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INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni, in un numero crescente di città europee,
l’Amministrazione locale ha compreso l’importanza di intraprendere politiche
di sviluppo a favore della mobilità ciclistica urbana. Per promuovere la
mobilità ciclistica urbana non solo è riduttivo limitarsi all’infrastruttura fisica,
ad esempio costruendo una fitta rete di piste ciclabili ben collegate tra loro,
dotando la città di rastrelliere o stazioni di gonfiaggio ma, nonostante sia un
aspetto sottovalutato da numerose Amministrazioni locali, è fondamentale
prendere in considerazione anche l’infrastruttura sociale legata alla figura della
bicicletta. Così, una volta compresi i vantaggi dell’utilizzo della bicicletta, per
far sì che sempre più cittadini cambino le proprie abitudini di spostamento
quotidiano, è necessario adottare strategie di comunicazione in grado di
cambiare il comportamento collettivo.
Le motivazioni principali che hanno contribuito ad affrontare il tema della
mobilità ciclistica urbana sono molteplici. In primis, una forte passione per il
mondo della bicicletta, poi un viaggio in Olanda, che mi ha convinto sulle reali
potenzialità possedute da una città bike-friendly e, infine, aspetto più
importante per la realizzazione dello studio, la scarsità, l’inadeguatezza o la
totale mancanza di strategie comunicative in alcune città europee che, al fine di
promuovere la mobilità ciclistica, investono quasi interamente
sull’infrastruttura fisica.
Tra le città europee con il livello di ciclabilità urbana più elevato ne sono
state scelte alcune che si sono distinte per la molteplicità di strategie di
comunicazione utilizzate per promuovere l’utilizzo della bicicletta. Tra queste
è stato condotto uno studio con l’obiettivo di comparare le strategie adottate e
individuare la presenza di analogie o differenze nella comunicazione della
figura della bicicletta, in modo tale da poter fornire una linea guida per quelle
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Amministrazioni locali che, tuttora, sono scettiche di fronte al tema della
mobilità ciclistica urbana.
La tesi è articolata in sei capitoli: nel primo capitolo sono mostrati i
principali benefici apportati al contesto urbano dalla presenza di un livello di
ciclabilità elevato. Nel secondo capitolo viene esplicitata la domanda di ricerca,
ossia il punto di partenza da cui ha origine l’intero studio. Nel terzo capitolo,
puramente teorico, la tesi si concentra sull’importanza della presenza di una
campagna di comunicazione al fine di modificare il comportamento dei
cittadini, comunicare loro la presenza di un qualcosa di nuovo e sull’intero
processo di pianificazione per la realizzazione di una nuova campagna di
comunicazione. Nel quarto capitolo, invece, la teoria lascia spazio alla pratica e
prende corpo la parte di analisi. Infatti, dopo un’attenta selezione di alcune
strategie tra l’intero materiale comunicativo presente esclusivamente online,
sono stati analizzati, sulla base delle caratteristiche possedute da una campagna
di comunicazione ideale, alcune strategie comunicative di cinque città europee:
Monaco di Baviera (Germania), Bolzano (Italia), Odense (Danimarca),
Copenhagen (Danimarca) e Amsterdam (Olanda). In seguito, al capitolo cinque
è presente una descrizione della metodologia utilizzata per condurre l’intero
studio. Infine, al sesto, ultimo capitolo prima delle conclusioni finali, lo studio
cerca di raggiungere l’obiettivo prefissato dalla domanda di ricerca. Infatti, le
strategie analizzate al capitolo quattro vengono comparate tra di loro ed
emergono importanti analogie tra le strategie comunicative utilizzate dalle
cinque città selezionate. Non è stato possibile, purtroppo, valutare l’impatto
ottenuto da ogni singola strategia comunicativa sulla cittadinanza.
In conclusione, questa tesi, analizzando le strategie comunicative utilizzate
da città europee con caratteristiche differenti, cerca di comprendere quali siano
quegli elementi in grado di rendere efficace una campagna di comunicazione
per la promozione della mobilità ciclistica urbana.
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I. LA MOBILITÀ CICLISTICA IN EUROPA
Dopo duecento anni dalla sua prima apparizione, la bicicletta è considerata
uno dei mezzi di trasporto più longevi al mondo. Fino all’inizio degli anni
Cinquanta del secolo scorso, come sostiene Carlo Mari
1
, in Italia e in molti altri
paesi europei la bicicletta era considerata il principale mezzo di locomozione.
Con il passare degli anni però, complici l’aumento dell’uso dell’automobile e
l’allungamento delle distanze dei percorsi casa-lavoro, dovuti principalmente
agli effetti del fenomeno di suburbanizzazione, la bicicletta cominciò a divenire
sempre più un’attività ludica o sportiva. Così, in pochi anni, l’automobile prese
il sopravvento, relegando alla bicicletta una posizione ai margini della società.
A partire dal 1973, anno in cui culminò la crisi energetica che mise fine al ciclo
di sviluppo economico, che aveva caratterizzato l’Occidente negli anni
Cinquanta e Sessanta, soltanto alcuni paesi europei, in primis i Paesi Bassi, la
Danimarca e la Germania, si resero subito conto dei gravi disagi che stavano
creando le automobili nel contesto urbano e cominciarono a investire per
garantire migliori condizioni alla mobilità ciclistica urbana.
1
Mari, Carlo (2013). Il marketing sociale per la mobilità ciclistica urbana, Pearson Italia,
Milano, Torino, p. VII.
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Tabella 1.1
2
Percentuale di trasporto ciclistico in alcuni paesi europei
A distanza di oltre quarant’anni, come emerge dal grafico in tabella 1.1, si
nota un evidente squilibrio nel livello di ciclabilità dei paesi europei: in cima alla
classifica, i paesi europei che hanno investito a partire dagli anni Settanta; in
fondo quei paesi, tra i quali l’Italia (circa 4%), che hanno sottovalutato i problemi
causati dall’eccessivo utilizzo dell’automobile e hanno iniziato a prendere in
considerazione politiche bike-friendly con grande ritardo.
1.1 Pedalare conviene: perché?
Nonostante i livelli di ciclabilità urbana di gran parte dei paesi europei siano
rimasti quasi inalterati, salvo quei rari casi già citati in precedenza che hanno
puntato fin da subito su politiche ciclabili, e le città siano state sviluppate per
favorire il miglioramento della circolazione automobilistica, a partire dagli anni
Novanta il tema della ciclabilità urbana sta vivendo una seconda giovinezza. Il
progetto europeo CHIPS
3
, un recente studio sulle principali barriere alla
ciclabilità urbana nelle città di Belfast (Irlanda del Nord), nella regione delle
Fiandre (Belgio), Francoforte (Germania), Gelderland e Tilburg (Paesi Bassi),
ha evidenziato come i motivi che scoraggiano l’uso della bicicletta per
2
Dati rielaborati e tratti dal sito web European Cyclists Federation, Le politiche nazionali di
ciclismo, https://ecf.com/what-we-do/cycling-all-policies/national-cycling-policies [ultimo
accesso maggio 2018].
3
Ruebens, Carolien (2016) in sito web European Cyclists’ Federation, CHIPS project,
https://ecf.com/news-and-events/news/first-results-chips-survey-barriers-cycling [ultimo
accesso maggio 2018].
0 5 10 15 20 25 30
Paesi Bassi (2010)
Danimarca (2011-2013)
Germania (2012)
Austria (2010)
Belgio (2010)
Italia (2010)
Francia (2012)
Inghilterra (2015)
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raggiungere il posto di lavoro varino da città a città ma siano quasi sempre
influenzati dalla figura dell’automobile: a Belfast, per esempio, i cittadini hanno
fatto capire di temere di più le auto in strada o la scarsità di percorsi ciclabili
diretti, rispetto alla pioggia, il gelo o il vento; nella zona delle Fiandre, i cittadini
spesso non utilizzano la propria bicicletta per raggiungere il posto di lavoro a
causa delle pessime condizioni delle infrastrutture ciclabili; a Francoforte, gran
parte dei lavoratori lamentano la cattiva condizione delle piste ciclabili e la
presenza di troppe automobili sulle strade come ostacolo alla mobilità ciclistica;
infine, a Gelderland e Tilburg, cittadine di un paese dalla grande tradizione
ciclistica, i lavoratori preferiscono non utilizzare la bicicletta poiché considerata
un mezzo di trasporto troppo lento.
Le barriere alla ciclabilità urbana, appena citate, sembrano essere però un
qualcosa di troppo riduttivo rispetto al vero problema: infatti, se il motivo per
cui gran parte dei cittadini europei ancora non utilizzano la propria bicicletta per
andare a lavorare fosse soltanto la scarsa adeguatezza dei percorsi ciclabili o la
presenza delle automobili, le città analizzate potrebbero risolvere il problema
costruendo una fitta rete di percorsi ciclabili, separati dalla carreggiata delle
automobili, con numerosi semafori a priorità ciclabile. Ma, per esempio in Italia,
tutto questo non basta: infatti, dal rapporto “L’A Bi Ci”
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di Legambiente emerge
che, nonostante dal 2008 il numero dei chilometri di piste ciclabili sia aumentato
del 50%, l’utilizzo della bicicletta sia rimasto invariato e stabile al 3,6%, fatta
eccezione per alcune città che hanno adottato ulteriori provvedimenti. Quindi,
per promuovere la mobilità ciclistica anche in quelle città rimaste fedeli
all’automobile, è bene prendere in considerazione anche lo sviluppo delle
infrastrutture sociali, oltre a quelle prettamente fisiche.
Prima di analizzare le strategie che permettono ad ogni cittadino di cambiare
la propria percezione della bicicletta e andare oltre le barriere che impediscono
il superamento di uno stato d’abitudine, è fondamentale capire quali siano i reali
4
Legambiente (2017). L’A Bi Ci – 1° Rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla
ciclabilità nelle città, p .11, www.legambiente.it. [ultimo maggio 2018].