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Danzando l‟uomo crea attraverso il corpo un movimento ritmico che
rappresenta la fusione tra fantasia creativa ed esperienza materiale: la danza
racchiude in sé due aspetti dell‟uomo, vale a dire la sua natura corporea e
quella spirituale; il corpo esprime le vibrazioni dell‟anima, e questa sprigiona
sensazioni di gioia e appagamento attraverso il movimento.
Dalla descrizione dell‟autore si intuisce quale sia la funzione della danza, quale
linguaggio alternativo che origina dal profondo per convergere nel gesto
ritmato, quasi fosse la proiezione di un‟energia vitale che trascende dalla parola
e dalla mimica, e che sarebbe difficilmente esprimibile attraverso un “singolo”
canale comunicativo.
La danza esprime ciò che si trova “oltre” la parola ed il gesto, celebrando le
emozioni, partecipando alle sensazioni; in questo aspetto si scorge un nesso
con la dimensione religiosa, ma anche con altre circostanze della vita come le
festività, i riti di passaggio, il lavoro, l‟amore, la guarigione degli antichi riti
sciamanici. L‟uomo avverte il desiderio, il bisogno di danzare, per comunicare
mediante il corpo e riconosce così alla danza una carica simbolica, aggregante
che accompagna eventi significativi anche per la collettività.
Queste caratteristiche hanno permesso alle danze rituali di assumere la
funzione di contenitore per i vissuti ansiogeni dell‟uomo che , sin
dall‟antichità, erano legati alle misteriose forze della natura e agli eventi
quotidiani che sfuggivano ad una spiegazione logica e razionale. La danza
impiegando il corpo-strumento, permetteva la connessione tra lo stato d‟animo
del danzatore e l‟ambiente, con l‟uso di movimenti istintivi, non strutturati,
riuscendo in questo modo a percepirsi come parte di un tutto, in una relazione
attiva con l‟ambiente circostante. La danza si mostra come valida opportunità
di contatto, di intercomunicazione tra spiritualità e corporeità, e questo lo si
può addirittura cogliere nel mondo animale, dove in ogni specie la danza è
parte del corteggiamento, dell‟unione d‟amore.
Ma la danza, nella sua dimensione collettiva rappresenta anche la realizzazione
della comunità, della socialità, nel sentirsi parte del gruppo, nel ritmo che
unisce attraverso le danze “folcloristiche”.
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Non è possibile datare con precisione l‟epoca in cui l‟uomo abbia in realtà
iniziato a danzare, ma considerandone il carattere universale si può supporre
che sia avvenuto parallelamente all‟evoluzione della specie; inoltre
testimonianze pittoriche di epoca preistorica riportano immagini di figure
mascherate da animali che sembrano in procinto di danzare all‟interno di riti
propiziatori, a confermare l‟antica propensione dell‟uomo verso la danza, sin
da tempi antichissimi.
Altre tracce sul ruolo della danza nei riti religiosi e nelle festività agricole sono
emerse presso gli egizi, mentre nella cultura greca, in particolar modo nei
poemi e nei trattati, si descrivono danze corali e cori che nelle tragedie
comprendevano versi recitati accompagnati da canto e passi di danza; in
Grecia si svilupparono anche specifiche tipologie di danza come quelle
guerriere (la “Pirrica”, etc..), religiose ( “Cariatides”, etc...), e profane
(“Apokinos”).
Come illustrato, le danze delle origini si sono sviluppate intorno a temi che
trovavano finalità specifiche nell‟esecuzione della danza stessa, ma le danze si
sono distinte anche per il loro genere imitativo-figurativo o astratto. Nella
danza imitativa lo scopo è di perseguire il fine stesso del tema rappresentato,
anticipando attraverso una sorta di “narrazione danzata”, avvenimenti legati al
fine da compiere: è dunque una danza rappresentativa, generata dalla “visione”
di qualcosa e dalla identificazione del danzatore, e che potrebbe essere
delineata in termini junghiani come di carattere“estroverso”.
La danza non figurativa, astratta, tende invece alla catarsi , al raggiungimento
di una condizione di estasi finalizzata al superamento della materialità, slegata
dai sensi: rappresenta la trasposizione di una forza interna, dal carattere
“introverso”. Ma tornando alle grandi civiltà e al loro rapporto con la danza,
troviamo che nella Roma Antica venne ampliata la tradizione coreutica con
l‟introduzione del “mimo”, una rappresentazione di azioni e personaggi
attraverso la sola gestualità, e successivamente anche dalla “pantomima”,
storia narrata attraverso le tecniche del mimo.
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La danza si conferma come forma di comunicazione che si compie attraverso il
movimento del corpo, in un linguaggio dal codice gestuale; ma la danza non si
risolve solo nella comunicazione gestuale: il movimento ritmico che segue un
determinato ordine cinetico, non é condizionato da finalità utilitaristiche, é
espressione fine a se stessa che trascende da qualsiasi scopo legato alla prassi
del vivere quotidiano.
La danza prima di essere arte, è vita, e nella nostra civiltà occidentale, fondata
prevalentemente su una cultura razionalista volta al progresso scientifico e
all'evoluzione della tecnica, l'artista ha la funzione di comunicare agli altri ciò
che sfugge a quella strutturazione artificiale della realtà che l'uomo ha costruito
per poter dominare l'ambiente che lo circonda.
1.2. Origini storico-culturali della danza
Nel percorrere le radici “storiche” della danza la letteratura riporta alcune
prime osservazioni avanzate nel mondo animale ( come quelle dei galli cedroni
nelle regioni settentrionali del Sud America, o dei trampolieri in Australia) e
una testimonianza interessante ci viene offerta dallo studio dello psicologo
Wolfgang Kohler sulle scimmie antropoidi che, in una sorta di primitivo
girotondo, “danzavano con saltelli, giri e movimenti ritmici, da cui sembrava
traessero benessere: la danza degli antropoidi getta dunque un indizio sul fatto
che a livello “istintivo” la danza sia un‟attività motoria in grado di provocare,
anche negli animali, una ipotetica sensazione di piacevolezza (Sachs, 2006).
Tuttavia il collegamento tra danze animali e propensione dell‟uomo alla danza
non trova una diretta corrispondenza a causa dell‟influenza culturale che
investe ogni particolare civiltà e che porta a finalizzare la danza alla pratica di
ricorrenze legate a momenti importanti della vita, quali la nascita, la morte,
riti di iniziazione, malattia, caccia, etc...
Risalendo alle danze delle antiche civiltà primitive, come i “Vedda di Ceylon”
e gli “Andamani”, si può individuare la natura fondamentalmente imitativa
della danza nel riprodurre movenze “animali”, ma poste a confronto le danze
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delle diverse civiltà evidenziano anche interessanti dissonanze: nei Vedda le
contrazioni che accompagnavano i movimenti erano “prevalentemente”
violente, mentre negli Andamani i gesti si presentavano ritmicamente
armoniosi nella spinta cinetica della danza che diveniva, in questo modo,
allettante. Dalla letteratura emerge come i Vedda non fossero in realtà molto
influenzati dalla conoscenza e l‟imitazione di danze animali, a differenza degli
Andamani, i quali, proprio per l‟imitazione delle danze animali, disponevano di
una maggiore ricchezza di movimenti armoniosi legati direttamente alla
componente imitativa. Da queste osservazioni si può dedurre che l‟inclinazione
alla danza si distribuisse tra i diversi popoli in maniera eterogenea, secondo
influenze anche di carattere ambientale.
Nel suo sviluppo la danza collude con il fatto che l‟uomo primitivo avvertisse
l‟esistenza di forze misteriose che governavano la vita, con le quali sentiva
l‟esigenza di entrare in contatto attraverso una condizione “estatica”, che lo
rendesse capace di trascendere i legami con il corpo: la danza diviene un
mezzo attraverso il quale raggiungere, grazie al movimento, quello stato di
ebbrezza, slegato dalla coscienza.
Originariamente la danza si poteva distinguere, come accennato
precedentemente, in “astratta- non imitativa”, e “figurativa-imitativa”:
La danza astratta era finalizzata al raggiungimento di quello stato di
ebbrezza che permetteva all‟uomo di trascendere la dimensione
materiale, liberando il corpo attraverso l‟uso di movimenti soprattutto
circolari, ripetitivi e monotoni; tra queste ritroviamo le danze di
guarigione praticate dagli sciamani, in cui si poneva il malato al centro
di un circolo mentre danzatori dominavano, attraverso l‟estasi, lo spirito
negativo, causa della malattia. Le danze astratte venivano praticate
anche presso quelle popolazioni che non erano dedite alla caccia, e il
cui sostentamento risiedeva nella prosperità e la fertilità del suolo che
donava così i suoi frutti: a tal fine l‟azione “magica”, propiziatoria, era
richiamata per mezzo della danza circolare attorno ad un albero, sui
campi, attraverso un richiamo quasi erotico presente in effetti anche
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nelle danze di fertilità, caratterizzate dai movimenti simbolici dell‟atto
sessuale, ma che nel gesto racchiudevano un possesso “mistico” e non
la rappresentazione dell‟unione sessuale. Inoltre nei riti di iniziazione la
danza era una prerogativa necessaria a difendere il novello dagli spiriti
negativi e infondere l‟energia necessaria al percorso di “rinascita”;
questa caratteristica era riscontrabile anche nelle danze nuziali, dove
per accompagnare gli sposi in questo passaggio da uno stadio della vita
ad un altro e augurare loro la fecondità ci si serviva della danza astratta.
La modalità del girotondo, della danza in circolo, la si ritrova anche
nelle danze funebri, sempre con una finalità “protettiva” e spirituale;
nelle danze di guerra invece il carattere astratto non si serviva delle
armi, ma traeva forza dalla danza stessa per raggiungere gli obiettivi di
vittoria e di salvezza.
A differenza dalla precedente tipologia di danza caratterizzata da una
tendenza introversa, diretta alla dimensione trascendentale, la danza
imitativa propende alla rappresentazione dell‟essenza delle cose, di
avvenimenti, finalizzata alla realizzazione della pantomima; il
danzatore qui entra in un ruolo che lo assorbe, costringendo lo spirito a
trasformarsi in una determinata forma esteriore. Nel meccanismo
imitativo il movimento animale desta un forte richiamo e nello
specifico le danze di imitazione animale si ritrovavano soprattutto nelle
popolazioni che praticavano la caccia, in quanto l‟imitazione
equivaleva al possesso e al controllo dell‟animale, ed evidentemente
anche per queste caratteristiche tali danze venivano eseguite
prevalentemente dagli uomini ( danza delle tartarughe, danza della
farfalla, danza della foca). Nelle danze figurative legate alla fertilità la
fase maggiormente richiamata era quella del corteggiamento, nelle
danze di gruppo dove uomini e donne, gli uni di fronte alle altre,
avanzavano senza mai scontrarsi (vd. danze ad arco). L‟ aspetto
“sessuale” lo si ritrova anche nelle danze di iniziazione dove si
richiama in causa una forza rigeneratrice capace anche di fornire un
supporto “pseudo-didattico” al novizio sui comportamenti futuri da
adottare, tipici dell‟età “adulta”. Per le danze guerriere a carattere
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imitativo si realizzava la coreografia di un combattimento vittorioso, al
fine di augurare un buon esito dello scontro: questa sorta di
“preparazione” non poteva prescindere dall‟uso reale delle armi (vd. la
scherma), dalla prontezza di riflessi, dalla grande agilità e precisione
nei movimenti imitati. In relazione alle armi si riscontra anche un
parallelismo simbolico tra la spada e la verga, tra combattimento e
istinto sessuale, dunque tra danza d‟armi e riti legati alla fertilità, dove
l‟impulso di questi due istinti si lega in un unico intenso rapimento.
In riferimento a due forme di civiltà e ancor più al dualismo fornito dalle
istanze di introversione ed estroversione della vita psichica, è stata operata
dunque una differenziazione tra l‟espressione coreografica di tipo “imitativo” e
“ non imitativo”, ma in realtà si possono riscontrare nell‟uomo inclinazioni
“miste”, e questo perché in realtà la danza è molto simile al gioco nella sua
natura profonda, e per questa ragione riporta l‟uomo nella dimensione legata
alla fantasia, liberandolo dal vincolo della realtà materiale e passando
dall‟imitazione all‟astrazione (vd. danza della spada, la moresca, danze astrali,
danze solari, danze lunari).
L‟intreccio di queste due tendenze crea forme di danza in cui il corpo perde la
propria immagine, acquisendone una nuova, diversa, attraverso anche l‟uso
della maschera, capace di dissimulare l‟identità di chi danza. L‟impiego della
maschera muove dal desiderio di liberarsi dalla corporeità rendendola
irriconoscibile, e in questo modo potersi proiettare verso forze sconosciute,
accogliere identità diverse superando la realtà quotidiana e potendo
raggiungere una comunicazione con il divino, con l‟ignoto.
In ogni sua forma la danza è la trasposizione di intense emozioni in movimenti
del corpo, e nella sua declinazione più organizzata e definita si esprime
attraverso la coreografia, termine che proviene dal greco “choreia”, danza, e
“graphia”, scrittura, manifestazione dell‟arte nel comporre figurazioni con la
danza.
Nelle popolazioni primitive non era presente una netta separazione tra la sfera
”individuale” e “comunitaria” , e questa uniformità tra le due dimensioni si
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rispecchiava anche nella danza, che vedeva trasformate anche le danze “a solo”
in pratiche con carattere gruppale: nelle danze di gruppo compaiono così le
forme in circolo semplici, dove ognuno mantiene il posto preso al principio,
ma muovendosi in cerchio o formando figure simili ad un “otto”, ad una
spirale; e le forme in circolo complesse, dove il danzatore abbandona il posto
iniziale creando figure incrociate, a catena, ad arco, a ponte o a stella,
effettuando scambi di posto.
Nelle civiltà primitive i danzatori, anche se in gruppo, danzavano senza
sfiorarsi, adattando i propri movimenti a quelli dell‟altro, ed evitando il
contatto, che però troverà il suo prologo presso civiltà più avanzate con lo
sfiorarsi delle mani, afferrando le spalle, i fianchi, abbracciandosi, e creando
uniformità nei movimenti. Dunque le danze in circolo risultano avere
un‟origine più remota rispetto a quelle in fila o di fronte: in merito a questo la
figura del cerchio nasce in realtà spontaneamente come esigenza naturale
dell‟uomo di circoscrivere lo spazio circostante con il proprio corpo,
acquisendo nel tempo anche un valore mistico, nel senso di possedere qualcosa
o qualcuno “circondandolo”, prendendone potere e scambiando energia
attraverso questa forma (vd. circolo magico, vd. la danza dello sciamano, vd. la
danza intorno agli adolescenti).
Tornando al concetto della dimensione spaziale, l‟uomo sin dalle sue origini
primitive ha cercato la forma circolare per crearsi una dimora, confermando
quell‟antico istinto del “circoscrivere” lo spazio; la letteratura riporta come ci
sia corrispondenza, nei vari popoli, tra la costruzione di capanne circolari e la
compresenza delle danze circolari, entrambe costituite attorno ad un fulcro di
natura simbolica e/o materiale, come anche per la presenza delle danze
rettilinee e lo sviluppo delle capanne rettangolari.
Nell‟evoluzione delle varie forme la serpentina è un modo ipoteticamente
riconducibile sia all‟imitazione del movimento tipico del rettile, che alla
diffusione, presso alcune civiltà, della struttura del labirinto, costruzione che
presenta al suo interno un percorso che si snoda proprio attraverso movimenti
“a serpentina”.
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Tra le danze eseguite prevalentemente in circolo sembrano primeggiare le
danze astratte, come se si creasse al loro interno un universo “altro” da ciò che
esiste fuori da quel circolo chiuso, mentre nelle danze in linea retta, frontale, lo
spazio è aperto, permettendo un‟azione “a contrasto”, come per le danze
d‟armi ed i giochi d‟amore: quando i danzatori si spostano dal corpo coreutico
unitario, rendendo autonomi i movimenti, si creano figure come l‟incrocio,
l‟arcata, il ponte e la catena; per la danza ad incrocio i due fronti sono opposti
e i danzatori avanzano in alternanza generando una contraddanza (vd. danza
del guaritore di Guaranì Apapocuva), come accade anche per la quadriglia
francese; nella danza ad arco invece la prima coppia si ferma sollevando le
braccia e formando un arco sotto il quale passeranno altre coppie, ciascuna
delle quali seguirà lo stesso passaggio creando un nuovo arco; le danze a ponte
sono, ad esempio, una derivazione delle precedenti ad arco, mentre le danze
intrecciate e a catena vedono il danzatore voltarsi a sinistra e a porre la mano
destra al vicino, avanzando e creando questa coreografia intrecciata
(Sachs,1933).
Altra distinzione nelle danze delle origini è quella tra le danze in “armonia”
con il corpo e quelle in “disarmonia”: le danze in dissonanza con il corpo erano
“danze convulse”, e presentavano movimenti “a scatto”, spasmi clonici di
intensità crescente, e si concludevano con il danzatore che crollava sfinito a
terra; queste danze disarmoniche si ritrovano in molte danze di origine
africana, e sono riconducibili alle antiche culture sciamaniche, fondate intorno
alla figura del guaritore ed alla sua attività magico-religiosa (ibidem).
Le danze “semi-convulse” , diffuse principalmente presso i Bantu, civiltà
dell‟Africa subequatoriale, e tra i Canelo del Brasile, si caratterizzavano per le
convulsioni cloniche controllate volontariamente ed i movimenti ondulatori del
tronco, dei muscoli del ventre e del petto, prevalentemente inscenate da donne
attraverso movenze serpentine.
Le danze armoniche, al contrario, esprimono il desiderio del corpo di liberarsi
dalla sua dimensione materiale per raggiungere uno stato di ebbrezza: questo
slancio di euforia si realizza per mezzo di movimenti ritmici, come il calpestare
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a terra o flettere le ginocchia, e tra questi si possono distinguere movimenti
“ampi”, in cui i muscoli sono tesi per sostenere il corpo contro la forza di
gravità, in uno slancio verso l‟alto, come nel salto; e movimenti “stretti”, dove
i gesti si intensificano in un crescendo che segue un ritmo sempre più
incalzante. Tra le danze appena descritte si inseriscono le danze “sulle punte”,
che rinnovano la tendenza al movimento verso l‟alto ma senza che il corpo
abbandoni il contatto con il suolo, come anche per le danze “su di una sola
gamba”, in cui si riduce la base del contatto con il terreno.
Questi differenti modi di danzare sembrano essere, secondo Sachs, in parte
riferibili ad una correlazione di carattere fisiologico che vede tipico del genere
maschile una tendenza all‟estensione del movimento, mentre per la donna la
tendenza sarebbe quella di rimanere più in contatto con il suolo attraverso
movimenti “stretti”. Proprio per le caratteristiche che prevalgono,
caratterizzando nei movimenti le danze, si possono anche distinguere danze
“chiuse”,statiche, con movenze strette di flessione intorno ad un perno fisso sul
quale oscilla il corpo, dondolando le braccia; oppure a terra, in posizione
seduta, lasciando oscillare la parte superiore del corpo, quasi per inerzia; a
queste si contrappongono danze aperte, “vorticose”, in cui attraverso volteggi
frenetici il corpo sembra liberarsi e abbandonarsi al movimento.
Quando le danze armoniche si trasformano progressivamente entrando in
disarmonia col corpo, si produce una fusione di movimenti vorticosi e danze
convulse di origine sciamanica, generando danze a “torsione”, dove la
distensione, in seguito a contorsioni e contrazioni, risulta piacevole e tende a
formare una spirale col corpo.
In questo breve panorama sulle origini della danza non si può prescindere dal
descriverne il rapporto con i ruoli sessuali, maschile e femminile: la
maggioranza delle danze citate venivano eseguite in prevalenza dagli uomini,
come per le danze di guerra, di caccia, danze animali, danze di iniziazione e di
guarigione in cui lo sciamano, il guaritore era sempre un uomo;
originariamente le donne ne erano quasi totalmente escluse e la loro
partecipazione era contemplata solo per le danze di fertilità, della pioggia o per