43
CAPITOLO 4: VIOLENZA SUGLI OMOSESSUALI
Negli ultimi anni si è molto parlato degli omosessuali, dei loro diritti come l’unione civile,
le adozioni, ma principalmente delle violenze fisiche e verbali che ogni giorno sono disposti
a subire. Molti giornali importanti hanno trattato questo argomento, ma anche alcune
trasmissioni televisive con lo scopo di sensibilizzare, in maniera più diretta e semplice,
l’intera popolazione. Gli strumenti di comunicazione, maggiormente utilizzati per fare
campagna di sensibilizzazione, sono stati i social network, principalmente Facebook,
Instagram e Twitter. Su queste piattaforme ogni giorno si trovano notizie di cronaca, pareri
dei vari partiti politici, opinioni da parte del clero, ma principalmente racconti di esperienze
vissute direttamente dagli omosessuali.
L’Istat dichiara: «Circa il 40% delle persone che si sono dichiarate omosessuali o bisessuali
ha affermato di essere stato oggetto di discriminazioni significative all’interno dell’ambito
formativo e/o lavorativo, alle quali si sommano le forme di stigmatizzazione ed esclusione
subite in altre situazioni»
70
.
I gay, le lesbiche e i transessuali vengono visti, da una parte della collettività, come outsider.
Questo avviene perché nel Ventunesimo secolo sono considerati come “diversi”. Ma diversi
per cosa? Per essere attratti, per provare dei sentimenti, per amare una persona del suo stesso
sesso? Ciò non significa essere diversi, ciò significa essere sé stessi. Infatti gli omosessuali
hanno un orientamento sessuale che li porta ad amare e a sentirsi attratti da persone del loro
stesso sesso, non si sa da cosa dipenda ma sappiamo che non è una scelta, perché ha a che
fare con le emozioni e con gli istinti. Prima del 1990 l’omosessualità veniva considerata
come una malattia. Nonostante ciò sono ancora molte le persone che in Tv, nelle istituzioni
e nella vita di tutti giorni continuano ad affermare il contrario. Questa convinzione può
indurre, come già successo, ad atti di omofobia fisica e/o verbale verso persone realmente o
anche solo apparentemente “non eterosessuali”.
Lo psicologo americano, George Weinberg, utilizza il temine omofobia nella sua opera
Society and the healthy homosexual. «Questo neologismo indica l’irrazionale paura degli
eterosessuali di trovarsi in presenza di omosessuali e le reazioni di avversione e
70
SERGIO MAUCERI, Omofobia come costruzione sociale. Processi generativi del pregiudizio in età
adolescenziale, Franco Angeli, Milano 2015, p. 11.
44
discriminazione nei loro confronti che hanno origine nel pregiudizio»
71
. Questo
atteggiamento è dato dal fatto che gli eterosessuali omofobi vogliono combattere questo
“fenomeno” perché lo ritengono contro natura e per difendere le ideologie e i valori,
retrogradi, che fino al decennio scorso esistevano.
Etimologicamente parlando il termine “omosessuale” significa paura dell’uomo in quando
il prefisso homo tradotto dal latino e dal greco significa uomo. In greco però la parola “homo”
significa anche “stesso”, dunque il termine “omofobia” significherebbe: paura del simile.
Quindi tale termine è un neologismo ambiguo. Diversi autori infatti hanno proposto
neologismi alternativi come: eterosessismo, omonegativismo e omosessismo. Tutti però per
descrivere gli atteggiamenti negativi che le persone hanno contro l’omosessualità e contro
le persone omosessuali. Oggi il termine più utilizzato a livello mondiale, per descrive le
forme di discriminazione, violenza e ostilità contro i gay e le lesbiche, è omofobia.
Una distinzione importante da fare è tra omofobia istituzionale e individuale.
• Omofobia istituzionale: viene esercitata da coloro che detengono il potere politico,
sociale e religioso (dunque tutte le istituzioni principali). Il metodo operandis è quello
di influenzare la comunicazione tramite la pubblicazione di articoli e video volti a
«ridicolizzare o stigmatizzare le persone omossessuali o a incitare all’odio
omofobico»
72
. La maggiore influenza però ce l’hanno a livello legislativo perché solo
cosi possono negare l’accesso ai diritti fondamentali o alla “cittadinanza” sociale.
• Omofobia individuale: fa riferimento sia ad atteggiamenti che a comportamenti
discriminatori o ostili per simboleggiare un’inferiorità disumana. Vi è una distinzione
all’interno dell’omofobia individuale. La prima è il pregiudizio omofobico che fa
riferimento agli atteggiamenti che sottolineano la disapprovazione verso i gay e le
lesbiche, la seconda è la discriminazione cioè un insieme di comportamenti attuati
per offendere, escludere ledere e/o umiliare l’integrità psico-fisica degli omosessuali.
L’omofobia è una forma di razzismo. Lo ribadisce il Parlamento europeo nella risoluzione
del 18 gennaio 2006: «Può essere definita come una paura e un’avversione irrazionale nei
confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, basata sul
71
Ivi, p. 15.
72
Ivi, p.16.
45
pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e così via, che si
manifesta nella sfera pubblica e in quella privata sotto forme diverse»
73
.
L’omofobia è l’ostilità dei “normali” per i gay, ciò «comporta una serie di reali azioni sociali,
che vanno dalla discriminazione sul lavoro alla denigrazione dei media fino all’arresto e
qualche volta all’assassinio»
74
. Lo scopo di questi atti non è solo quello di punire i gay per
il loro orientamento sessuale ma è anche quello di segnare i confini sociali proprio perché
vengono considerati come una razza inferiore e soprattutto per far prevalere la propria
mascolinità o femminilità. Un altro motivo può essere che tutti quegli eterosessuali, che fino
ad allora non conoscevano quel lato omosessuale nascosto in sé o che lo avevano soppresso
volontariamente e che si definivano eterosessuali al 100%, si trovano a mettere in
discussione se stessi e ciò provoca una destabilizzazione interiore che si trasforma in
repulsione o violenza contro i gay e le lesbiche dichiarate.
L’omofobia generalmente nasce già in età infantile quando in un gruppo di bambini vi è un
bimbo con tendenze femminili che viene preso di mira tramite scherzi e insulti e che possono
addirittura provocare nella vittima l’odio per sé stessi. Però sabbiamo benissimo che un
bimbino di 10 anni non è in grado di formulare un proprio pensiero su un argomento così
delicato, quindi il tutto può essere riconducibile all’idea che i genitori hanno riguardo
l’omosessualità. Infatti la prima domanda che gli adulti solitamente pongono ad un bambino
maschio è: “Ce l’hai la fidanzatina?”, come se un bambino già potesse sapere qual è il
proprio orientamento sessuale, ma questa domanda diventa anche un modo per indirizzare i
bambini all’eterosessualità. O addirittura se i genitori si accorgono che un amico del proprio
figlio ha tendenze femminili, vietano al proprio figlio di giocare o di uscire con lui come se
l’essere gay fosse contagioso. Quando invece vedono che è il proprio figlio ad avere
tendenze omosessuali cercano in qualsiasi modo di ostacolarlo imponendogli sport
prettamente maschili come il calcio o il karate non rispettando il volere del bimbo il quale
preferisce sport diversi come la danza. Ma ciò che più può segare i bambini e gli adolescenti
è quando i propri genitori commentano in maniera negativa e forte un ragazzo gay o una
ragazza lesbica che incontrano per strada o in un locale. Ciò non provoca solo un’influenza
al pensiero del figlio ma provoca il timore di come potrebbero reagire i propri genitori se
73
RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SULL’OMOFOBIA IN EUROPA, in
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2006-
0018+0+DOC+XML+V0//IT
74
ROBERT W. CONNEL, Maschilità. Identità e trasformazioni del maschio occidentale, tr. It. di David
Mezzacapa, Feltrinelli, Milano 1996, p. 45.
46
anche loro fossero omosessuali, ed è forse proprio per questo il vero motivo per il quale
molti ragazzi non fanno coming out, o provano un disprezzo verso sé stessi o, nei casi più
estremi, tentano il suicidio.
Ogni anno, come afferma il porta voce del Gay Center Fabrizio Marazzo, sono più di 20mila
le persone che si rivolgono al Gay Help Line, di cui 7mila sono minorenni ed oltre 300 sono
soggetti costretti in grave condizione di violenza familiare. Questi sono dati allarmanti,
perché nel ventunesimo secolo non è possibile che gli omosessuali debbano subire tali
violenze, soprattutto perché «Quando i ragazzi raccontano quello che vivono a scuola, ai
servizi sociali, etc... le loro storie vengono spesso sottovalutate o in alcuni casi sono gli stessi
adulti che dovrebbero tutelarli a esprimere pregiudizi su lesbiche, gay e trans»
75
.
4.1 VIOLENZA SUI GAY
Sono molte le storie di cronaca che raccontano di stupri, suicidi e omicidi di persone perché
sono gay.
«L’ultimo pestaggio di questo inizio 2019 è avvenuto a Barcellona, sulla metropolitana»
76
:
Un giovane ragazzo mentre stava in metro per andare a lavoro è stato inizialmente
apostrofato da quattro ragazzi. “Cosa c’è che non va in te?”, ma le provocazioni si sono fatte
molte più pesanti: “Certo, tu non sei un uomo, sei un frocio”. A quel punto il ragazzo ha
subito chiesto aiuto ma il peggio doveva ancora arrivare. Infatti quando il giovane è sceso
dalla metro l’hanno seguito e aggredito con calci e pugni. Il ragazzo inizialmente ha cercato
di difendersi facendo finire due ragazzi sul pavimento. Ma comunque erano quattro ragazzi
contro uno. Per fortuna le guardie di sicurezza sono arrivate prima che la situazione
diventasse una vera e propria tragedia.
Il termine “frocio” viene usato dagli omofobi in modo dispregiativo, per offendere un
ragazzo gay. Infatti sono molte le battaglie della comunità LGBT per far capire che questo
termine, rivolto a una persona sensibile, può recare danni emotivi non indifferente.
Le aggressioni avvengono, purtroppo, anche nei luoghi più comuni, infatti come ha riportato
il Corriere Alpi, «Giovane bellunese insultato perché gay, e ferito al volto»
77
. Il 5 gennaio
75
HUFFINGTONPOST, in https://www.huffingtonpost.it/2018/02/28/schiaffi-pugni-e-ustioni-con-la-
benzina-14enne-gay-denuncia-violenze-da-parte-della-famiglia_a_23373328/
76
GAY, in https://www.gay.it/attualita/news/barcellona-omofobia
77
GAY, in https://www.gay.it/primo-piano/news/belluno-ragazzo-insultato-aggredito-gay
47
del 2018 un ragazzo mentre stava in un locale con le sue amiche e con i suoi amici è stato
inizialmente insultato da una donna, di quaranta anni circa, “tu sei frocio”, il ragazzo
inizialmente non ha dato peso agli insulti, ma la donna continuava imperterrita ad insultarlo
fin quando il ragazzo gli ha chiesto il perché di tutte quelle offese. Ma la donna talmente
infastidita da quel ragazzo perché era gay gli ha lanciato in faccia un bicchiere di vetro con
dentro tutto il contenuto. Fortunatamente la sicurezza è intervenuta prima che la situazione
degenerasse e il ragazzo ha riportato solamente delle ferite sul volto.
Altre volte le violenze si trasformano in un vero e proprio omicidio. Il giornale La
Repubblica il 12 luglio 2005 pubblica una notizia alquanto sconvolgente «Gay torturato e
ucciso nel parco»
78
e il 13 luglio 2005 «Paolo, vittima di un 'gioco' crudele ferito dal branco,
morto dissanguato»
79
. La vittima è l’attore cinematografico e televisivo Paolo Seganti. La
sera del 11 luglio Seganti esce, intorno le 22, di casa dicendo alla madre di andare ad
innaffiare le piante, da lui stesso piantate, al Parco delle Valli. Ma tra le 22 e le 22,30 gli
abitanti di un condominio adiacente al parco sentirono le urla “Fermatevi! Fermatevi!” e un
uomo con una maglietta bianca che si allontanava. Qualcuno chiamò la polizia che arrivata
poco dopo non entrò dentro il parco ma fece un controllo solo da fuori perché pensavano che
era l’ennesima discussione tra due ubriaconi, ma là dentro era successo ben altro. È stato
ritrovato la mattina dopo con ben diciannove coltellate sferrate sui glutei, due tagli profondi
nelle parti intime, un chiaro riferimento, come hanno detto gli inquirenti, alla sessualità.
Infatti Seganti era gay. Il gruppo di omofobi ha compiuto un massacro alquanto violento
fatto a più riprese: calci, pugni, mazzate e poi quel colpo di lama che gli ha tranciato il naso.
Il trentacinquenne Paolo Seganti è stato ucciso perché era gay.
Dopo aver comunicato questa notizia i giornali e i telegiornali gestiti delle istituzioni non
hanno più fornito informazioni legate a tale omicidio. Come ad esempio non aver divulgato
le numerose fiaccolate che i cittadini di Roma hanno organizzato in memoria di Paolo
Seganti. Questo perché le istituzioni non volevano fare campagna di sensibilizzazione,
riportando invece semplicemente la notizia di un omicidio, svalutando la gravità di tale
evento soprattutto avvenuto in un paese che si definisce civile. Ma proprio in quel caso la
78
LA REPUBBLICA, in https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/07/12/gay-
torturato-ucciso-nel-parco.rm_024gay.html
79
LA REPUBBLICA, in https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/07/13/paolo-
vittima-di-un-gioco-crudele-ferito.html