5
persone ma un contatto basato sull’illusione dell’esperienza sessuale
occasionale e la condivisione di momenti eccitanti fini a se stessi, senza un
prima e un dopo di relazione.
Ho scelto di parlare in particolare della cocaina tra le sostanze stimolanti
perché è la più conosciuta e da più tempo presente nella società occidentale.
Anche in Italia in questo ultimo ventennio è diventato un dilagante
fenomeno, che si è inserito prepotentemente senza distinzione di classe
sociale. La cocaina è ormai una droga trasversale che ha coinvolto il ricco
signore industriale metropolitano del nord-Italia come l’anonimo impiegato
comunale del più remoto paesino meridionale. Ho ritenuto importante
percorrerne la storia partendo dalle origini per riflettere sul fatto che ogni
‘droga’ è una sostanza presente in natura che non è ‘cattiva’ in assoluto, ma
lo diventa quando il suo uso si slega da una ritualità e quando perde di
significato sociale, culturale e religioso. Per questo quando si sente parlare
di “nuove droghe” ci si deve riferire a nuovi trend di consumo di sostanze
che esistono da secoli. Ho dedicato ampio spazio agli effetti della cocaina
sull’uomo perché credo che l’informazione scientifica corretta sia sempre
un punto di partenza importante per evitare di parlare di ciò che in realtà
non si conosce. Il capitolo sui consumatori ha lo scopo di tentare di dare un
volto a questo “tossicodipendente diverso” stando sempre attenti a non
cadere in generalizzazioni sempre pericolose quando si parla di persone per
fortuna sempre differenti e sempre in cambiamento.
Un'altra parte della tesi, alla quale ho voluto dare risalto è quella indirizzata
alla conoscenza delle “multinazionali” del narcotraffico, alle dinamiche
dell’enorme quantità di droga che le stesse immettono sul mercato
internazionale ricavandone enormi ricchezze finanziarie. Queste sono le
organizzazioni criminali sudamericane ed in particolare i cd. “cartelli”
colombiani, tutori ed egemoni del mercato della cocaina. Non meno
6
interesse ho dedicato al ruolo della mafia storica “nostrana”, con riferimento
agli accordi intessuti negli anni da cosa nostra, dalla camorra e dalla
‘ndrangheta con i “narcos” colombiani ed all’evoluzione che questi gruppi
mafiosi hanno sviluppato nel tempo.
Infine il capitolo sulla legislazione ed i poteri di investigazione delle forze
di polizia, vuole sottolineare come la visione del tossicodipendente come
unico e sempre uguale a se stesso si sia rispecchiata anche nell’ultimo testo
di legge, non differenziando per niente i vari tipi di consumatori né per
quantità né per sostanza, pretendendo di controllare un mare differenziato di
persone e di problematiche con un’unica disciplina. Nonostante le lacune
legislative, le Forze di Polizia hanno comunque a disposizione diversi
strumenti finalizzati alla lotta alla droga, come le investigazioni cd.
“speciali” (acquisto simulato di droga, l’agente infiltrato, il confidente di
polizia) che incidono in modo più efficace rispetto alle ordinarie
investigazioni. Tali operazioni si sono concretizzate anche in virtù dei
rapporti di cooperazione internazionale esistenti con organismi di altri paesi
oltre che dal ruolo di coordinamento svolto dalla Direzione Centrale per i
Servizi Antidroga, istituita in Italia presso il Ministero dell’Interno.
L’obiettivo di questa tesi è pertanto quello di approfondire la conoscenza
sia per quanto riguarda la sostanza-cocaina in senso stretto, che il tema
delle investigazioni relative al traffico ed alla sua commercializzazione, che
come vedremo ha sempre di più assunto un carattere transnazionale. In ogni
caso, il tutto è finalizzato a favorire la ricerca di possibili spunti
investigativi utili ad un’applicazione operativa di polizia nell’ambito della
lotta alla droga.
7
Capitolo 1
1.1 La cocaina
Gli ultimi fatti di cronaca hanno portato all'attenzione dell'opinione
pubblica il dilagante fenomeno del consumo di cocaina e delle nuove
sostanze stupefacenti sintetiche. Al di là dei risvolti scandalistici, il numero
dei consumatori di cocaina ha subito negli ultimi 10 anni un incremento
impressionante, e se negli anni '70 -'80 era considerata una droga per ricchi,
soprattutto per il costo eccessivo, sembra che sempre più persone abusino
della “polvere bianca”. Negli ultimi anni si è assistito ad un allargamento
trasversale dell'uso di cocaina; oggi, oltre ad essere diffusa in tutte le classi
sociali, essa è consumata in larga misura tra le fasce più giovani della
popolazione (dai 15-16 anni in poi). Ciò si è verificato anche perché il
prezzo è diminuito: una buona dose, pari a circa mezzo grammo, costa
intorno ai 40 euro. Ma per quelle più “tagliate”, con un basso principio
attivo, si scende anche a 12 euro a dose: a Napoli, per esempio, se ne
spaccia in quantità consistente. Nella sua espansione la cocaina ha, in
qualche modo, soppiantato l'eroina, il cui consumo è al contrario in netto
calo. Purtroppo sono in molti a ritenere che la cocaina non faccia male e che
quindi si possa gestire più facilmente. Non è invasiva come l' eroina e
nell'immaginario dei giovani è legata ad ambienti sociali di successo. A
differenza dell'eroina, che crea subito dipendenza, la cocaina ha una lunga
latenza, per i primi tempi sembra facile da gestire, poi però si aumenta il
dosaggio è diventa difficile uscirne. I farmaci usati per la disintossicazione
degli eroinomani sono inefficaci con i cocainomani, anche se l'overdose da
cocaina non è diversa da quella di eroina.
8
La crescente diffusione dell'abuso di cocaina sta lentamente creando una
nuova figura di tossicodipendente con cui gli operatori del Ser.T. devono
confrontarsi. Questa sostanza, fra i diversi alcaloidi, è di gran lunga il più
importante per il suo effetto psicoattivo. Allo stato puro (cocaina base detta
anche cocaina farmacologica) è una sostanza incolore, inodore, cristallina e
trasparente, solubile nell’etere. Viene comunemente usata come cloridrato,
sostanza cristallina e trasparente, solubile nell’acqua, contenente circa il
90% di cocaina pura; la solubilità nell’acqua fa sì che si possa sciogliere
anche nell’umidità atmosferica, se non è tenuta in un recipiente chiuso. La
sostanza è peraltro piuttosto stabile e non soffre né luce, né calore.
La produzione della cocaina dalle foglie di coca si può ottenere attraverso:
a) estrazione diretta, b) produzione semi-sintetica, c) produzione sintetica.
a) L’estrazione diretta inizia sciogliendo le foglie in acido solforico e
precipitando gli alcaloidi con carbonato di sodio (vedi 1.1.2 Il crack).
b) Con la produzione semi-sintetica la cocaina viene ricavata dalla
trasformazione chimica degli alcaloidi della foglia. Questo procedimento
era molto usato con la coca coltivata a Giava
1
.
c) La produzione sintetica era, fino a poco tempo fa, considerata esperienza
realizzabile ma poco praticata data la lunga e complessa lavorazione che
richiedeva per cui non presentava alcun vantaggio economico rispetto ad
altri procedimenti.
In questi ultimi anni invece si sta assistendo ad un’inversione di tendenza in
quanto, con la diffusione delle conoscenze dei procedimenti chimici e delle
apparecchiature necessarie e l’esperienza maturata con la produzione di
droghe sintetiche di altro tipo anche la cocaina sintetica viene prodotta in
quantità più considerevoli. È evidente quanto questa nuova metodologia
vanifica, in parte, gli sforzi fin qui attuati e mette in discussione l’incisività
1
Arnao G., Cocaina e crack, Feltrinelli, Milano, 1993, pag. 42.
9
dei progetti futuri per la riconversione delle colture di coca nel Centro
America.
1.1.1 la pianta di “coca”
La cocaina è un alcaloide derivato dalla pianta di coca che viene coltivata
tradizionalmente nelle valli più calde delle pendici orientali delle Ande e
nelle zone adiacenti dell’Amazzonia, ad altezze variabili fra 500 e 2000
metri. I contenuti più elevati di principio attivo sono sviluppati in zone con
temperature medie di 18 gradi, ad altitudini tra i 1500 e 2000 metri, e con
almeno tre mesi di abbondanti piogge (Antonil 1978).
2
E’ da circa un
ventennio che alla coltivazione tradizionale si è sovrapposta quella che
incrementa il traffico illegale. L’area che è interessata dalla coltivazione
comprende principalmente Perù, Bolivia e Colombia ma la coca è coltivata
anche in Ecuador, Venezuela, Argentina e Brasile.
La parola “coca” deriva dal linguaggio degli indios Aymarà, una
popolazione che la coltiva e la usa da prima dell’avvento degli Incas (XIII
secolo), e significa semplicemente “pianta”. Con questo nome sono
designate circa dieci specie di eritroxilacee ricche d’alcaloidi, fra cui la più
importante è l’Erythroxylon Coca, che a sua volta comprende diverse
varietà. La pianta di coca è un arbusto alto dai due ai cinque metri, con
corteccia rosso-bruna, fiori bianco-giallastri, frutti rossi privi di nocciolo dal
sapore amarognolo simile al corbezzolo, foglia verde smeraldo di forma
lanceolata od ovale, con margini lisci e lunghezza massima di 9,5 cm,
larghezza massima di 4,5 cm. In Perù e Bolivia la coca viene coltivata in
piantagioni a terrazza chiamate cocales, e sottoposta a un trattamento che è
2
Antonil, Mama Coca, Hassle Free Press, London, 1978 in Arnao G., Cocaina e crack, Feltrinelli,
Milano, 1983, pag. 40.
10
praticamente invariato da secoli. La parte farmacologicamente attiva della
pianta è costituita dalle foglie, che vengono raccolte quando sono mature e
assumono un aspetto giallo e pergamenaceo. Il primo raccolto avviene 12-
18 mesi dopo la semina e, successivamente, tre volte l’anno (marzo, fine
giugno, fine ottobre); la resa è di circa 120-150 kg annui per ettaro.
Le foglie vengono poi stese e asciugate al sole, o con altri sistemi; la foglia
può mantenersi attiva anche per qualche anno, se opportunamente trattata
3
.
Della pianta di coca si conoscono molte varietà, tra cui le più selezionate
per la coltivazione ed il commercio sono la peruviana, o Huanuco, e la
boliviana, o Truxillo, quest’ultima preferita dai coltivatori per la più alta
percentuale di cocaina: dalle sue foglie macerate e spremute viene ottenuto
una pasta con il 60-80% di cocaina. L’uso della coca in forma di foglie
masticate, senza alcun procedimento chimico ma solo con l’ausilio di un
additivo (cenere, calce) con lo scopo di migliorarne l’assorbimento, è quello
tradizionale e tuttora prevalente fra gli Indios dei luoghi di produzione. Si
calcola che i coqueros, cioè i consumatori di coca, siano non meno di 15
milioni. Questa modalità di assunzione fa sì che il principio attivo venga
assorbito lentamente e con effetti tossici, sia acuti che cronici, piuttosto
blandi: “È opinione generalmente condivisa che l’abitudine a masticare le
foglie di coca non conduce né a dipendenza fisica né ad alcun
deterioramento sociale nelle popolazione native” (Schultes)
4
. Presso queste
popolazioni sopravvivono usi religiosi e terapeutici della coca. Vi è poi il
tradizionale uso per contrastare la fatica, soprattutto alle altitudini andine,
che ha condotto addirittura a coniare un’unità di misura: la cocada, cioè la
durata degli effetti del bolo di foglie di coca, che diviene misura del tempo e
della distanza che in questo lasso di tempo si può percorrere, purché,
3
Lodi F., Marozzi E., Marozzi F., Abuso di cocaina: dati relativi alla sua diffusione nella città di Milano,
Atti del Convegno Cocaina oggi, Unidri, Roma.
4
In Arnao G., Cocaina e crack, Feltrinelli, Milano, 1993, pag. 45.
11
appunto, con l’ausilio della coca. Volendo inserire l’argomento
nell’attualità mi sovviene che non a caso il nuovo presidente della Bolivia
Evo Morales, eletto nel mese di gennaio 2006, indio ed ex contadino
cocaleros, nel suo discorso d’insediamento si è ben guardato di appoggiare
la politica statunitense del suo predecessore e di proseguire col programma
di eliminazione della coltura di coca, ma ha addirittura annunciato che
intende aumentare le superfici coltivate perchè la coca è sostanza
tradizionale di consumo dei contadini nelle terre alte boliviane. Morales
così facendo raggiunge due obiettivi in un colpo solo: imboccare una strada
di collisione “ politically correct” con Washington ed accattivarsi il
consenso delle frange più estreme composte perlopiù da contadini dediti
alla coltura di coca e che costituiscono il suo sostegno di base.
1.1.2 Il crack
Attraverso l’estrazione diretta, quindi, sciogliendo le foglie di coca in acido
solforico e precipitando gli alcaloidi con bicarbonato di sodio, si ottiene la
pasta di coca (chiamata masa in Perù e crack o free-base in Usa): una
mescolanza degli alcaloidi della coca, contiene cocaina per circa ¾, che si
presenta come polvere bianca o bruna di odore dolciastro. La pasta è
insolubile, quindi non può essere né ingerita, né inalata, né iniettata; viene
invece fumata e prende il nome specifico di crack. La tossicità della pasta è
aggravata dal fatto che essa contiene tracce di una serie di sostanze usate
come reagenti per il trattamento delle foglie: kerosene, acido solforico,
metanolo, acido benzoico e relativi prodotti di ossidazione.
Ci sono due metodi base per ottenere la cocaina fumabile: il primo metodo,
sviluppato intorno al 1976, usa sostanze chimiche tossiche o altamente
infiammabili (come l’etere), per convertire la cocaina cloridrato, forma
12
raffinata della sostanza, in cristalli di cocaina base libera (rock cocaine).
Questo determina la comparsa di una forma più pura (70-90%) della
sostanza dato che tutti gli additivi vengono filtrati durante il processo.
Questo metodo è chiamato anche basing o baseballing e la sostanza free-
base;
5
l’altra tecnica, sviluppata agli inizi degli anni ottanta, è qualche volta
chiamata basing economico o sporco perché necessita dell’utilizzo di
bicarbonato di sodio e del calore. La cocaina base libera, prodotta col primo
metodo del free-base, attualmente il più usato in Italia, possiede comunque
due proprietà chimiche ricercate dai consumatori. Primo, ha un punto di
fusione più basso rispetto alla forma polverizzata, il che significa che la
cocaina può essere facilmente scaldata in una pipa di vetro e vaporizzata ad
una temperatura più bassa (una temperatura troppo elevata distrugge la
maggior parte delle proprietà psicoattive della sostanza). Secondo, dato che
essa entra nell’organismo direttamente attraverso i polmoni, la cocaina
fumabile raggiunge il cervello più velocemente della cocaina sniffabile. Il
crack, rispetto al free-base, ha il vantaggio di essere più semplice da
preparare, con ingredienti facilmente reperibili ed evita il pericolo
dell’infiammabilità dell’etere.
1.1.4 La cocaina di strada
La cocaina pura, quando viene immessa sul mercato è inevitabilmente
soggetta a “tagli”. Il taglio può avvenire in diverse maniere. A livelli più alti
l'adulterante viene sciolto assieme alla sostanza e poi trattato con questa per
ottenere i "blocchi", mentre a livelli più bassi questo viene mescolato
direttamente alla polvere. Si possono individuare tre categorie di sostanze
5
Inaba D.B., Cohen W.E., Eccitanti sedativi psichedelici, Effetti psichici e mentali, Piccin, Padova,1997
pag.53
13
usate per il taglio: - tagli attivi: sostanze che hanno effetti psicoattivi simili
a quelli della cocaina; - tagli cosmetici: sostanze che simulano alcuni effetti
collaterali della cocaina; - tagli inerti: sostanze che servono ad aumentare il
volume. E' importante sottolineare come il non conoscere il contenuto di ciò
che si assume possa essere causa di rischi aggiuntivi, soprattutto se l'uso è
endovenoso. Le informazioni relative alle sostanze adulteranti risalgono agli
anni ottanta. I tagli attivi sono sostanze stimolanti, come amfetamine e
simili, con effetti analoghi a quelli della cocaina ma più percepibili
fisicamente e con effetto più duraturo. Altra sostanza di taglio è la caffeina.
I tagli cosmetici vengono fatti con sostanze utilizzate in medicina come
anestetici locali (lidocaina, efedrina..). Queste sostanze possono essere
molto pericolose per via endovenosa ( rischio di collasso, convulsioni,
embolie). La sostanza ideale utilizzata per i tagli inerti è la mannite, un
farmaco lassativo per i bambini di aspetto simile a quello della cocaina e
pochi effetti collaterali. Questi sono dati ricavati da ricerche effettuate negli
Stati Uniti negli anni settanta. In Italia gli adulteranti più frequenti sono
lidocaina e mannite. Nella mia esperienza lavorativa in più di un’occasione
è capitato di sequestrare dosi di stupefacente “tagliate” con talco, polvere di
marmo, lattosio, e in qualche caso la “roba” talmente era imbottita di
sostanze da taglio che alle analisi tecnico-scientifiche del “narcotest” non
risultava neanche classificabile come sostanza stupefacente.
14
1.2 Storia di una droga “famosa”
Ogni qualvolta si parla di ‘droga’ sarebbe opportuno chiedersi di cosa
realmente si vuole parlare, nel senso che l’uso di sostanze voluttuarie e
psicoattive ha da sempre avuto un ruolo importante all’interno delle culture
di tutto il mondo. Alcool, tè, tabacco che noi non consideriamo
comunemente droghe, fino al secolo scorso venivano trattate alla stregua di
eroina e cocaina nel mondo occidentale. Per cui la storia di tutte queste
sostanze specie quelle psicostimolanti ha un’origine antica, ma vi è una
differenza fondamentale tra l’utilizzo tradizionale e quello attuale. Questa
differenza è particolarmente evidente nel caso della coca e consiste
nell’esclusività dell’utilizzo tradizionale della sostanza, che era riservato a
poche persone e in situazioni particolari, per motivi terapeutici, o
accompagnato da rigide modalità d’assunzione, veri e propri rituali,
attraverso i quali si arginavano i fenomeni d’abuso, scongiurando gli
episodi di ‘epidemie’(v. 1.2.3 le epidemie di cocaina) che caratterizzano i giorni
nostri. L’utilizzo delle foglie di coca, da cui più avanti si sintetizzò la
cocaina, è molto antico, e da alcuni viene addirittura fatto risalire alla
nascita dell’agricoltura nel Sud America, intorno al 3.000 a.C. a seguito dei
ritrovamenti di resti di borse contenenti foglie di coca rinvenuti ad Huca
Prieta, nel nord del Perù. Ritrovamenti simili risalgono al 2.100 a.C. in
Equador (Di Gennaro, 1988)
6
. Esistono inoltre manufatti di ceramica detti
coqueros, sopra i quali sono raffigurate figure umane con un rigonfiamento
della guancia simile a quello dei masticatori di coca. È importante
sottolineare che queste raffigurazioni umane sono sempre rappresentate in
contesti regali o comunque di estremo prestigio: seduti sopra seggi
cerimoniali e troni il che fa pensare a capi tribù o sciamani. Il fatto poi che
6
in Merzagora Betsos I., Cocaina: la sostanza, i consumatori, gli effetti, FrancoAngeli, Milano, 1996,
pag. 30.
15
siano sempre figure maschili con il pene eretto fa pensare ad una
connessione tra consumo di coca e culto della virilità per cui il
collegamento tra cocaina e sessualità presente anche nell’immaginario
culturale odierno presenterebbe, in realtà, antiche origini.
Il fatto che la coca avrebbe facilitato il viaggio spirituale nell’aldilà è
testimoniato dai ritrovamenti come all’interno delle tombe peruviane.
L’ipotesi che la coca fosse già utilizzata a quei tempi per le proprietà di
anestetico che possiede è rafforzata dal ritrovamento, nelle tombe, di crani
con segni di trapanazione assieme a bendaggi e strumenti chirurgici.
Esistono poi numerosi miti andini riguardanti la coca: gli Incas la
consideravano una pianta portata sulla terra come dono dal dio Manco
Capac quindi sacra e riservata ai ministri del culto; anche l’élite del tempo
ne faceva uso in occasioni religiose prestabilite
7
. “Mama Coca” fu un titolo
attribuito ad una regina Inca ai tempi dell’espansione dell’impero per
invocare il legame tra la forza data dalla pianta e le conquiste
8
. In un primo
tempo l’uso della pianta sarebbe stato riservato ai conquistatori Incas, ma
solo all’ aristocrazia, e più tardi ai notabili delle popolazioni conquistate
come simbolo di accettazione di costoro nei ranghi Incas: tale iniziativa si
può leggere come una prima forma di ‘proibizionismo’ in quanto si trattava
di un controllo della collettività sull’uso di sostanze psicoattive da parte di
singoli individui. Tale controllo può essere definito ‘orizzontale’ fra quanti
fanno uso di coca e chi ne stabilisce e gestisce le norme d’uso (stregone,
autorità). Non si dividono le sostanze in buone e cattive ma è l’uso di esse
che può essere corretto o distruttivo. Si noti la differenza di atteggiamento
rispetto al modo attuale di vivere il rapporto con le droghe, che possiamo
definire di proibizionismo ‘verticale’ in cui l’uso delle sostanze buone
7
Arnao G., Proibito capire. Proibizionismo e politiche di controllo sociale, Ega, Torino, 1990, pag. 53.
8
Mortimer W.G., Perù. History of Coca, J.V.Vail, New York, pag. 20.
16
(tabacco, alcool, caffè) è lasciato alla responsabilità personale e quello delle
sostanze cattive, cioè le droghe, rigorosamente proibito sempre e
comunque. Le popolazioni conquistate dagli Incas conoscevano già la
pianta di coca e, secondo alcuni, sarebbero stati addirittura i conquistati a
farla conoscere a loro: come già ricordato in precedenza la stessa origine
della parola sarebbe di origine boliviana. In analogia col mito greco di
Prometeo che si oppone agli dei rubandogli il fuoco e regalandolo agli
uomini, in alcuni miti delle popolazioni conquistate, la coca era simbolo
della ribellione alle autorità e alla potenza divina che li aveva cacciati dal
loro territorio. Nonostante la proibizione, è probabile che l’uso tradizionale
pre-incaico di consumare coca da parte dei contadini fosse comunque
diffuso
9
. II conquistadores Spagnoli, dopo un periodo di proibizionismo, si
accorsero che la masticazione delle foglie di coca permetteva agli indigeni,
ormai loro schiavi, di resistere a fame e fatica e così misero da parte i
motivi antropologico-culturali a favore di un tornaconto economico molto
meno idealista, proponendo ai contadini, un consumo massiccio di foglie di
tant’è che divennero addirittura una forma di pagamento. La coca, peraltro,
venne tassata a favore degli spagnoli, ma anche della Chiesa come ci
tramanda un cronista del sedicesimo secolo, scrivendo che le rendite dei
sacerdoti ed ecclesiastici della cattedrale di Cuzco derivava dai proventi
delle piantagioni di coca
10
. Assistiamo quindi alla prima trasformazione
radicale nella storia del consumatore di coca, a una sua proletarizzazione e,
per come già stato accennato precedentemente e che esamineremo ancora
più avanti, la storia si ripropone ai giorni nostri.
9
Mannaioni P.F., Il rischio da cocaina: tossicità, dipendenza e trattamento, in Unicri, Cocaina oggi,
Roma, 1991 pag.55 sgg.
10
Merzagora Betsos I., Cocaina: la sostanza, i consumatori, gli effetti, FrancoAngeli, Milano, 1996,
pag.25 sgg.