CONCETTI IMPORTANTI
Per poter svolgere questo lavoro è stato fondamentale conoscere alcuni con-
cetti, perché spesso quando si tratta il tema di genere o della differenza ci
si confonde con la terminologia, utilizzata dalle scienze sociali per trattare
questi temi. La maggior parte di questi concetti derivano dai Gender Studies.
Gender Studies
Filone inter/multidisciplinare che si occupa di analizzare le identità di ge-
nere e le sue rappresentazioni socio-culturali. Dentro questo gruppo ci sono
i women’s studies (femminismo, donne, gender e politica), i men’s studies
(studi sulle nuove mascolinità) e i queer studies (lgtbi+).
Queste ricerche spesso si sono sviluppate dentro discipline come la lettera-
tura, le lingue, la geografia, le scienze politiche, la sociologia, e altre.
Inoltre, i gender studies applicano un approccio di analisi chiamato interse-
zionale, che in sintesi studia come l’etnia, l’origine geografico, la classe so-
ciale, la nazionalità, le disabilità fisiche, e altre caratteristiche dell’identità si
intersecano con le categorie di genere e sessualità nel processo di inclusione/
esclusione sociale: cioé, come le varie componenti dell’identità sono relazio-
nate a forme di oppressione o privilegi.
Differenza fra Sesso e Genere
Questi due termini non sono sinonimi.
Sesso_ risponde a fondamenti biologici che distinguono maschi da femmine.
Si riferisce alla genetica, all’insieme di caratteri biologici, anatomici e fisici.
Genere_ è una costruzione sociale e culturale: assegna ruoli, responsabilità
e limitazioni. I ruoli di genere definiscono quello che la società si aspetta da
uomini (mascolinità) e donne (femminilità). Il concetto di genere ha la sua
origine nella teoria femminista, utile per smontare una cultura dominante
che insiste in sostenere che le differenze biologiche e fisiche sono alla base
della dominazione degli uomini verso le donne - o tutto ciò che la femminili-
tà rappresenta- a livello di diritti e poteri.
12
Femminismo/i
In questo lavoro il femminismo serve da quadro teorico per poter sviluppa-
re l’analisi della teoria urbanistica prodotta lungo gli anni. In particolare si
prende come riferimento gli studi femministi con un approccio intersezio-
nale, perché gli indicatori come razza, etnia, classe sociale sono utili nell’am-
bito degli studi sull’uso dello spazio urbano.
La declinazione al plurale del termine femminismo si riferisce al fatto che
questo movimento ormai globale ha prodotto teorie molto diversificate tra
di loro: in questo caso si è ritenuto che i Gender Studies sia quello più adatto
perché è quello che utilizza l’approccio intersezionale.
13
3
“..then the question of what kind of city we want cannot be divorced from the question of
what kind of people we want to be, what kinds of social relations we seek, what relations to nature
we cherish, what style of daily life we desire, what kinds of technologies we deem appropriate,
what aesthetic values we hold. (...)The freedom to make and remake ourselves and our cities is, I
want to argue, one of the most precious yet most neglected of our human rights. Harvey, D. (2008)
4
Benevolo L. (1991), pp 7.
5
Nel 1997, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni ha definito il concetto di gender
mainstreaming come “il processo attraverso cui sono valutate tutte le implicazioni per le donne e
per gli uomini di ogni azione progettata, in tutti i campi e a tutti i livelli, compresa l’attività legi-
slativa, politica e di programmazione. Si tratta di una strategia volta a rendere le preoccupazioni
e le esperienze sia delle donne sia degli uomini una dimensione integrale della progettazione,
dell’attuazione, del monitoraggio e della valutazione delle politiche e dei programmi in tutte le
sfere della politica, dell’economia e del sociale, cosicché donne e uomini ne possano trarre gli
stessi vantaggi e non si perpetui la disuguaglianza. L’obiettivo è il raggiungimento della parità di
genere” (ECOSOC, Agreed conclusions 1997/2, UN doc. A/52/3, Capitolo IV, par. 4).
INTRODUZIONE
Abitare significa un’infinità di attività minute che vanno oltre il lavoro, la
casa, l’università, i servizi pubblici, la rete di trasporto, le attività di svago,
cultura e divertimento. Abitare, come dice David Harvey, significa poter co-
struire e svolgere ogni sfera della vita
�
e questo significa avere l’opportunità
e le condizioni per farlo.
L’urbanistica è una delle discipline che dovrebbe infatti preoccuparsi dell’or-
ganizzazione e gestione del territorio in modo che le persone possano acce-
dere alle risorse e i servizi che la città gli offre in condizioni di uguaglianza di
opportunità e accessibilità -non solo fisica- per tutte e tutti.
Oltre a cercare di raggiungere efficienza ed efficacia dei classici strumenti
-progetti, programmi e piani-, gli urbanisti per poter svolgere il loro compito,
oltre ad affidarsi alle fonti tradizionali di informazione sul territorio, come
quelle statistiche e accademiche, dovrebbero fare, a quanto pare, il difficile
esercizio di guardarsi attorno, scendere nelle strade, e capire cosa sta succe-
dendo veramente nella città, per poter finalmente uscire dal ritardo con cui
attende ai problemi della città
4
.
Perché una prospettiva di genere per ripensare la pianificazione?
Mettere al centro della pianificazione la vita e i bisogni differenti delle perso-
ne e ripensare una città che tenga conto della complessità e la diversità della
vita quotidiana è una delle chiavi di volta dell’urbanistica con una prospetti-
va di genere
5
, il che non significa disegnare una città per le donne o solo per
14
le donne, non significa neanche escludere gli uomini, piuttosto il contrario
di quello che attualmente accade: pensare ad una città che tenga conto del
lavoro riproduttivo, della scala del progetto (quartiere, città, metropoli), di
rendere visibili le differenze e le disuguaglianze di genere, età, classe sociale,
o mobilità differente
6
. E che queste non significhino motivo di esclusione
nell’abitare le città, nel pianificare una città dove la cura verso gli altri è com-
pito di tutte e tutti.
I modi in cui abitiamo e come occupiamo lo spazio urbano sono fortemente
influenziati dalla forma urbana, dal disegno degli spazi: dalla sua accessibi-
lità alla sua distribuzione nel territorio o alla sua divisione.
Negli ultimi decenni l’urbanistica ha privilegiato gli interessi economici
della società e del sistema capitalistico, mettendo in crisi l’assai comples-
so sistema dell’abitare: la zonizzazione, lo scarso interesse per migliorare il
trasporto pubblico e invece favorire le grandi infrastrutture per la macchina
privata, l’espanzione delle zone urbanizzate e il conseguente uso eccessivo
del suolo per favorire zone industriali che mettono a rischio la salute degli
abitanti dovuto all’inquinamento -aria, acqua, rifiuti- oltre alla frammenta-
zione che generano nel territorio.
Le conseguenze che si sono generate da questo modo di governare locale ri-
cadono soprattutto nella vita dei gruppi più vulnerabili, e di chi si fa carico
dei suoi bisogni: le donne
7
.
6
L’approccio intersezionale è una teoria proposta da Kimberlé Williams Crenshaw, giurista e
attivista statunitense. All’interno dei Gender studies questo approccio descrive l’intersezione del-
le diverse identità sociali e come si relazionano con i sistemi di discriminazione, oppresione o do-
minazione. In parole di Susanne V . Knudsen: “Intersectionality implies more than gender research,
more than studying differences between women and men, and more than diversities within women’s
groups or within men’ s groups. Intersectionality tries to catch the relationships between socio-cultu-
ral categories and identities. Intersectionality focuses on diverse and marginalized positions. Gen-
der, race, ethnicity, disability, sexuality, class and nationality are categories that may enhance the
complexity of intersectionality, and point towards identities in transition. (...)
The word intersection means that one line cuts through another line, and can be used about streets
crossing each other” . Knudsen, Susanne V .Intersectionality – a theoretical inspiration in the analy-
sis of minority cultures and identities in textbooks.
7
Le esperienze riportate dalle donne in termini di rinunce, svantaggi o addirittura discrimina-
zioni subite in ambito lavorativo evidenziano una condizione di particolare vulnerabilità, confer-
mata dalle opinioni espresse dal complesso dei cittadini che aiutano anche a identificare gli ambiti
nei quali la persistenza di stereotipi sui ruoli di genere si frappone ad una più paritaria divisione
dei ruoli all’interno della famiglia, e più in generale, della società. (...) Nel 2008-2009, prendendo in
considerazione le coppie di occupati con donna tra 25 e 49 anni, il divario di genere nei tempi di lavo-
ro totale, cioè la somma del tempo dedicato al lavoro retribuito e di quello dedicato al lavoro retribui-
15
to e di quello dedicato al lavoro familiare è ancora importante: in un giorno medio settimanale, cioè
tenendo conto anche del sabato e della domenica, la donna lavora circa un’ ora in più del suo partner
(9h08’ di lavoro totale femminile contro le 8h06’ degli uomini. In presenza di figli il divario nelle ore
di lavoro totale cresce (+1h10’): le madri occupate complessivamente vi dedicano 9h23’ a fronte delle
8h13’ dei padri. Persino le madri non occupate lavorano più dei loro partner (8h13’ contro 7h45’).
L’ aggravio di lavoro totale per le madri lavoratrici e la condizione di svantaggio rispetto ai loro par-
tner,sono particolarmente evidenti tra le residenti nelle regioni del Mezzogiorno, che arrivano a de-
dicare al lavoro totale 1h37’ in più dei loro partner (9h36’ a fronte di 7h59’). ISTAT(2015). Come
cambia la vita delle donne (2004-2014).
La visione patriarcale della città
Nel libro Ecofemminismo di Vandana Shiva e Maria Mies si spiega come il
modello economico e politico vigente, con cui si sono costruite le nostre so-
cietà -non interessa di quale contesto si tratti perché queste caratteristiche si
presentano in tutte le società con poche eccezioni-, sfavorisce la costruzione
della totale autonomia delle donne:
“Il modello economico centrato di forma miope nella “crescita” è violento nei
confronti delle donne perché non tiene conto della loro contribuzione all’ eco-
nomia. Mentre più parla il governo – ad nauseam – di “crescita inclusiva”
e “inclusione finanziaria”, più esclude gli apporti delle donne all’economia e
alla società. Secondo i modelli economici patriarcali, la produzione di sus-
sistenza conta come “non produzione”. La trasformazione del valore a “non
valore”, del lavoro a “non lavoro” e della conoscenza a “non conoscenza” si
costruisce grazie al numero con più potere che governa le nostre vite: il co-
strutto patriarcale del PIL, il prodotto interno lordo, adesso conosciuto anche
come “problema interno lordo”(…) Il limite della produzione è una creazione
politica che, per definizione, esclude dall’ area produttiva i cicli di produzione
rigenerativa e rinnovabile. Quindi, tutte le donne che producono per la loro
famiglia, i figli, la comunità e la società sono considerate “non produttive”
ed “economicamente inattive”. Quando le economie si riducono al mercato,
l’ autosuficienza economica viene percepita come una deficienza” . (pp. 19, tra-
duzione libera)
Le città di oggi si sono costruite in base ad un modello di valori delineato dal
modello capitalistico e che storicamente ha diviso la vita delle persone in
sfere a seconda del loro sesso: questa divisione sessuale del lavoro ha confi-
gurato fortemente la vita di uomini e donne.
Nonostante le donne siano sempre state un soggetto centrale nella costruzio-
16
8
La storica Gerda Lerner scrisse in The Creation of Patriarchy (1986). Attraverso un’evidenza
archeologica, storica e artistica, la ricerca si propone di spiegare il processo in cui il patriarcato si
è sviluppato e instaurato fino ad oggi. Lerner è stata una delle fondatrici dei corsi di Storia delle
donne all’Università di Long Island, in cui si evidenzia la storia non universalizzata e che tiene
conto del ruolo delle donne nella costruzione della storia dell’umanità.
9
Le Corbusier, Sert J. Ll.(1942), Carta di Atene. IV Congresso di Architettura Moderna 1933
[CIAM]. http:/ /www-etsav.upc.es/personals/monclus/cursos/CartaAtenas.htm
10
L’architetta Anna Bofill spiega come la categoria maschile si è presentata nella storia come
neutra, una falsa neutralità. Le lotte per le pari opportunità hanno trattato, negli ultimi due secoli,
di eguagliare le donne agli uomini, considerati come la giusta misura di tutte le cose. Questa egua-
glianza, secondo Bofill, nel fondo non favorisce il riconoscimento dell’essere donna nella società
ma obbliga le donne ad entrare nel mondo maschile mascolinizzato.
11
Baritono, R. (2001) La “mistica della femminilità” e il modello democratico americano. “Le
donne, cioè, sceglievano un lavoro, spesso part time, non per sottrarre la famiglia alla povertà e
neppure per una scelta di indipendenza personale o di perseguimento di una carriera, ma invece
per sostenere il livello borghese della vita suburbana.
ne della storia, la cultura (attraverso la storia, la costruzione del linguaggio,
dei simboli)
8
ha relegato il ruolo delle donne a quello della sfera domestica e
privata. Quindi tutto ciò che viene considerato pubblico è stato impostato e
modificato sotto un’impronta maschile.
Non è quindi un fatto del tutto particolare il rapporto, segnato da conflit-
ti, che le donne intrattengono con la città. Perché è nella città che le donne
storicamente hanno potuto manifestare le loro insoddisfazione e raggiunto
diritti fondamentali, ma è allo stesso tempo il contesto che le esclude perché
disegnato sotto altre premesse, in cui il soggetto donna è “fuori luogo”.
Basti pensare ai principi dell’urbanistica razionalista
9
: abitare, lavorare, ri-
creare. Una modalità rivoluzionaria ai suoi tempi, che pretendeva rendere
semplice la complessità della vita, dividendola in tre funzioni, pensate per
un soggetto neutro definito universale
10
. Con l’ingresso delle donne nel mon-
do del lavoro, sia per cercare indipendenza che per contribuire all’economia
della casa
11
, queste si sono trovate a gestire i loro impegni lavorativi superan-
do le barriere urbane, poiché al lavoro produttivo si aggiungeva il ruolo tra-
dizionale di custode della famiglia. Doppio lavoro di cui uno non retribuito,
perché storicamente considerato “non produttivo”.
È proprio in questo ruolo di custode della famiglia, assegnato dalla società
alle donne, in cui si manifesta la forza di questa categoria di analisi: perché
sono state le donne a capire cosa c’era e cosa mancava nel loro contesto quo-
tidiano, attraverso i compiti di ogni giorno per crescere i figli, badare gli an-
ziani e i malati. Quindi, una consapevolezza in prima persona dei bisogni
17
12
ISTAT(2015). Come cambia la vita delle donne (2004-2014). Cap.2 e Cap.4.
dei soggetti più vulnerabili della società: persone che continuano a soffrire
l’indifferenza nella forma di progettare la città.
Un nuovo paradigma per la città: partire dalla quotidianità
Negli ultimi anni molti aspetti sono cambiati nella vita delle donne europee.
La quantità di donne che lavorano è quasi uguale a quella degli uomini – an-
che se i posti dirigenziali rimangono riservati agli uomini; rappresentano la
popolazione che in percentuale piú alta si inscrive ad una laurea universita-
ria e sono sempre di più le donne presenti negli ambiti della vita pubblica
12
.
Tuttavia, la struttura patriarcale è nelle radice della maggior parte delle so-
cietà e questo ha segnato il fatto che le donne, per poter far parte del mondo
produttivo ed essere tenute in conto nella “sfera pubblica”, si sono dovute
adattare ad un sistema non disegnato per loro: hanno dovuto perdere o ri-
nunciare, nel cammino di rivendicazione, a molte delle loro capacità svilup-
pate lungo il tempo: la conoscenza dei quartieri che abitano, le responsabi-
lità e competenze della cura e l’economia informale della vita domestica, il
loro stare negli spazi intermedi, non progettati, in cui si svolge la vita quoti-
diana. Tutte queste forme di abitare lo spazio hanno accumulato saperi che
se messi a disposizione dalla tecnica urbanistica forse potrebbero servire a
dare visibilità e il valore fondamentale che la vita quotidiana ha dentro della
forma di organizzare le città.
Gli strumenti per governare il territorio sono ancorati ad altri tempi, a quel-
la società patriarcale che divide la vita in sfere impenetrabili del pubblico
e privato. Una visione della città che non è stata in grado di raccogliere la
complessità dei soggetti che la abitano e che, invece, si è allontanata della re-
altà, disegnando strumenti per una collettività vista come statica, omogenea
e neutra.
18