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I N T R O D U Z I O N E 
 
Il presente studio tratta dei codici di condotta e della responsabilità sociale all’interno 
del  settore nonprofit
1
. Parlare di comportamenti etici e di responsabilità sociale non è 
più una novità. Da tempo questa tematica è in auge, tanto da indurre anche i più scettici 
a non annoverarla tra le mode del momento. 
Non solo non si può considerare una tendenza passeggera, ma ha talmente influenzato la 
vita delle organizzazioni da far moltiplicare il numero dei loro bilanci: oggi queste non 
si limitano più alla semplice redazione del bilancio d’esercizio tradizionale, ne 
associano un altro detto “bilancio sociale” e, dove richiesto, uno detto “bilancio di 
missione” mentre si studia già il “bilancio integrato”. Oggi il mondo economico ha 
raggiunto una nuova consapevolezza che consiste nel rendere conto all’intera collettività 
che produrre beni e/o servizi non significa disinteressarsi di tutto il resto. Questa regola 
vale anche per il settore economico detto nonprofit, balzato all’attenzione dei politici e 
degli esperti in materia contabile, economica e sociale intorno agli anni Novanta.  
Dal 2004, con una lenta ma progressiva andatura, l’Europa si è confrontata per studiare 
nuovi indici statistici che siano in grado di fornire nuove informazioni, da affiancare a 
quelli già studiati in passato per l’ambito economico. In questa nostra epoca, è sorta la 
necessità, di guardare oltre al Prodotto interno lordo (Pil) in quanto questo non può più 
essere considerato l’unico parametro dell’effettivo benessere individuale e sociale. Tale 
lavoro, iniziato a Palermo, si è sviluppato nel tempo attraverso successivi convegni in 
                                                           
1
 Il nonprofit è un settore economico che durante gli anni Novanta si è imposto all’attenzione di  politici, 
ricercatori, amministratori dell’opinione pubblica poiché produce beni e servizi particolari senza 
distribuire l’utile d’esercizio derivante dalla gestione dell’attività, ma lo riutilizzano nel proprio interno al 
fine di aumentare le quantità e migliorare la qualità dei servizi erogati. Varia è la dicitura scritta in uso: 
“no profit”, “non profit”, “non-profit”, “nonprofit”. Le prime due forme sono errate, poiché la grammatica 
inglese richiede la forma “non-“ al posto del “no” o del “non”, divenendo così “non-profit”. La terza e 
quarta forma sono nell’uso corrente della lingua americana, ma con significati leggermente diversi: “non-
profit” fa notare che tale settore dell’economia e della società non persegue il profitto, conferendone così 
un’accezione negativa. Il termine “nonprofit” invece lo valorizza nei suoi aspetti positivi, unici e non 
condivisibili con altre organizzazioni (Barbetta G. P. e Maggio F. (2008), pag. 10). Personalmente mi 
unisco alla scelta effettuata dai suddetti autori nell’uso del termine “nonprofit”. Per correttezza verso gli 
autori citati, farò uso della forma espressiva da loro scelta.
6 
 
varie città nel mondo, e ha prodotto un importante documento, la Dichiarazione di 
Istanbul. Tale documento conclude invitando tutti i soggetti pubblici e privati a 
partecipare a tavole rotonde per fornire il loro contributo nello “sforzo ambizioso” di 
studiare i nuovi indici del benessere personale e comunitario “con iniziative in questa 
direzione sviluppate a livello locale, nazionale e internazionale
2
”. L’ultimo incontro è 
avvenuto nell’ottobre 2011. 
E’ con questa consapevolezza che affronto il presente studio, affinché sia palese che i 
valori dell’etica e della responsabilità sociale negli enti e nelle organizzazioni 
(pubbliche e private) non esistono più solo per essere fini a sé stessi o nei confronti dei 
tradizionali stakeholders, ma rappresentano un punto di partenza verso nuovi impegni e 
nuove attese, questa volta di portata mondiale. Anche i codici di condotta e la 
responsabilità sociale entrano in una nuova dimensione, e il lavoro svolto all’interno 
delle organizzazioni nonprofit, al pari di quelle for profit, ha la stessa affidabilità, merita 
la stessa fiducia e per questo è non solo collocato a pieno merito e diritto all’interno 
della sfera economica, ma è anche inserito nelle tavole rotonde organizzate 
dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nei paesi 
che aderiscono alla sua iniziativa. Inoltre, per festeggiare i cinquant’anni dalla sua 
fondazione, ha cambiato il proprio slogan da “For better world economy (Per 
un’economia mondiale migliore, TdA)”, in “Better policies for better lives (Linee di 
condotta migliori per una migliore qualità di vita, TdA)
3
”.  
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite - con la Delibera n. 64/136 - ha proclamato 
il 2012 “Anno Internazionale delle Cooperative”, in riconoscenza al contributo delle 
stesse allo sviluppo socio-economico, e in particolare alla riduzione della povertà, 
produzione di occupazione ed integrazione sociale
4
.  
  
                                                           
2
 Giovannini E. (2010), pag. 77.   
3
 Giovannini E. (2.03.2011), ¶ 30.   
4
 Uncoops (1.06.2011), ¶ 4.
7 
 
 
 
 
 
 
 
CODICI DI CONDOTTA   
E RESPONSABILITÀ SOCIALE 
NEL SETTORE NONPROFIT ITALIANO
9 
 
P A R T E  I LA SITUAZIONE ATTUALE 
 
1 IL NONPROFIT E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IN ITALIA 
 
1 Le organizzazioni nonprofit 
L’ 8° Censimento generale dell’industria e dei servizi ha registrato una forte crescita 
all’interno del Terzo settore (formato da istituzioni private e imprese nonprofit)
5
.          
In termini generali, nel 2001 conta 235.232 unità giuridico-economiche, con un 
aumento di 173.856 unità (+283,3%) rispetto al Censimento del 1991 che ne contava 
61.376. Anche le unità locali sono aumentate a 253.344 (+131,2%), ed in essi hanno 
trovato occupazione 488.523 lavoratori dipendenti, con un aumento del 75,8% (rispetto 
al Censimento del 1991), 100.525 lavoratori con contratto di collaborazione coordinata 
e continuativa (maggiormente concentrati nel nord-ovest e decisamente poco presenti 
nelle Isole), e 3.743 lavoratori interinali (anch’essi più presenti nel Nord-ovest e 
decisamente poco presenti nelle isole. Ma la vera forza del nonprofit rimane ancora il 
volontariato, che giunge a 3.315.327 persone. Il volontariato è molto presente su tutto il 
Nord Italia, specialmente nel Nord-ovest. 
Le istituzioni nonprofit sono massimamente rappresentate da Associazioni non 
riconosciute (156.133) e da Associazioni riconosciute (62.231). Consistente è anche la 
presenza della Cooperativa sociale (5674 unità locali), che ha aumentato il personale 
addetto a 149.147 dipendenti (+22,4%) con una media di 26 addetti per istituzione, e 
delle Fondazioni (3.077), che offre lavoro a 41.332 addetti con una media di 13 
lavoratori per istituzione. Oltre a questi dati molto favorevoli, l’intero settore presenta 
notevole mobilità occupazionale. 
                                                           
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 Sono state accolte come “istituzioni nonprofit” le entità selezionate con criterio di “non distribuzione 
degli utili”, in accordo con la definizione fatta propria dalle Nazioni Unite, Eurostat, e dai principali 
organismi statistici internazionali.
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Considerando l’attività prevalente, si distinguono quattro settori, qui di seguito indicati. 
I settore - Cultura, sport e ricreazione (comprende la voce “Attività di altre 
organizzazioni associative”). Rappresenta il 73,2% delle unità locali (185.467) ed 
occupa il 14,1% degli addetti (68.839) e il 76,46% del volontariato (2.534.924). 
II settore - Sanità e assistenza locale, presente con 31.824 unità locali (12,6%), assorbe 
più della metà degli addetti (260.610, 53,3%) ed una buona quota di volontari (631.218, 
19%). 
III settore - Formato dalle voci Attività delle organizzazioni economiche, 
imprenditoriali e professionali, Attività dei sindacati di lavoratori dipendenti, e Altre 
attività. È presente nel territorio con 22.586 unità locali (pari all’8,9% del totale), 
accoglie 54.325 addetti (11,12% del totale) e 79.134 volontari (il 2,4% del totale). 
IV settore - Istruzione. È rappresentato con 11.154 unità locali (4,4%), 100.158 addetti 
(20,5% del totale) e 56.574 volontari (1,7 %). 
V settore - Ricerca e sviluppo. Minimamente rappresentato, riporta i seguenti valori: 
2.313 unità locali (0,91% del totale), 4.591 addetti (0,94%) e 13.477 volontari (0,41 del 
totale). 
L’ 8° Censimento generale dell’industria e dei servizi 2001 così conclude:  
“Nel confronto con il primo censimento delle istituzioni nonprofit, che l’Istat ha eseguito con 
riferimento al 1999, si rileva un incremento pari al 9,2 per cento del numero di istituzioni, mentre 
si registra una contrazione del 5,5 per cento dei dipendenti e un aumento del 226,5 per cento dei 
collaboratori coordinati e continuativi. L’apporto del personale non retribuito che presta la sua 
opera volontariamente è cresciuto del 7,3 per cento. Spicca soprattutto l’incremento, nel biennio, 
delle cooperative sociali (+22,0% sia in termini di numero di cooperative che di dipendenti)”.   
I soggetti giuridici che compongono il nonprofit sono: 
- Associazioni e fondazioni riconosciute (articolo (art.) 14 e seguenti (segg.) del 
Codice Civile, C.C.). Sono dotate di personalità giuridica. L’European 
Foundation Centre di Bruxelles definisce la fondazione “un ente privato senza 
finalità di lucro”; è dotata di patrimonio proprio. Mentre l’atto costitutivo delle
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associazioni è un contratto a carattere bilaterale, l’atto costitutivo delle 
fondazioni è sempre un atto unilaterale, anche quando intervengono due o più 
persone alla creazione dell’ente. 
-  Associazioni non riconosciute (art. 36 e segg. C.C.). 
- Comitati (art. 39 e segg. C.C.). 
- Organizzazioni di volontariato (Legge (L.) 11.08.1991, n. 266). L’attività di 
volontariato si definisce “un’attività a carattere personale, prestata 
spontaneamente e senza fini di lucro, diretto o indiretto, con finalità 
solidaristiche”. È previsto un rimborso spese per l’attività prestata entro i limiti 
preventivamente stabiliti dall’organizzazione. È necessaria l’esistenza di uno 
statuto, o atto costitutivo, nel quale sia espresso lo scopo solidaristico 
dell’organizzazione, con il quale confrontare e “valutare la congruità del 
concreto operare dell’ente rispetto alle ispirazioni ideali perseguite”. 
- Cooperative sociali (L. dell’8.11.1991, n. 381). Sono denominate di “tipo A” 
quelle che gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi con attività diverse 
(agricole, industriali, commerciali o di servizi) e di “tipo B” quelle finalizzate 
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (come ex carcerati). 
L’obiettivo di tali enti è quello di soddisfare bisogni collettivi, che non 
coincidono con quelli dei soci proprietari. Gli operatori presenti si distinguono 
in soci lavoratori (con responsabilità gestionale e impegnati nell’attività 
produttiva), soci volontari, soci sovventori (concorrono alla formazione del 
capitale sociale e possono essere anche persone giuridiche), dipendenti e 
collaboratori non soci. All’interno di quest’area del nonprofit il senso di 
solidarietà sociale è veramente spiccato. Le cooperative sociali costituite in 
conformità alla L. n. 381/1991 sono considerate Onlus di diritto.  
- Associazioni sportive (L. 16.12.1991, n. 398). 
- Organizzazioni non governative (art. 28, L. 26.02.1987, n. 49). Possono avere 
forma di organizzazioni (riconosciute o non riconosciute) e di fondazioni 
(nazionali o internazionali); promuovono e sviluppano progetti di cooperazione 
internazionale nella zona del pianeta ove sono richiesti aiuti umanitari per lo
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sviluppo di migliori condizioni di vita. Le attività sono dunque a carattere 
transnazionale e la legge nazionale di maggior rilievo è la n. 49/1987 dedicata 
alla cooperazione. Nel testo legislativo in parola si prevede un regime di 
particolare favor nei confronti di tali organizzazioni cui spetta, ai sensi del       
D. L. n. 460/1997, […] la qualifica di Onlus di diritto. Tali organizzazioni, per 
partecipare a progetti di cooperazione con particolari modalità, devono godere 
della qualifica di Onlus di diritto, che si ottiene tramite un giudizio di idoneità 
sottoposta ad alcuni requisiti di carattere formale e sostanziale
6
. 
- Enti ecclesiastici cattolici (L. del 20.05.1985, n. 222), ed Enti religiosi di altre 
confessioni. 
- Enti di promozione sociale (art. 3, comma 6, L. del 25.08.1991, n. 287 e L. del 
7.12.2000, n. 383). Istituiti con la L. n. 383/2000 che così recita:  
“le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro 
coordinamenti o federazioni costituite al fine di svolgere attività di utilità sociale a 
favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e 
dignità degli associati”. (Barbetta G. P. e Maggio F. (2008), pag. 45).  
- Lo statuto di tali associazioni - presenti in molte aree del nonprofit - deve 
richiamare all’assenza dei fini di lucro, alla non ripartizione degli utili e, in caso 
di scioglimento dell’ente, alla devoluzione del patrimonio per fini di utilità 
sociale. Deve contenere anche le norme di ispirazione dei principi di 
uguaglianza e democrazia dei diritti di tutti gli associati, e la previsione 
dell’elettività delle cariche associative. È stato costituito l’osservatorio nazionale 
dell’associazionismo che stabilisce le priorità degli interventi, e gestisce il fondo 
per l’associazionismo atto a sostenere finanziariamente le iniziative di 
informazione e valorizzazione degli enti come pure la formazione, 
l’aggiornamento e altro ancora. 
- Enti lirici (D. L. del 29.06.1996, n. 367); 
- Società di mutuo soccorso (L. 15.04.1886, n. 3818); 
- Centri di formazione professionale (L. 21.12.1978, n. 845); 
                                                           
6
 Per approfondimenti si veda Zamagni S. (2011), pag. 92.