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INTRODUZIONE
Nell’elaborato che segue ho cercato di analizzare gli elementi della click
democracy nel contesto odierno. Ho voluto evidenziare quanto la e-democracy sia
presente in molte situazioni, favorita dalle nuove tecnologie. Per la scelta di questo
argomento è stato importante l’approccio al testo di Fabio Chiusi, “Critica alla
democrazia digitale. La politica 2.0 alla prova dei fatti”. In seguito alla lettura di
questo testo, ho voluto approfondire gli elementi della politica 2.0. L’incontro con i
testi di Bentivegna è stato fondamentale per la scelta dell’argomento. La click
democracy è analizzata soprattutto da autori di comunicazione politica, di
particolare importanza per la mia ricerca Campus con i testi: “Comunicazione
politica. Le nuove frontiere” e “L’elettore pigro. Informazione politica e scelte di
voto”. Mi sono dedicata a un’osservazione dei casi 2.0 nel mondo, concentrandomi
in particolare sul “caso Movimento 5 Stelle” sottolineandone contraddizioni e
pregi. Il “fenomeno Obama” è considerato l’esempio più citato, poiché è stato uno
dei primi promotori e innovatori nell’uso dei social media e della rete per attivare
e mobilitare gli elettori. Ho approfondito l’uso della rete al fine di e-campaing, un
elemento molto caro a Bentivegna e che nel nostro paese viene sperimentato da
poco. Mi sono dedicata ai pensieri e alle idee di importanti autori della politica e al
rapporto con il digitale. Partendo da Zagrebelsky, ripercorrendo il suo ideale di
democrazia, ho individuato i rapporti con la click democracy e i difetti che
quest’ultima potrebbe manifestare in futuro. L’autore di riferimento è stato Rodotà
con l’analisi di “Tecnopolitica. La democrazia e le nuove forme della
comunicazione”, il testo che, a mio avviso, osserva con più meticolosità e
attenzione queste problematiche. Infine, ho inserito una mia riflessione personale
sulla partecipazione politica. Il fatto che la tecnologia ci offra la possibilità di
comunicare più facilmente, dovrebbe favorire la comunicazione interpersonale.
Tuttavia senza un coinvolgimento attivo sul campo, senza il passaggio dall’on
all’off line, il cittadino non si sente partecipe. Bisogna, inoltre, considerare che la
televisione risulta ancora oggi la maggiore fonte di informazione dei cittadini. Ho
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inserito nelle ultime pagine un sondaggio proposto da me, nei mesi tra maggio e
giugno 2014. E’ un breve questionario svolto, al fine di indagare la partecipazione
politica dei cittadini, su un campione di 145 persone di differente età e attività. Dal
risultato si noterà come l’uso di Internet sia ancora limitato al contrario, invece,
dell’attivismo civico e politico sul campo. Le domande relative alla Costituzione
sono finalizzate a comprendere il grado di informazione e conoscenza politica del
cittadino e, anche, di come vengano percepiti diritti e doveri nel quotidiano. In
riferimento alla e-democracy, è dato inconfutabile che ci sia una forte tendenza
verso la stessa, ma come afferma Bentivegna bisogna lasciare le tendenze tecno
entusiastiche e tecno negative in favore di un tecno realismo che ci porti a
comprendere meglio i difetti e i vantaggi che questo nuovo sistema potrebbe
offrirci. Dal momento che risulta essere un argomento di studio molto recente, mi
propongo di procedere nell’analisi anche nel corso di laurea magistrale.
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CAPITOLO 1
1.1 UNO SGUARDO ALL’OGGI: IL RITORNO ALLA DEMOCRAZIA DIRETTA
E LA CLICK DEMOCRACY
La democrazia digitale è una forma di democrazia in cui vengono utilizzate le
tecnologie odierne dell'informazione e della comunicazione. Si parla,
specificatamente, di e-democracy riferendosi a una democrazia che utilizza le
moderne tecnologie al fine di incrementare la partecipazione democratica dei
cittadini nelle scelte istituzionali. La democrazia diretta digitale consiste, nei casi
estremi, in un coinvolgimento del popolo nella stessa funzione legislativa.
E’ ovvio, ai nostri giorni, riscontrare un forte cambiamento in questo senso,
soprattutto nell’utilizzo dei cosiddetti nuovi media. Lo si evidenzia nelle parole di
Malcom Glandwell, citato nel testo di Ilvo Diamanti in “Democrazia ibrida”: <<
Quando si verifica un cambiamento fondamentale del modo di comunicare, che
con internet diventa orizzontale, multimediale, interattivo e immediato, allora
cambia la natura dei movimenti politici>>(1).
Negli ultimi anni si assiste, nota Norberto Bobbio nel testo “Il futuro della
democrazia”(2), a una richiesta sempre maggiore di ritorno alla democrazia
diretta. Lo scrive nel 1984, da quel momento in poi la situazione è profondamente
cambiata, ma le parole dell’autore restano più che mai attuali. Come atto di nascita
della democrazia diretta si fa riferimento all’Atene del V secolo a.C. E’ necessario,
però ricordare che l’agorà era luogo di discussione, ovviamente, ma molti
importanti poteri non erano gestiti dal popolo e alcune funzioni erano affidate a
cittadini estratti a sorte. Inoltre va ricordato che la cittadinanza era ristretta a una
piccola cerchia di persone: venivano esclusi, per esempio, coloro che non avevano
genitori ateniesi. Eppure si discute molto oggi su quella che viene definita “agorà
digitale”, il famoso ideale della “click-democracy”(3), come la definisce Fabio
Chiusi.
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Come fa notare Juan Carlos De Martin alla Biennale della democrazia 2013,
riportato da “Lastampa.it”, << La discussione politica italiana sembra polarizzata:
da una parte c’è chi prospetta, come il Movimento 5 Stelle, una democrazia
elettronica diretta, con la riduzione del ruolo dei parlamentari a quello di semplici
esecutori. Dall’altra c’è chi difende la democrazia rappresentativa così come
l’abbiamo conosciuta in questi ultimi decenni in Italia, ritenendola, pur coi suoi
difetti, il migliore dei sistemi possibili>>(4).
Tale assetto politico è legato, secondo De Martin, al fatto che gli italiani, come
prova e dimostra il forte astensionismo, << Ritengano di vivere in un sistema
politico opaco, in cui la loro voce conta solo in occasione delle elezioni e anche in
quel caso solo all’interno di un’offerta politica che non hanno avuto alcun modo di
influenzare. Una democrazia, insomma, che potremmo definire debole>>(5).
Nell’analisi dello studioso, sono stati numerosi i cittadini che, cercando di reagire
a questo status, hanno iniziato a informarsi da soli, in maniera autonoma con
l’aiuto delle nuove tecnologie. Tuttavia, continua De Martin, <<Mentre milioni di
cittadini usavano sempre di più la rete per informarsi, discutere e organizzarsi, i
partiti politici ignoravano, e in larga parte continuano a ignorare, la
trasformazione in atto in milioni di loro potenziali elettori (soprattutto i più
giovani)>>(6).
<<Questa inerzia partitica ha consentito che si radicasse, prima in cerchie ristrette
di persone e poi in settori sempre più ampi della popolazione, un interesse verso
forme di democrazia diretta elettronica. In altre parole, al sistema dei partiti, visto
come opaco, autoreferenziale e spesso corrotto, si è arrivati a contrapporre la
democrazia diretta, giudicata intrinsecamente superiore a quella
rappresentativa>>(7).
Tale situazione nel nostro paese viene evidenziata anche da Bentivegna che, in un
dibattito su Radio radicale, per la presentazione del numero 3 del 2013 della rivista
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“Paradoxa”, individua la coesistenza di due scuole di pensiero: una tecno positiva,
l’altra tecno negativa.
Bentivegna sottolinea come sia necessario, invece, orientarsi verso un “tecno
realismo” che definisca in maniera critica le caratteristiche importanti nella e-
democracy. Tre sono gli elementi di cambiamento, individuati da Bentivegna:
comunicazione, organizzazione e partecipazione.
Dal punto di vista della comunicazione si assiste a una diffusione del pluralismo.
La e-democracy dà voce a più soggetti. Per quanto riguarda l’organizzazione,
invece, Bentivegna osserva più da vicino il Movimento 5 Stelle individuando la
coesistenza di due modalità di presenza politica: una, attraverso il blog, con una
comunicazione “top down”, in altre parole, da Grillo che “parla” a coloro che
possono comunicare, ma non interagire e l’altra in piazza con presenza locale dello
“Tsunami Tour”. Si utilizzano le potenzialità della rete per ciò che viene definita
“ibridazione organizzativa”: si sta in rete per organizzare, ma si coinvolgono i
cittadini. Questo, ovviamente, si può ritrovare in tutti i movimenti costituitisi negli
ultimi anni; Bentivegna cita, per esempio, gli Indignados in Spagna, che
comunicano e si coordinano attraverso la rete, perché in assenza di strutture stabili
e a volte di un supporto economico sufficiente, la rete è essenziale per tenere unito
un gruppo di persone. Infine, per quanto riguarda la partecipazione, la e-
democracy è in grado di creare, ciò che Bentivegna definisce: azione collettiva
individualizzata. Afferma, infatti: <<I soggetti partecipano ad un’azione collettiva,
ma lo fanno in modo individuale>>(8).
Nel suo articolo "Digital democracy: vision and reality", Jan A.G.M. van Dijk, cita
tre benefici che sono stati attribuiti alla democrazia digitale negli ultimi
venticinque anni:
1 <<La democrazia digitale migliora l'acquisizione e lo scambio di informazione
politica tra i governi, le amministrazioni pubbliche, i rappresentanti, le
organizzazioni politiche e civiche e i singoli cittadini.