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INTRODUZIONE
“Chi è causa del suo mal pianga sé stesso” recita un vecchio proverbio, come a
rimarcare che nella vita le responsabilità alla fine vengono sempre a galla e non
esistono scuse né perdoni di sorta, solo le lacrime accompagnano l’ammissione di
colpa.
Questo proverbio mi è stato rivolto molto spesso per il solo fatto di essere nato in
una città che di mali per cui piangere ne ha a bizzeffe, basta scegliere un
argomento, o meglio ancora, una lettera dell’alfabeto e subito si troverà il
corrispettivo problema di Napoli.
A) Assicurazioni più care d’Italia. “La colpa è vostra che non fate altro
che truffare le compagnie, cosa avete da lamentarvi?”
B) Baby gang. “Con tutti questi ragazzi che campano per la strada e che
non vanno a scuola, cosa vorreste che diventassero se non
delinquenti?”
C) Camorra. “Ormai la vostra è una mentalità camorristica, ci sarà un
motivo se non si riesce a sradicare il fenomeno”
D) Disoccupazione. “Essì, troppo facile cercare il posto fisso da voi che il
lavoro non c’è, dovete essere flessibili”
E) Emigrazione. “Ma come, vengono in tanti dall’Est Europa e
dall’Africa per lavorare al Sud e voi ancora a cercare di rubare il
lavoro alla gente del Nord?”
F) Falsificazione. “Possibile che ogni prodotto venga contraffatto da voi,
davvero vi svegliate ogni mattina col pensiero di fregare il prossimo”
E l’elenco potrebbe continuare passando per la I di Inquinamento, alla M di
“Monnezza” e alla O di Omertà, fino alla S di Sanità, dove ho avuto come un
blocco emotivo che non mi ha permesso di proseguire l’elenco ed ho cominciato a
pormi delle domande.
Non che le altre lettere (con relativi problemi) non mi abbiano mai toccato, anzi, è
tale la rabbia che mi monta dentro quando vengo associato automaticamente a
tutta la sequela di problemi e disgrazie che colpiscono la mia gente, da farmi
reagire in modo scomposto, stretto tra la vergogna e l’orgoglio di chi non può
sopportare il razzismo delle generalizzazioni e vorrebbe dimostrare che qualcosa
si può cambiare nella propria realtà.
Ma la situazione della Sanità a Napoli e nella provincia è sempre stata come un
pugno nello stomaco, vedere persone che implorano un medico di essere curate o
che elemosinano un posto letto pubblico per mancanza di possibilità di rivolgersi
al privato esula dalla semplice analisi del sistema sanitario.
È una questione che ha a che fare con la dignità umana ed il rispetto delle persone
che, proprio in quanto sofferenti e particolarmente fragili, non dovrebbero subire
3
sulla propria pelle la lotta intestina delle nomine e delle spartizioni politiche delle
Asl, i tagli, il disinteresse del personale medico e chi più ne ha più ne metta.
Un sistema che non rispetta gli ultimi è indicativo di un imbarbarimento sociale
che ha poco a che fare con la “razionalizzazione della spesa” ed altri paroloni
manageriali, è semplicemente giunto alla fine del proprio cammino.
La Campania è stata capace negli anni di subire tutti i commissariamenti
straordinari possibili meno quello istituzionale (anzi spesso sono stati nominati
commissari proprio quei pezzi di sistema che avevano ampiamente contribuito a
crearvi delle falle), nel 2009 si è commissariata anche la Sanità, attanagliata da
mille problemi e con un buco gestionale dalle dimensioni apocalittiche.
Come un tempo da Roma arrivavano i proconsoli chiamati a sottomettere le
provincie dell’Impero dei Cesari, oggi sbarcano a Mergellina tecnici chiamati a
far quadrare i conti e tagliuzzare ovunque la legge lo renda possibile e, qualora la
legge lo vieti, inventarsi sempre nuovi rimedi per raggiungere l’obiettivo fissato.
L’intento di questo lavoro è analizzare come la Campania ha deciso di uscire dal
percorso vizioso del deficit sanitario, una scelta imposta dal governo centrale e
mal digerita dalle istituzioni che ne sono diretta emanazione regionale, ma quando
una cosa s’ha da fare bisogna farla.
Partendo dallo studio del “Piano di rientro dal deficit sanitario”, portato avanti da
due giunte di colore diverso (ma di sfumature simili) lungo una scia che va dal
2006 al 2011, ho cercato di affiancare ad un’analisi macro delle scelte dettate dal
Pdr una fotografia del territorio dove sono nato, cresciuto ed in cui spero di
rimanere a vivere.
Un insieme di paesi sorti a ridosso del Vesuvio (ecco la V, un’altra lettera
dell’elenco) e protesi sul golfo di Napoli, una meraviglia ambientale che decenni
di colate abusive di cemento in barba ad ogni piano regolatore, hanno reso tra le
più congestionate al mondo e tra le più difficili da gestire d’Italia.
Il piano di rientro ha previsto per l’ospedale della mia città (Torre del Greco) un
forte ridimensionamento, con la conseguente sottrazione di numerosi servizi ad
una delle zone più popolate del territorio campano, generando un marasma di
proteste che ho trattato minuziosamente nel mio studio.
Una soluzione non frutto di follia risparmiatrice allo stato puro, ma di una più
organica distribuzione di presidi ospedalieri sul territorio.
Un decreto che assume i contorni di una favola, in cui si ventilano aperture di
mega ospedali da fare invidia ai centri americani, elicotteri che trasportano
pazienti da una parte all’altra del golfo partenopeo e posti letto che, letteralmente,
spariscono.
4
Problemi superabili nel lungo periodo, con l’entrata a regime delle nuove
strutture, ma intanto la salute dei cittadini che fine fa?
Sulla mia pelle ho sperimentato il dogma del “vietato ammalarsi” sotto al Vesuvio
e gli sballottamenti da un ospedale all’altro, quando spesso la conoscenza di un
caposala vale più di un diritto costituzionale ed ho scoperto a 23 anni che non è
giusto sia così.
Questo lavoro, svolto nella maniera più imparziale possibile (imparzialità che
comunque non può trasformarsi in mancanza di critica e libertà di pensiero),
racconta la storia di una comunità, dei suoi amministratori e di chi controlla i suoi
amministratori.
Ho seguito uno stile volto alla narrazione, onde evitare un‘eccessiva pesantezza
alla lettura, per spiegare concetti (leggi, decreti, estratti di economia sanitaria) che
leggeri non sono.
Tre capitoli che passano attraverso lo studio politico legislativo della scelta di
chiudere l’ospedale di Torre del Greco (cap. I), l’individuazione dei protagonisti
di questa scelta (cap. II) ed un analisi del metodo decisionale intrapreso (cap. III).
Spero col mio modestissimo contributo di poter essere d’aiuto almeno ad un
singolo cittadino campano per destarsi dal torpore in cui è caduto, spronandolo a
rendersi conto dello scenario che ha attorno.
Così, più che piangere, potrà rimboccarsi le maniche e mostrare ai propri
accusatori lo sguardo fiero di chi “è pronto a cambiare le cose”.
Andrea Scala
5
Capitolo Primo
Contesto politico e legislativo entro cui operare una
decisione amministrativa
I.1 La struttura della sanità campana e i servizi per i cittadini
Il mantenimento del servizio sanitario rappresenta per la Campania e per tutte le
regioni italiane la prima voce di spesa, basti pensare che la spesa sanitaria
pubblica incide per il 76,6% sul totale della spesa pubblica italiana
1
. Secondo i
dati emessi dalla Camera dei deputati “il livello del finanziamento del SSN
(Servizio Sanitario Nazionale) per il 2011 ammonta a 106.800.300.000 euro
2
”,
cifra alla quale si è arrivati attraverso un iter particolarmente tortuoso, ricco di
decreti e manovre correttive.
E questo trend è andato storicamente crescendo, basti pensare che “la spesa
sanitaria pubblica (che al momento della creazione del SSN nel 1978 era poco
meno del 5% del Pil) ha assorbito, nel 2002, circa il 6,4% del Pil
3
”, mentre nel
2009 ha continuato a salire (6,78%), collocando il nostro paese al “diciottesimo
posto nella speciale classifica dell’incidenza della spesa sanitaria sul Pil
4
”.
Stando poi a dati del “2008, la spesa (sanitaria) per abitante in Italia è pari a
1.800 euro, analogamente a quanto si osserva per la ripartizione del Nord. Al di
sopra del valore medio nazionale si colloca la ripartizione del Centro (1.881 euro
pro capite), mentre per il Mezzogiorno la spesa è pari a 1.753 euro
5
”, comunque
in media europea e leggermente inferiore a quella di Francia e Germania. In
questa speciale classifica la Campania si trova al di sotto sia della media nazionale
che meridionale spendendo per abitante circa 1.654 euro
6
.
Tra l’altro è interessante anche rimarcare come “L’Italia è tra i paesi Ue con il
maggior numero di medici in rapporto alla popolazione residente, quasi 410 ogni
centomila abitanti (2009)
7
”.
Insomma la Sanità è un campo dell’azione pubblica e privata dove girano
moltissimi soldi e che diventerà sempre più nevralgico nelle politiche regionali in
virtù di due fattori: il trend demografico nazionale e la svolta federalista del paese.
1
Dati attinti dal ‘Dossier sul servizio sanitario nazionale 1978-2008’ ad opera del Ministero della Salute,
rinvenibile al sito:
http://www.salute.gov.it/resources/static/primopiano/466/PUNTI_DI_FORZA_SSN_30anni.pdf
2
Dati attinti dai documenti della Camera dei deputati italiana, rinvenibili al sito:
http://www.camera.it/465?area=30&tema=34&Il+controllo+della+spesa+sanitaria#paragrafo106
3
Maurizio Ferrera, Le politiche sociali, Il Mulino, Bologna, 2006
4
Articolo tratto dal sito de ‘La Voce’ http://www.lavoce.info/binary/la_voce/articoli/cache_pdf/L-ITALIA-
VIRTUOSA-DELLA-SPESA-SANITARIA-1002517.pdf
5
Dati attinti dal sito dell’Istat http://noi-italia2011.istat.it/
6
Dati attinti dal sito http://www.soldiblog.it/post/2371/federalismo-sanitario-litalia-si-divide
7
Dati attinti dal sito http://www.progettodiabete.org/indice_net1000.html?news/2011/n2011_003.html
6
L’Italia è un paese dove la vita si è allungata e che registra importanti indici di
invecchiamento, col consequenziale aumento della percentuale di over 60 sulla
popolazione. Queste nuove caratteristiche demografiche del nostro paese incidono
non poco sulla spesa sanitaria, basta dare uno sguardo alla cosiddetta “curva a J
della morbilità” (propensione ad ammalarsi per età).
Figura 1 - Curva a J del tasso di morbilità per età
Dalla Figura 1 si evince come con l’aumentare dell’età della popolazione
aumentino a dismisura anche le malattie della stessa.
Per quanto concerne poi la svolta federalista, è chiaro che allorquando una spesa
come quella sanitaria, che oggi dipende ancora in parte da trasferimenti dello stato
centrale tramite il Fondo Sanitario Nazionale (col meccanismo del cosiddetto
“affiancamento”), ed i deficit che può comportare, dovessero gravare
completamente sulle spalle delle Regioni diverrebbe un campo ancor più
nevralgico delle politiche locali.
Ora cerchiamo di porre la lente d’ingrandimento sulla Regione Campania e prima
di snocciolare cifre ed analizzare la sua struttura sanitaria occorre tener presenti
alcuni dati demografici ed amministrativi di tale regione. Coi suoi 5.833.131
residenti
8
la Campania è la seconda regione più popolosa d’Italia dopo la
Lombardia e distribuisce questa grande massa di abitanti su 5 province con
caratteristiche che le differenziano profondamente: Avellino, Benevento, Caserta,
Napoli e Salerno.
8
Dati Istat aggiornati al 30-11-2011, rinvenibili al sito: http://www.demo.istat.it/bilmens2010gen/index.html
0
1
2
3
4
5
0 20 40 60 80
Curva della morbilità
Tasso di morbilità
7
Figura 2 - Cartina della Regione Campania e delle province che la compongono
In particolare la provincia di Napoli è quella che presenta le caratteristiche
demografiche più anomale. Benché sia la più piccola della regione è al contempo
anche la più popolosa con oltre 3 milioni di residenti e con la impressionante cifra
di 2.652 abitanti per km² è ad oggi la provincia con la maggiore densità abitativa
d’Italia. È una ovvia conseguenza di queste caratteristiche demo-morfologiche
l’imponente domanda sanitaria che proviene da un territorio tanto angusto ed
affollato come è quello napoletano.
Basti solo pensare che la rete ospedaliera pubblica campana si compone di 69
strutture complesse distinte in aziende ospedaliere, aziende ospedaliere
universitarie, fondazioni, IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico),
istituti di cura intermedi, presidi ospedalieri e presidi sanitari, e di queste strutture
35 (circa la metà) sono dislocate nella provincia partenopea.
Ogni struttura sanitaria fa capo per legge all’Asl (azienda sanitaria locale)
provinciale di riferimento, una per ogni provincia eccetto quella di Napoli che
proprio in virtù di quanto precedentemente scritto dispone di tre aziende sanitarie;
Napoli 1 centro, Napoli 2 nord e Napoli 3 sud. Un assaggio sintetico della gran
mole di lavoro degli ospedali campani si può evincere dalla tabella 1 in cui sono
elencate le cifre dei ricoveri ospedalieri, analizzati dal ministero della Salute in
base ai flussi delle SDO (schede di dimissione ospedaliera).
8
Ricoveri ordinari per acuti, anno 2008,
comprensivi della mobilità, al netto dei neonati e
dei ricoveri
Valori
attuali
Ricoveri 0 – 1 giorno 142.120
Ricoveri soggetti > 65 anni e con degenza maggiore
12 giorni
24.499
LEA 108 DRG S1 M1 175.397
Ricoveri restanti 489.072
Totale 831.088
Tabella 1 – Ricoveri ordinari per acuti attuali
Per quanto riguarda invece un’analisi della qualità del servizio sanitario offerto in
Campania possiamo rifarci ai cosiddetti “bersagli” messi a punto dal ministero
della Sanità a partire dal 2010. “Si tratta in tutto di un set di 34 indicatori, utili
per comprendere le criticità e gli aspetti positivi dei principali aspetti della sanità
(…) Per questa prima valutazione sono stati analizzati alcuni aspetti considerati
più significativi del sistema sanitario quali il governo della domanda, l’efficienza,
l’appropriatezza delle prestazioni mediche e chirurgiche, la qualità clinica,
l’efficacia assistenziale delle patologie croniche, l’efficienza prescrittiva
farmaceutica, l’efficacia dell’assistenza collettiva e di prevenzione
9
”.
Tali indicatori vanno dal numero di ospedalizzazioni per mille abitanti, alla durata
media della degenza ed alla degenza pre-operatoria in caso di eventi programmati,
al numero di parti cesarei, all'utilizzo del day hospital, fino alla spesa media pro-
capite per i farmaci. Le regioni sono divise in cinque quintili, ossia in cinque
categorie dimensionalmente equivalenti (dal verde per la performance massima al
rosso per quella pessima).
Nelle figure 3 e 4 sono comparati i “bersagli” di Campania e Friuli Venezia-Giulia
(presa come esempio di regione con un sistema sanitario virtuoso) e si nota ad
occhio nudo come il sistema campano abbia indicatori tendenti al rosso (alta
criticità) e all’arancione (insufficienza) mentre la regione del nord-est non registra
alcuna criticità e presenta indicatori molto positivi.
9
Sito del ministero della Sanità
http://www.salute.gov.it/dettaglio/phPrimoPianoNew.jsp?id=273&area=ministero&colore=2