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P r e f a z i o n e
“Nella nostra canoa rema uno solo”
Il mio caro amico Beppe naviga spesso in internet e mi ha procurato una
bella storiella che mette a confronto due realtà.
Una società italiana e una giapponese decisero di sfidarsi in una gara di
canoa con otto uomini; poiché il primo anno i giapponesi vinsero con un
vantaggio di un chilometro, il top management mise in piedi un gruppo di
progetto per analizzare la sconfitta e scoprì, dopo molte analisi, che i
giapponesi avevano sette uomini ai remi e uno che comandava, mentre gli
italiani uno che remava e sette che comandavano.
Il management ingaggiò una società di consulenza e dopo mesi di duro
lavoro gli esperti conclusero che nella squadra c’erano troppe persone a
comandare. Furono quindi stabiliti quattro comandanti, un capo dei supervisori
e uno ai remi.
Si introdusse una serie di punti per motivare il rematore: ampliamento del
suo ambito lavorativo e più responsabilità.
L’anno successivo i giapponesi vinsero con un vantaggio di due
chilometri. La società italiana licenziò il rematore per scarsi risultati e pagò un
bonus al gruppo di comando per il grande impegno che aveva dimostrato.
La società di consulenza dimostrò che era stata scelta la giusta tattica,
che la motivazione era buona, ma che il materiale usato doveva essere
migliorato.
Al momento la società italiana è impegnata a progettare una nuova
canoa.
Research Center for Creating New Materials
Namiki, Iharaki, Japan
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I n t r o d u z i o n e
Alla base di questa ricerca si trovano alcune considerazioni.
In prima istanza si è partiti dalla convinzione che la competitività di una
organizzazione risiede sempre più nel differenziale di competenze che l’impresa
stessa sa esprimere e che saper sviluppare le competenze delle persone è
condizione fondamentale per ottenere performance organizzative competitive e
in costante miglioramento. Per quanto concerne l’ambito dello sviluppo delle
competenze, si è rilevata l’importanza del processo di empowerment come
fattore determinante nel coinvolgere le persone a contribuire e sentirsi
responsabili degli obiettivi comuni.
In secondo luogo, in rapporto alla necessità di cambiamento
organizzativo, si è constatato che la letteratura socio-organizzativa attribuisce al
costrutto delle competenze il ruolo di forza in grado di superare il paradigma
dell’organizzazione scientifica del lavoro, i cui strascichi risultano essere
presenti anche in organizzazioni moderne.
Gli obiettivi che ci si è prefissi nel realizzare questa ricerca, partendo da
queste considerazioni, sono consistiti nell’individuare quali siano le motivazioni
che inducono a ritenere che il coinvolgimento partecipativo del personale nello
sviluppo delle proprie competenze possa risultare un’arma vincente
nell’approccio per competenze delle organizzazioni.
A tal proposito sono stati presentati repertori di competenze in grado di
fornire una panoramica, (non esaustiva), degli studi finora effettuati, con
particolare attenzione agli approcci che hanno una diretta ricaduta sul
coinvolgimento della popolazione organizzativa nell’analisi e sviluppo delle
competenze.
E’ fondamentale evidenziare quanto, in rapporto al tema delle
competenze, si sono voluti esclusivamente presentare gli approcci che possono
avere un’applicazione concreta in ambito di crescita delle competenze nelle
aziende di servizi, escludendone altri non considerati importanti ai fini del
raggiungimento degli obiettivi di ricerca.
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Si possono distinguere due parti fondamentali nella ricerca.
Nella prima parte si è effettuata una ricognizione teorica. Inizialmente
ci si è riferiti al tema dell’empowerment, privilegiando una prospettiva globale
(europea e statunitense), che si ritiene indispensabile in questo particolare
momento storico. Successivamente si sono analizzati alcuni “nodi socio-
psico-organizzativi” esplicativi riguardo ai cambiamenti che hanno portato ad
attribuire importanza al costrutto delle competenze. Infine si sono voluti
presentare alcuni recenti modelli e repertori di competenze che si ritengono
significativi in rapporto all’analisi e allo sviluppo delle stesse.
In questa panoramica teorica si è preliminarmente costruita una mappa
concettuale delle posizioni dei differenti autori riguardo alle metodologie di
comprensione e formazione delle competenze dalla quale si è poi partiti per la
stesura del modello esplicativo sperimentale della seconda parte.
Oltre alla letteratura i italiana (o tradotta in lingua italiana dagli autori), si
sono considerati diversi documenti inglesi in lingua originale. Ciò è stato
possibile grazie alle competenze linguistiche di base e agli anni di studio ed
esperienza lavorativa in un paese “originariamente” anglosassone: il Sud Africa.
La conoscenza della lingua inglese ha facilitato l’accesso e la
consultazione delle bibliografie inglesi, nonché la trattazione della parte relativa
ai modelli di management delle competenze anglo-americani studiati e vissuti in
prima persona.
La seconda parte di questo elaborato, definible “processo diagnostico”,
ha un carattere prevalentemente empirico. Infatti, sono state presentate varie
ed innovative metodologie di analisi e sviluppo delle competenze, seguite da
un “idealtipo” di approccio organizzativo teso al coinvolgimento continuativo del
personale durante lo svolgimento di tutto il processo.
In chiusura si è voluto porre in risalto alcune realtà nelle quali queste
teorie vengono applicate. Si sono così esposte, con l’ausilio documentale
(allegati), le esperienze di “stage” effettuate nell’ambito del tirocinio
universitario. Durante questa esperienza, è stato possibile entrare a stretto
contatto con esperti del mondo aziendale e formativo che si occupano
direttamente del tema delle competenze.
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Nonostante le difficoltà contingenti nel perseguire determinati obiettivi di
sviluppo aziendale, gli interessati, si sono dimostrati estremamente disponibili e
motivati alla discussione ed al confronto riguardo alle dissertazioni effettuate
nella prima parte della ricerca. In questo modo è stato possibile cogliere gli
elementi comuni e le posizioni in merito prese da ciascuno.
E’ rilevante sottolineare che le esperienze prese in considerazione non
pretendono di avere validità statistica, ma vogliono essere esclusivamente uno
stimolo alla riflessione e ad ulteriori approfondimenti in un campo, quello delle
competenze, nel quale il dibattito è appena iniziato.
La sintesi dei singoli capitoli viene espressa graficamente attraverso
“l’albero dei contenuti”, di seguito presentato, che segue nelle sue fasi
l’esposizione dell’elaborato.
.
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A l b e r o d e i C o n t e n u t i
CONTESTO
Tematica
Area
Terminologia
Letteratura:
evoluzione storica
Empowerment e
competenza oggi
Modello
management
Processo
diagnostico
Modello
esplicativo
Analisi
competenze
Ampliamento
ruolo
Sviluppo
competenze
Coinvolgimento
partecipativo
Mappatura e
Valutazione
Empowerment
Competenze
Innovazione nella
impresa dei sevizi
Processo di
empowerment
Modello e repertori
competenze
Tecniche
formative
Facilitatori di
sviluppo
-Programmi
partecipativi
-Feedback
Miglioramento e
sviluppo delle
competenze
Mantenimento
competitività
aziendale
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P a r t e P r i m a
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CAPITOLO I
Empowerment: una riforma organizzativa
… Forse è semplicemente arrivato il momento
di tornare indietro per andare avanti,
e cercare di vedere con occhi nuovi.
M. Proust
Introduzione
Dopo aver puntato in passato esclusivamente sulla tecnologia e
sull’automazione, sempre più ci si rende conto che la professionalità e la
motivazione degli uomini costituiscono l’elemento centrale per la competitività e
il successo non solo delle singole imprese, ma anche dei sistemi economici e
“le persone qualificate rappresenteranno l’unico vantaggio competitivo
sostenibile” (L.C. Thurow, 1992). I nuovi modelli organizzativi, infatti, richiedono
maggiore responsabilizzazione e coinvolgimento di collaboratori più competenti
Tematica
Terminologia
Letteratura:
evoluzione storica
Empowerment
Competenze
CONTESTO
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e motivati, sostenuti da chiari orientamenti e valori espressi dalla leadership
aziendale.
La ricerca della maggior flessibilità ed efficacia possibile ha spinto le
organizzazioni a semplificare la propria struttura, riducendo i livelli gerarchici e
avviandosi verso modelli sempre più snelli e piatti. L’ovvio corollario di questo
processo è che, venendo meno i gradi intermedi di supervisione, il livello delle
responsabilità e la necessità di autocontrollo sono ricaduti sulla base di quella
che una volta era la piramide gerarchica. Questa ridistribuzione verso il basso è
nota come “empowerment” e rappresenta una modalità attraverso cui il lavoro
viene tendenzialmente riqualificato, le mansioni ampliate, l’autonomia
incoraggiata.
Il processo di creazione di valore nelle imprese dipende dalla capacità
del management di acquisire, valorizzare e combinare le risorse disponibili in
modo non facilmente imitabile dai concorrenti. Tra le risorse gestite dalle
aziende, assumono un peso sempre più rilevante le risorse immateriali legate al
capitale umano e, dunque, le conoscenze individuali e la capacità degli individui
di applicarle per portare a termine con successo le proprie attività in modo
coerente con gli obiettivi strategici dell’organizzazione e tenendo conto dei
vincoli presenti nella realtà organizzativa e ambientale in cui essi operano.
In questo contesto, una parte sempre più consistente delle attività di
gestione delle Risorse Umane è rivolta, di fatto, alla gestione del patrimonio
delle conoscenze e delle capacità degli individui; tale attività richiede, non solo
un approccio alla gestione che ponga l’individuo al centro dell’organizzazione e
lo consideri come variabile indipendente rispetto all’organizzazione stessa, ma
altresì nuovi metodi e nuove tecniche che favoriscano lo sviluppo ed il
mantenimento di tale patrimonio.
Questo capitolo si compone di due paragrafi principali che sottolineano la
tematica dal punto di vista terminologico e storico, per rendere una visione
esaustiva dell’argomento di trattazione, a monte delle dissertazioni
metodologiche.
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1.1 Considerazioni terminologiche
Il termine “Empowerment”, derivante dalla lingua e dalla cultura
anglosassone, non trova una traduzione italiana letterale che possa in maniera
inequivocabile esprimerne il concetto. Non essendo traducibile mediante un
unico termine di senso compiuto, viene necessariamente descritto in letteratura
da varie definizioni che si esprimono obbligatoriamente sulla base del
significato concettuale dell’approccio scelto. Le definizioni in letteratura sono
molteplici, tutte riferite a teorie che supportano una determinata metodologia di
utilizzo pratico dell’empowerment. Di fatto, è fondamentale ottenere una
visione più ampia possibile del concetto per applicare il costrutto di
empowerment in base alle contingenze, senza perdere di vista il filone
principale.
Empowerment, per alcuni autori, significa processo di “impoteramento”,
di aumento del potere. Il “power”, il potere di cui si occupa l’empowerment non
è primariamente quello (al quale spesso per primo ci si rivolge) di qualcuno su
qualcun altro; è invece soprattutto il potere come patrimonio personale di chi lo
possiede, lo ha in se, lo può usare nel rapporto con le cose e le persone
importanti nella sua vita.
La parola “potere” ha infatti almeno due significati ben distinguibili:
1. potere “relazionale”: potere di qualcuno su qualcun altro,
“influenza”
1
nella sua definizione più semplice. E’ il significato di
potere più diffuso nella cultura;
2. “potere personale”: potere che sta dentro la persona, che significa
soprattutto possibilità, che è influenzato da fattori interni della persona
ancor prima che da fattori esterni. Potere non a somma zero
(inversamente proporzionale tra individui)
2
, ma aumentabile (o
diminuibile) in maniera non limitata a priori.
1
Secondo questa definizione, si dice che la persona A ha potere sulla persona B quando l’influenza che A
esercita su B è sistematicamente maggiore dell’influenza che B esercita su A.
2
Quanto più ne ha uno,tanto meno l’altro
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Parlando di potere relazionale si tende a parlare di fattori di tipo
economico, militare, di ruolo. Parlando di potere personale, interno, si
confina con fattori più psicologici quali motivazione, energia, fiducia in
sé, speranza.
In base ad un approccio psicologico sull’empowerment sono stati
evidenziati quattro componenti principali:
1. la valorizzazione dei fattori interni di causa (internal locus of
control): tendenza ad investire psicologicamente sui fattori
interni che influenzano ciò che accade o accadrà alla persona;
2. la tendenza ad avere fiducia nella capacità di usare bene le
proprie risorse (self efficacy). In ogni occasione, infatti, sia ad
avere fiducia di usare bene le proprie risorse sia ad avere
timore di non saperle mobilitare ed usare al meglio;
3. il pensiero operativo (operative positive thinking): investimento
operativo sulle risorse disponibili più che sulle risorse
mancanti. Il pensiero operativo spinge a privilegiare
l’investimento, sia psicologico che operativo, sulle risorse
disponibili;
4. la “speranzosità” (hopefullness) o tendenza a sperare che,
nell’ambito delle cose che all’esterno avverranno e non sono
controllabili né prevedibili, ci saranno anche aspetti positivi,
fattori “intervenienti” che faciliteranno.
Nel suo quadro teorico, R.M. Kanter
3
, definisce il potere come la capacità
di mobilitare le risorse per portare a compimento il lavoro, e identifica le due
caratteristiche strutturali all’interno dell’organizzazione che influenzano l’abilità
dell’individuo di accedere e mobilitare le risorse dell’empowerment relative al
lavoro:
1. potere, come accesso alle risorse, supporto e informazione;
2. opportunità, come accesso all’impegno, crescita e sviluppo.
3
Kanter R.M. & Brown J.C., “Empowerment: key to efectivness”, Hospital forum 25, pp. 6-13 (1982)
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L’accesso a queste strutture organizzative è influenzato dal livello di
potere formale e informale che un individuo ha nell’organizzazione
Da ciò si evince che l’empowerment è “qualunque processo che fornisce
una maggior autonomia al personale attraverso la condivisione di informazioni
di rilievo e la possibilità di controllo sui fattori che influiscono sul rendimento
lavorativo” (J. N. Newstrom & K. Davis, 1997). (N.d.t., nota del traduttore).
1.2.1 Competenza: derivata da empowerment ?
Risulta spontaneo porsi questo quesito anche se, a ben vedere, il
termine “competenza” esiste prima del termine “empowerment” non fosse altro
che, conoscenze e capacità, fanno parte del normale apprendimento
dell’individuo mentre il termine empowerment viene espresso come concetto di
processo. Di fatto, la competenza, può esistere indipendentemente, ma
sicuramente il suo riconoscimento corretto ed il suo sviluppo ottimale risentono
drasticamente dell’utilizzo e della specifica applicazione del costrutto di
empowerment evidenziato in parte dall’analisi terminologica.
Appare difficile fornire una definizione univoca di competenza, anche
perché nel linguaggio comune questo termine viene usato frequentemente in
maniera intercambiabile con assunti quali “capacità e conoscenze”.
In lingua italiana si intende con “competenza”, (dal latino competentia,
cum-petere: chiedere, dirigersi a), la piena capacità di orientarsi in determinati
campi, legittima autorità di esprimere un mandato, specialmente giudiziario”
4
.Il
verbo competere si associa, poi, ad aspetti connessi alla sfida, alla
“competizione”.
Per comprendere a fondo è necessario passare dal piano della
descrizione al piano della definizione, che significa addentrarsi nel cuore del
concetto, mettere a fuoco le sue articolazioni, le sue implicazioni, all’interno di
un quadro coerente sul piano della teoria e congruente sul piano
dell’esperienza. Non si può parlare di competenza senza partire dalla
definizione più ripresa e più citata in letteratura. Proposta inizialmente da Klemp
4
Zanichelli “Dizionario della lingua italiana” (1990)
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(1980) e ripresa da Boyatzys (1982), ha trovato poi in Spencer e Spencer
(1993) una sua formulazione più compiuta. Questa definizione si compone di
due parti. La prima individua che cosa la competenza è: “Una caratteristica
intrinseca di un individuo casualmente collegata ad una performance eccellente
in una mansione…”.
La seconda elenca i suoi fattori costitutivi: “…si compone di motivazioni,
tratti, immagini di se, ruoli sociali, conoscenze ed abilità”.
Caratteristiche, queste ultime, che confermano il legame inscindibile con
il programma per l’iplementazione dell’empowerment , costituendone la base
essenziale.
Alcune definizioni e traduzioni applicative sono state generate, più o
meno esplicitamente, nell’ambito degli approcci alle competenze conosciuti.
In ambito formativo Pellerey (1983) definisce la competenza
professionale come “l’insieme strutturato di conoscenze, capacità e
atteggiamenti necessari per svolgere un compito.”
Quaglino (1990) definisce la competenza “operativa” come “la qualità
professionale di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti
professionali e personali”.
In entrambe queste esemplificazioni la competenza è definita
come un insieme di elementi/dimensioni che concorrono all’efficacia di un
comportamento professionale e seppur in modo diverso la competenza non è
descritta solo in termini di sapere e saper fare, ma fa riferimento a
caratteristiche personali e individuali.
Un’ultima utile osservazione che resta è che “[…] qualsiasi cosa significhi
oggi “essere competenti” si può essere sicuri che il significato sarà cambiato già
domani” (Lanzara,1993). E il domani è già oggi…(F. Civelli & D. Manara, 2002).
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1.2 Le radici storiche dell’empowerment
Il modello “supportivo” del comportamento organizzativo ha avuto le sue
origini nei “principi delle relazioni supportive”
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come dichiarato da Rensis Likert
(1961):
“La leadership e altri processi delle organizzazioni devono essere tali da
assicurare una massima probabilità che in tutte le interazioni e tutte le relazioni
con l’organizzazione ciascun membro, alla luce del suo background , valori e
aspettative, possa considerare l’esperienza come supportiva e che costruisce
e mantiene il senso dell’importanza e del valore personale”.
Sull’onda dell’approccio supportivo vi furono una serie di studi di ricerca
allo stabilimento “Hawthorne Plant” della “Western Electric” tra il 1920 e il 1930.
Guidati da Elton Mayo e F.J. Roethlisberger, i ricercatori diedero spessore
accademico agli studi del comportamento umano sul lavoro applicando intuito
ed entusiasmo, pensiero lineare, e bagaglio sociologico agli esperimenti
industriali. Definirono che un’organizzazione è un sistema sociale e il lavoratore
è, di fatto, l’elemento più importante al suo interno. I loro esperimenti giunsero
alla conclusione che il lavoratore non è un semplice strumento, ma una
personalità complessa che spesso è difficile da capire. Gli studi suggerirono
inoltre che una comprensione delle dinamiche di gruppo, unitamente
all’applicazione di una supervisione supportiva, risultava di notevole
importanza.
La ricerca Mayo-Roethlisberger è stata fortemente criticata perché ritenuta
inadeguatamente controllata e sovrainterpretata, ma le intuizioni di base, come
il sistema sociale all’interno dell’ambiente lavorativo, sono resistite nel tempo. Il
punto fondamentale è il fatto che si sia trattato di solida ricerca del
comportamento umano sul lavoro, e la sua influenza sia stata diffusa e
duratura. Gli studi sono realmente un pietra miliare nell’evoluzione storica del
comportamento organizzativo, e hanno risvegliato ulteriore interesse nei modelli
di empowerment. Attraverso la leadership, sostengono, il management crea
un clima per aiutare la crescita del personale che realizza nell’interesse
5
In lingua originale “Principles of supportive relationships”(n.d.t)