6
della CNN, soprattutto in quella determinata occasione, è stata in un certo senso
proprio quella di porgersi, nei confronti del conflitto, trasversalmente, come una
delle tante agenzie di mediazione internazionale che operano sul territorio, in grado
di godere sia della fiducia del proprio paese, sia di quella del paese nemico ospite.
Ciò che permetteva al noto corrispondente Peter Arnett di trasmettere credibilmente
da Baghdad in piena guerra, senza essere espulso dagli iracheni e senza provocare
diffidenza nel pubblico americano e internazionale, è stata soprattutto un’identità
personale e nazionale forte, e inoltre una separazione netta dal progetto politico del
proprio governo in nome di un altro obiettivo; informare tutti sulla sequenza degli
eventi. Dare l’opportunità ai telespettatori di tutto il mondo di vedere gli altri paesi
così come essi vedono se stessi rappresentava la grande novità.
L’avvento della CNN ha segnato la nascita di un nuovo tipo di giornalismo
internazionale; sempre più dislocato, lontano dagli Usa, in cui il reporter ha interesse
a tenersi il più possibile equidistante fra realtà narrata e opinione pubblica. Per
alcuni, questo gesto inaspettato di separazione fra bandiera nazionale e impegno di
impresa, è stato un vero e proprio shock, un tradimento, tanto che durante la Guerra
del Golfo, il senatore Alan Simpson accusò Peter Arnett di “collaborazionismo” in
un discorso pronunciato nel febbraio del ’91 alla presenza del Senato degli Stati
Uniti. L’accusa sembrava effettivamente trovare un fondamento poiché sia la CNN
che il suo corrispondente avevano inizialmente accettato, per poter trasmettere in
diretta da Baghdad durante la guerra, di dire e narrare solo ciò che veniva approvato
dalla censura militare ed eventualmente accettare di dar voce ai leader di quel paese,
cosa che effettivamente è poi accaduta con l’intervista che Peter Arnett è riuscito a
strappare a Saddam Hussein dieci giorni dopo l’esplosione del conflitto. Tuttavia,
secondo l’opinione del giornalista Furio Colombo
1
, va notato che sia il pubblico
americano che internazionale non hanno dato alcun credito alle accuse di
abbandono della propria identità e lealtà nazionale mosse al giornalista della CNN; la
gente cercava informazioni dall’altra parte del fronte e l’ha sempre avuta.
“Quello che è risultato essere clamoroso agli occhi dell’opinione pubblica è
stato proprio il fatto di decidere di ammainare per la prima volta nella
storia moderna, la bandiera nazionale su un'organizzazione giornalistica, e
1
F. Colombo, "Manuale di Giornalismo Internazionale", Laterza, Roma-Bari, 1998
7
di aprire il primo fronte indipendente delle informazioni creando il primo
contatto fra “amici e nemici” nella storia del giornalismo”
2
.
Il progressivo invio di altri corrispondenti da parte di diverse emittenti e testate
giornalistiche internazionali a Baghdad e i vari tentativi di imitazione contribuirono
ancora una volta a confermare il successo della CNN philosophy. La rivoluzione era
ormai in atto e Ted Turner ne era l’artefice.
In questa storica novità non si sono tuttavia riscontrati né sdoppiamento
culturale né abbandono dei codici tecnici e professionali tipici del giornalismo
americano. La CNN ha infatti mantenuto un rigido attaccamento a determinate
“regole del gioco”: mai dire ciò che non è stato visto e costatato, mai dare per
verificato ciò che invece non è stato possibile stabilire attraverso fonti indipendenti.
I principi cardine di quel modello di giornalismo definito liberal (informazione non
partigiana, separata il più possibile dai commenti), non sarebbero certo stati messi in
discussione dal network di Atlanta che mirava a conquistare sempre più consensi a
livello internazionale proprio in virtù della qualità dei servizi trasmessi. Sotto gli
occhi di tutti era stato quindi compiuto
“un passo avanti di portata sensazionale, un distacco fra giornalismo e
nazione, che non solo era avvenuto senza danni, senza rischio della
trasformazione della notizia in propaganda, ma aveva mostrato la forza di
una macchina informativa solida ed equilibrata”
3
.
Il successo della CNN, come voce fuori dal coro, in occasione della Guerra
del Golfo, è spiegabile quindi in considerazione del fatto che in quel periodo
numerose erano state le operazioni di disinformazione, la produzione di notizie false
o di voci tendenziose, sul potenziale dell’esercito nemico e sull’andamento effettivo
della guerra.
Il modello americano, fra tutte le tradizioni giornalistiche democratiche, è
quello che ha le radici più profonde. Negli Stati Uniti l’informazione nasce come
libero flusso di notizie che trova la sua fonte nella realtà doppiamente verificata e la
sua garanzia nel concepire la notizia come un prodotto offerto in regime di
concorrenza. Per essere accettato il prodotto deve essere utile, spendibile, e quindi in
questo caso attendibile. Una grande attenzione è stata quindi da sempre storicamente
assegnata alla qualità dell’informazione (il giornalismo investigativo ne è un
2
Ibidem
3
Ibidem
8
esempio), qualità che la stessa CNN ha sempre cercato e ottenuto puntando su
giornalisti di spicco, capaci addirittura di calarsi nei panni del nemico.
Oggi, con innumerevoli sedi in tutto il mondo la CNN è divenuta la vera
protagonista del mercato globale. Anzi è figlia della globalizzazione stessa del
mercato. Intorno alla metà degli anni ’80 nuove opportunità di espansione
nascevano all’orizzonte, grazie all’esplosiva crescita del commercio internazionale e
ai cambiamenti sui mercati mondiali, e ciò creava l’esigenza di un’informazione più
aggiornata e tempestiva, occasione che Turner non si lasciò scappare.
Per globalizzazione s’intende un modo di organizzazione dell’impresa e un
modo di rapportarsi allo spazio-mondo. La fine della rigidità connessa alle gerarchie
interne alle aziende, il declino delle forme d’autorità a piramide, la comparsa del
modello di gestione reticolare sono solo alcune delle più importanti caratteristiche
del processo. Nutrita da un flusso incessante d’informazioni, l’impresa-rete
4
abbandona le strutture verticali e centralizzanti per adottare contorni fluttuanti (il
ricorso al subappalto ne è un’esempio). Lo schema vincente diventa frutto
dell’interazione di tre livelli: locale, nazionale, internazionale. Ogni strategia orientata
al mercato mondo deve essere al tempo stesso locale e globale. E’ il concetto di
glocalization
5
: rafforzamento del senso di appartenenza dei dipendenti alla loro
azienda, decentramento di talune decisioni imprenditoriali (marketing, pubblicità),
ritorno al consumatore visto come prosumer
6
(coproduttore).
Il concetto di globalizzazione trae origine dal processo di globalizzazione
finanziaria intervenuta nel corso degli anni settanta e ottanta; periodo questo in cui
l’impianto dei sistemi finanziari, in essere dalla fine della seconda guerra mondiale, si
è scollato e in cui si sono fatte più sfumate le demarcazioni tra le varie funzioni
tradizionali e i sistemi nazionali. Nuovi prodotti, nuovi mercati sono comparsi nella
sfera finanziaria da subito internazionali in un’economia mondo in tempo reale.
Creare un prodotto unico per tutto il mercato mondiale, commercializzandolo a
prezzo unico, il più basso possibile, promuovendolo nella stessa maniera in tutti i
paesi, utilizzando ovunque gli stessi canali di distribuzione diveniva la priorità
assoluta per ogni impresa che intendeva affermarsi a livello mondiale.
In particolare, l’internazionalizzazione delle imprese televisive all’estero è dipesa
dall’obiettivo di ottenere vantaggi competitivi (raggiungendo una dimensione tale da
4
F. Butera, “Il castello e la rete”, FrancoAngeli, Milano 1993
5
A. Mattelart "La comunicazione mondo", Il Saggiatore, Milano, 1994
6
A. Toffler, "La terza ondata", Sperling & Kupfer, Milano, 1986
9
rafforzarsi rispetto ai propri concorrenti), di trovare nuove opportunità di crescita
fuori dal mercato d’origine in via di saturazione, di sfruttare il proprio know-how in
mercati “vergini”, ed inoltre di ottenere delle economie di scala. Negli anni ’80
nascono nuovi canali, entrano in campo nuovi operatori guidati da obiettivi
economici, aumenta rapidamente l’offerta di programmi, cresce l’uso della
televisione sia da parte degli individui che da parte delle imprese, la pubblicità
assume un ruolo centrale nel finanziamento del settore, si rendono disponibili nuovi
mezzi di distribuzione e diffusione dei segnali, i cavi e i satelliti, che permettono di
dilatare le zone di copertura delle trasmissioni. La CNN è figlia di questa rivoluzione
silenziosa.
Il network di Atlanta è riuscito, nel giro di pochi anni, a imporsi come leader
indiscusso nel campo dell’informazione televisiva riuscendo via via a mediare tra
internazionalizzazione e regionalizzazione sia a livello dei principi di organizzazione
e delle strutture, sia a livello della strategia di prodotto. Il compito non è stato certo
semplice poiché il prodotto in questione era ed è la notizia stessa, difficile da
collocare ed etichettare perché appartenente ad un mondo sempre più complesso in
cui termini come “nazionale” e “internazionale” vanno sempre più confondendosi.
Oggi si parla di notizie “transnazionali”
7
che non derivano dalle decisioni di un dato
governo e non dipendono dall’umore di una data opinione pubblica. Sono sempre
locali e sono sempre dislocate, quanto alle cause, agli effetti, ai cambiamenti, in altri
luoghi. Sono esperienze che si affacciano con un volto locale che mobilita gli addetti
alla copertura di un luogo ma non si spiegano e non si narrano senza un’esperienza
del fitto intreccio multidisciplinare e internazionale. Mi riferisco all’AIDS, alla droga,
ai problemi dell’uso di energia nucleare. Solo un'emittente di tale diffusione ed
articolazione poteva accettare la sfida di un mondo sempre più sfuggente,
caratterizzato da telespettatori sempre più esigenti, acculturati, e consapevoli del loro
peso.
Come evitare che il locale allontani la possibilità di comprendere una realtà assai più
vasta era la problematica che già nel 1977 il giornalista Claude Julien
8
, direttore del
mensile “Le Monde Diplomatique” aveva evidenziato e si proponeva di risolvere.
7
F. Colombo, “Manuale di Giornalismo Internazionale”, Laterza, Roma-Bari, 1998
8
C. Julien, “Les deux bouts de la chaine e le milieu”, in “Alternatives”, 4° trimestre 1977
10
Egli in particolare raccomandava ai mezzi di comunicazione e d’informazione:
“di tendere a una meta tenendo sempre in mano i due capi della catena: il
piccolo fatto locale e le sue lontane cause scientifiche, finanziarie, politiche,
economiche”.
La CNN, primo network a vocazione globale, rappresenta probabilmente la
realizzazione di questo ritrovato equilibrio potendo contare su un’imponente rete di
informatori e corrispondenti in tutto il mondo alla continua ricerca di verità altre.
Niente notizie edulcorate o rimodellate dall’ancora possibile occhio critico della
censura, ma possibilità per tutti di avere a disposizione un foro mondiale dove
raccontare quello che accade senza nessun controllo editoriale sui pezzi trasmessi e
nel rispetto del punto di vista altrui.
La caratteristica principale della CNN, quella di una copertura dal vivo a tutto
campo, non sarebbe stata possibile senza i satelliti, che hanno consentito alla
compagnia americana di trasmettere servizi dalla Libia, dalla Cina, dall’Unione
Sovietica, dall’Iraq, dalla Bosnia e da altri punti caldi del mondo.
La CNN può definirsi sotto un certo punto di vista anche come il risultato del
decollo di nuovi supporti tecnologici che, sul finire degli anni ’70, favorirono la
trasmissione e la ricezione di canali televisivi a vocazione internazionale. Il Cable
News Network è infatti distribuito in alcuni luoghi via cavo, in altri è ricevuto
direttamente dal satellite tramite un’antenna parabolica, in altri ancora è ritrasmesso
da una televisione via etere.
La CNN nasce quindi come TV a pagamento. La televisione a pagamento è un
tele-servizio
9
fornito via etere o via cavo, che offre al telespettatore la possibilità di
accedere ad una o più programmazioni specifiche (in questo caso programmazione
di notizie 24 ore su 24) proposte in cambio del pagamento regolare, generalmente
mensile, di un abbonamento. I video servizi portano delle novità di grande rilievo
perché mutano l’oggetto dello scambio economico, i rapporti tra domanda e offerta
e la logica del palinsesto. Nei videoservizi si ristabilisce un normale rapporto di
mercato tra chi offre e chi domanda programmi. L’offerta deve ora cercare di
adeguarsi alla domanda di programmi per ottimizzare le sue entrate economiche,
anziché per ottenere ascolti. Si paga un abbonamento non per accedere ad una
programmazione di flusso ma per disporre di un tipo di programmi. Quello che
9
G. Richeri, “La TV che conta” , Baskerville, Bologna, 1993
11
conta in questo caso è il palinsesto settimanale o quindicinale che deve da una parte
offrire programmi nuovi e dall’altra riproporre lo stesso programma in diverse fasce
orarie per garantire a ciascun abbonato ampie possibilità di guardarlo,
compatibilmente con la sua organizzazione del tempo. Le imprese televisive con la
televisione a pagamento ottengono inoltre una maggiore redditività per cliente. Il
ciclo economico è assai più rapido dal momento che l’abbonamento è pagato in
anticipo e sono eliminati alcuni dei costi di transazione più onerosi grazie al fatto che
il rapporto tra chi vende e chi compra non richiede la presenza continuata di
intermediari. Gli autori e i produttori dei programmi hanno il vantaggio di vedere
valorizzato in modo più preciso i loro prodotti perché il numero di abbonati è noto
e si possono trovare margini economici utili anche per prodotti destinati a pubblici
selezionati.
La fase dei cosiddetti videoservizi caratterizzerà molto probabilmente l’economia
della televisione nel prossimo decennio e la CNN ne sta già da tempo cavalcando
l’onda.
Ted Turner cominciò la sua scalata all’Olimpo dei media nel 1980 quando
all’epoca solo il 20 per cento delle case americane erano in grado di ricevere la TV
via cavo. Oggi la CNN utilizza un sistema satellitare che copre cinque continenti,
raggiungendo 210 paesi, con un potenziale bacino d’ascolto di mezzo miliardo di
persone al giorno.
Nel 1994 si è assistito negli Stati Uniti alla frenetica ricerca di alleanze nel
campo multimediale dovuto in parte alla decisione del legislatore americano di
ridurre, fino ad annullare, le limitazioni che impedivano la concentrazione fra il
settore televisivo e quello cinematografico, fra televisione via cavo e quella via etere,
fra la telefonia e la tv. Questa novità ha dato notevole impulso allo sviluppo di
diverse alleanze tra i network televisivi e gli studios. Tutto ciò ha permesso alle
imprese di concentrare la propria integrazione verticale, dall’ideazione alla
distribuzione, in modo da offrire ai propri prodotti uno sbocco sicuro senza dover
pagare pedaggi ad altri. Lo storico accordo che venne firmato il 22 settembre del
1995 tra il gigante dell’editoria e del cinema Time-Warner e la CNN, con un
complessivo fatturato superiore a 12 miliardi di dollari, fu l’inevitabile conseguenza
di tanto fermento. La CNN è un colosso dell’informazione che può contare anche
sull’archivio cinematografico della Metro Goldwyn Mayer e tre case di produzione
cinematografica (tra cui Hanna & Barbera). La Warner, fusa nel 1990 con il gruppo
Time (che pubblica oltre al celebre settimanale anche People e Sports Illustrated),
12
possiede la Warner Production (distribuzione via cavo, tra cui la pay-tv cinematografica
HBO, studios e produzione cinematografica), e si occupa inoltre di produzione
musicale (è proprietaria delle etichette Atlantic, Elektra, Warner Music). La politica
delle alleanze ha così permesso a Ted Turner, “l’asso pigliatutto”, di scalare nuove
vette aggiudicandosi la carica di vice-presidente e il 10% del nuovo gruppo con una
delega esplicita per il settore televisivo. Nell’affare convivono anche altri due partner:
John Malone, presidente della Telecommunications Inc e azionista della CNN, e Edgar
Bronfmann, proprietario della società canadese di bevande Seagram, e degli Universal
Studios di Hollywood.
Atlanta può oggi essere considerata, secondo una felice definizione di Joshua
Hammer
10
, la capitale del villaggio globale. La rete “tutta notizie” di Ted Turner, con
3500 giornalisti, 36 uffici e 800 affiliazioni in tutto il mondo, ha soppiantato
ambasciate e uffici di corrispondenza, ha fatto saltare tradizioni diplomatiche e
organizzazione giornalistiche ed è arrivata ormai a far parte integrante del costume
cinese, giapponese o scandinavo. Innovazioni continue, come dare la parola a
giornalisti con l’accento straniero, trasmettere direttamente da luoghi lontani e
irradiare in altre lingue (soprattutto in spagnolo) i programmi della CNN in altre
parti del mondo, non fanno che aumentare il successo e credibilità della rete.
Entro la fine dell’anno la CNN Interactive sbarcherà in Italia grazie ad un
accordo con il Gruppo Espresso per lanciare CNN Italia, il sesto sito web della
CNN non in lingua inglese e l’undicesimo della compagnia. Secondo gli intenti della
Turner Broadcasting Sales esso fornirà ricchi resoconti multimediali e interattivi che
dimostreranno tutto il potenziale offerto dal giornalismo on line.
Ted Turner colonizzerà anche l’Italia?
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Joshua Hammer , “Triumphant Ted Turner” , “Playboy” n.37, 1990