Giordano della C.N.A., per aver proposto il questionario ai loro associati.
Desidero inoltre ringraziare i 56 imprenditori che gentilmente hanno risposto al
questionario, nonché il Prof. Aldo Durante, direttore del Museo dello Scarpone e
della Calzatura Sportiva di Montebelluna, per avermi dato la possibilità di attingere
alle informazioni storiche del Museo.
Ringrazio anche la Camera di Commercio di Treviso, in particolare l’Ufficio
Attività Economiche e Studi diretto dal Dott. Federico Callegari, per le informazioni
di carattere economico e statistico sul distretto di Montebelluna; nonché la Sig.ra
Marzia Vitti, per il prezioso aiuto nell’uso dei computers per la stesura della tesi.
Parte I
Presentazione
Premessa
La prima parte della tesi (i primi tre capitoli) consiste in un lavoro di
presentazione, rispettivamente:
1. della ricerca
2. del territorio in cui si e svolta
3. della storia socioeconomica dell’area (il distretto di Montebelluna)
Capitolo 1
Presentazione della Ricerca
1.1. Gli obiettivi della ricerca
Con tale ricerca si vogliono conoscere ed analizzare tutti quegli aspetti socio-
economici, nonché statistici, inerenti alla formazione degli imprenditori, in
particolare:
™ Grado di scolarizzazione (titolo di studio, corsi professionali, corsi di
aggiornamento)
™ Esperienze lavorative precedenti
™ Ragioni, motivazioni che hanno portato ad iniziare o a continuare l’attività
imprenditoriale
™ Cenni sul settore produttivo d’appartenenza, sulle modalità d’esercizio
dell’attività, sulla tipologia d’impresa e sulle dimensioni raggiunte dalla
medesima
™ Tipologia di cultura tecnica ed imprenditoriale/gestionale al momento
dell’avvio
™ Modalità di reperimento dei mezzi finanziari necessari
™ Difficoltà incontrate nell’avvio
™ Aiuto lavorativo e/o professionale di famigliari, parenti, amici
™ Prospettive future dell’attività intrapresa
1.2. Metodologia di lavoro
Per raggiungere gli obiettivi della ricerca e quindi affrontare tutti gli aspetti
precedentemente elencati, è stato utilizzato un questionario con 17 domande,
contenute in un unico foglio, da proporre agli imprenditori. Ad esso (ne vediamo
una copia nelle pagine in appendice) hanno risposto 56 imprenditori, ed in questo
devo ringraziare molto la Confartigianato e la C.N.A. di Montebelluna, che lo hanno
proposto ai loro associati.
In accordo con queste due associazioni, nel questionario non sono stati chiesti dati
personali (come il nome, il cognome, i dati di nascita, gli indirizzi, i numeri di
telefono, ecc.), né inserite domande che rendessero identificabile in qualsiasi modo
chi lo compilava (es. il nome dell’azienda), per non violare la Legge 675/96 sulla
tutela della privacy. Inoltre non abbiamo posto domande sui bilanci delle aziende, né
sui fatturati e neppure sugli importi dei capitali investiti, perché questi dati non
c’interessavano ai fini della nostra ricerca.
Nel questionario alcune domande prevedevano una singola risposta come per l’età,
titolo di studio, anno d’inizio dell’attività imprenditoriale, la tipologia d’impresa e il
numero di addetti. Altre invece prevedevano risposte più complesse o multiple,
come quelle sui vari corsi professionali o d’aggiornamento frequentati, le attività
lavorative precedenti, le varie modalità d’esercizio dell’attività intrapresa, nonché i
modi di reperimento dei mezzi finanziari necessari. Per altre, infine, la risposta era
sicuramente più personale e discorsiva, come quella sull’aspetto motivazionale di
una tale scelta (che non è solo professionale, ma di vita), o, sulla tipologia di cultura
tecnica ed imprenditoriale posseduta all’inizio, nonché sulle varie difficoltà
incontrate nell’avvio. Ovviamente non tutti gli intervistati hanno risposto a tutte le
domande: molti non ricordavano i dettagli di vicende passate ormai da molti anni, o
non sapevano rispondere perché il quesito richiedeva un certo calcolo percentuale
(ad esempio sui vari mezzi di finanziamento), o in altre ancora, non si è risposto
ritenendo forse il quesito più “delicato” di altri.
Nel complesso, però, le risposte ottenute sono state piuttosto chiare e significative,
ed in questo devo ringraziare in particolare la Dott.ssa Patrizia Gallina della
Confartigianato di Montebelluna, che ha raccolto ben 46 questionari sui 56
complessivi, risolvendomi così anche il problema dell’approccio con gli
imprenditori
1
, i quali ovviamente, si confidavano di più e meglio con un
rappresentante della loro associazione, che con un esterno.
1.3. Sviluppo della ricerca
Risolto così il problema principale della ricerca (l’approccio con gli
intervistati) e terminata la raccolta dei questionari, si è ottenuto un campione molto
variegato per età e settori produttivi d’appartenenza, pari a circa 1,5 % degli oltre
3700
2
piccoli imprenditori ed artigiani del montebellunese (vedi tabella 1.2).
Tab. 1.1. Incidenza delle imprese artigiane nel distretto di Montebelluna
Unità locali
Imprese artigiane Imp. artigiane / Unità locali in %
13.477 3.759 27,8%
Banca dati: SAST-ISET secondo semestre 1999, l’elaborazione è mia
Tab. 1.2. Incidenza del campione nelle unità locali e nelle imprese artigiane del distretto di Montebelluna
Unità locali Imprese artigiane Campione Camp./ Unità locali in % Camp./ Imp. artigiane in %
13.477 3.759 56 0,41% 1,48%
Banca dati: SAST-ISET secondo semestre 1999, l’elaborazione è mia
1
Solo in pochissimi casi ho contattato direttamente gli imprenditori.
2
In questo dato sono comprese tutte le imprese del distretto con meno di 20 addetti, operanti in tutti i
settori produttivi (compresi l’agricoltura, il commercio, i trasporti, i servizi, ecc).
Quest’ultimi, come si vede nella tabella 1.1, rappresentano più di un quarto di tutte
le unità locali
3
presenti nel territorio.
Ottenuto il campione, abbiamo aggregato i dati contenuti nelle risposte, per costruire
il “profilo medio” del piccolo imprenditore all’inizio della propria attività.
In questa fase la difficoltà principale, è stata la classificazione delle risposte ai
quesiti n. 5, 11, 12, 14, inquanto molto discorsive e personali, trattando di
motivazioni e di difficoltà incontrate; in ogni caso, ho cercato di interpretare il senso
prevalente che emergeva dalla risposta.
Poi, ottenuti i dati aggregati, li abbiamo confrontati tra loro: questa è stata la fase più
complessa e laboriosa, nonché dispersiva in termini di tempo, perché fatta tutta
manualmente con l’unico ausilio della calcolatrice. Ma è anche la parte della ricerca,
che ha dato i risultati più interessanti: per esempio, dal confronto tra il titolo di
studio e l’età, è emerso l’evolversi del grado di scolarizzazione tra gli imprenditori,
o, altro confronto interessante, il legame tra le esperienze lavorative precedenti e il
modo di finanziare l’inizio della propria attività imprenditoriale.
A questi risultati ho aggiunto le osservazioni che mi sembravano più evidenti ed
opportune. Dal sunto di queste ultime, ho tratto le mie conclusioni, dopo aver
cercato anche, nell’ultimo capitolo, di tratteggiare le prospettive future dell’attività
intrapresa da questi piccoli imprenditori.
3
Le unità locali sono costituite “dall’impianto o dal corpo di impianti, situati in un dato territorio, dove la
ditta effettua materialmente le attività intese alla produzione o alla prestazione di servizi”. Anche in
questo caso, il dato comprende unità operanti in tutti i vari settori produttivi, quindi anche l’agricoltura, il
commercio, l’istruzione, la sanità, ecc.
Capitolo 2
Presentazione del territorio in cui si è svolta la ricerca
Premessa
In questo capitolo analizziamo le caratteristiche attuali del territorio in cui si è
svolta la ricerca, ponendo particolare attenzione alla struttura demografica ed
infrastrutturale dell’area, nonché alla tipologia d’imprese che vi sono presenti
2.1. Il montebellunese come parte della provincia di Treviso
Il montebellunese è una delle zone storicamente più dinamiche della provincia
di Treviso, grazie soprattutto al tradizionale distretto calzaturiero e alla miriade di
piccole imprese che vi sono presenti.
Tutta la provincia, malgrado alcune sue carenze infrastrutturali (vedi la rete
ferroviaria, gli impianti elettrici, acque e depuratori nella tabella 2.3), ha avuto
nell’ultimo decennio un forte sviluppo economico
1
ed un notevole incremento del
reddito per abitante, come si vede nelle tabelle 2.1. e 2.2.
Indubbiamente, i connotati positivi espressi dalla provincia sono il risultato di
una
progressiva apertura dell’economia locale ai mercati esteri
2
, visto che il tasso di
apertura è cresciuto di ben 19 punti nel corso degli anni Novanta, esprimendo un
valore pari a 59,2, nel 1998 (tabella 2.4.)
3
.
1
Attualmente Treviso è la terza provincia in Italia per livello d’industrializzazione, mentre il Veneto è al
secondo posto dopo la Lombardia.
2
La provincia di Treviso esporta il 50 % del proprio Valore Aggiunto prodotto, per un’ammontare
superiore, nel 1996, a quello delle regioni Sardegna, Puglia e Molise messe assieme; ciò contribuisce a
rendere il Veneto la seconda regione d’Italia per valore di merci vendute all’estero, dopo la Lombardia.
3
Osservatorio Distrettuale di Montebelluna, anno 2000, pag. 9, a cura dell’Ist. G. Tagliacarne per la
C.C.I.A.A. di Treviso.
Tab. 2.1. Variazione del numero indice del P.i.l. pro capite (pro capite Italia = 100)
Provincie Numero indice 1991 Numero indice 1998 Variazione 91/ 98
Belluno 102,1 97,6 - 4,5
Padova 117,4 124,3 6,9
Rovigo 97,2 102,3 5,1
Treviso 112,7 125,3 12,5
Venezia 108,3 111,8 3,5
Verona 116,4 127,6 11,2
Vicenza 118,5 125,6 7,1
Veneto 113,0 120,7 7,7
Fonte: elaborazione su dati Ist. G. Tagliacarne
Tab. 2.2. Andamento del P.i.l. pro capite nella provincia di Treviso e nel Veneto (in migliaia di lire)
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998
Treviso 27.019 29.203 29.958 31.923 35.535 37.890 39.983 39.746
Veneto 27.096 28.997 30.218 31.889 34.907 36.987 38.112 38.321
Fonte: elaborazione su dati Ist. G. Tagliacarne
Tab. 2.3. Indicatori di dotazione infrastrutturale nelle province del Veneto
Strade e
autostrade
Rete
ferroviaria
Metano-
dotti
Impianti
elettrici
Acque e
depuratori
Telecomuni-
cazioni
Porti Aero-
porti
Servizi
alle
Imprese
Totale
Belluno 105,5 35,2 64,5 108,4 110,4 45,7 47,9 36,1 47,0 70,4
Padova 100,9 99,4 111,2 56,4 129,1 112,3 218,8 49,4 92,7 104,9
Rovigo 72,9 64,4 89,0 400,2 114,3 97,5 71,3 41,8 53,3 121,6
Treviso 110,5 88,2 101,2 66,8 98,1 103,2 345,3 96,2 68,9 113,5
Venezia 120,9 99,5 104,9 163,9 104,9 119,2 347,3 59,6 65,8 128,8
Verona 118,9 149,1 107,6 63,8 103,7 103,1 37,8 70,9 74,9 93,5
Vicenza 121,6 59,7 106,9 63,3 109,7 93,1 73,1 41,5 55,7 82,8
Veneto 111,7 94,7 103,5 101,9 109,7 103,0 163,1 56,5 69,7 101,5
Fonte: Ist. G. Tagliacarne
Tab. 2.4. Andamento dei principali indicatori del commercio estero nella provincia di Treviso
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998
Tasso di apertura 40,2 40,9 48,6 54,9 61,7 57,0 57,4 59,2
Propens. Export 27,3 28,2 35,0 39,2 43,5 41,1 40,9 42,1
Propens. Import 12,9 12,7 13,6 15,7 18,1 15,9 16,5 17,1
Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Istat
Tendenza confermata, inoltre, dalla quota sempre crescente del P.i.l. provinciale
legata alle esportazioni (l’indice della propensione all’export passa da 27,3, nel
1991, a 42,1, nel 1998).
Nel 1999, la domanda estera è essenzialmente determinata, forse in maniera
eccessiva, dai mercati europei (57,3 % dell’export provinciale contro il 7,8% degli
USA) e il saldo della bilancia commerciale è positivo, con un surplus pari a circa
7.600 miliardi.
Tab. 2.5. Mercati di sbocco delle esportazioni della provincia di Treviso. Anno 1999.
Aree geografiche Valori in migliardi di lire Composizione Variaz. sull’anno precedente
Unione Europea 7.774 57,3 2,7
Europa Centro Orientale 2.107 15,5 6,9
Altri Paesi Europei 627 4,6 -0,7
Africa Settentrionale 285 2,1 14,9
Altri Paesi Africani 80 0,6 -6,4
America Settentrionale 1.056 7,8 16,4
America Centro Meridionale 284 2,1 -16,9
Medio Oriente 308 2,3 -3,0
Asia Centrale 50 0,4 40,5
Asia Orientale 894 6,6 17,8
Oceania Ed Altri Territori 102 0,8 -4,5
Mondo 13.567 100,0 4,5
Fonte: elaborazioni Ist. G. Tagliacarne su dati Istat
2.2. I distretti industriali
Il fenomeno dei distretti industriali, di cui il montebellunese costituisce un
chiaro esempio, è una realtà molto importante nel panorama produttivo italiano. In
alcuni casi, già dall’inizio del Novecento, esistevano in Italia sistemi territoriali di
piccole imprese specializzate in specifici settori o comparti. Nel dopoguerra, si è
assistito ad un incremento di tali sistemi con il consolidamento di quelli già esistenti
e con la rapida formazione di altri. I settori industriali che favorirono questa
tipologia produttiva furono quelli a “tecnologia matura” o labour-intensive, quindi i
tradizionali settori del tessile, dell’abbigliamento, del mobile, della calzatura, che
necessitavano di una specializzazione artigianale e di numerosa manodopera
qualificata.
Il Veneto sviluppò pienamente questa struttura produttiva, godendo dei vantaggi
derivati dalle lavorazioni in serie in aree a bassi salari o dalla loro commissione ai
vari laboratori “terzisti”, e conseguendo, a partire dalla fine degli anni sessanta,
ottimi successi commerciali. In generale, sono proprio le regioni italiane che hanno
adottato maggiormente il sistema dei distretti industriali, quelle che hanno realizzato
nel secondo dopoguerra i maggiori incrementi in termini d’industrializzazione
4
.
Il primo studioso ad occuparsi della realtà dei distretti industriali è stato, tra
l’Ottocento e il Novecento, l’economista inglese Alfred Marshall, il quale ha
dimostrato che i vantaggi della grande scala produttiva possono essere realizzati
anche da un insieme d’imprese di piccole dimensioni, concentrate in un determinato
territorio, suddivise per fasi produttive ed attingenti ad un unico mercato locale del
lavoro (ne vediamo una schematizzazione nella figura 2.1.).
Secondo l’impostazione marshalliana, ripresa e rielaborata da Becattini (1989, n. 3)
il distretto industriale è:
<<Un’entità socioeconomica caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area
territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una
comunità di persone e di una popolazione d’imprese industriali>>
5
.
Le sue caratteristiche
6
sono le seguenti:
1) accentuata divisione del lavoro tra le imprese;
2) scomponibilità in fasi del processo produttivo;
4
Cfr. Becattini G., Bianchi G., Sulla multiregionalità dello sviluppo economico italiano, in “Note
Economiche”, n. 5-6, 1982.
5
Cfr. Becattini G., Piccole e medie imprese e distretti industriali nel recente sviluppo italiano, in “Note
Economiche”, n. 3, 1989.
6
Tratte da Caberlotto G., Storia del distretto calzaturiero Montebellunese. La storia imprenditoriale della
famiglia Caberlotto, tesi di laurea in Scienze Politiche, Università di Padova, Anno Accademico 1993/ 94,
relatore Prof. Giorgio Roverato.
3) presenza di una comunità locale ben integrata, caratterizzata da frequenti
rapporti personali tra i soggetti locali;
4) legame tra piccoli produttori e mercati esterni di sbocco;
5) continue innovazioni tecnologico-organizzative;
Marshall spiega l’alto grado di efficienza riscontrato nei distretti con il termine di
“economie di agglomerazione”, le quali, stimolando la produttività consentono una
riduzione dei costi dei fattori produttivi, favorendo così la nascita e la crescita delle
imprese. All’interno del distretto (fig. 2.1.), infatti, vi è facilità di scambio
d’informazioni con la creazione di un tessuto di rapporti e di sinergie produttive tra
le imprese, rapida diffusione dell’innovazione provocata dalla forte competizione
che si genera al suo interno; nascita e sviluppo, con il tempo, di una “mentalità
industriale” da cui possono sorgere attitudini sia al lavoro industriale sia
all’imprenditoria, così forti, da apportare all’intero settore dei vantaggi reali molto
competitivi. Esiste quindi “un’atmosfera industriale”, dovuta alla concentrazione di
grandi masse di persone addette a mestieri tra loro simili, che favorisce
l’accumulazione di particolari professionalità operaie e aumenta, di riflesso, la
possibilità d’innovazioni interne al distretto.
“L’Industrial Atmosphere” (così chiamata da Marshall) si configura pertanto per il
distretto, come un vantaggio comparato rispetto ai sistemi di produzione organizzati
differentemente, in quanto, riducendo i costi di relazione tra i soggetti che
v’interagiscono al suo interno, ne abbassa le spese per l’informazione senza
innalzarne contemporaneamente quelle di coordinamento
7
.
7
Cfr. Bianchi P., Concorrenza dinamica, distretti industriali e interventi locali, in Gobbo F., Distretti e
sistemi produttivi alla soglia degli anni ’90, Milano, Angeli, 1989.
Fig. 2.1: Schematizzazione del distretto industriale marshalliano.
Fonte: Vettoretti Antonio, Nascita e sviluppo di un distretto industriale. Il caso di Montebelluna, pag. 34, tesi di
laurea in Psicologia, Università di Padova, Anno Accademico 1998-99, relatore Professor Mario Santuccio.
2.3. Il distretto di Montebelluna
Questo distretto prima si è consolidato attorno alla produzione dello scarpone
da sci (e del doposcì), arrivando a concentrarne il 90% della produzione nazionale
nel 1978
8
, e poi a continuato a svilupparsi negli anni Ottanta, diversificandosi nella
produzione della calzatura sportiva in generale
9
. Però lo sviluppo che lo ha
caratterizzato è fondato su un nucleo di conoscenze specializzate riguardanti l’intera
filiera produttiva, comprendente quindi anche, i settori collegati e di supporto (come
la produzione e la lavorazione di materie plastiche, l’industria degli stampi e delle
componenti) all’attività primaria.
Il concetto di sviluppo integrato ha quindi trovato nel sistema di Montebelluna il suo
punto di forza principale. Ma ciò che viene definito cluster insulare
10
, ossia
interdipendenza strutturale tra settori correlati e di supporto nell’ambito quasi
esclusivo di un’area circoscritta, è stato arricchito nel corso degli anni, grazie alla
partecipazione estera in aziende locali di grandi dimensioni, di nuovi influssi
tecnologici, organizzativi e di mercato.
Inoltre, negli ultimi decenni, come ha evidenziato la mia ricerca, sono nate e
cresciute centinaia di piccole o medie imprese non necessariamente collegate al
calzaturiero, ma favorite dal dinamismo economico presente nell’area.
Il modello di sviluppo espresso nel montebellunese, manifesta il carattere evolutivo
distrettuale tipico del Nordest.
La diffusione del sapere contestuale, assieme al progresso del sapere tecnologico-
scientifico, ha determinato la radicalizzazione e lo sviluppo dei caratteri del
distretto.
11
Se tali fenomeni hanno avuto come valvola propulsiva l’internazionalizzazione
8
Valutazione Fulta Veneto 1978.
9
Creando il distretto industriale dello sport system.
10
Tale concetto viene mutuato dall’analisi di Porter “Il vantaggio competitivo delle Nazioni”,
Mondadori, 1991.
11
Osservatorio Distrettuale di Montebelluna, anno 2000, pag. 13, a cura dell’Ist. G. Tagliacarne per la
C.C.I.A.A di Treviso.
commerciale (a cui è pure seguita quella produttiva), ora si trovano a dover
considerare in modo diverso i rapporti con il mercato mondiale, dal quale arrivano
flussi informativi (tecnologici e organizzativi) che richiedono una riflessione sulla
direzione che lo “sviluppo” del sistema locale deve percorrere.
2.3.1. Delimitazione dell’area.
L’area comprendente il distretto di Montebelluna si estende per circa 380 Kmq
e comprende sedici comuni della provincia di Treviso. Il loro elenco, così come
stabilito nella delibera della regione Veneto, è il seguente: Altivole, Asolo, Caerano
di San Marco, Castelcucco, Cavaso del Tomba, Cornuda, Crocetta del Montello,
Giavera del Montello, Maser, Monfumo, Montebelluna, Nervesa della Battaglia,
Pederobba, Possagno, Trevignano, Volpago del Montello. Come si vede
nell’immagine a pagina seguente, sono posti nella fascia pedemontana a nord-ovest
del capoluogo di provincia e tutti, ad eccezione dei due comuni più a sud di Altivole
e Trevignano, presentano almeno una parte del loro territorio in collina (il Montello
e i colli Asolani) o addirittura sulle prime montagne. Questa non è l’unica
delimitazione geografica del distretto di Montebelluna, c’è anche quella proposta
dall’O.S.E.M.
12
, basata sul posizionamento delle numerose imprese calzaturiere e
delle loro attività collaterali, la quale comprende anche comuni geograficamente non
appartenenti al montebellunese come Castelfranco Veneto, mentre né considera altri
che geograficamente vi appartengono come extra distretto (vedi i comuni di Cavaso
del Tomba e Monfumo nella figura 2.3.).
12
Osservatorio Socio Economico del Montebellunese, ospitato presso il Museo dello Scarpone e della
Calzatura Sportiva di Montebelluna, diretto dal professor Aldo Durante. L’O.S.E.M. dal 1984 redige e
pubblica ogni anno un rapporto, curato dallo stesso professor Durante, in cui si fà un “bilancio”
dell’andamento produttivo ed occupazionale del locale settore calzaturiero. Pertanto esso rappresenta la
fonte principale di studi ed informazioni sull’andamento del distretto di Montebelluna.