratto. Le Borse, infatti, descrivono con estrema precisione tecnica le
merci che sono ritenute accettabili per la consegna. Ad esempio, la
Chicago Mercantile Exchange ha specificato nel suo contratto futures sul
legname, la lunghezza massima e minima delle tavole, le località in cui le
stesse devono essere state lavorate, nonché i tipi di abeti e pini dai quali il
legno deve essere stato ricavato.
7
In Peck e Williams (1992), è stata calcolata, per i cinque maggiori mercati futures
statunitensi, la percentuale di contratti giunti a scadenza tra il 1979 ed il 1989 rispetto al massimo
valore raggiunto dall’open interest durante il mese di consegna. I valori ottenuti sono compresi tra il
7,4% (futures sul grano scambiato al Kansas City Board of Trade) ed il 18,9% (futures sui semi di
soia scambiato al Chicago Board of Trade).
Capitolo 1. I singoli mercati
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3. Il mercato a pronti deve essere sufficientemente competitivo. La libera
fluttuazione dei prezzi spot è, infatti, al tempo stesso presupposto e
giustificazione della nascita e della sopravvivenza del relativo mercato
futures. Quando, invece, esistono restrizioni dal lato dell’offerta o altre
forme di controllo dei prezzi, la negoziazione di contratti a termine perde
ogni significato.
4. Deve esistere un’effettiva e diffusa esigenza di un mercato a termine per
quella commodity. In altri termini, è necessario che i produttori e gli
utilizzatori abbiano fiducia nella possibilità di coprirsi efficacemente dal
rischio di prezzo mediante il ricorso al mercato dei contratti futures. Se
questo consenso viene meno, il mercato diviene inefficiente ed è destinato
a fallire.